Attacco Usa in Siria, Trump sconfessa la sua linea. Ma l’avvertimento preventivo alla Russia conferma l’intesa con Mosca

Attacco Usa in Siria, Trump sconfessa la sua linea. Ma l’avvertimento preventivo alla Russia conferma l’intesa con Mosca

Attacco Usa in Siria, Trump sconfessa la sua linea. Ma l’avvertimento preventivo alla Russia conferma l’intesa con Mosca
Mondo
Il bombardamento della base aerea di Shayrat non rappresenta in sé un’escalation nella crisi siriana. Altrimenti metterebbe a rischio le intese che Mosca, Washington e Ankara hanno raggiunto per stabilire sul Paese, ormai in macerie, la loro personale area d’influenza. Se Russia e Cina sono state davvero informate dell’attacco, il bombardamento Usa alla base di Shayrat ha scopo puramente dimostrativo
“Quello che sto dicendo è rimanete fuori dalla Siria!”. Lo scriveva Donald Trump su twitter il 4 settembre del 2013, pochi giorni dopo l’attacco con armi chimiche nella zona di Ghouta, a Damasco, dove circa 1400 persone vennero uccise. Allora, per il presidente Barack Obama, era stata superata la linea rossa tracciata dall’ex segretario di Stato John Kerry. A quel tempo l’intervento americano non ci fu. Perché grazie alla mediazione russa si trovò un accordo per chiedere a Damasco di consegnare, sotto la supervisione di osservatori dell’Opac – l’organizzazione mondiale per la proibizione delle armi chimiche -, tutti i quantitativi di sarin stoccati nei magazzini. Quell’intesa segnò una nuova pagina per la crisi siriana che condusse l’amministrazione Obama verso un ruolo più defilato, in favore di una Russia maggiormente attiva nel contesto siriano.Con l’amministrazione Trump, che aveva criticato l’approccio di Obama nella questione mediorientale, è parso subito chiaro che gli Usa sposassero una linea non interventista, cercando con la Russia un’intesa per un coordinamento nella lotta al terrorismo. Una visione che aveva avuto risvolti politici, almeno a parole.

La settimana scorsa Nikki Haley, ambasciatrice Usa presso le Nazioni Unite, aveva affermato che “per gli Usa la rimozione di Assad non era più la priorità”. A fare da eco alle sue parole ci aveva pensato anche Rex Tillerson, segretario di Stato Usa che, durante una visita ad Ankara il 30 marzo scorso, aveva detto che “il destino di Assad sarebbe stato scelto dai siriani”.

Dichiarazioni in linea con la posizione del Cremlino che ha sempre ribadito il suo appoggio al governo di Damasco. Ed emergeva così il raggiungimento di una visione comune o almeno un cambio di rotta.

Non a caso il 7 marzo scorso ad Antalya, in Turchia, i tre capi di Stato maggiore di Usa, Turchia e Russia si erano riuniti per discutere della situazione intorno a Munbij, città siriana nel nord della Siria, dove le forze armate sostenute da questi tre paesi si erano scontrate. “C’è la volontà di creare un coordinamento efficace negli sforzi per eliminare ogni gruppo terroristico dalla Siria”, aveva dichiarato il primo ministro turco, Binali Hildirim.

Ma secondo molti analisti questo coordinamento aveva come scopo quello di creare per ogni potenza aree d’influenza sotto l’ombrello della lotta al terrorismo. Solo due giorni dopo, il 9 marzo, centinaia di marines sono entrati in Siria per combattere contro lo Stato Islamico a fianco delle ‘Forze democratiche siriane’, una formazione predominata dai curdi e sostenuta da Washington. Mentre la Turchia, in quegli stessi giorni, intensificava la sua operazione “scudo dell’Eufrate” per creare una zona cuscinetto nel nord della Siria.

Ma dopo l’attacco chimico a Khain Sheikhun il 4 aprile scorso, l’approccio americano in Siria sembra cambiare drasticamente. “Quello che ho visto ieri su bambini e neonati ha avuto un grande impatto su di me. Quello che è successo ieri è inaccettabile. Su Assad ho cambiato idea”, ha detto Trump il giorno dopo in conferenza stampa con re Abdullah II di Giordania.

Dopo l’attacco con 59 missili che ha colpito la base di Shayrat, il portavoce del Pentagono ha riferito che “i russi erano stati informati dei piani Usa per minimizzare i rischi per il personale russo e siriano presente nella base aerea”. Mentre il presidente cinese Xi Jinping, scrive la stampa, è avvisato personalmente da Trump durante il meeting in Florida.

Se Russia e Cina sono state davvero informate dell’attacco, allora il bombardamentoUsa alla base di Shayrat ha scopo puramente dimostrativo. Motivato dal desiderio di riaffermare il ruolo di Washington sullo scacchiere internazionale. Per la Cina rappresenta invece un segnale di imprevedibilità di Trump che continua a alzare i toni contro la Nord Corea, sostenuta da Pechino. Quindi Pyongyang potrebbe non essere più immune a rappresaglie Usa. Ma la cosa più importante dell’avvertimento preventivo a Cina e Russia è che l’attacco della notte scorsa non rappresenta un’escalation della crisi siriana. Perché in quel caso a rimetterci sarebbero le varie potenze che hanno raggiunto alcune intese per stabilire sul Paese, ormai in macerie, la loro personale area d’influenza.

Fonte:

SIRIA, “ASSAD E ISIS HANNO USATO ARMI CHIMICHE IN ALMENO TRE ATTACHI”

Siria, “Assad e Isis hanno usato armi chimiche in almeno tre attacchi”

L’accusa arriva da team composto di investigatori della Nazioni unite e dell’OPCW (Organizzazione per la proibizione della armi chimiche). Il 30 agosto il Consiglio di sicurezza discuterà il dossier
di Shady Hamadi | 25 agosto 2016

 

Nonostante Assad abbia sempre negato l’uso di armi chimiche, il governo siriano le ha utilizzate per due volte. Ma Damasco non è stata la sola averle utilizzate, perché anche l’autoproclamato Califfato ha fatto uso del gas mostarda. A metterlo nero su bianco è un team composto da investigatori di Nazioni Unite e Opcw (Organizzazione per la proibizione della armi chimiche), che ha stilato un dossier sull’uso delle armi chimiche durante la guerra in Siria, analizzando nove casi. Solo in tre le responsabilità sono state attribuite, mentre negli altri sei non si arrivati a nessuna conclusione. I risultati del team, fortemente richiesto da Mosca e formato dall’Onu, saranno discussi dal Consiglio di sicurezza il 30 agosto.

Secondo il report il governo siriano ha lanciato armi chimiche su due villaggi nella provincia di Idlib: a Talmenes il 21 aprile del 2014 e Sarmin il 16 marzo del 2015. In entrambi gli attacchi gli elicotteri siriani hanno lanciato sulle abitazioni “un congegno” che nel primo caso ha le “caratteristiche del cloro”. L’Isis è invece accusato di avere adoperato il gas mostarda nell’attacco alla città di Marea, a nord di Aleppo, il 21 agosto 2015.

A seguito delle conclusioni della commissione, l’ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite Samantha Power ha chiesto al Consiglio di adottare “azioni forti e rapide” contro i responsabili. In particolare ha accusato il governo siriano di violare la risoluzione varata a settembre 2013 dal Consiglio che impone il divieto – riportato nel capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite -, dell’uso di “qualsiasi arma chimica da parte di chiunque nella Repubblica araba siriana”. Allora, infatti, il governo di Damasco accettò un piano per lo smaltimento delle armi chimiche che ebbe l’effetto di scongiurare un intervento militare americano, in risposta alla strage condotta con armi chimiche che provocò la morte di 1400 persone nella capitale, nella Ghouta orientale.

Fra dicembre 2015 e agosto 2016, il team di investigatori ha ricevuto più di 130 segnalazioni da stati membri delle Nazioni Unite sull’uso di armi chimiche in Siria: 13 sarin, 12 gas mostarda, 4 gas nervino, 41 cloro e gli altri 61 con altre agenti chimici tossici. In passato, la Russia, che sostiene il governo di Damasco, ha bloccato l’attuazione di sanzioni o altre azioni del consiglio contro il governo di Assad, anche se è stata proprio il governo di Mosca a volere la commissione d’inchiesta.

 

 

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/25/siria-assad-e-isis-hanno-usato-armi-chimiche-in-almeno-tre-attacchi/2995360/

ISIS, LUTTO PER KHALED ASAAD E POI?

Palmira distruzione 3C’è da domandarsi a cosa serva che i musei italiani mettano le bandiere a mezz’asta, in segno di lutto, per la barbara uccisione di Khaled Asaad, archeologo di 82 anni barbaramente ucciso dall’Isis. Sì, a cosa serve mettersi in lutto per un uomo se si è stati capaci di ignorare costantemente il massacro quotidiano in Siria. Appena una settimana fa, un bombardamento aereo dell’aviazione siriana su un mercato a Duma, sobborgo di Damasco, ha causato cento morti. In Siria, le vittime da entrambe le parti sono quasi cento al giorno. E che dire dei 250 mila morti, o oltre, che hanno insaguinato la terra si questo paese? Non serve a nulla il lutto per Asaad, nè serve continuare a postare ossessivamente le foto delle rovine di Palmira in questo esercizio d’indignazione che dura il tempo che trova. Ci si è chiesti come ha vissuto Asaad in questi anni di guerra o come la popolazione a Palmira stia vivendo ora?L’ecatombe in Siria la (ri)scoprima solo quando c’è una morte “sensazionale”. C’è bisogno di nuovi livelli di barbarie per risvegliare la coscienza latitante della nostra “civiltà” – come piace definirla a qualcuno. Asad, il dittatore siriano, sa di avere di fronte un’opinione pubblica che non si indigna per le uccisioni a livelli industriale. Ha ragione a pensarla così. Una bomba sganciata su un villaggio della provincia di Idlib che provoca un’ecatombe fra i cittadini è una morte consueta, noiosa, di cui possiamo fare a meno d’interessarci. L’Isis uccide meno siriani – si calcola che il regime di Damasco ammazzi sette volte di più che l’Isis – ma lo fa con spettacolarità, in una costante ricerca di attenzione mediatica.

La morte orribile di Khaled Asaad è un ennesimo, ottimo, risultato dello Stato Islamico che aumenta la sua fama, la sua presenza sui giornali, certo che queste sono il genere di morti che cerca il pubblico. Nello stesso tempo, all’aumentare della fama di questi fanatici, il dramma siriano continua a scomparire. E’ facilissimo, per il commentatore di questa parte del Mediterraneo, in Europa, parlare solo dell’Isis e cancellare il contesto, la Storia. Fatto ciò, si arriva immediatamente all’assunto: in Siria c’è l’Isis e Assad, tutto quello c’è in mezzo e che è stato è semplicemente cancellato.

Ciò deriva dalla sindrome dell’11 settembre, da questo incubo che si annida in ogni scelta di politica estera e che ha pervaso il senso comune popolare quando ci si approccia al Medioriente. La Storia del mondo arabo, gli eventi accaduti anche solo una settimana fa che possono spiegarci l’oggi, è scomparsa perché ci basta banalizzare ciò che resta della tanto, nostra, amata culla della civiltà. Due anni fa, alle prime ore del 21 agosto, venivano usate armi chimiche contro i civili di Ghouta, periferia di Damasco. Si contarono oltre 1000 morti che qualche giorno dopo vennero già dimenticati, come accadrà presto per Khaled Asaad. Il 21 agosto del 2013 la famosa linea rossa di Obama veniva superata. Sono passati due anni e nulla è cambiato: i siriani continuano a morire, altri attraversano il mare e altri ancora rimangono a casa loro.

Vorrei appellarmi a chiedere che tutti i morti siriani vengano considerati e celebrati ugualmente, altrimenti si smetta definitivamente di parlare della Siria. Lasciateci vivere nel nostro inferno.

 

SIRIA. SOFFOCATI DA GAS VELENOSO A JOBAR, DAMASCO

A quindici giorni dal secondo anniversario dal massacro chimico di Al Ghouta (per info qui alcuni articoli tratti dal blog di Asmae Dachan: https://diariodisiria.wordpress.com/2013/08/22/dallaltra-parte-del-mare-il-giorno-delle-stragi-alla-periferia-di-damasco/ ;  https://diariodisiria.wordpress.com/2013/11/10/al-ghouta-tre-mesi-dopo-lattacco-chimico/ ; http://diariodisiria.wordpress.com/2014/03/24/al-ghouta-oltre-le-armi-chimiche-resta-lassedio/ ; http://diariodisiria.wordpress.com/2014/05/20/siria-9-mesi-dopo-lattacco-chimico-nascono-bimbi-malformati-immagini-shock/ ; https://diariodisiria.wordpress.com/2014/08/17/1-anniversario-dellattacco-chimico-su-al-ghouta-mobilitazione-internazionale/ ) si registra l’ennesimo attacco chimico da parte del regime siriano.
Qui la notizia:

# Damasco, 06-08-2015: Forze del regime all’inizio di questa sera hanno di nuovo usato gas velenosi, che si ritiene essere gas cloro, a Damasco nel quartiere Jobar vicino Abbasid Square, portando al verificarsi di un numero di casi di asfissia. Uno dei residenti colpiti è stato visto nel settore ospedaliero della zona.”

Qui l’originale:

 

#‎Damascus‬, 06-08-2015: Regime forces earlier this evening again used poison gas, believed to be chlorine gas, in Damascus’ Jobar neighbourhood near Abbasid Square, leading to the occurrence of a number of cases of asphyxiation. One of the residents affected is seen in the area’s field hospital.

From: S.N.N.

SIRIA, 28 ATTACCHI CHIMICI PRIMA DEL MASSACRO DI AL GHOUTA – INFOGRAFICA SNHR

10552618_715308148516963_1270444981621480099_nSecondo il Syrian Network For Human Rights, il regime siriano ha sferrato almeno 28 attacchi con armi chimiche contro la popolazione civile, prima del tristemente noto attacco del 21 agosto 2013 ad Al Ghouta, in cui hanno perso la vita oltre 1400 persone, la metà dei quali bambini colti nel sonno.

La prima volta, in base alle verifiche e alla documentazione raccolta, è stata il 23 dicembre 2012, quando è stata colpita la periferia della città Al-Bayyada. L’ultimo attacco prima del massacro di Al ghouta, inceve, risale al 21 luglio del 2013 ed è stato sferrato contro il campo profughi palestinese di Al Yarmouk, nella periferia meridionale di Damasco. Questi attacchi hanno provocato oltre 83 vittime e 1272 feriti e ustionati.

Il Syrian Network for Human Rights, con sede a Londra, diffonde informazioni e statistiche grazie alla capillare diffusione sul territorio siriano dei suoi corrispondenti e grazie alle informazioni e i rapporti diffusi periodicamente dagli ospedali da campo e dai Coordinamenti Locali.

#Syria #SNHR: http://sn4hr.org/

 

 

Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/08/17/siria-28-attacchi-chimici-prima-del-massacro-di-al-ghouta-infografica-snhr/

1° ANNIVERSARIO DELL’ATTACCO CHIMICO SU AL GHOUTA – MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE

10574265_513421402124505_497035575808450689_nUn appello a mobilitarsi il 21 agosto e creare una rete di solidarietà e supporto alla rivoluzione siriana.

Dichiarazione in solidarietà con la rivoluzione siriana

Mentre i siriani commemorano il primo anniversario degli attacchi chimici su Al-Ghouta, noi sottoscritti siamo solidali con i milioni di siriani che lottano per la dignità e la libertà fin dal marzo 2011. Rivolgiamo un appello ai popolo del mondo perchè agiscano in sostegno della rivoluzione ed i suoi scopi, pretendendo la fine immediata della violenza e del regime illegittimo di Assad.

Per il primo anniversario dell’attacco con armi chimiche, il 21 agosto, invitiamo i sostenitori della Rivoluzione siriana e delle sollevazioni per la libertà, la dignità e la giustizia sociale in tutta la regione e nel mondo, di organizzare eventi per denunciare le atrocità, la disinformazione, le menzogne ed i silenzi vergognosi e per mostrare la propia solidarietà, sia a livello politico che concreto, con la lotta dei cittadini siriani.

I rivoluzionari siriani hanno continuato a lottare per la libertà nonostante gli innumerevoli ostacoli che gli si sono parati innanzi. Per uccidere la rivoluzione, il regime siriano ha perseguito quattro strategie:
1) militarizzazione delle rivolte attraverso una campagna di repressione violenta delle proteste pacifiche che erano durate sei mesi;
2) l’islamizzazione dell’insurrezione, concentrandosi contro i gruppi secolari e lasciando mano libera ai jihadisti;
3) settarizzazione del conflitto attraverso l’assunzione di un numero crescente di combattenti sciiti da altri paesi, abbinata alla presa di mira di città e villaggi a maggioranza sunnita;
4) internazionalizzazione del conflitto, invitando l’Iran, la Cina e la Russia a svolgere un ruolo centrale. Allo stesso tempo, paesi come gli Stati Uniti, Arabia Saudita e Qatar hanno dato il loro sostegno a gruppi reazionari per sconfiggere la rivoluzione.

Anche il caso dei “Douma4” [https://www.facebook.com/douma4?fref=ts] dimostra come i rivoluzionari stiano lottando su due fronti: quattro coraggiosi attivisti che lavorano per il Centro di Documentazioni dei Violazioni sono stati rapiti nel dicembre 2013 da uomini armati, mascherati e sconosciuti. Il motivo principale dietro il rapimento è che questi militanti rappresentano il popolo siriano auto-cosciente e attivo, consapevole della sua forza quando agisce unitariamente, ma soprattutto dimostrano che il popolo rifiuta qualsiasi forma di sottomissione all’autoritarismo. Il sequestro di questi quattro militanti ricorda che il popolo siriano della rivoluzione per la libertà e la dignità non è solo contrario alla dittatura di Assad, ma anche e sempre schierato contro i gruppi reazionari ed opportunisti che sono contrari agli obiettivi della rivoluzione: la democrazia, la giustizia sociale, la fine di settarismo.

Il primo anniversario degli attacchi chimici è l’occasione per riaffermare l’importanza del processo rivoluzionario non solo in Siria ma anche in tutto il mondo arabo. La lotta dei siriani contro la dittatura, contro il jihadismo globale e contro l’imperialismo occidentale non deve essere visto come locale e nemmeno come regionale. È parte di un momento d’insurrezione in cui il mondo è diventato il campo di battaglia. Il nuovo sviluppo in Iraq, fra l’altro, la guerra a Gaza hanno mostrato che il destino della rivoluzione è interconnesso con la situazione in tutta la regione. La lotta dei siriani per la dignità, la libertà e l’autodeterminazione non può quindi essere separata dalla storica ribellione palestinese contro il sionismo, dalle lotte delle donne egiziane contro i militari e le molestie sessuali, dalla coraggiosa insurrezione in Bahrein contro il totalitarismo, dalla lotta curda per l’autodeterminazione, da quella del’ EZLN e delle altre popolazioni indigene nelle loro resistenza contro il razzismo ed il neoliberismo o le grandi ribellioni dei lavoratori contro le misure di austerity che portano solo povertà ai cittadini.

La rivoluzione siriana si trova ad un crocevia. Il mancato arresto dell’ondata contro-rivoluzionaria in Siria avrebbe enormi ripercussioni sulla società siriana per un lungo periodo di tempo e le sue implicazioni nella regione saranno enormi. Il successo della rivoluzione in Siria invece scatenerebbe le aspirazioni rivoluzionarie nel mondo arabo ed oltre, tra popoli che sono stati oppressi per troppo tempo.

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Syrian Revolution Support Baseshttps://www.facebook.com/Syrian.Revolution.Support.Bases?fref=ts
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Per favore, firmate la petizione ed aiutateci a diffonderla in tutto il mondo:

https://www.change.org/petitions/social-movements-activists-global-civil-society-a-global-day-of-action-and-solidarity-with-the-syrian-revolution

[Per sottoscrivere questa dichiarazione inviate una mail con nome, cognome, paese ed eventuale organizzazione/ruolo all’indirizzo srsbases@gmail.com]

Evento a Milano sabato 23:  https://www.facebook.com/events/534190049950791/

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Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/08/17/1-anniversario-dellattacco-chimico-su-al-ghouta-mobilitazione-internazionale/

 

Qui l’evento su Facebook:

https://www.facebook.com/events/844951738857890/?ref_dashboard_filter=upcoming

 

 

Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/08/17/1-anniversario-dellattacco-chimico-su-al-ghouta-mobilitazione-internazionale/

SIRIA: 9 MESI DOPO L’ATTACCO CHIMICO, NASCONO BIMBI MALFORMATI. IMMAGINI SHOCK

Ein Tarma Damascus bambino nato deforme 21 ospedale di Alzahra20 maggio 2014 – Damasco, periferia meridionale

Da Ein Tarma arriva la denuncia di un medico che opera in un ospedale da campo: “Da un paio di settimane stiamo registrando casi di bambini che nascono con gravissime malformazioni. Il primo caso era a Douma, il 10 maggio. Sin ora di questi piccoli non ne è sopravvissuto nemmeno uno. Le deformazioni riguardano sia gli arti, che gli organi vitali. Tutte le mamme che sono arrivate qui abitano nella zona tra Al Ghouta – dove lo scorso agosto c’è stato l’attacco con armi chimiche –  ed Ein Tarma, Douma, Saqba e Kafar Batna, che sono nell’area circostante. Nessuna ha potuto effettuare analisi o ecografie a causa della gravissima crisi medico-sanitaria in cui ci troviamo. Sono certamente le conseguenze dei gas che queste donne hanno inalato. Solo il tempo ci dirà quali e quante conseguenze sulla popolazione civile, sull’acqua e sulle coltivazioni ci sono state. Le nascite di questi piccoli sono un grave segnale. Gravissimo. Le loro madri sono distrutte, hanno shock fortissimi quando le informiamo che i piccoli sono morti, ma ancor di più quando li vedono”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità e gli enti internazionali dovrebbero raccogliere le denunce di questi medici. Le armi chimiche, dimenticando le oltre 1400 vittime, sono state oggetto di dibattito per tutto questo tempo, con discutibili  indagini che puntavano il dito contro il regime a volte, altre contro “i ribelli”. Di fatto si è solo creato caos mediatico, si è confusa l’opinione pubblica, si sono giocate partite di potere, si è temporeggiato, dando ad assad ulteriore licenza di uccidere e di nascondere questo suo ennesimo crimine: solo l’esercito regolare, infatti, possiede un arsenale così massiccio e solo il regime, che uccide con i bombardamenti, i cecchini e l’assedio, ha interesse a commettere simili stragi. Il fatto stesso che un regime, o un qualunque Stato, abbia un arsenale chimico, che qualcuno glielo abbia venduto, dovrebbe suscitare l’indignazione del mondo. Le armi chimiche di assad, prima e dopo l’attacco di Al Ghouta nell’agosto 2013 sono state più volte usate, in dosi meno massicce, ma altrettanto pericolose per la popolazione inerme. Questi poveri bambini e le loro mamme sono le ennesime vittime di questo devastante crimine.

 

+ 18 – Video shock: Il primo caso di neonato malformato nato ad Al Ghouta. Si tratta della piccola Fatima Abdelghaffar

 

 

 

 

Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/05/20/siria-9-mesi-dopo-lattacco-chimico-nascono-bimbi-malformati-immagini-shock/

AL GHOUTA, PERIFERIA MERIDIONALE DI DAMASCO: OLTRE LE ARMI CHIMICHE RESTA L’ASSEDIO

Dal blog di Asmae Dachan http://diariodisiria.wordpress.com/

Alghouta 23 marzo 201423 marzo 2014 – Al Ghouta, periferia meridionale di Damasco

“Perché mostriamo al mondo questa foto? Bambini in fila per un piatto di grano caldo? Perché siamo ad Al Ghouta, località Harasta, precisamente nella cucina da campo della zona assediata. Mostriamo questa foto per dire a chi (facendo il moralista e dimenticando che qui stiamo morendo tra le bombe e gli stenti) mugugna che non bisogna far vedere le foto della gente in coda per mangiare, per non ferire la loro dignità, che in realtà la dignità di questa gente è stata già atrocemente offesa. Offesa dalle violenze, offesa dall’assedio che li ha ridotti alla fame. Mostriamo questa foto perché qualcuno, rischiando la vita, è riuscito a far arrivare del grano nonostante i blocchi e i cecchini e per qualche giorno questi bambini, anziani, civili, mangeranno. Del semplice grano bollito. Non ci sono verdure, non c’è carne. Mostriamo questa foto perché ci sono cuori che non si sono addormentati e pensano alle persone in Siria, inviando loro aiuti economici e materiali. Non è una foto dolorosa e mortificante a lenire il nostro orgoglio, ma è l’indifferenza del mondo, degli arabi che pensano a costruire palazzi in oro, che continuano a vestirsi di un moralismo ipocrita, degli occidentali che pensano di detenere lo scettro dei diritti umani ma non si accorgono che in Siria sta morendo l’umanità. Sì, la Siria sta morendo. Al Ghouta è morta altre mille volte dopo l’attacco chimico. Vorremmo che la gente si indignasse – seriamente – per questo. Vorremmo non dover più aspettare che il cibo ci arrivi caricato su zaini portati per chilometri sottoterra da alcuni giovani. Vorremmo non vedere più i nostri figli piangere per la fame, desiderare come se fosse un sogno irrealizzabile, un biscotto o della cioccolata. Vorremmo non dover più fare foto per denunciare le atrocità che qui e ora si stanno consumando”.

E’ una testimonianza-sfogo drammatica quella che giunge da L. M. giovane attivista per i diritti umani di Al Ghouta, la città tristemente nota per l’attacco chimico del 23 agosto 2013. Perché in Siria accada questo: mentre sul piano militare si combatte e si registrano perdite, conquiste, con un alternarsi di scenari che ha come unica costante la morte, i civili assediati nelle diverse città stanno lentamente spirando per gli stenti. La gente lotta per la propria sopravvivenza: nonostante tutto è viva nello spirito,  pronta a iniziare una nuova pagina per tutti, ma l’esasperazione è ormai una minaccia reale.

 

Fonte:

http://diariodisiria.wordpress.com/2014/03/24/al-ghouta-oltre-le-armi-chimiche-resta-lassedio/