Disabilità ed abilismo: ne parlo con Elena e Chiara del blog “witty_wheels”

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bandiera del Disability Pride creata nel 2019 da Ann Magill

 

Ciao, Elena e Chiara. Vi ringrazio per aver accettato quest’intervista.

1)    Sui social vi fate chiamare witty_wheels e trattate i temi della disabilità e del contrasto all’abilismo. Com’è nato il vostro progetto?

Essendo sorelle ed entrambe disabili abbiamo sempre avuto il privilegio di poter discutere e decostruire insieme le nostre esperienze specifiche di persone in carrozzina, quindi abbiamo semplicemente pensato di cominciare a mettere per scritto i nostri pensieri e appunto esperienze. Il blog è nato nel 2015 parallelamente allo studio autonomo sui Disability Studies e sul lavoro di attivisti soprattutto inglesi e americani.

2)    Come spieghereste il termine abilismo a chi lo sentisse per la prima volta?

È il sistema di oppressione verso le persone disabili in cui tutti siamo immersi: comprende lo stigma, la discriminazione e la violenza. In soldoni è l’equivalente del razzismo, è strutturale quindi può avere mille forme. Il termine inglese è ableism, ed è una visione del mondo in cui avere un corpo-mente non disabile è valutato positivamente e in cui la disabilità è un difetto invece che un aspetto della varietà umana.

Qualche esempio per essere più concreti: quando completi estranei per strada danno i buffetti alle persone disabili (molestie abiliste) o quando chi seleziona il personale fa un colloquio a una persona disabile e non la assume per quel motivo. L’inaccessibilità di edifici, trasporti, eventi, eccetera. Il sistema dei servizi sociali che fa sì che sia più semplice trovare assistenza per le persone disabili in strutture chiuse o centri diurni che con servizi che permettano loro di vivere in modo indipendente all’interno della società (ad esempio l’assistenza personale).

3)    Oltre alle barriere architettoniche, quali altre difficoltà ricorrenti le persone disabili si trovano a dover fronteggiare quotidianamente?

Proviamo a fare un quadro in poche righe. Si può parlare di una vera e propria segregazione delle persone disabili. C’è il problema dell’accesso agli spazi e all’informazione, quindi anche delle barriere sensoriali, e ci sono molte limitazioni nell’accesso al trasporto pubblico. Poi in generale le persone disabili hanno bisogni specifici (software, carrozzine particolari, veicoli attrezzati, ausili di vario tipo) che spesso devono essere pagati di tasca propria. Questo si traduce in varie spese extra, infatti la disabilità è spessissimo un fattore di impoverimento. Le persone non autosufficienti poi hanno bisogno di assistenti personali che le aiutino nelle azioni quotidiane e – nella quasi totale ignoranza dell’opinione pubblica – i fondi non sono minimamente sufficienti e la maggior parte delle persone riceve poche ore di assistenza o è costretta a vivere in struttura con gravi limitazioni della libertà o a farsi assistere da familiari, amici o partner. A questo possono aggiungersi la discriminazione a scuola, al lavoro, nei luoghi di divertimento. I tassi di occupazione sono molto bassi per le persone disabili, ed è difficile accedere all’istruzione superiore sia per la scarsità di fondi per assumere assistenti sia per altri bisogni che non vengono soddisfatti dalle università. Anche le persone con le cosiddette “disabilità invisibili” faticano molto a vedersi riconosciuti i propri diritti e bisogni. Queste sono alcune delle difficoltà concrete, poi ovviamente la segregazione fa sì che siano ancora forti i pregiudizi di vario tipo verso le persone disabili, anche se in questo senso le cose stanno lentamente migliorando.

4)    Cosa s’intende per abilismo interiorizzato?

Le persone disabili ricevono dei messaggi forti e costanti dalla società, e possono finire per crederci. Ad esempio l’idea di essere un peso e un disturbo per i propri amici, familiari e partner, che porta le persone disabili a scusarsi perché magari sono più lente. O il pensare di non essere dei partner validi, e quindi di doversi “accontentare”, cosa che porta ad essere potenzialmente più vulnerabili agli abusi. Le difficoltà oggettive a realizzarsi nel lavoro o nello studio (a causa degli ostacoli sociali) possono portare a credere che non ci si riesca per cause intrinseche alla disabilità. Sono solo alcuni esempi di abilismo interiorizzato e se ne può uscire solo prendendo consapevolezza delle oppressioni intorno a noi e attraverso un confronto con altre persone disabili.

5)    Spesso si tende a voler “normalizzare” le persone disabili pensando che questo sia inclusione. Secondo voi, in che modo si potrebbe rendere visibile la disabilità per quello che è, cioè senza edulcorarla, riconoscendone l’intrinseca dignità?

Lasciando parlare le persone disabili: sembra banale, ma ancora non viene fatto a sufficienza. Troppo spesso infatti non vengono messe al centro le voci delle persone disabili sulle questioni che le riguardano. Quando le opinioni delle persone disabili verranno valutate di più potremo avere davvero un dibattito serio e consapevole. Anche la rappresentazione sui media fa tantissimo: finché le persone non disabili credono che la disabilità sia quella di libri come “Io prima di te” (largamente criticato dagli attivisti disabili) non possiamo evolverci più di tanto. Dobbiamo fare in modo che le persone disabili raccontino le proprie storie e essere scettici di chiunque parli al posto loro.

6)    Cosa s’intende con il termine inspiration porn?

Sono immagini o storie che oggettificano le persone disabili cercando di ispirare e motivare chi non è disabile, facendolo sentire fortunato: è una forma di rappresentazione problematica, ce n’è un sacco sui social, sulla stampa e in tv. Tipo la foto di un atleta con una protesi e la scritta “tu che scusa hai?”. Il messaggio implicito è che se può “fare cose” lui – una persona disabile che per forza dovrebbe passarsela peggio (!) – puoi farle anche tu spettatore non disabile. Oppure le notizie delle persone disabili che si laureano. Di solito queste storie non includono le parole della persona disabile e raramente criticano la mancanza di supporti sociali che ha reso eventualmente difficile laurearsi. O quando si parla di coppie in cui c’è una persona disabile e una no, descrivendo quest’ultima come eroica e invitando tutti a commuoversi su queste “coppie speciali”.

In questo modo si fanno passare come eventi eccezionali cose normali e quotidiane e si sottovalutano implicitamente le persone disabili. Non abbiamo bisogno di queste storie, abbiamo bisogno di vivere in pace le nostre vite senza che nessuno faccia diventare i nostri partner eroi sui giornali.

7)    Per le persone disabili è più importante il livello di autonomia personale o di autodeterminazione?

L’autodeterminazione è imprescindibile per ogni persona: per alcune persone disabili è determinata dalla presenza o meno dei giusti strumenti, che per qualcuno possono essere l’assistenza personale, per altri dei software specifici, carrozzine adatte alle proprie esigenze….

L’importante è non valutare l’autonomia (se intesa come il “poter fare le cose da soli”) ad ogni costo. Molte persone disabili fanno tutto da sole, anche a costo di metterci ore, faticando moltissimo, rifiutando aiuto anche quando ne hanno bisogno. Questo per cercare di sottrarsi allo stigma e al giudizio, perché la società spinge continuamente le persone disabili a sembrare il “meno disabili” possibile: ci sono un sacco di messaggi che riceviamo che possono portarci ad agire contro il nostro interesse e benessere.

8)    Quanto è indietro l’Italia, nell’assistenza ai disabili e nel superamento di barriere architettoniche, sensoriali e culturali, rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea?

Beh, dipende a quale paese ci riferiamo: non è certamente il paese peggiore in Europa. Noi abbiamo vissuto a Londra e lì vivere la città è di gran lunga più facile per chi come noi usa carrozzine elettriche (rispetto a gran parte delle città italiane). Per la nostra esperienza si può accedere alla maggior parte dei luoghi salvo delle eccezioni; mentre ad esempio nelle Marche dove viviamo è il contrario: i luoghi sono in gran parte inaccessibili salvo eccezioni. Qui è molto facile sentirsi ingabbiati. Inoltre in Inghilterra i fondi per assumere assistenti personali sono una realtà più consistente e consolidata, e questo fa una differenza enorme.

9)    Cosa mi dite riguardo a sessualità e vita di coppia nella condizione della disabilità?

C’è tanto da dire. C’è un pregiudizio ancora forte secondo cui chi sta, esce o fa sesso con una persona disabile è un eroe o un santo o si “accontenta”, si “sacrifica”.

Inoltre ci sono ancora tante persone attratte da una persona disabile, ma che oltre a farci sesso e stare con lei nel privato non ci uscirebbero pubblicamente, per paura delle reazioni esterne e perché una persona disabile non è il “trofeo” che la società si aspetta da loro. Dinamiche simili accadono alle persone grasse, trans o nere (soprattutto donne in coppie etero). Non si tratta dunque, ovviamente, di essere meno “desiderabili”, ma di avere appiccicato addosso uno stigma.

Inoltre gli ostacoli concreti di cui abbiamo parlato prima inficiano anche le relazioni: se non sei autosufficiente e non hai abbastanza ore di assistenza personale e agli appuntamenti ti deve portare tuo padre è super complicato. L’abilismo si fa sentire anche in ambito medico, in questo caso quando si parla di salute sessuale; esistono ancora i medici che si stupiscono che le persone disabili fanno sesso.

Servono tante cose: un’educazione sessuale davvero completa (per tutti); combattere la segregazione delle persone disabili e promuoverne le opportunità per partecipare alla società alla pari delle persone non disabili; promuovere il supporto alla pari tra persone disabili, dato che sono le altre persone disabili della community che ti danno i migliori consigli su cose molto pratiche e concrete come le posizioni, i sex toys (in particolare quando hai poca mobilità), il dating, l’abilismo nelle relazioni, il ruolo facilitatore degli assistenti personali.

Detto questo, crediamo anche che essere disabile, dati i giusti strumenti, possa contribuire a renderti più “sex positive”, considerando che viviamo in una società che ha problemi con il sesso.

Non essere autosufficienti e dipendere fisicamente da altre persone ti insegna a comunicare meglio, a farti meno “elucubrazioni” mentali e ad essere più assertivi, diretti e schietti. Inoltre la disabilità, introducendoti a marginalizzazioni di vario tipo, può insegnare ad essere più empatici verso le specificità altrui e tutto ciò che non è considerato “standard”. Può renderti più accorto e consapevole delle “red flags” (i segnali di allarme) nelle relazioni, e al tempo stesso più spontaneo. La disabilità può essere infatti un’occasione per essere più liberi dagli standard imposti, non farci dire cosa dobbiamo essere e pensare fuori dagli schemi. O almeno questa è la nostra esperienza.

10) Nel vostro blog e nelle vostre pagine social parlate anche di femminismo, tematiche Lgbt+ e antirazzismo. Quanto è importante, secondo voi, l’intersezionalità delle lotte per il riconoscimento e la salvaguardia dei diritti umani?

È fondamentale, la matrice dell’oppressione è comune. La liberazione è di tutti o di nessuno.

11) C’è qualcosa che volete aggiungere e/o lanciare un appello a chi leggerà quest’intervista?

Visto che siamo in un blog femminista, facciamo un appello alle realtà femministe 😀 perché parlino sempre di più di disabilità e contrasto all’abilismo, ascoltando le voci delle persone disabili e non dei professionisti non disabili. “Niente su di noi senza di noi”, come recita un motto del movimento di liberazione delle persone disabili.

Inoltre ricordiamoci che le molestie abiliste non sono l’unico tema di cui parlare in ambito femminista. L’assistenza personale ad esempio è un tema che riguarda fortemente l’autodeterminazione (se non hai assistenti sufficienti non sei libero neanche di alzarti dal letto, cucinarti quello che vuoi o uscire) e anche le dinamiche di potere (se sei dipendente da altri puoi trovarti più facilmente in dinamiche di abuso), temi prettamente femministi.

*

Vi ringrazio per la disponibilità e per il tempo che mi avete dedicato.

Donatella Quattrone

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SIRIA, ECCO IL PIANO DI PACE IN TRE FASI PER L’USCITA DI SCENA DI ASSAD. ATTIVISTI: “BOMBARDAMENTI AL CLORO SU ALEPPO”

Mentre a Londra si è discusso del progetto per cercare una soluzione al conflitto che insanguina il paese, nei quartieri della città in mano agli oppositori denunciati nuovi raid del regime contro la popolazione. Fronte anti-Isis: Erdogan e Obama potrebbero cooperare in offensiva a Raqqa
di Shady Hamadi | 7 settembre 2016

 

Bambini e adulti intossicati dal cloro contenuto nei barili bomba sganciati dagli elicotteri del governo di Damasco, in un ennesimo bombardamento sulla zona di Aleppo controllata dall’opposizione. E’ l’accusa che attivisti siriani presenti nei quartieri della città assediata lanciano nuovamente contro il governo di Bashar al Assad, già incriminato in passato di aver usato armi chimiche contro civili e opposizione. Nel frattempo, per porre termine alla guerra che inghiotte il paese, a Londra si è aperta la riunione fra il gruppo d’opposizione siriana e quello degli “amici della Siria” (composto da diversi stati occidentali e del Golfo che sostengono formalmente l’opposizione), per cercare una soluzione al conflitto che insanguina il paese e che negli ultimi mesi ha avuto un’escalation, a causa dell’intervento delle truppe turche nel nord della Siria con l’obbiettivo di bloccare l’avanzata dei miliziani dell’YPG – braccio armato curdo siriano del PKK, il partito dei Lavoratori del Kurdistan di Abdullah Ocalan.

I colloqui di Londra, un piano in tre fasi – Sei mesi: è la durata dei negoziati che serviranno a formare il governo di transizione, primo passo del piano di pace in tre punti proposto dall’Alto Comitato dei Negoziati, organo dell’opposizione siriana. “In questo periodo – ha spiegato Ryad Hajab, ex primo ministro siriano e ora membro del comitato – tutti i prigionieri dovranno essere scarcerati e garantito il rientro nel paese per i milioni di rifugiati”. Il governo di transizione dovrà governare il paese nella seconda fase del piano, lunga 18 mesi, e sarà composto da figure dell’opposizione, del governo e della società civile. Mentre Bashar al Assad dovrà andarsene, lasciando il potere. Un cessate il fuoco sarà proclamato in tutto la Siria e al concludersi della seconda fase verranno indette elezioni, seguite da osservatori delle Nazioni Unite. A margine della conferenza, Hajab ha dichiarato che “ogni piano di pace proposto da Russia e Usa, differente da quello di questa mattina, sarà rigettato”, sottolineando che uno dei punti principali è quello di preservare la sovranità e l’indipendenza del paese, includendo tutte le componenti della società.

Erdogan e Obama potrebbero cooperare in offensiva a Raqqa – “Una zona di sicurezza lunga 90 km da Azaz a Jablus” è quanto auspica Hamad Osman, a capo di un gruppo ribelle, parlando con la Reuters, aggiungendo che la missione principale è quella di mettere in sicurezza le zone a nord-est di Aleppo dall’Isis e i separatisti del YPG, così da garantire un’area sicura per la popolazione siriana. “Ma – evidenzia Osman – serve un’unità di intenti da parte russa, turca e america”. E convergenze fra Turchia e Usa si sarebbero aperte al G20, durante l’incontro fra Erdogan e Obama. Il presidente americano” vuole fare ‘alcune cose’ insieme, in particolare a Raqqa“, ha detto Erdogan al quotidiano Hurriyet, spiegando che Ankara è disposta ad appoggiare il progetto. “Dal nostro punto di vista – ha aggiunto Erdogan – non sarebbe un problema. Abbiamo detto ‘Lasciamo che i nostri militari si incontrino e sarà fatto tutto il necessario‘”. Il presidente turco ha puntualizzato che il coinvolgimento di Ankara dovrà essere definito da “ulteriori colloqui”. Anche nel variegato fronte anti-Isis che si prepara a scagliare l’offensiva contro la città di Mosul, continuano le discussioni e le tensioni fra le milizie sciite, sunnite e i peshmerga per stabilire i ruoli e l’influenza che ognuno di loro avrà nel breve-medio periodo dopo la caduta della città.

Nuovi bombardamenti ad Aleppo – Ibrahim Al Hallaj, membro del team di pronto intervento della Protezione civile siriana, si è recato nel quartiere di Al Sukkari – racconta il Guardian – , la zona colpita dal bombardamento, contando quattro cilindri contenenti il cloro. Un ospedale nell’area controllata dall’opposizione ha diffuso una nota, attraverso email e messaggi di testo ai giornalisti, in cui si riporta che 71 persone, fra cui 37 bambini e 10 donne, sono state curate per difficoltà respiratorie dovute all’inalazione del gas tossico. Ma il rapporto non è verificabile indipendentemente.

 

 

 

 

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/07/siria-ecco-il-piano-di-pace-in-tre-fasi-per-luscita-di-scena-di-assad-attivisti-bombardamenti-al-cloro-su-aleppo/3018196/

Bloccato con pistola taser: muore Dalian Atkinson, ex bomber dell’Aston Villa

Il tragico episodio a Telford, a ovest di Birmingham: gli agenti intervengono vicino casa del padre e in strada con la scarica che paralizza i movimenti immobilizzano il 48enne ex calciatore, che però va in arresto cardiaco. Aveva giocato anche con Ipswich Town, Sheffield, Real Sociedad, Fenerbahce, Metz e Manchester City

LONDRA – Lutto nel mondo del calcio britannico. L’ex attaccante Dalian Atkinson, 48 anni, è morto nella notte nello Shropshire, dopo essere stato colpito dalla scarica di una pistola taser utilizzata dalla polizia per immobilizzarlo. E’ accaduto a Telford, nelle Midlands Occidentali, a ovest di Birmingham, dove secondo quanto riporta la Bbc in seguito a una segnalazione la polizia del West Mercia è intervenuta alle due di notte nei pressi dell’abitazione del padre di Atkinson, l’85enne Ernest, dopo che l’ex calciatore in stato confusionale andava bussando alle case dei vicini lamentandosi di essere un “senzatetto”.

Il padre lo ha descritto come “molto agitato”, probabilmente sotto l’effetto di droghe o alcol. Gli agenti hanno bloccato l’ex calciatore in strada sparandogli con il Taser, la pistola elettrica che paralizza i movimenti facendo contrarre i muscoli. Qualcosa, però, deve essere andato storto, perché nonostante i soccorsi prestatigli dai sanitari l’uomo è morto per arresto cardiaco durante il tragitto in ambulanza verso l’ospedale. Una commissione indipendente indagherà ora sul caso, destinato a riaprire le polemiche sull’arma in uso alla polizia che dovrebbe essere meno letale delle pistole ma che ha già causato numerosi decessi. Secondo uno studio di Amnesty International, tra il 2001 e il 2012 negli Stati Uniti ci sono stati più di 500 decessi dovuti all’uso di Taser. Alcuni stati stanno prendendo in considerazione la possibilità di introdurre criteri normativi più restrittivi, in risposta alla crescente preoccupazione per la scarsa sicurezza degli strumenti.

ATTACCANTE MAI DIMENTICATO DAI TIFOSI DELL’ASTON VILLA – Atkinson in carriera aveva segnato 38 gol in 114 partite con l’Aston Villa ed è ricordato dai tifosi dei Villains per la rete del 1994 che valse la conquista la Coppa di Lega nella finale contro il Manchester Utd (3-1) e per aver firmato il ‘Match of the Day gol’nel campionato 1992-93 sul terreno del Wimbledon. Tra le sue squadre in sedici stagioni da professionista, con una convocazione nella Nazionale B inglese, anche Ipswich Town, dove aveva cominciato, Sheffield Wednesday, Real Sociedad, Fenerbahce, Metz e Manchester City, prima di chiudere l’esperienza da calciatore fuori dall’Europa con Al-Ittihad, Daejeon Citizen e Jeonbuk Hyunday Motors.
I MESSAGGI DI CORDOGLIO DI CLUB ED EX COMPAGNI  – “Riposa in pace Dalian Atkinson.Non sarai mai dimenticato!”, il tweet che gli ha dedticato proprio l’Aston Villa. Anche Paul McGrath, leggenda del club di Birmigham, ha commentato la scomparsa di Atkinson definendo il suo ex compagno di squadra come “grande parte della famiglia Aston Villa”. Dal canto suo l’Ipswich Town, dove l’ex calciatore aveva iniziato la carriera, sempre su twitter ha scrito che la sua morte è “una notizia terribilmente triste”.

Fonte:

30 gennaio 1972: Domhnach na Fola (Bloody Sunday)

Giovedì 30 Gennaio 2014 07:49

 

13 gone and not forgotten…

 

La mattina del 30 gennaio dal quartiere di Bogside si muove una gran folla. È stata indetta una manifestazione dal NICRA (Northern Ireland Civil Rights Association) e studenti, lavoratori e anziani republicans si stringono nel freddo di quell’inverno a rivendicare parità di diritti con gli anglicani fedeli alla corona. Perché nella Derry (Londonderry la chiamano gli invasori) del ’72 per avere un lavoro o una casa popolare fa una bella differenza se sei cattolico e discendi da irlandesi, o se nelle tue vene scorre il sangue dei coloni inglesi. Può ancora avere un senso scendere in piazza, dimostrare che il partito repubblicano, il Sinn Fein, ha dei consensi ben maggiori rispetto a quella manciata di voti che le truffe elettorali lealiste gli concedono. Allora quel giorno dal Bogside non partono solo gli infiammati ragazzi dell’IRA, il 30 gennaio si sta tutti assieme.

Il governo inglese ha però deciso che quel giorno darà l’esempio. A Londra si sono stancati dei delinquenti dell’Irish Republican Army che ripetutamente mettono in discussione il potere costituito in Ulster, attaccando la polizia e facendo saltare in aria fabbriche e nodi economici del paese: il 30 gennaio si spara. Il primo battaglione paracadutisti britannico viene inviato a Derry per motivi di ordine pubblico, lascerà per terra 13 civili, un altro morirà di lì a poco per ferite d’arma da fuoco.

Non ci interessa qui ripercorrere le inchieste che la Corona Inglese utilizzò per lavarsi pubblicamente quei morti dalla coscienza, ma bensì quella traccia di odio, pulsante, che governi e polizie non sapranno mai cancellare. E l’odio che generarono i 14 di Derry fu tanto e ancora oggi porta i suoi segni. Tra i ragazzi del Bogside divenne palese che una scesa in campo democratica non avrebbe più potuto avere un senso, e il numero di militanti dell’IRA aumentò vorticosamente.

Sette anni dopo, il 27 agosto 1979, l’IRA fece saltare in aria il cugino della Regina Lord Luois Mountbatten con tre suoi accompagnatori, e 18 soldati inglesi a Warrenpoint, nella contea di Down. Quella sera stessa a Belfast, lungo la Falls Road, apparve una scritta che diceva: “13 gone and not forgotten, we got 18 and Mountbatten.”

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/223-30-gennaio-1972-domhnach-na-fola-bloody-sunday

Mahatma Gandhi

Mohandas Karamchard Gandhi, detto il Mahatma, la Grande Anima, nasce il 2 ottobre 1869 a Portbandar in India. Gandhi nasce in una famiglia privilegiata, il padre è Primo Ministro di Rajkot, nel Gujarat e Gandhi ha accesso ad un’istruzione di ottimo livello.

Si laurea in giurisprudenza a Londra, dove vive da occidentale, vestendosi alla moda e conducendo una vita da cittadino dell’Impero Britannico.

Svolge la professione di avvocato per un breve periodo, in Sudafrica, dove quasi subito, però, si scontra con una realtà fatta di discriminazione razziale verso gli indiani che lo porta ad una scelta di lotta politica molto determinata. La sua è una lotta politica, come dichiarato dallo stesso Gandhi nel famoso comizio il 1° settembre 1906, basata sulla non violenza, letteralmente il “satyagraha” (“fermezza nella verità”) grazie alla quale Gandhi ottiene in Sudafrica importanti riforme: l’eliminazione delle leggi discriminatorie, il riconoscimento della parità dei diritti e la validità dei matrimoni religiosi.

In Sudafrica rimane 21 anni e nel 1915 Gandhi torna in India dove trova un grande scontento verso il governo britannico in particolare a causa della riforma agraria che favorisce i proprietari terrieri a discapito dei piccoli contadini e degli artigiani.

Diventato leader del Partito del Congresso, nel 1919 dà il via alla prima grande rivolta non violenta basata sul boicottaggio delle merci inglesi e il non-pagamento delle imposte, a causa della quale Gandhi viene processato ed arrestato.

Una volta liberato, dopo qualche mese avvia una nuova protesta e viene di nuovo incarcerato. Rilasciato nuovamente, il Mahatma partecipa alla Conferenza di Londra dove chiede fermamente l’indipendenza dell’India.

Il 1930 è l’anno della svolta: Gandhi dà il via alla “marcia del sale”, una protesta di cui parleranno tutti i giornali del mondo: 380 km di marcia per chiedere il pubblico boicottaggio della tassa sul sale, considerata ingiusta. In questa occasione Gandhi, sua moglie e altre 50.000 persone vengono arrestati, ma dopo quasi un anno di prigione viene rilasciato e le leggi sul monopolio del sale vengono modificate. La protesta non-violenta riesce per la prima volta a scalfire l’immenso potere dell’Impero Britannico.

All’inizio della Seconda Guerra Mondiale Gandhi decide di non sostenere l’Inghilterra se questa non garantirà all’India l’indipendenza. Il governo britannico reagisce con l’arresto di oltre 60.000 oppositori e dello stesso Mahatma, che viene rilasciato dopo due anni.

Il 2 aprile 1947 alla Conferenza Interasiatica di New Delhi, di fronte a 20.000 visitatori, indiani e anglosassoni, Gandhi pronuncia quello che rimane il suo discorso più celebre in cui, ancora una volta proclama la non violenza e l’amore come gli strumenti più forti per vincere qualunque battaglia: “Se volete… dare un altro messaggio all’Occidente, deve essere un messaggio d’amore, un messaggio di verità” … “ Se lascerete i vostri cuori battere all’unisono con le mie parole, avrò compiuto il mio lavoro”.

Il 15 agosto 1947 l’India conquista l’indipendenza, ma a causa delle divergenze etniche e religiose tra musulmani e indù che provocano sanguinose rivolte, il Pakistan viene dichiarato stato indipendente.

Proprio per mano di un fanatico indù, il 30 gennaio 1948 Gandhi viene ucciso, mentre sta andando a pregare in giardino, come tutti i giorni, alle 5 del pomeriggio.

16 aprile 2012 (modifica il 17 aprile 2012)

Fonte:

http://www.corriere.it/cultura/leparole/biografie/gandhi_c0813b7e-87d0-11e1-99d7-92f741eee01c.shtml

James Foley, il boia avrebbe accento britannico

L’uomo che ha decapitato il reporter Usa è di Londra? Cameron: «Sempre più probabile». E Twitter blocca il video.

 James Foley in ginocchio prima della decapitazione. Alle sue spalle un miliziano dell’Isis.

FARAH: NON SI CANCELLA LA MEMORIA

giovedì 31 luglio 2014

Oggi Farah è un campo profughi di 7000 persone nato nel 1948. Le famiglie sono arrivate qui con la Nakba da Haifa e Jaffa. Vivevano sul mare e ora al mare non possono nemmeno andarci, così come a Gerusalemme.
L’insediamento illegale israeliano più vicino è Elon Moreh, ma tutte le notti nel campo arrivano i soldati israeliani sparando e rapendo shebab o bambini. Attualmente 20 shebab del campo sono in prigione, la maggior parte di loro sono in detenzione amministrativa. 4 di loro sono bambini. Il campo ha avuto 40 martiri, uno di loro è in detenzione; ovvero non hanno ridato il corpo alla famiglia. Il martire si era fatto esplodere a Gerusalemme, Mohammed Azaul, e sperano di riaverlo quest’anno per dargli degna sepoltura. Ora è nel cimitero dei numeri.
Farah ha uno dei più grandi campi dal calcio della West Bank. Farah è famosa per gli shebab e per la tradizione di Resistenza. Quasi tutti qui sono stati detenuti da israele fra la prima e la seconda intifada. Tutte le Donne qui hanno figli o mariti feriti, uccisi o detenuti.
Ma Farah è conosciuta in Palestina per un altro motivo: qui vi era un’orribile prigione.
La prigione di Farah è stata un “dono” degli inglesi, ma nel 1982 viene presa sotto il controllo israeliano e da Ariel Sharon. Diventa un posto dove rinchiudere gli shebab.
Nel 1995, dopo gli accordi di Oslo, Arafat chiude la prigione e la trasforma in un centro sportivo; dove c’è appunto il campo da calcio.
I componenti della sede municipale di Farah ci accompagnano dentro all’ex prigione. Il responsabile è stato detenuto qui, per due anni e ci fa da cicerone…
Nel giardino ci sono bellissime palme e fiori, dall’esterno sembra una bellissima fortezza. All’entrata c’è una scrivania, è tutto pulito e ben imbiancato. Quell’entrata, una volta, era il luogo dove si svolgevano i “falsi” processi.
E da qui in poi…inizia l’orrore.
C’è un primo corridoio che porta in un luogo all’aperto, vicino ad un muro. Quando i prigionieri passavano quel corridoio dovevano fermarsi nel luogo all’aperto, denudarsi davanti ai soldati (uomini e donne) e stavano lì, in piedi, perchè in quel momento dovevano dimenticare il loro nome e imparare la loro nuova identità: un numero. Mentre erano lì, nudi, davanti ai soldati succedeva un po’ di tutto, soprattutto nei confronti delle prigioniere donne e dei bambini. Chi faceva resistenza volontaria o involontaria nell’imparare il proprio numero, veniva sbattuto contro quel muro. L’attuale responsabile se lo ricorda bene quel muro. Segue subito un altro orrore… ci sono dei quadrati di cemento che fanno da sedute. Lì sopra venivano legati due a due i prigionieri di schiena fra loro e con le mani legate dietro alle loro schiene. Restavano lì per ore, sotto al sole e i soldati gli tiravano le pietre in testa. Ci dicono di due bambini, legati lì, e dei soldati che gli stavano davanti e ci fanno intendere che i soldati si masturbassero davanti addosso ai bambini.
Subito dopo c’è un altro muro, bianco, perchè è stato imbiancato, ma non sono riusciti con quel bianco a coprire quello che c’era sotto…ci sono i nomi dei prigionieri che loro stessi hanno inciso nella pietra.
Ed ecco un altro corridoio che porta alle celle d’isolamento. Le celle sono larghe circa 80 cm e lunghe circa 1 mt e mezzo, senza bagno. Dentro a quelle celle ci restavano minimo 18 giorni. Lì dentro gli veniva passato il cibo da sotto la porta e urina e feci stavano sul pavimento, perchè appunto, non c’era il bagno.
Anche qui israele prima di lasciare lo stabile ha imbiancato le pareti nel tentativo di coprire cosa succedeva là dentro. Ed in effetti il sangue alle pareti è stato coperto, ma anche qui, non hanno potuto coprire quello che i prigionieri avevano inciso nel muro: i loro nomi, i nomi di chi amavano, i calendari e i giorni che passavano.
Esco nel giardino, bellissimo, ma per quanto con la bellezza abbiano fatto quel luogo un centro sportivo; è un luogo dell’orrore che nessuno può dimenticare e si respira nell’aria..l’odore della tortura e della violenza.
Parlo con il responsabile che è stato, appunto, due anni lì dentro. Mi dice che ha scritto un diario in quei due anni e che lo legge spesso ai suoi figli perchè devono sapere chi è il mostro e devono essere preparati. Mi dice anche che teneva i noccioli delle olive che mangiava in carcere per fare il rosario musulmano e pregare. “Ho ancora tutte quelle cose fatte con il nulla in prigione, anche se una notte i soldati sono entrati in casa mia e mi hanno rubato un po’ di quelle cose. Spero di riaverle”.
Farah, la memoria non la si può cancellare con un’imbiancatura alle pareti. La prigione di Farah è un lagher israeliano dove torturavano i Palestinesi.

Pubblicato da samantha a

 

 

 

Fonte:

http://samanthacomizzoli.blogspot.it/2014/07/farah-non-si-cancella-la-memoria.html

UN NUOVA FREEDOM FLOTILLA PACIFICA VERSO GAZA

Posted on 28 luglio 2014 by

comunicato stampa
La Coalizione della Freedom Flotilla
Condanna l’attacco israeliano a Gaza, il blocco in atto e la complicità internazionale.

Pianifichiamo l’invio di una nuova Freedom Flotilla per sfidare il blocco

La Coalizione Internazionale della Freedom Flotilla (composta da campagne Inglesi, Francesi, Svedesi, Norvegesi, Spagnole, Italiane, Greche, Turche, Statunitensi, Canadesi e Australiane) condanna l’attacco militare israeliano contro i civili di Gaza, denuncia l’insuccesso della comunità internazionale nel fermare l’attacco, e rinnova l’opposizione al blocco economico imposto da Israele ai Palestinesi di Gaza e la collaborazione di altri governi.

Notiamo che la richiesta di rimuovere il blocco è un punto centrale dei colloqui in corso per fermare la violenza, e che i governi che rifiutano il blocco dovrebbero utilizzare la propria influenza ora per far sì che un accordo che pone fine alla violenza, ponga fine anche al blocco dannoso.

Contestualmente annunciamo che stiamo progettando una nuova Flotilla nel prossimo futuro, per sfidare l’assedio di Gaza, con partecipanti da tutto il mondo. Annunciamo la nostra intenzione di ripartire da Gaza trasportando prodotti palestinesi da esportazione, continuando così il lavoro dell’Arca di Gaza.

Siamo civili pacifici, che agiscono in solidarietà con il popolo palestinese, indipendenti da qualsiasi governo. Contrariamente a quanto espresso di recente da alcuni media, non abbiamo chiesto scorta militare, non abbiamo alcuna intenzione di farlo, e partiremo, come sempre, senza alcuna scorta militare.

La  Mavi Marmara,  la nave madre della Freedom Flotilla del 2010, che ha pagato il prezzo dell’assalto della marina militare israeliana che uccise  nove cittadini turchi e uno statunitense, sarà presto pronta ad unirsi alla Flotilla che trasporterà centinaia di attivisti pacifici da tutto il mondo.

Maggiori informazioni sui nostri piani saranno disponibili in poche settimane. Chiediamo ai sostenitori in tutto il mondo di stare allerta per gli  aggiornamenti e di prepararsi  a prender parte alla nostra campagna per far cadere il blocco israeliano di Gaza.

Freedom Flotilla Coalition:
European Campaign to end the Siege on Gaza
International Committee for Breaking the Siege on Gaza (ICBSG)
Freedom Flotilla Italia
Gaza’s Ark
IHH
Rumbo a Gaza
Ship to Gaza Greece
Ship to Gaza Norway
Ship to Gaza Sweden

Per maggiori informazioni:
Zohar Chamberlain Regev (Rumbo a Gaza/Spain)  +34 (647) 077-426   [email protected]
Dror Feiler (StG-Sweden)  +46 (70) 285-5777  [email protected]
İzzet Shahin (IHH/Turkey)  +90 (530) 341 2134  [email protected]
Ehab Lotayef (Gaza’s Ark/Canada)  +1 (514) 941-9792  [email protected]

 

 

Fonte:

http://www.freedomflotilla.it/2014/07/28/6203/

 

GAZA, DALL’INIZIO DELLA TREGUA SI CERCANO I MORTI SOTTO LE MACERIE: ARRIVATI A 1000

AGGIORNAMENTI:

ore 12:55 – DA QUANDO INIZIATA LA TREGUA DI 12 ORE RECUPERATI 81 CORPI. BILANCIO CHE SALE A 961 VITTIME

ore 12:45 – GUARDA VIDEO – CASA COLPITA NEL CAMPO DI AL-MAGHAZI

– See more at: http://nena-news.it/gaza-tregua-di-12-ore-nuovo-massacro-khan-yunis/#sthash.Ylj5hvJR.dpuf

Da Nena News:

AGGIORNAMENTI:

ore 15:20 –  Beit Hanoun (FOTO: COSIMO CARIDI)

Beit Hanoun

ore 15:15 – 7 MINISTRI ESTERI: “ESTENSIONE TREGUA UMANITARIA”

I ministri degli Esteri di sette nazioni , riuniti a Parigi, hanno chiesto una estensione del cessate il fuoco umanitario di 12 ore attualmente in vigore nella Striscia di Gaza.

Il Ministro francese Laurent Fabius ha esortato gli israeliani e i palestinesi a negoziare una tregua di lunga durata che possa soddisfare sia la richiesta di sicurezza dello stato ebraico , ma che possa anche accogliere la proposta palestinese di aprire i confini della Striscia in modo da rilanciare lo sviluppo economico nel piccolo lembo di terra palestinese.

Tra i diplomatici presenti vi erano quelli d’Inghilterra, Germania, Italia, Turchia, Qatar e Usa.

Il ministro francese ha, inoltre, espresso preoccupazioni per i civili gazawi e quelli israeliani.

ore 14:50 –  TV PANARABA AL-MAYADEEN: “I MORTI SONO ARRIVATI A 1.000″

ore 14:35 – BANCHE APERTE A GAZA

Banche aperte a Gaza in queste 12 ore di cessate il fuoco umanitario che dovrebbe terminare alle 20. Le banche sono state per lo più chiuse da quando è iniziata l’operazione “Bordo Protettivo”. Soprattutto dall’inizio dell’operazione terrestre.

ore 13: 55  –  CAMPO AL-MAGHAZI (FOTO: MICHELE GIORGIO)

foto

CAMPO AL-MAGHAZI (FOTO: MICHELE GIORGIO)

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ore 13:40 – GISGIORDANIA. NABLUS: GRUPPO ARMATO RIVENDICA OMICIDIO SOLDATO ISRAELIANO

Il braccio armato dei Comitati di Resistenza popolare Brigate al-Nasser Salah al-Din hanno detto di avere ucciso un militare israeliano, ieri, vicino la città di Nablus, in Cisgiordania. La Rivendicazione è arrivata da Gaza e il gruppo ha affermato di avere aperto il fuoco su una jeep israeliana verso l’una di notte, nei pressi dell’insediamento Itamar. Il gruppo ha aggiunto che le operazioni armate in Cisgiordania proseguiranno in risposta all’offensiva israeliana contro Gaza. le Forza armate israeliane non hanno commentato la rivendicazione.

Oggi le Brigate dei Martiri di al-Aqsa hanno detto di avere aperto il fuoco contro i militari israeliani ieri sera al check point di  Qalandia, ferendo un numero imprecisato di soldati nello scontro a fuoco.

ore 13:16 –  POLIZIA ISRAELIANA: “HAMAS NON È RESPONSABILE OMICIDIO COLONI”

L’omicidio dei tre giovani coloni, a giugno, che ha scatenato l’offensiva israeliana su Gaza non è responsabilità di Hamas. Lo dicono le dichiarazioni raccolte ieri da un giornalista della Bbc, Jon Donnison che ha intervistato il portavoce della polizia israeliana, Mickey Rosenfeld. Secondo il funzionario, i ragazzi sarebbero stati uccisi da affiliati di Hamas che avrebbero agito di propria iniziativa.
Il premier israeliano Benjamin Natanyahu aveva subito puntato il dito contro il movimento islamico, scatenando settimane di rastrellamenti in Cisgiordania, con centinaia di arresti tra i palestinesi, e, l’8 luglio, la campagna militare che sta falcidiando la popolazione della Striscia. Dichiarazioni che contraddicono.

ore 12:55 – DA QUANDO INIZIATA LA TREGUA DI 12 ORE RECUPERATI 81 CORPI. BILANCIO CHE SALE A 961 VITTIME

ore 12:45 – GUARDA VIDEO – CASA COLPITA NEL CAMPO DI AL-MAGHAZI

 

 

Fonte:

 

http://nena-news.it/gaza-tregua-di-12-ore-nuovo-massacro-khan-yunis/

151 LE VITTIME PALESTINESI MENTRE LA SITUAZIONE SANITARIA DI GAZA E’ SEMPRE PIU’ CRITICA

 

12 lug 2014

by Redazione

Dopo il lancio di razzi su Tel Aviv, annunciato e celebrato da Hamas, scatta la rappresaglia di Tel Aviv contro una moschea di Gaza city

Palestinians gather around a house which police said was destroyed in Israeli air strikes in Khan Younis in the southern Gaza Strip, 8 July. Eight persons, including six children, were killed. (Ramadan El-Agha / APA images)

Palestinians gather around a house which police said was destroyed in Israeli air strikes in Khan Younis in the southern Gaza Strip, 8 July. Eight persons, including six children, were killed. (Ramadan El-Agha / APA images)

 

Giorno 4 – venerdì 11 luglio

Giorno 3 – giovedì 1o luglio

Giorno 2 – mercoledì 9 luglio

Giorno 1 – martedì 8 luglio

 

AGGIORNAMENTO ORE 23 – 151 MORTI, ESPLODE LA VIOLENZA A GERUSALEMME. CONFERMATO L’AVVISO DI EVACUAZIONE PER IL NORD DELLA STRISCIA DI GAZA. IDF: “NOI PAESE DISCIPLINATO, MISURA ALTAMENTE MORALE”

Il numero delle vittime palestinesi è salito a 151, dopo il raid che a Gaza City ha causato la morte di 16 persone – tra cui donne e bambini – in una moschea e in un’abitazione privata. Ci sarebbero anche alcune persone intrappolate sotto le macerie. Due razzi in provenienza dal Libano sono caduti nella Galilea occidentale e Israele ha aperto il fuoco oltreconfine. Esplode la violenza a Gerusalemme, con scontri tra esercito israeliano e dimostranti palestinesi a Issawiya, at-Tur e Qalandiya.

Le autorità militari israeliane hanno confermato che presto verrà diffuso l’avviso di evacuazione per i residenti del nord della Striscia di Gaza: secondo un alto ufficiale israeliano intervistato da Haaretz sarebbe proprio da lì che viene sparata la maggior parte dei razzi diretti in Israele. Secondo l’ufficiale, la popolazione verrà avvertita via media, telefono e volantini e una volta ripulita la zona dai civili, l’esercito rimuoverà alcune delle restrizioni alle varie unità, intensificando gli attacchi aerei. ”Questa – ha dichiarato l’ufficiale – è una misura altamente morale… L’evacuazione consente una maggiore libertà di azione nella zona. Noi, da paese disciplinato, emetteremo segnalazioni prima di colpire coloro che vogliono uccidere i nostri cittadini”.

AGGIORNAMENTO ORE 22.00

 Un nuovo raid aereo israeliano ha causato stasera a Gaza City almeno altri 15 morti, portando il totale delle persone uccise oggi nella Striscia a 45 (circa 150 da lunedì), secondo le stime dei servizi di soccorso medico locali palestinesi. L’attacco ha colpito un edificio e una moschea.

 

AGGIORNAMENTO ORE 20.30 – 135 VITTIME, 950 FERITI A GAZA. DUE RAZZI INTERCETTATI SU TEL AVIV, HAMAS: “ASPETTIAMO UN’OFFERTA PER UN CESSATE IL FUOCO”

Il bilancio delle vittime palestinesi a cinque giorni dall’inizio dell’operazione “Bordo protettivo” contro Gaza è di 135 morti: lo riferisce al-Jazeera. Gli ultimi raid dell’aviazione israeliana hanno avuto come obiettivi 4 militanti di Hamas e della Jihad Islamica che, secondo quanto riporta Haaretz, “stavano lanciando razzi contro Israele” e la casa di un dirigente di Hamas dove, sempre secondo Haaretz, erano nascosti dei lanciarazzi. Anche la casa di un miliziano della Jihad Islamica, Radwan Tapash, è stata colpita.

Continua intanto il lancio di razzi verso Israele. Haaretz riporta che due missili sono stati appena intercettati nei cieli di Tel Aviv. Sami Abu-Zuhri, portavoce di Hamas, ha dichiarato che il gruppo deve ancora ricevere una “offerta concreta” per quanto riguarda un cessate il fuoco. ”Non stiamo elemosinando una tregua.  Se dovessimo ricevere una proposta seria – ha aggiunto – la studieremo e daremo una risposta. Ma nel frattempo, le forze della resistenza continueranno a combattere l’occupazione”.

Secondo la tv israeliana Canale 10, Israele ordinerà stanotte a parte degli abitanti ‪di ‎Gaza‬ di lasciare le proprie case perché quelle aree saranno zona di combattimento.

AGGIORNAMENTO ORE 18:30 LA TV AL-MAYADEN: “IL BILANCIO DELLE VITTIME PALESTINESI SALE A 133″

 Secondo quanto riferisce la tv al-Mayadeen le vittime palestinesi sarebbero salite a 133. 950 i feriti.

Intanto a Ramallah si è riunita la dirigenza del Comitato politico dell’OLP. Tra i temi discussi la richiesta di protezione internazionale. A Londra il Ministro degli Esteri britannico,William Hague, ha dichiarato che Inghilterra, Stati Uniti, Francia e Germania si incontreranno domani per discutere della possibilità di un cessate il fuoco a Gaza.

Secondo quanto riferito dai media israeliani le sirene sono risuonate ad Ashkelon ed Ashdod. Un missile avrebbe, invece, provocato due feriti a Rishon LeTzion. Due esplosioni si sono udite a Gerusalemme mentre quattro razzi sono caduti  in Cisgiordania nella zona di Hebron e Betlemme.

L’Aviazione israeliana ha annunciato di non riuscire a portare a termine la missione da sola. A dirlo è il canale 10 israeliano.

AGGIORNAMENTO ORE 16:40 ABU ZUHRI (HAMAS): “NESSUNA TREGUA SE L’AGGRESSIONE CONTINUA”

La tv al-Mayadeen riporta le parole pronunciate poco fa dal portavoce di Hamas, Abu Zuhri: “non c’è possibilità di una tregua se l’aggressione israeliana continua. Chi parla di calma è solo la stampa israeliana, ma non è la nostra posizione. L’attacco israeliano ha superato tutte le linee rosse. A Gaza sta avvenendo una guerra di sterminio”. Abu Zuhri ha poi aperto alle altre forze palestinesi: “siamo d’accordo con la proposta della Jihad islamica di convocare un incontro palestinese allargato”. E sull’ANP ha detto: “l’autorità palestinese deve assumersi le responsabilità e sentirsi ingannata dalla posizione araba”. Ha poi minacciato Tel Aviv: “non siamo né deboli né in crisi. Anzi, nei prossimi giorni dimostreremo che ad esserlo è l’Occupazione [Israele,ndr]”.

Tra i sei morti palestinesi  nel raid a Sheykh Radwan a Gaza, ci sono anche 2 nipoti dell’ex Premier di Hamas, Ismail Haniyeh. 20 sono stati i feriti. Sirene sono suonate nuovamente a Ashkelon e Hof Hashkelon

AGGIORNAMENTO ORE 15:10 127 PALESTINESI UCCISI. 940 I FERITI

Un raid militare israeliano nel quartiere di Shaykh Radwan a Gaza ha provocato la morte di 6 persone. Il bilancio dei palestinesi uccisi da stamattina sale a 21 vittime. Il Ministero della Salute a Gaza ha detto che i morti totali sono 127. 940 sono i feriti.

Continua il lancio di razzi su Israele. Due missili sono esplosi vicino a Eshkol. Altri tre sono caduti a Sha’ar HaNeghev. In entrambi i casi non si registrano danni. 3 feriti israeliani si registrano a Netivot in seguito alla caduta di un missile su una casa. A riferirlo sono i media israeliani.

Le Brigate al-Qassam dichiarano di aver colpito l’aeroporto di Tel Aviv “Ben Gurion”. Notizia però che non trova conferma da parte israeliana.

L’esercito di Tel Aviv ha detto che finora sono stati sparati dalla Striscia di Gaza 36 razzi dei quali due sono stati intercettati dall’Iron Dome. 19 sono invece esplosi nella zona di Eshkol.

AGGIORNAMENTO ore 14.45 – RIAPERTO IL VALICO DI RAFAH

Stamattina il valico di Rafah è stato riaperto dalle autorità egiziane per permettere l’evacuazione di feriti gravi, gazawi con cittadinanza egiziana e internazionali. Dall’Egitto sono arrivati anche aiuti umanitari alla Striscia. Il valico era stato aperto giovedì (erano passate solo 11 persone) e poi di nuovo chiuso venerdì.

AGGIORNAMENTO ore 14.15 –  CINQUE MORTI PALESTINESI IN UN ATTACCO ISRAELIANO A GAZA CITY

AGGIORNAMENTO ore 13 – AL ARABIYA: “MORTI DUE SOLDATI ISRAELIANI, DOPO INGRESSO A GAZA”

Secondo alcuni media arabi, tra cui al Arabiya, ieri notte truppe speciali israeliane sono entrate via terra a nord della Striscia e avrebbero ingaggiato un conflitto a fuoco con miliziani palestinesi. Sia le Brigate Al Qassam (Hamas) che le Brigate Al Quda (Jihad Islamica) hanno rivendicato l’azione in cui sarebbero morti due soldati israeliani.

AGGIORNAMENTO ore 12.15 – ISRAELE: “COLPITA UNA MOSCHEA PERCHE’ CONTENEVA ARMI”

Il portavoce dell’esercito israeliano ha detto che l’aviazione ha colpito ieri notte una moschea al centro di Gaza perché probabilmente conteneva armi. In cinque giorni di operazione militare Israele ha compiuto oltre 1.160 bombardamenti aerei e ha ucciso oltre 120 persone, di cui moltissimi bambini.

AGGIORNAMENTO ore 12 – MINISTRO DELLA DIFESA: “L’OPERAZIONE PROSEGUIRA’ A LUNGO”. LUNEDì AL CAIRO SI INCONTRANO I PAESI ARABI

Il ministro della Difesa israeliano Moshe Ya’alon ha incontrato oggi i funzionari di esercito, Shin Bet e Ministero per organizzare i prossimi giorni di offensiva: “Ci stiamo preparando  per molti altri giorni di combattimento e proseguiremo nel promuovere i nostri obiettivi: colpire Hamas e altre organizzazioni terroristiche per riportare pace e sicurezza ai cittadini di Israele”.

Lunedì i ministri degli Esteri dei paesi arabi si incontreranno al Cairo per discutere dell’escalation di violenza tra Hamas e Israele. A chiedere il meeting è stato il Kuwait, attuale presidente della Lega Araba.
AGGIORNAMENTO ore 11.30 – LE NAZIONI UNITE DIVISE SULLA CRISI DI GAZA

Prosegue in Consiglio di Sicurezza la discussione sulla bozza di risoluzione sull’attacco israeliano contro Gaza. La delegazione palestinese, insieme ad alcuni paesi sostenitori, sta cercando di far passare la condanna contro tutte le violenze sui civili e la richiesta di un cessate il fuoco immediato e duraturo. L’iniziale bozza prodotta dal Consiglio parlava di “grande preoccupazione” per l’escalation di violenza, ma i 15 membri sono estremamente divisi sulla possibilità di condanna delle azioni israeliane. Una simile risoluzione sarebbe sicuramente bloccata dagli Stati Uniti.

La proposta presentata dalla Palestina chiama entrambe le parti a rispettare gli obblighi previsti dalla Convenzione di Ginevra e la protezione di civili in tempo di guerra e insiste nella soluzione a due Stati. Si chiede il ritorno all’accordo di tregua del 2012, alla fine del lancio di missili e dell’operazione israeliana.

 

AGGIORNAMENTO ore 11 – YNET NEWS: “QATAR E EGITTO STANNO MEDIANDO LA TREGUA”

Secondo il sito israeliano Ynet News, Qatar e Egitto starebbero lavorando ad una bozza di accordo di tregua tra Israele e Hamas. Tra i punti, che sarebbero già stati presentati alle due parti, c’è la liberazione dei 56 prigionieri rilasciati con l’accordo Shalit e poi riarrestati dall’esercito israeliano.

AGGIORNAMENTO ore 10.30 – SCONTRI A GERUSALEMME E IN TUTTA LA CISGIORDANIA

È stata una notte di scontri quella appena trascorsa in tutta la Cisgiordania, tra soldati israeliani e manifestanti palestinesi. Ieri notte a Qalandiya, una molotov ha incendiato la torretta militare, i soldati hanno risposto con proiettili veri, ma non hanno provocato feriti.

A Ramallah, stamattina giovani palestinesi hanno bloccato la strada che conduce alla base militare israeliana vicino al villaggio di Sinjel. Le truppe hanno risposto con gas lacrimogeni, proiettili di gomma e granate stordenti. A Nord di Ramallah è stata attaccato il posto di blocco israeliano a Tal al-Asour con molotov e fuochi di artificio. I soldati si sono rifugiati nel bunker e hanno attaccato i manifestanti con proiettili di gomma.

A Betlemme, un palestinese è stato colpito da un proiettile vero durante scontri nei pressi del campo di Aida. Nel campo profughi di Al Arroub, tra Betlemme e Hebron, quattro giovani palestinesi sono stati feriti negli scontri di ieri notte da proiettili di gomma. Nel campo di al-Fawwar, a Hebron, dopo la preghiera, è partita una manifestazione di protesta contro l’attacco israeliano a Gaza: i manifestanti hanno attaccato i soldati israeliani con pietre e bottiglie vuote. Stessa scena a Hebron e a Beit Ummar: un giovane è stato colpito da un proiettile di gomma, molti altri hanno sofferto per l’inalazione di gas.

A Gerusalemme Est, a Shuafat i soldati israeliani sono stati attaccati con pietre e molotov ieri notte. Scontri simili a Abu Dis e Anata, città palestinesi di Gerusalemme Est ma oggi al di qua del muro di separazione.

 

AGGIORNAMENTO ore 10 – ATTIVISTI INTERNAZIONALI PRESIDIANO L’OSPEDALE AL WAFA

Attivisti internazionali dell’ISM stanno presidiando l’ospedale di Al Wafa a Gaza City per evitare che venga bombardato dall’aviazione israeliana. Ieri droni israeliani hanno colpito vicino all’ospedale. Per evitare che divenga il prossimo target, volontari da Stati Uniti, Spagna, Venezuela, Nuova Zelanda e Australia sono da ieri dentro il centro.

 

AGGIORNAMENTO ore 9.30 – TRE MORTI A GAZA CITY, DIFFICILE L’IDENTIFICAZIONE

Il Ministero della Salute di Gaza è riuscito a identificare i tre uomini uccisi stamattina nel quartiere at-Tuffah di Gaza City: a causa dell’esplosione i tre corpi erano stati fatti a pezzi.

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dalla redazione

Gaza, 12 luglio 2014, Nena News – Nuovi pesanti raid aerei israeliani vanno avanti dalla scorsa notte su tutta la Striscia di Gaza dove solo nelle ultime ore, secondo fonti locali, hanno ucciso almeno 9 persone tra le quali, in un istituto di Beit Lahiya, due donne disabili. L’attacco più grave, con quattro morti, è avvenuto a Jabaliya dove i missili hanno colpito una abitazione. L’ultimo bilancio di vittime palestinesi è di 121, tra i quali una ventina di bambini di pochi anni.

A Gaza denunciano anche un attacco, avvenuto ieri, contro l’ospedale “Wafa” di Shujayeh dove, a protezione della struttura sanitaria, sono presenti anche alcuni attivisti stranieri dell’International Solidarity Movement. Quattro razzi di “avvertimento”, che i jet israeliani talvolta sparano prima dell’attacco vero e proprio, hanno danneggiato gravemente il quarto piano dell’ospedale.

A Khan Yunis è stata colpita la sede della Banca nazionale islamica legata al movimento islamico Hamas. La violenza dei raid aerei mette sotto pressione l’erogazione dei servizi pubblici. Il 75% del capoluogo Gaza city è senza elettricità da questa mattina e alcuni ospedali operano solo con i generatori autonomi.

Non si arrestano peraltro i lanci di razzi palestinesi verso le città israeliane, inclusa Tel Aviv. A Bersheeva una donna è rimasta ferita quando un Grad ha colpito in pieno la sua abitazione. Molti dei razzi che partono da Gaza sono fermati dall’Iron Dome e i comandi militari israeliani stanno dispiegando  altre batterie del sistema di difesa antimissile.

Uno scenario di guerra che prelude all’offensiva di terra israeliana che il premier Benyamin Netanyahu ieri ha di fatto annunciato, sottolineando che le pressioni internazionali non fermeranno le operazioni militari. Nena News

Fonte:
*
12 lug 2014
by Redazione

Gli ospedali sono vicini al collasso. L’Organizzazione Mondiale della Sanità segnala l’insufficienza di forniture mediche e di carburante per i generatori autonomi di elettricità. Condizioni che non consentono di gestire l’ondata dirompente di feriti, mutilati e invalidi.

 Gaza3

di Federica Iezzi

Khan Younis, 12 luglio 2014, Nena News – L’Organizzazione Mondiale della Sanità segnala la grave carenza nei serivizi sanitari palestinesi. Insufficienza di forniture mediche e di caburante per i generatori degli ospedali, rendono le strutture sanitarie della Striscia di Gaza inadatte a gestire l’ondata dirompente di feriti, mutilati e invalidi causata dall’offensiva aerea israeliana.

I risultati degli indiscriminati bombardamenti fanno salire ora dopo ora il numero di civili feriti, che si riversano caoticamente negli atri e negli affollati corridoi degli ospedali maggiori della Striscia. I pazienti arrivano negli ospedali in ambulanze, furgoni, auto private e taxi collettivi, senza nessuna forma di allertarmento. Il 23% sono bambini.

Attualmente almeno 250 palestinesi non hanno la possibilità di ricevere cure mediche adeguate, per la mancanza assoluta di letti e barelle nei centri di pronto soccorso. Bloccata le attività sanitarie in elezione.

Mancano farmaci di emergenza, antibiotici e antidolorifici, materiale monouso e materiale sterile. Mancano guanti, cateteri urinari, punti di sutura e attrezzature mediche diagnostiche. Crolla l’attività  dei laboratori. Pesante lo stato delle banche del sangue. Già in utilizzo le scorte di materiale, che diminuiscono severamente. Non ultime, mancano forniture di carburante medico-ospedaliero per fronteggiare le innumerevole ore in cui l’elettricità manca. Critiche le condizioni dei pazienti ammessi nei reparti di emergenza, nelle rianimazioni e nelle sale operatorie.

Nel centro della Striscia di Gaza, nei pressi dei campi profughi di al-Nussairat e al-Maghazi,  negli ultimi bombardamenti sono stati danneggiati un ospedale, tre cliniche secondarie e un centro di desalinizzazione di acqua. Secondo il portavoce del Ministero della Salute palestinese, Ashraf al-Qedra, mancherebbe il 30% dei farmaci essenziali per la cura dei feriti gravi. A Gaza rimane un’autonomia del 15% per il resto dei farmaci, utilizzati nelle cure croniche.

Il Primo Ministro palestinese, Rami Hamdallah e il Ministro della Salute palestinese, Jawad Awwad, hanno coordinato una spedizione via mare, dai territori cisgiordani, Ramallah e Nablus, di farmaci per cure croniche, come diabete e malattie renali, farmaci oncologici, soluzioni arteriose, sacche di sangue e materiale di laboratorio.

Il Qatar avrebbe donato 5 milioni di dollari per l’acquisto di forniture ospedaliere e per servizi di emergenza nella Striscia di Gaza. La donazione sarebbe stata annunciata da Muhammad al-Ummadi, membro del Ministero degli Esteri del Qatar, che presiede il Comitato per la ricostruzione della Striscia di Gaza.

Intanto il personale medico gazawi lavora senza sosta, con turni logoranti senza orari.

Tre giorni fa, l’European Gaza Hospital di Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza, ha subito danni durante un attacco aereo avvenuto a breve distanza. Un infermeire è stato ferito. Nonostante il barbaro perpetrarsi di bombardamenti senza preavviso su case, famiglie e bambini, nei pressi dell’ospedale, il personale sanitario continua a lavorare. Divisi in tre gruppi, medici e infermieri, coprono le 24 ore.

Ormai gli spostamenti sono diventati troppo pericolosi. Alcuni non riescono ad arrivare in ospedale perché vivono troppo lontani, per affrontare, senza rischi, il cammino a piedi. A molti mancano soldi per il trasporto pubblico. L’ospedale al-Shifa, nel distretto di Rimal a Gaza City, riceve ininterrottamente da quattro giorni feriti da schegge di proiettili – pare in qualche caso anche dalle operazioni di lancio dei razzi indirizzati dai miliziani palestinesi verso Israele – vittime dei martellanti bombardamenti e dei crolli degli edifici. I 12 letti della terapia intensiva dell’ospedale sono assiduamente occupati.

Da quando, giovedì, le autorità egiziane hanno aperto il valico di Rafah, dopo estenuanti pratiche burocratiche, solo 11 pazienti con ferite gravi hanno avuto il permesso di attraversare il confine tra Striscia di Gaza ed Egitto, in ambulanza. Chiuso nuovamente ieri dopo l’opera di allertamento degli ospedali egiziani più vicini a Rafah e quelli del Sinai settentrionale. Nena News

 

Fonte: