Intervista a callme_effe_, drag performer “demoniaco”

(Immagine mia)

1)     Tu sei, da qualche tempo, un drag performer. Come sei arrivato a cimentarti in questa forma d’arte?

Un po’ per caso, un po’ per passione. Fin da quando ero bambino ho sempre fatto teatro, il primo ruolo a 6 anni, poi le esperienze nella scuola secondaria ed infine tanti anni di spettacolo trascorsi con una compagnia teatrale amatoriale fondata con alcune persone amiche (ahimè, ormai sciolta). Insomma, sono stato più su un palco che sul divano di casa. Per me fare teatro è da sempre stato un modo per esprimere il proprio sé tramite quell’armatura che è il personaggio. Nel 2020, subito dopo le prime riaperture post-pandemiche, mi sono avvicinato al mondo del clubbing queer: prima come fotografo, poi come presentatore/vocalist ed infine come performer. Il richiamo del palco cominciava ad essere molto forte. Quell’anno eravamo già alla dodicesima stagione di Drag Race, l’arte drag era diventata un fenomeno mainstream (con tutti i vantaggi e svantaggi che questo comporta) e allora mi sono detto: perchè non cimentarsi con questa particolare forma d’arte? Perché non creare un personaggio mio? Anziché continuare ad interpretare i personaggi creati da qualcun altro. Perché no? E da quel momento è cominciata la gestazione di Effe, il mio personaggio drag.

2)     Il tuo è un personaggio particolare. Ci racconti com’è nato e perché?

Effe non è il tipico personaggio drag con sembianze femminili, outfit coloratissimi, parrucche esagerate e accessori stravaganti. Effe è un demone agender uscito direttamente dall’inferno, il mio inferno personale. Insomma, non credo ci sia bisogno di dirlo, ma io ho visto tutti i film di Tim Burton e le serie di Ryan Murphy! E durante l’adolescenza ero anche un po’ emo! Come molte persone queer durante l’adolescenza ho capito di essere diverso. Vivevo nel mio paesino d’origine che non potrei definire diversamente se non democristiano, e non solo perché ha dato i natali a Giulio Andreotti, ma perchè lì vige la regola perentoria del “si fa, ma non si dice”. Il mio problema, però, era che io non ci facevo, io c’ero. Anche se all’epoca non avevo ancora fatto coming out, e non conoscevo neanche i termini adatti per descrivermi, sprizzavo ambiguità da tutti i pori dilatati per l’acne giovanile. Rispetto a molte persone queer che affermano di sentirsi “sbagliate”, io non ho mai faticato ad accettare la mia identità sessuale, però, mi sentivo “malvagio”. Si, malvagio, un misto tra il senso di colpa per essere diverso e la consapevolezza che la mia diversità avrebbe fatto soffrire le persone a me care. Con il coming out di fatto è andato così. Mi sentivo così intimamente malvagio che ogni tanto mi facevo il segno della croce giusto per essere sicuro di non essere posseduto dal diavolo. Questa percezione di me come creatura malvagia me la porto avanti da tutta la vita. Effe non è altro che una sintetizzazione di questi sentimenti. In pratica ho preso il demone che mi sentivo interiormente e l’ho portato all’esterno tramite il trucco e gli outfit di scena. Mi sono ribaltato come un piumino double face. Portare Effe al di fuori è stato un processo di catarsi, ho partorito e liberato l’idea che avevo di me. Stare a contatto e mostrare la mia interiorità (non interiora) mi aiuta ad esorcizzare la paura che ho di me stesso. Effe è il ritratto nascosto in soffitta dell’anima di Fabrizio. Tant’è che quando guardo le mie foto in drag mi riconosco tanto, se non di più, di quando guardo le foto di Fabrizio.

3)     Il tuo è un drag estetico, politico o entrambe le cose? Ti reputi un attivista?

Il drag è sempre politico, anche se non lo si fa intenzionalmente. Il drag è una performance di genere, si gioca con la propria identità e con i costrutti sociali relativi al genere (il sistema binario uomo/donna), quindi, che lo si voglia o no, il drag è intrinsecamente politico. Non credo sia un caso che i conservatori reazionari di tutto il mondo temono i performer drag come Superman teme la kryptonite rossa (vedi quello che sta accadendo in USA con le restrizioni contro gli spettacoli drag). Il drag rappresenta un elemento di rottura in quell’ordine artificioso che è il binarismo di genere. Per questo terrorizza tutte quelle persone reazionarie che, in nome di un fantomatico ordine, vorrebbero mantenere in vita artificiosamente quel costrutto sociale che è il binario uomo/donna, che per inciso ormai fa acqua da tutte le parti. Nel 2023 chi glielo va a spiegare ad una bambina che dovrebbe ambire a fare l’infermiera e non l’ingegnera? Questo è accanimento terapeutico. Io sono a favore dell’eutanasia, accompagniamo il binarismo di genere verso una morte dignitosa!

L’estetica infine è solo un mezzo con cui cerco di dare forma ai sentimenti e alle idee che mi frullano in testa, che per lo più riguardano i temi civili e sociali che mi stanno a cuore.

Io al massimo mi posso definire un divulgatore. Attivista è un termine che da qualche anno a questa parte mi imbarazza. Quando penso alle persone attiviste di una volta (oddio che frase da vecchio!) la mente va subito a persone come Marsha P. Johnson, Sylvia Rivera, Harvey Milk, Mario Mieli, Angelo Pezzana, Massimo Consoli, Mariasilvia Spolato, Porpora Marcasciano, Marco Bisceglia, Fernando Aiuti. Persone fortemente connesse con la loro comunità, che si prendevano cura di quest’ultima. Quando penso alle persone che fanno attivismo oggi mi viene da definirle piuttosto influencers. Persone totalmente concentrate su se stesse e i loro traumi, sulla polemica del giorno, i likes, e che tra un callout e l’altro cercano sempre di rifilarti il loro libro. La comunità non viene più vista come costituita da sorelle, fratelli e siblings, l’altrə è solo un nuovo potenziale follower. Intendiamoci, ciò non è colpa di chi fa l’influencer parlando di certe tematiche, dai movimenti del 60 in poi ci sono stati più di 60 anni di liberismo e l’avvento dei social che hanno esacerbato una certa tendenza occidentale all’individualismo. Per me le vere persone che fanno attivismo sono quelle che si ritrovano a fare volontariato nelle associazioni. Quelle che quando vengono invitate sul palco del Festival di Sanremo salgono con la tshirt della taglia sbagliata a fare da sfondo all’influencer milionaria Chiara Ferragni vestita haute couture.

4)     Nei tuoi spettacoli e negli eventi a cui partecipi sfoggi solitamente un look kink con abbigliamento in latex. E’ soprattutto un’esigenza di scena o anche un tuo fetish?

Come detto, il mio drag è molto intimo e personale. Io sono una persona kinky e questo non poteva che manifestarsi anche nel mio drag. Ciò mi ha creato anche qualche problemino con le serate queer, perché questo gigante oscuro (sono alto 187 centimetri senza scarpe) stonava in mezzo a quell’arcobaleno che sono gli spettacoli drag classici. In Italia sono uno dei pochi performer drag a lavorare nel clubbing fetish e BDSM e ad aver costruito e incentrato la propria estetica intorno al latex (rubber o lattice). Chi frequenta gli ambienti fetish sa che occorre seguire un codice, una giacca non è mai una semplice giacca, ma deve essere realizzata in un certo modo, con certi dettagli, certi colori, avere un certo taglio, etc. Io prendo questi elementi codificati e li abbino, rimescolo e decostruisco in funzione dello spettacolo o del messaggio che voglio portare sul palco. Includendo accessori e oggetti di scena tipici delle pratiche BDSM. Nel mio piccolo cerco di queerizzare i codici estetici del fetish.

Per il latex provo una sincera attrazione sensoriale. Non è moltissimo che ho scoperto questo materiale, ma me ne sono subito innamorato. Il mio primo approccio è stato durante un fashion show del brand Black Crystal Latex durante la premiere del Torture Garden 2022, in cui mi sono esibito. La prima volta che l’ho indossato sono stato colpito subito dal suo odore e dalla sensazione della pelle a contatto con questa membrana estremamente liscia. Quando indossi un abito in latex sei vestito e contemporaneamente nudo. Nonché, dalla sua lucidità. I capi che indossavo erano di un nero profondissimo e pur così luminoso. Lo trovo misterioso, oscuro, suadente e ovviamente sensuale, che poi è anche lo stile del mio personaggio.

5)     C’è qualcosa che vorresti aggiungere?

Comprate accessori fetish, è un regalo che vi fate e che donate agli altri. Divertitevi, esploratevi, decostruite le vostre convinzioni sul genere, cercate di essere persone libere per quanto possibile e per rimanere aggiornati sui prossimi eventi fetish e queer seguitemi sul mio canale Instagram: @callme_effe_

Intervista a Marco Bastian Stizioli su Infezioni Sessualmente Trasmissibili, Salute Sessuale e Prep

Foto mia scattata al Mattatoio di Roma durante la Mostra per i 40 anni del Circolo Mario Mieli

1)          Da qualche anno ti occupi di divulgazione sui social network dove parli specialmente circa i diritti sessuali, le IST e la PREP. Com’è nata quest’attività?

Ho sempre avuto difficoltà a trovare informazioni sulla salute sessuale, ma soprattutto non sapevo mai a chi rivolgermi. Pensando di non essere l’unicə ad

avere questa difficoltà, ho deciso di mettere a frutto le mie competenze digitali per condividere informazioni, scrivere la newsletter e fare le grafichette su

Instagram a tema prevenzione.

Immagino che dall’esterno la mia comunicazione online si possa definire

divulgazione. Preferisco però definirmi come operatore alla pari (o community- based come si dice in inglese). Non sono infatti un operatore sanitario che cala le informazioni dall’alto, ma un membro della comunità LGBTQIA+ che prova a

  • utilizzare i social per raggiungere e supportare la sua comunità dando informazioni su dove fare i test IST e su come proteggersi;

prima del test HIV o con Plus Roma e PrEP in Italia dove tra le tante cose ci occupiamo anche di fare ricerche sui centri PrEP, per mostrare alle

istituzioni quanto sono carenti i servizi sul territorio;

  • fare formazione per trovare insieme la risposta alla domanda “come prenderci cura della salute sessuale”.

2)          Cosa s’intende quando si parla di PREP? Quando e perché si usa? Va bene sia per le persone con il pene sia per quelle con la vagina? Ci sono differenze tra i sessi?

PrEP sta per Profilassi Pre Esposizione, un farmaco che protegge dall’HIV. Si

può usare sempre: sia se si hanno rapporti sessuali senza preservativo, sia se si vuole una protezione in più. L’unica differenza tra persona con pene e con

persone con vulva è nella modalità di assunzione.

Si assume infatti una compressa al giorno e dopo sette giorni sarai protettə dall’HIV.

Se hai un pene, puoi iniziarla anche con 2 compresse due ore prima di un rapporto sessuale e interromperla due giorni dopo l’ultimo rapporto sessuale.

Se hai una vulva, devi invece interromperla sette giorni dopo l’ultimo rapporto sessuale. Il farmaco ha infatti bisogno di tempo per essere efficace nei tessuti vaginali.

Il confronto con l’infettivologo può aiutare a capire quale è la modalità migliore per noi. Da poco la PrEP è diventata gratuita. Sul nostro sito puoi trovare i centri che la prescrivono.

All’interno del protocollo PrEP sono previsto inoltre controlli periodici per

infezioni come gonorrea, clamidia e sifilide così da prenderci cura della propria salute a 360 gradi.

Ricordo che la PrEP serve se facciamo sesso con persone delle quali non conosciamo lo stato sierologico (se vivono con HIV o meno).

Non abbiamo bisogno della PrEP se facciamo sesso con una persona che vive con HIV e segue la terapia. Grazie alla terapia infatti la carica virale del virus diventa non rilevabile e dunque non trasmissibile. In gergo si dice U=U, Undetectable = Untrasmittable (Non rilevabile = Non trasmissibile).

Non avrebbe senso usare la PrEP se già la terapia fa in modo che non ci trasmettano il virus.

3)          L’uso del preservativo è il solo modo efficace per contrastare la diffusione della maggior parte delle infezioni sessualmente trasmissibili (IST), quindi non solo dell’HIV? Vale solo per i rapporti penetrativi? Cosa fare se si rompe durante un rapporto? E come possiamo porci nei confronti del fenomeno del bareback (rapporti sessuali senza preservativo) in un modo non paternalista e moralista?

Il preservativo è sicuramente uno strumento super importante, ma ne esistono anche altre due:

  • testarsi periodicamente perché infezioni come clamidia, gonorrea e sifilide sono spesso asintomatiche e si trasmettono anche con il sesso          orale. Pochissime persone usano protezioni per il sesso orale, dai!
    • avvisare lə partner se si ha un’infezione in modo tale che si testino, inizino la terapia in caso di test positivo e fermino così la catena dei contagi.

Se il preservativo si rompe, entro 48 ore dobbiamo andare in un pronto soccorso di un ospedale che abbia un reparto di malattie infettive e chiedere

della PEP, la profilassi post esposizione: un farmaco d’emergenza che evita che HIV si replichi nell’organismo.

Per il bareback potremmo provare a porci queste domande:

  • c’è consenso quando le persone fanno bareback?
    • si sentono tranquillə e in pace con se stessə dopo averlo fatto?
    • si testano periodicamente e nel loro territorio ci sono centri dove possono accedere alla PrEP e/o a dei test IST?

Se a tutte le domande rispondiamo sì, direi che chi fa bareback è una persona responsabile che vive la sua sessualità come vuole.

Se invece ad alcune rispondiamo no, dobbiamo lavorare per far sì che ogni

persona faccia sesso quando e come vuole e creare una società non giudicante che offre servizi per la salute sessuale che siano accessibili a tuttə.

4)          Quali sono i posti dove testarsi e richiedere consulenza gratuita sulle IST e come funzionano?

Ho preparato una lista che trovi a questo link. In generale il test HIV è sempre gratuito e anonimo. Nei centri gestiti da associazioni viene offerta anche una consulenza per capire come proteggersi al meglio.

5)          Quali sono i vaccini finora esistenti contro le IST e per chi sono consigliati?

Mi autocito ché ho da poco dedicato una newsletter alle epatiti.

Il vaccino Epatite A è raccomandato a gruppi a rischio come: chi viaggia in zone dove è endemica; chi potrebbe esporsi al virus per motivi professionali;

persone che hanno determinate patologie; maschi che fanno sesso con maschi (MSM). Questo perché la trasmissione dell’epatite A avviene quando le feci

vengono a contatto con la bocca e nel rimming (sesso orale all’ano) e nel sesso anale posso rimanere invisibili tracce di feci. È chiaro che non solo gli MSM fanno queste pratiche, ma in alcuni casi la gestione della salute pubblica deve fare valutazioni di costi-efficacia e sensatezza degli interventi. Tuttə possono

leccare e fare sesso con l’ano, ma è innegabile che

  • il culo è più usato da noi MSM;
  • tra il 2016 e il 2017 in Europa c’è stata un’epidemia di Epatite A tra

MSM: questo anche perché è una comunità semi chiusa ed è difficile che il virus circoli al di fuori. In Italia nel 2022 il 42,9% degli uomini sessualmente attivi che ha contratto l’Epatite A ha riportato rapporti

MSM, come da dati SEIVA (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta).

Offrire gratuitamente questo vaccino a tutta la popolazione sessualmente

attiva credo sarebbe davvero una spesa inutile, anche a fronte del fatto che l’Epatite A ha un tasso di mortalità intorno allo 0,2%. A volte la cura è capire che certe persone e certe comunità sono più colpite di altre.

Il vaccino dell’epatite B è invece offerto gratuitamente a tutte le persone natə dal 1980.

Il vaccino per l’HPV è gratis per chiunque fino ai 18 anni, in alcune regioni per

le persone con utero fino ai 25, in altre anche per i MSM. Questo perché gli MSM    non facendo sesso con persone con utero non godono della protezione

indiretta che può avere un maschio etero. Su haiprenotatovero.it puoi scoprire se nella tua regione il vaccino HPV è gratuito.

Intervista a Senith

Senith by Giuseppe Perna
Senith by Yamada Hanako

1) Tu sei una performer specializzata nei queer drag show. Com’è nata questa forma di attivismo artistico?

Mescolando e contaminando esperienze. Azioni che per me sono indispensabili. Non si può parlare al contemporaneo senza attraversare i confini. Dei generi ovviamente, che siano essi di identità o di spettacolo. Nel 2006 eravamo un gruppo di donne, a Roma, che volevano sperimentare il drag, in particolare il drag king, ovvero la personificazione del maschile. Tranne la sottoscritta, che voleva confrontarsi con il femminile divino di una drag queen. Avendo un corpo femminile, mi dicevano che non lo avrei potuto fare. Invece capivo (la consapevolezza è poi arrivata a poco a poco) che interrogare la rappresentazione dei generi pone sempre interessantissimi interrogativi. Lavorare con il corpo, il desiderio, la performance, non solo è terapeutico, come qualunque forma di teatro, ma anche politico. Nacque il primo collettivo italiano di donne che, dopo un primo anno di assestamenti, con il nome di Eyes Wild Drag divenne la prima esperienza strutturata e la più longeva. Per 10 anni abbiamo fatto spettacoli, curato eventi, condotto laboratori, viaggiato da San Pietroburgo a Washington DC portando la nostra arte e la ricerca che stavamo conducendo. Per me è stata un’esperienza fondamentale, sia dal punto di vista umano che artistico.

Il Drag si confronta comunque sempre con un pubblico. Il Drag ha l’obiettivo di salire sul palcoscenico e intrattenere, per questo oltre che politico il Drag è anche un fatto estetico. Di me stessa piace dire che sono arti(vi)sta. Il motivo è che sono profondamente convinta che l’arte sia una forza indiscutibile per la lotta al riconoscimento della cultura e dei diritti. E ora, abbiamo davvero tanto per cui lottare.

2) In cosa consiste la forma di female drag cabaret da te portata avanti in Italia? Cos’è la figura della Faux Queen e perché è nata?

Faux Queen è una drag queen interpretata da una donna “biologica”. Questa è la definizione più immediata. In realtà è estremamente complessa e porta diverse criticità. Non è l’unico modo per definire una “donna che fa la drag queen” e neanche l’unico a portare contraddizioni. Faux vuol dire falso. Ciò implicherebbe che una donna che interpreta una drag queen sia meno di valore di una drag queen autentica, l’unica in qualche modo titolata a fare drag (ossia un “uomo biologico”). Si usa anche l’espressione Bio Queen, ma anche questa può essere vista come discutibile, perché si mette al centro del discorso l’appartenenza biologica di chi va in scena che, sappiamo bene, non è oggettivamente solo maschio e femmina. Esistono gli intersessuali (è un dato di fatto) e le persone fluide che si trovano escluse da questa definizione. Un modo abbastanza neutro potrebbe essere Female Impersonator, che vale per chiunque decida di vestire i panni della Drag Queen. Per quanto riguarda me, non ho particolari preferenze, in realtà. Quando io, nel 2006, percorrevo i miei primi passi in drag, anche un po’ osteggiata e incompresa perché non potevo entrare in nessuna categoria nota, nel frattempo negli Stati Uniti, la prima donna a impersonare una Drag Queen saliva per la prima volta nella storia sul palco del più grande contest americano, il San Francisco Trannyshack Pageant. Quella donna era Ana Matronix, leader degli Scissor Sisters. Non vinse, ma aprì la strada. L’anno successivo fu la volta di un’altra donna, la strabiliante Fauxnique, drag queen sulle punte, che portò a casa un altro record: la prima vittoria. Per il perché, ti posso dire solo la mia motivazione: vibrante necessità.

3) Fra gli eventi da te organizzati abbiamo, ad esempio, la Queerrida, il Victoria Party e la recente installazione performativa Il Lato Oscuro del Desiderio. Ci parli brevemente di questi progetti?

La Queerrida è un contest, una specie di “corrida” nata 7 anni fa, i cui contendenti di anno in anno stanno diventando sempre più professionisti. In realtà c’è un po’ di tutto, alla ricerca del “Q Factor”! Ogni eliminatoria vede passare il turno un contendente scelto da una giuria e un secondo scelto dal pubblico. Pur essendo una gara, il clima che si respira è estremamente di complicità. Si è complici nello stare sulla scena, di portare contenuti anche politici, di far ridere e pensare, di costruire insieme qualcosa di favoloso, sotto tanti punti di vista. Una volta eravamo talmente improbabili e fuori gli schemi da essere naturalmente poetici. Ora si trova anche tanto professionismo.

Il Victoria Party è la festa per liberare la drag queen intrappolata nella nostra vagina! Inventato allo Stonewall Inn di New York nel 2006 da Queen Marie e Cherylnore, le stesse ce lo hanno “donato” con due valige cariche di abiti, scarpe, parrucche e tutto il necessario che serve per allestire una style station dove trasformarsi nella drag dei nostri sogni. Chi partecipa poi sale sul palco, con me e le altre performer dello spettacolo, a sperimentare varie prove, tra cui lipsync. burlesque, ballo. E’ una serata estremamente divertente, che ci ricorda che basta davvero poco per trasformarsi in pura favolosità.

Il lato oscuro del desiderio esula dal discorso drag. Ho iniziato a sentirne la necessità durante la pandemia. Si tratta di una performance installativa divisa in sei stanze, con diversi performer e diversi gradi di interazione con il pubblico. Si interroga su cosa sta succedendo ai nostri corpi, alle nostre esistenze, alle nostre relazioni, al modo in cui pensiamo e viviamo l’incontro con l’altro, la socializzazione, la sessualità. Il lato oscuro indaga i desideri, lo spazio pubblico dello stigma, lo spazio privato dei sogni, l’intimità, lo spazio virtuale delle tecnologie che ci supportano e ci cullano in un’idea di protezione. E un’opera immersiva fruibile in maniera fluida che attinge al teatro, alla danza, alla performance art e alle arti visive.

4) Quali sono i tuoi progetti attuali e futuri?

Sta ripartendo tutto! Tutto insieme. Per cui il calendario è felicemente fitto di impegni. Voglio citarne qualcuno. Il ritorno di Erotic Lunch, il pranzo/cena spettacolo dedicato all’arte, al cibo e ai sensi, nella sua completa trilogia. Si parte il 20 novembre al Teatro Arciliuto di Roma e i biglietti sono già in vendita. Il lato oscuro del desiderio si potrà vedere al Centro Culturale Artemia di Roma, per la rassegna di teatro lgbtq+ patrocinata dal Circolo Mario Mieli, nelle giornate dal 25 al 27 novembre. La Queerrida si svolge ogni privo venerdì del mese alla serata Latte Fresco di Largo Venue. La tournée è in corso: dopo Trento e Berlino, sarò al Bari International Gender Festival il prossimo 13 novembre con il mio Bad Assolo. E per chi volesse approfondire quello che ho provato a raccontare qui, ogni giovedì si svolge a Fivizzano 27 il mio Atelier in Queer, sulla performance queer. Ci tengo a citare gli spazi che ospitano i miei progetti. Fare rete è essenziale per dare forza alle idee. *

5) C’è qualcosa che vorresti aggiungere?

Non abbassare la guardia mai. Basta un attimo di distrazione per perdere ciò che abbiamo creduto acquisito e inalienabile fino a un istante prima. I corpi fanno politica e oggi la politica è contro i corpi, contro la loro libera scelta, contro i diritti e le donne. Ecco, non distraiamoci, perché è arrivato il momento dell’attivismo vero.

* Nota Bene: Quest’intervista è di qualche mese fa. Per problemi d’impegni la sto pubblicando solo adesso.

Recensione a Sul porno di Claudia Ska



Ritratto di Claudia Ska, credits Miss Sorry di I am Naked on the Internet

Qui il link della casa editrice Villaggio Maori Edizioni dove si può acquistare il libro:

https://www.villaggiomaori.com/Ska-%E2%80%8BSul-Porno-Corpi-e-scenari-della-pornografia-p400720848

 

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La dislessia raccontata da Valentina

1) A che età hai ricevuto la diagnosi di dislessia?

Ho ricevuto la diagnosi di DSA a 10 anni, in 5 elementare.


2) Come è stato gestito il tema dei DSA a scuola all’interno del tuo gruppo classe?

Ecco… Diciamo che alle elementari quando ho ricevuto la diagnosi mancava poco alla fine dell’anno, non è stato trattato l’argomento, ti direi che non era cambiato nulla. Alle medie i docenti mi etichetta vano come “la stramba”, “quella diversa”, “la lenta” ecc.. E questi stereotipi inevitabilmente si creavano poi tra compagni facendo sì che ero sempre l’esclusiva, l’aliena… 
Alle superiori non è cambiato nulla se non tra la 4 e la 5 grazie a un collegio docenti diverso, che mi hanno supportata e seguita nella scelta di voler fare la tesina di maturità proprio sulla mia caratteristica e l’idea era di coinvolgere anche i miei compagni per mostrare loro e far capire cosa è questo potere (mi piace pensare che è un super potere).


3) Quanto la dislessia influisce su autostima ed autoefficacia? Cosa si può fare per incrementarle?

Direi moltissimo, il riuscire o non riuscire in qualcosa per la società di oggi è davvero molto importante così come il fare giusto o sbagliato… Per non parlare della velocità, sembra che sei veloce sai, sei intelligente altrimenti no… Non è così ma…. Vallo a spiegare…
La dislessia è anche lentezza, avere difficoltà in qualcosa e non riuscire, sbagliare… E paragonandoti o essendo paragonato sempre agli altri ecco l’autostima e l’autoefficacia non sono di certo sotto braccio…. Spesso il pensiero è ” e se non ce la faccio?” , “e se non posso perché sono dislessica?” ecc….
Una cosa super bella però è che nonostante il buttarmi giù, lo scoraggio e sconforto iniziale voglio sempre riprovare e riuscire, non mi voglio mai arrendere.


4) Hai avuto problemi di bullismo a causa della tua caratteristica?

Sì, come anticipato prima… Venivo sempre vista come un’aliena o la diversa o addirittura la malata… Nei diversi anni scolastici c’era chi non mi voleva vicino o non voleva fare qualcosa con me perché “ma lei è diversa” oppure le derisioni, i giudizi… Non mancavano mai!


5) Quali sono gli stereotipi e pregiudizi più diffusi nei confronti degli alunni DSA?

“è intelligente ma non si applica”, “è un po’ lento/a…”, “non gli serve studiare tanto hanno le mappe…”, “è solo una scusa”, “sei malato/a”, “sei stupido/a”, “non sei intelligente”, “non sei bravo/a in nulla!”, “non saper leggere alla tua età è grave!”, “ma dai dillo che è solo perché non hai voglia”….


6) Quali metodi di studio e strumenti compensativi e/o dispensativi trovi più efficaci?

Come strumenti compensativi direi in primis in assoluto l’uso dei colori e immagini e strumenti digitali (es. pc, cellulare, tablet) e calcolatrice.
Strumenti dispensativi… Lettura ad alta voce!

7) Attualmente studi o lavori? 0 entrambe le cose? Quali difficoltà vivi con più frequenza nelle tue attività?

Attualmente lavoro! Ricordare le date e gli orari,
avere fiducia nelle mie capacità là dove si tratta di qualche attività che anche se so come compensare può causarmi una difficoltà (es. Leggere ad alta voce per qualcuno, scrivere testi importanti…).


8) Quali sono le difficoltà legate alla quotidianità, come fare la spesa, andare al ristorante, prendere un mezzo di trasporto pubblico, guidare un’auto, ecc., per una persona dislessica?

Beh… possono essere davvero tante, dal bancofrutta che devo leggere ricordare e scrivere il numero alla bilancia  al calcolare quanto mi deve dare di resti la cassiera dopo la spesa. A un qualsisi documento da leggere, compilare e firmare, al leggere il menu con un font non ad alta leggibilità al ristorante, ecc…


9) Cosa ti ha spinto a creare il blog www.la-dislessia.it?

Dopo aver realizzato la tesina di maturità e aver fatto l’esame lo stupore negli occhi della commissione e il tanto interesse mi ha fatto capire che non doveva essere una cosa che si spegneva da lì a poco, ho così creato la mia pagina Instagram, poi però il fatto che su instagram non si può caricare documenti scaricabili (es. Schemi e mappe) e tante altre funzionalità ho deciso di creare il Blog per essere più comodi.


10) Secondo te la società odierna sta facendo abbastanza per rispettare e valorizzare questo tipo di neuro-divergenza?

Sta iniziando ma.. C’è ancora tanto da lavorarci!

Intervista ad autistic_red, ballerinə e attivistə

Dal web: immagine libera da diritti

Ciao, autistic_red. Grazie per aver accettato l’ intervista.

1) Tu sei statə diagnosticatə in età scolare o da adultə?

Ho ricevuto la diagnosi a 31 anni.

2) Una delle caratteristiche delle persone neuroatipiche è quella di avere solitamente delle stereotipie motorie. Questa particolarità influisce sulla tua professione di ballerinə?

Le stereotipie mi aiutano nella danza e la danza mi aiuta nelle mie stereotipie. Grazie alle stereotipie creo passi nuovi e grazie alla danza posso utilizzare le stereotipie, che per me sono fondamentali, per sfogarmi, autoregolarmi e concentrarmi a tempo di musica!

3) Qual è il tuo rapporto con i cambiamenti?

Vivo malissimo i cambiamenti, soprattutto quelli che per la maggior parte delle persone vengono visti come banali.  
Anche il cambio di una luce, il cambio di disposizione in una stanza, se non vengo avvisata, mi scatenano malessere e non riesco a concentrarmi. Arrivano emozioni sgradevoli e tutto sembra in disordine. Soprattutto i pensieri.

4) Da un po’ di anni viene usato un pezzo di puzzle blu come simbolo delle persone neurodivergenti ma che non è stato scelto da loro. Lu attivist3 autistic3, tra cui ci sei anche tu, scelgono invece di usare altri simboli, come l’infinito con i colori dell’arcobaleno. Ti va di spiegare l’origine e il significato di quest’ultimo?

Il simbolo dell’infinito con i colori dello spettro autistico si riferisce alle diversità che ci sono tra le persone autistiche. Proprio come lo spettro autistico sta ad indicare un’ infinita gamma di diversità fra tutte le persone nello spettro, nessuna di noi è uguale all’ altra. Invece il pezzo di puzzle blu, non scelto dalla comunità autistica, ci indica come persone con pezzi mancanti, persone tristi, persone fatte a pezzi, enigmi.

5) Tu ti definisci gender fluid/agender. Ti va di parlarci della tua identità di genere?

Io mi indentifico in primis come persona e questa per me è la cosa più importante. Spesso mi viene da utilizzare il maschile nei miei confronti, poche volte il femminile. Purtroppo, in questa società, sono costretta ad utilizzare il femminile in tante situazioni formali e la mia identità di genere non viene compresa. Preferisco usare il neutro nei miei confronti, quanto più è possibile. Ad esempio lo avrei voluto fare anche per questa intervista, ma ho sempre timore della reazione delle altre persone.

6) C’è qualcosa che vorresti aggiungere?

Vorrei che le persone si ricordassero che siamo tutti esseri umani diversi, sarebbe bello non aver timore di ascoltare chi viene reputato come ancora più diverso dagli altri da questa società.

I militanti talebani hanno preso il controllo dell’Afghanistan

Tratto da https://www.instagram.com/sincerelynooria/ . Traduzione mia.

I militanti talebani hanno preso il controllo dell’Afghanistan


Che cosa è successo?

Domenica i combattenti talebani hanno preso il controllo della capitale afghana ed il presidente Ashraf Ghani è fuggito all’estero, lasciando il governo al collasso.

Ieri sera, la strada principale per l’aeroporto di Kabul era piena di afghani che, disperatamente, provavano a scappare.

Situazione corrente

La vittoria dei talebani è ora tutto tranne che completa. La velocità del collasso del governo centrale e dei suoi militari è stata sbalorditiva e spronerà infinite indagini a posteriori su cosa sia successo e su chi sia da incolpare. Ma la situazione prossima richiede attenzione per minimizzare un enorme disastro umanitario.

Giorni bui per L’Afghanistan

I talebani stanno andando di porta in porta, redigendo liste di donne e ragazze di età fra i 12 e i 45 anni che saranno poi forzate a sposare i combattenti islamici.

Alle donne è detto che non potranno uscire di casa se non accompagnate da un uomo, che non potranno più lavorare o studiare né indossare liberamente gli abiti che vorrebbero. Anche le scuole saranno chiuse.

Alza la tua voce per l’Afghanistan!

LA SCOMPARSA DI GINO STRADA COINCIDE CON IL PRIMO SALVATAGGIO DI 85 PERSONE

Dalla pagina Facebook dell’associazione ResQ – People saving people:

LA SCOMPARSA DI GINO STRADA COINCIDE CON IL PRIMO SALVATAGGIO DI 85 PERSONE ED E’ A LUI CHE DEDICHIAMO QUESTE VITE UMANE PER RINGRAZIARLO PER TUTTO CIO’ CHE HA FATTO.

Milano, 13 agosto 2021 – “Gino è stato una grande figura nell’ambito dell’aiuto umanitario e ha fatto cambiare molte cose grazie ad Emergency e tutto quello che ha fatto. Ha sempre sostenuto concretamente che non c’è essere umano preferito ad un altro, e l’ha dimostrato con i fatti. È stato un grande pacifista, ha sempre curato i feriti e condannato le guerre. Noi di RESQ abbiamo l’onore di avere tra di noi la figlia Cecilia Strada, che in questo momento non può essere lì affianco a lui perché si trova in mezzo al mare a salvare le persone come suo padre e sua madre hanno sempre fatto.La scomparsa di Gino Strada coincide con il primo salvataggio di 85 persone avvenuto oggi. Come ResQ dedichiamo a lui queste 85 vite umane, che porteremo in un luogo sicuro” afferma Luciano Scalettari, Presidente di ResQ.

CHE TUTTI SAPPIANO: STA BRUCIANDO IL PARCO NAZIONALE DELL’ASPROMONTE.

Condivido anche qui, e invito tutti a farlo su qualunque social, il tragico appello dell’Associazione Guide Ufficiali del Parco Nazionale dell’Aspromonte: https://www.facebook.com/guideufficialiparcoaspromonte

CHE TUTTI SAPPIANO

Sta bruciando l’Aspromonte. Non sterpaglie o erba secca, l’Aspromonte selvaggio e quasi intatto, quello dei boschi antichi, degli alberi millenari e dall’altissimo pregio.

Bruciano la foresta di Acatti e la Valle Infernale, di recente divenuta patrimonio UNESCO. Brucia lo Zomaro e i boschi di Roccaforte, nuovi focolai si segnalano nell’area grecanica.

La conclusione di questo inferno è ancora lontana dall’essere raggiunta.

Mani criminali continuano ad appiccare fuochi e la lotta sembra impari.

Non stiamo parlando di qualche boschetto, buono per farci una passeggiatina e pubblicare un paio di foto su instagram, ma sono i boschi della zona a tutela integrale, dall’altissimo valore naturalistico per noi, per la Calabria, l’Italia e per tutto il mondo. È come se bruciassero i Bronzi di Riace e noi li potessimo vedere mentre il metallo si scioglie e cola sulle basi di marmo… anzi peggio, perché questo fuoco causerà gravi danni alle nostre vite nel prossimo e medio futuro. Chi brucia un bosco brucia un pezzo del presente e del futuro di tutti e molti non si stanno rendendo conto del danno ENORME, che stiamo subendo ed abbiamo subito.

Se non l’avessimo capito, la situazione è gravissima e quindi è bene che tutti sappiano che sta bruciando IL PARCO NAZIONALE DELL’ASPROMONTE.

Che siate maledetti, voi che bruciate e voi che non avete fatto ciò che sarebbe servito a fermarli. Criminali e complici dei criminali.

Che tutti sappiano che il disastro non si è ancora compiuto.

Che tutti sappiano che si sarebbe potuto evitare il peggio. Che tutti sappiano che chiederemo il conto di questo disastro.

Che tutti sappiano che i boschi più belli dell’Aspromonte sono quasi in cenere.

Che tutti sappiano che l’Aspromonte è in guerra e che non finirà quando il fuoco sarà spento.

Che tutti sappiano che non abbiamo più lacrime.

Che tutti sappiano.

Sigh

Intervista a Diego Tigrotto

1) Ti definisci un artivista sex positive: cosa indicano queste espressioni?

Artivista è una crasi tra le parole artista e attivista perché cerco di esprimere la filosofia sex positive anche attraverso l’arte.

2) Da anni indossi quotidianamente tutine animali: perché questa scelta?

Nasce come forma radicale dell’espressione di sé, che è uno dieci principi del Burning Man. Io ho partecipato a quest’evento nel Nevada e ho visto che indossare le tutine animali mi risuonava e ho sposato questa forma di espressione. Mi piace cercare abiti non solo di animali, ma anche colorati, metto smalto, ecc. E’ anche una forma di esibizionismo, un non volersi nascondere ed un modo per filtrare le persone che sono o no attratte da questa modalità: ognuno ha il suo modo di esprimersi, di vivere la propria socialità.

3) In uno dei tuoi cortometraggi, “Ki è my Papino?”, metti in scena la fantasia di un abuso incestuoso e nei tuoi cerchi di condivisione sottolinei la necessità del non giudizio nei confronti di qualunque fantasia sessuale. Che rapporto c’è tra la liberazione delle fantasie e il consenso?

La fantasia raccontata nel corto rientra nella sfera del non consenso-consensuale, , cioè nel poter giocare con fantasie di abuso avendo concordato prima le modalità ed i limiti, in modo da viverle senza commettere degli abusi reali. Le fantasie sono centrali nella sessualità ma se ne parla poco perché a volte vengono giudicate come sporche o immorali.

4) Ci parli del progetto La Tana Libera Tutt* e degli eventi ad essa connessi?

La Tana Libera Tutt* è un progetto che ha come scopo principale quello di promuovere la filosofia sex positive e i suoi quattro pilastri: consenso, non giudizio, consapevolezza e piacere. Lo facciamo in modo pratico attraverso laboratori e workshop ma anche parlando nei cerchi di condivisione e tramite la rete dei social. E’ un progetto in divenire: ultimamente stiamo preparando un mazzo di Tarocchi Sex Positive.

Sex positive è un termine che, nonostante abbia ormai sessant’anni, è ancora poco conosciuto in Italia nella cultura attuale.

5) Partecipi a diversi Porn Film Festival indipendenti. Come definiresti l’esperienza di questi festival?

I festival sono innanzitutto un’occasione per incontrarsi con altre persone che a loro volta si occupano del porno diverso da quello mainstream, un tipo di porno che ha intenti anche politici. Quando ci vado cerco materiale d’ispirazione. Allo stesso tempo cerco di creare materiali da condividere e che possano essere stimolanti anche per le altre persone. Ultimamente ho fatto un video che è stato selezionato per il Porn Film Festival di Berlino e per il San Francisco Porn Film Festival. Questi sono i festival a cui ho già partecipato insieme al Hacker Porn Film Festival di Roma, il Vienna Porn Film Festival e quello di Atene.

6) Nel mockumentary “Sexplorer” troviamo la parodia di un documentario su riti ecosessuali. Cos’è per te l’ecosessualità?

L’ecosessualità è un movimento ideato da Annie Sprinkle e lanciato come possibilità di vivere la sessualità all’aperto, nella natura, una sessualità connessa con i sensi, con il tutto, in modo tantrico ma anche giocoso. Nel Ecosex Manifesto si parla del fare l’amore con la natura oltre che nella natura. La natura, quindi, oltre ad essere cornice, diventa anche parte integrale dell’atto sessuale, il quale non è, perciò, da intendersi necessariamente come genitale.

7) Un altro tema ricorrente nei tuoi lavori è quello dello spanking, che troviamo nel corto da te diretto “A Spanking Ode” e in una scena della pellicola “Female Touch” di Morgana Mayer. Che rapporto c’è tra parafilie, BDSM e la filosofia sex positive?

La parola parafilia è quasi medica ma nel sex positive ha una valenza diversa. Le pratiche del BDSM sono incluse nell’ambito sex positive. Lo spanking è una delle pratiche che ho potuto fare in pubblico. La sento come una pratica intima, un contatto molto sensuale ma allo stesso tempo giocoso.

8) C’è qualcos’altro che vorresti aggiungere?

Questo periodo è stato molto duro per il nostro progetto de La Tana Libera Tutt* per via della pandemia da Covid 19. Però sono riuscito a creare nuovi progetti: i Tarocchi, articoli pubblicati sul web, un fumetto sex positive e a produrre un altro video. L’isolamento mi ha permesso di trovare il tempo per creare progetti diversi e portare avanti il mio lavoro non solo attraverso le esperienze fisiche.

Diego Tigrotto

SexPositiveArtivist

LaTana LiberaTutt*