CORTEO NO PONTE

foto di Rete No Ponte.
LUG26

Corteo No Ponte

Pubblico

 · Organizzato da Rete No Ponte
  •  
    Domani dalle ore 18:00 alle 21:00
  •  
    Torre Faro (Messina)

    Lo Stretto di Messina, il più bello dei nostri paesaggi e la maggiore delle nostre risorse, è nuovamente a rischio. Una classe politica disperata e disperante, incapace di soddisfare anche i più essenziali dei bisogni e fornire i servizi primari alla popolazione, sta provando a riavviare l’iter del Ponte sullo Stretto, opera per la quale sono stati spesi centinaia di milioni di euro (312 quelli certificati nei bilanci della Società Stretto di Messina S.p.a.) senza che gli abitanti dei luoghi interessati dall’opera ne abbiano ricevuto alcun vantaggio. Il Ponte è la risposta ingannevole che viene data alla richiesta di una moderna mobilità, della messa in sicurezza del territorio, delle abitazioni e delle scuole, della bonifica dei territori devastati dalle produzioni inquinanti, del riammodernamento della rete idrica.
Per più di 10 anni un grande movimento è sceso in strada, svelato la vera natura della grande opera, elaborato alternative. Quel movimento deve oggi tornare a mobilitarsi per fermare il nuovo tentativo di rimettere in moto la macchina del Ponte. Quel movimento deve ancora una volta fronteggiare un’idea di territorio monetizzato, da svendere per pochi spiccioli, da devastare in cambio della promessa di posti di lavoro che non arriveranno mai, opere compensative che rimarranno sulla carta, ricadute turistiche infondate che appartengono all’immaginario di altri tempi e altri scenari. Quel movimento deve nuovamente farsi carico di pensare un futuro per i nostri territori, impedire che la disperazione si trasformi in incubo.

Noi pensiamo che un futuro possa ancora esserci, che la via d’uscita all’impoverimento cui siamo stati spinti non stia in infrastrutture che servono a scappare più velocemente possibile dalla nostra terra. Noi vogliamo infrastrutture per restare. Per noi, il territorio non è un intralcio, ma uno spazio da vivere, attraversare, di cui godere. Noi pensiamo ad un grande progetto di sostenibilità. Noi pensiamo ad un territorio che possa ancora essere visitato, non devastato da un turismo mordi e fuggi che mortifica la bellezza dei nostri luoghi e che ci lascia più poveri di prima. Noi pensiamo ad una agricoltura responsabile e difesa dall’aggressività delle multinazionali. Noi pensiamo ad un grande progetto di bonifica dei nostri territori.

Gli altri annunciano manifestazioni. Noi le manifestazioni le facciamo, le abbiamo sempre fatte. In quella del 26 luglio ci saranno i territori che resistono, che vogliono decidere del proprio futuro. Il No Ponte è una lotta che ne contiene tante altre. E’ sempre stato così. Per il 26 luglio chiamiamo a raccolta gli abitanti dei luoghi interessati dall’opera, ma, al tempo stesso, chiediamo a tutti coloro che si battono in difesa del proprio territorio di farlo insieme a noi.

NO AL PONTE SULLO STRETTO

PER LE INFRASTRUTTURE E LA MESSA IN SICUREZZA DEI TERRITORI

CONTRO LE GRANDI OPERE INUTILI E LA DEVASTAZIONE AMBIENTALE

Hanno sottoscritto l’appello e aderito alla Manifestazione:

Movimento No Muos
Coordinamento No discarica Armicci Lentini
NoTriv Licata
Comitato Stop Veleni
Comitato Cittadino Salute e Ambiente – Scicli
Comitato NO FRANE
No Inceneritore del Mela
Associazione cinque-sei Terme Vigliatore
Comitato Nonsisvuotailsud
Puli-AMO Messina
Associazione Cameris
Magazzino di Mutuo Soccorso – Eolie
Fridays For Future Messina
Parliament Watch Italia
Arci Scambio Milazzo
Arci Scirocco
Laboratorio Territoriale
A Sud Sicilia
A Sud Onlus
CDCA – Centro Documentazione Conflitti Ambientali
Unione Degli Studenti – Messina
Cgil Messina
Or.S.A. Messina
Unione Inquilini Messina
Fronte Popolare Autorganizzato- SI Cobas Messina
COBAS lavoro privato – Messina
COBAS – Messina
Fiom-Cgil Messina
FISAC CGIL Messina
Non Una di Meno – Messina
Comitato IL SUD CONTA – Messina
Circolo Peppino Impastato PRC – Messina
CSC Nuvola Rossa
USB Federazione del Sociale – Reggio Calabria
Potere al Popolo Reggio Calabria
Comunità Resistente Piazzetta – CPO Colapesce
Potere al Popolo – Catania
Comitato Il Sud Conta – Catania
Comitato Il Sud Conta – Palermo
Comitato NoMuos Palermo
Potere al Popolo – Palermo
Cobas Palermo
Federazione Usb Palermo
Democrazia e Lavoro – Palermo
Riconquistiamo Tutto! Palermo
Sinistra Comune
Non una di meno – Palermo
Teatro Mediterraneo Occupato
Centro Sociale ExKarcere
Centro Sociale Anomalia
Studenti Autonomi Palermitani
Fajdda – Unione Giovanile Indipendentista
Antudo

Fonte:

A FOGGIA LA DOPPIA PROTESTA CONTRO LO SFRUTTAMENTO

A FOGGIA LA DOPPIA PROTESTA CONTRO LO SFRUTTAMENTO
Neri di rabbia. Le due manifestazioni dopo la strage dei braccianti stranieri. I campi chiusi per sciopero
di Gianmario Leone, il Manifesto 09.08.18

Una giornata di protesta e di lotta come non si vedeva da tempo. Uno sciopero che ha avuto un’adesione totale da parte dei braccianti stagionali e due grandi manifestazioni che hanno riempito le strade di Foggia e della sua provincia. Per dimostrare che nonostante l’indifferenza e un sistema difficile da debellare, fatto di caporalato, di sfruttamento dei migranti in molte aziende agricole, dell’ombra della mafia e degli interessi enormi della filiera della grande distribuzione, c’è ancora voglia di lottare e non arrendersi.

LA GIORNATA è iniziata molto presto. Alle 8 è infatti partita dal ghetto di Rignano, nel comune di San Severo, cuore della protesta, la marcia dei berretti rossi organizzata dall’ Usb e Rete Iside alla quale ha partecipato anche il governatore Michele Emiliano. «È stata totale l’adesione dei lavoratori allo sciopero. Nessuno è al lavoro nei campi intorno al ghetto di Rignano» hanno assicurato dall’Usb. Centinaia di lavoratori hanno sfilato con i cappellini indossati dalle vittime, distribuiti da Usb e Rete Iside «per aiutare i braccianti a proteggersi dal solleone e idealmente dallo sfruttamento e dalla mancanza di diritti». Le rivendicazioni della marcia sono state le stesse esposte un mese fa al ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, «che aveva accolto le richieste – sottolinea il sindacato – promettendo un tavolo che non c’è mai stato. Chiediamo sicurezza, diritti e dignità per tutti i lavoratori agricoli».

«BASTA MORTI sul lavoro», «schiavi mai» alcuni degli slogan che hanno accompagnato la manifestazione mattutina, giunta davanti alla prefettura di Foggia dove centinaia di migranti, sostenuti da cittadini e associazioni, si sono radunati durante l’incontro che la delegazione ha avuto con il prefetto. All’arrivo è stato osservato un minuto di silenzio per ricordare i 16 morti nei due incidenti stradali avvenuti negli ultimi giorni sulle strade foggiane e tutti i caduti sul lavoro, compresi gli italiani morti nella miniera di Marcinelle l’8 agosto del 1956.

ABOUBAKAR SOUMAHORO, sindacalista italo-ivoriano dell’Usb, al termine della riunione ha raccontato di «risposte immediate» ricevute da prefetto e questura. Aggiungendo che il prefetto si è impegnato a «convocare dopo ferragosto una conferenza sul lavoro», mentre sul rinnovo dei permessi di soggiorno, che in tanti aspettano da mesi, «la questura ha dato la disponibilità a ricevere un elenco che l’Usb presenterà ogni due settimane per affrontare i casi di rinnovo».

IN PIÙ DI DUEMILA hanno invece sfilato per le strade del capoluogo dauno nella seconda manifestazione organizzata da Cgil, Cisl, Uil, con l’adesione di Arci, Libera e altre associazioni. In marcia, accanto a sindacalisti e migranti, ancora il governatore Emiliano e poi l’europarlamentare pugliese Elena Gentile, il deputato Roberto Speranza e l’attore Michele Placido. «Un senso di sconfitta è quello che si avverte quando accadono queste tragedie immani» hanno sottolineato i sindacalisti, per i quali «questa manifestazione è il momento del cambiamento, per dire basta a morti ammazzati di lavoro».

IL MOMENTO PIÙ TOCCANTE c’è stato quando sul palco ha preso la parola Mohamed, lavoratore migrante: «Non è una pacchia lavorare tutto il giorno per pochi euro o pagare 5 euro per salire sui furgoni della morte – ha gridato -. Come siamo giunti a questo punto? Come siamo passati dall’accoglienza diffusa al degrado diffuso? Chiediamo diritti, non l’impossibile. Vogliamo pari diritti per pari doveri».

UN ALTRO LAVORATORE ha ricordato il dramma vissuto da ogni singolo migrante: «Le famiglie di quelle 16 persone in Africa soffrono per i loro cari che avevano lasciato tutto per venire in Italia a lavorare. Prima sono stati trattati come animali e poi sono morti». Sul palco si sono poi alternati gli interventi dei segretari di Cgil, Cisl, Uil, le cui delegazioni sono giunte da tutta Italia, e dei presidenti delle associazioni che hanno aderito alla manifestazione. «Non sono incidenti, sono omicidi. Siamo stanchi – le ultime parole dal palco – di chi incita all’odio e ci accusa di buonismo».

Fonte:

https://ilmanifesto.it/a-foggia-la-doppia-protesta-contro-…/

Da Mauro Biani :

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MANIFESTAZIONE A REGGIO CALABRIA PER SOUMAILA SACHO

foto di USB Federazione provinciale di Reggio Calabria.

23 giugno a Reggio Calabria per Soumaila Sacko!

  • sabato dalle ore 10:00 alle ore 13:00
  • Piazza Giuseppe De Nava, 89125 Reggio di Calabria RC, Italia

  • Organizzato da USB Federazione provinciale di Reggio Calabria

APPELLO

Verità e Giustizia per Soumaila Sacko

Tutti/tutte a Reggio Calabria Sabato 23 giugno per proseguire la marcia per i diritti sindacali e sociali dei braccianti e delle braccianti

Vogliamo Verità e Giustizia: chiediamo insieme ai familiari che sia fatta piena luce sull’assassinio di Soumaila Sacko, bracciante e militante sindacale USB, come abbiamo chiesto quando abbiamo rifiutato senza indugio la notizia della reazione a un furto.

Vogliamo proseguire la marcia per i diritti sindacali e sociali dei braccianti e delle braccianti, indipendentemente dal colore della pelle e dalla provenienza geografica: insieme ai lavoratori ed alle lavoratrici di qualsiasi provenienza geografica, alle associazioni e movimenti per la giustizia sociale e la solidarietà, ai disoccupati e precari, agli studenti, alle famiglie e alle persone che già in tutta Italia si sono mobilitate dopo questo tragico delitto, proseguiamo la lotta che stavamo conducendo assieme al nostro compagno e fratello Soumaila Sacko.

Vogliamo diritti e dignità per i lavoratori e le lavoratrici di tutta la filiera agricola: vogliamo e dobbiamo onorare la memoria di Soumaila, e come ci hanno chiesto di fare anche i suoi familiari,
rilanciamo la lotta dei dannati e delle dannate della terra, di chi si spezza la schiena per pochi euro al giorno e ha deciso di non chinare più la testa contro le prepotenze, i caporali e lo sfruttamento. Di chi lavora senza alcuna sicurezza, costretto ad accettarne qualsivoglia conseguenza.

Vogliamo diritti sociali per i lavoratori e le lavoratrici delle campagne: viviamo spesso una condizione assimilabile alla schiavitù ed in condizioni di segregazione sociale, in non luoghi dove si produce l’annullamento delle persone che lo abitano e la privazione dei fondamentali diritti umani. Spesso non abbiamo elettricità, acqua e riscaldamento. Non abbiamo una casa, ma solo rifugi di fortuna. Siamo esclusi dalle società, siamo non-umani che vivono in non-luoghi. Siamo invisibili, salvo ridiventare visibili quando torniamo a lavorare nei campi e veniamo sfruttati e sfruttate. Rivendichiamo l’urgenza di un inserimento abitativo dignitoso.

Vogliamo la bonifica dell’area dell’Ex-Fornace “TRANQUILLA” riportata agli onori della cronaca dopo i fatti del 2 giugno 2018, considerata la discarica dei veleni più pericolosa d’Europa a
causa dell’interramento di 130mila tonnellate di rifiuti industriali tossici. Il processo si sta per chiudere con un nulla di fatto, mentre la gente del circondario continua ad ammalarsi e a morire di cancro. Lo chiediamo insieme agli abitanti delle comunità locali che spesso vengono ingannate da campagne strumentali e razziste mentre vivono sulla propria pelle le conseguenza della crisi economica e sociale.

Vogliamo sicurezza per le lavoratrici delle campagne: esse vivono doppiamente lo sfruttamento e la vulnerabilità sulla propria pelle in quanto lavoratrici braccianti e in quanto donne. Esattamente come
accadeva nel bracciantato della seconda parte dell’Ottocento negli USA nei confronti delle donne nere schiavizzate.
Non vogliamo la guerra tra poveri: rifiutiamo la guerra tra poveri che ci vorrebbe contrapposti ai cittadini e alle cittadine del comprensorio, agli italiani e alle italiane, agli abitanti e alle abitanti della Piana di Gioia Tauro. Rifiutiamo la contrapposizione non solo nel mondo dell’agricoltura ma anche, ad esempio, dei 400 licenziati del porto di Gioia Tauro. Siamo consapevoli che i nostri problemi non sono generati dall’altro, dal diverso, ma dalle politiche attuate dai diversi Governi, che ci vogliono contrapposti per distogliere la nostra attenzione dal vero nemico, da ciò che ci ha impoverito, resi privi di diritti e diseguali. Siamo esseri umani non sudditi e (R)Esistiamo.

Mandiamo un abbraccio ai nostri fratelli che lavorano nella logistica che il 23 giugno marceranno a Piacenza. A fianco dei compagni di Abd Elsalam, ucciso perché difendeva i diritti dei
suoi compagni contro i soprusi delle multinazionali della logistica. La lotta di noi sfruttati non ha confini, insieme diventiamo imbattibili.

Vogliamo manifestare con gli abitanti della Piana di Gioia Tauro e della Calabria tutta, che non ci stanno a essere etichettati come razzisti e che quotidianamente sono impegnati nel promuovere la
cultura del rispetto delle diversità, ma che ancora una volta vengono cancellati nella rappresentazione mediatica di un territorio che non corrisponde alla realtà.

Invitiamo tutti e tutte alla manifestazione di Sabato 23 giugno 2018 dalle ore 10.00 con partenza da Piazza De Nava (Reggio Calabria): per Soumaila Sacko e per proseguire la marcia per i
diritti sindacali e sociali dei braccianti e delle braccianti e di tutti i lavoratori della terra.

#SoumailaSacko#Primaglisfruttati#Restiamoumani

Per adesione: [email protected]

USB (Unione Sindacale di Base) – Coordinamento Lavoratori agricoli USB – Associazione maliana di solidarietà – Potere al Popolo – Sinistra Anticapitalista – Partito della Rifondazione Comunista Sinistra Europea – Partito Comunista Calabria – Fronte della Gioventù Comunista Calabria – Coalizione Internazionale Sans-Papiers Migranti e Rifugiati (Italia) – Movimento Migranti e Rifugiati – Associazione Ivoriani e West Africa – FuoriMercato Autogestione in Movimento – Associazione Rurale Italiana (ARI), membro del Coordinamento Europeo Via Campesina (ECVC) – Mimmo Lucano, Sindaco di Riace – Campagna LasciateCIEntrare – ACAD (Associazione contro gli abusi in divisa) – Rete dei Comuni Solidali – Il Sud che sogna – Società dei territorialisti – Rete Restiamo Umani – Osservatorio sul disagio abitativo – SOS Rosarno – CoSMi (Comitato Solidarietà Migranti) – c.s.c. Nuvola Rossa – EquoSud – Ass. Yairaiha – Ass. Il Brigante Serra San Bruno – Ass. La Kasbah Cosenza – Ass. Magnolia – Ass. Ponti Pialesi – Ass. Un mondo di mondi – c.s.o.a Angelina Cartella – Spazio Autogestito Sparrow Cosenza – Sportello Sociale Autogestito Lamezia Terme – Comitato Piazza Piccola Cosenza – Comitato PrendoCasa Cosenza – CPOA Rialzo Cosenza – RASPA (Rete delle associazioni Sibaritide-Pollino per l’autotutela) – Comitato Verità Democrazia e Partecipazione Crotone – Rete Antirazzista Catanese – Arci provinciale Reggio Calabria – Arci provinciale Crotone – Circolo Arci “Il Barrio” – Circolo Arci “Gli spalatori di nuvole” – Circolo ARCI “Culture in… Movimento” – Legambiente Reggio Calabria – Collettiva AutonoMia – Non una di meno Reggio Calabria – Mani e Terra SCS Onlus – Cooperativa Agorà Kroton – Società Cooperativa Sankara – ReggioNonTace – Ciavula.it – Cobas telecomunicazioni Cosenza – Associazione dei Comuni della Locride – Francesca Danese, già Assessora alle Politiche Sociali, Salute, Casa ed Emergenza Abitativa del Comune di Roma – Circolo del Cinema “Cesare Zavattini” Reggio Calabria – Eleonora Forenza, Eurodeputata GUE/NGL – Progetto Diritti onlus – Transform Italia – Francesco Piobbichi, operatore sociale – Associazione “Il Viandante” – Collettivo studentesco Catanzaro – Gruppo Scuola Hospital(ity) School – Collettivo Mamadou Bolzano – Baobab Experience – A buon diritto

Fonte:

LA STRAGE SILENZIOSA DEI CAMPI DOVE ITALIANI E MIGRANTI MUOINO INSIEME

La strage silenziosa dei campi, dove italiani e migranti muoiono insieme

Negli ultimi sei anni i braccianti caduti sono più di 1.500. Immigrati e italiani. Nell’indifferenza generale. Il sindacalista Soumayla, ammazzato in Calabria il 2 giugno, lottava per i diritti di questi lavoratori.

di Antonello Mangano

La strage silenziosa dei campi, dove italiani e migranti muoiono insieme

Becky è morta tra le fiamme. Sacko, pochi giorni fa, è stato ucciso a fucilate mentre cercava delle lamiere per le baracche. Paola è morta di caldo. Marcus di freddo. Negli ultimi sei anni, almeno 1.500 lavoratori sono deceduti nei campi: bruciati vivi negli incendi dei ghetti, investiti da un treno, ammazzati dalla fatica o dai “padroni”.

Da Nord a Sud, l’agricoltura nel nostro Paese ha il volto della guerra. Muoiono italiani, romeni, africani, arabi. Di caporalato, come i polacchi in Puglia. Di mafia, come gli algerini a Rosarno. E italiani, magari per incidenti col trattore. Storie che finiscono nelle cronache locali per poi essere dimenticate in fretta, invisibili alle statistiche ufficiali, registrate come “difetti in itinere”.

Fiamme nel ghetto
«Fuoco, fuoco, fuoco». Sono le due di notte del 27 gennaio 2018. Chi si sveglia all’improvviso. Chi prova a uscire dal torpore del sonno. La plastica diventa incandescente. I riflessi delle fiamme illuminano la notte. Duemila persone corrono più forte che possono. Ma Becky Moses, 26 anni, non ce la fa a uscire dalla baracca di legno, plastica e cartone. E muore arsa viva. Nella bara di zinco finiscono i pochi resti carbonizzati, portati via tra le lacrime delle altre nigeriane e gli sguardi attoniti degli uomini.
Becky viveva nel ghetto vicino a Rosarno, uno dei tanti dove vivono in condizioni infernali i braccianti impegnati nelle raccolte. Arance in Calabria, pomodori in Puglia.

Dalla stessa baraccopoli, o da quello che ne restava dopo il rogo, è partito domenica scorsa Soumayla Sacko, 29 anni, originario del Mali, per andare a cercare delle lamiere per le baracche dei suoi compagni in una vicina fabbrica abbandonata. Qualcuno lo ha puntato col fucile e gli ha sparato colpendolo dritto in testa. Più fortunati sono stati i due ragazzi che erano con lui, presi anche loro di mira in questo tiro al bersaglio, ma riusciti a scappare. E a denunciare quanto successo.

Le campagne rosarnesi sono un grande cimitero. Raccontano storie di ghanesi disperati che si impiccano nelle fabbriche diroccate o di braccianti investiti mentre tornano dal lavoro in bici su strade male illuminate.
Dominic Man Addiah, per esempio, è scappato alla guerra in Liberia per morire in Europa. Dormiva in auto ai bordi del ghetto di Rosarno. Era il 2013 ed è morto di freddo. Marcus era nato in Gambia e aveva girato mezzo mondo prima di arrivare nelle campagne calabresi. Era malato: è morto alla fine del 2010 nell’ospedale di Lamezia, provincia di Catanzaro, assistito dai volontari che hanno dovuto comunicare la notizia ai familiari in Africa.

La morte di Sekine, poi, è semplicemente senza senso. Siamo ancora nel ghetto, giugno 2016, tra gli spacci informali che vendono burro di arachidi e antidolorifico in bustine. Un gruppo di agenti – sei tra poliziotti e carabinieri – interviene per sedare una rissa. Sekine Triore, 27 anni, è evidentemente fuori di testa, «in stato di alterazione psicofisica», annota il verbale. La dinamica è controversa. Avrebbe un coltello in mano, gli agenti lo affrontano. Lui ne colpisce uno all’occhio, questo reagisce. Un proiettile trafora l’addome. Sekine morirà poco dopo all’ospedale di Polistena. Il processo – “eccesso di legittima difesa”, il reato ipotizzato – è ancora alle udienze preliminari. Dopo quello sparo si teme una rivolta. Ma ci sarà soltanto un corteo con cartelli di cartone.
E le morti dei braccianti non avvengono solo d’estate. Tra Rossano e Corigliano, ogni inverno, oltre diecimila lavoratori dell’Est arrivano per la raccolta delle clementine. Nel novembre del 2012 lo scontro tra un trenino diesel e un furgone con sei rumeni di ritorno dai campi è spaventoso: l’impatto lascia un ammasso di lamiere e sangue. Poi arrivano due ditte di pompe funebri: «Li abbiamo visti prima noi», dicono, e si contendono i corpi a calci e pugni. Un cadavere rotola sul terreno. I parenti delle vittime non ne possono più: «Mettete la testa in un vaso. Vergognatevi. C’è il nostro sangue qui». Per i congiunti è l’inizio di una trafila del dolore: non avranno neanche il risarcimento Inail.

A Foggia invece gli africani ricordano le fiamme del marzo 2017. Allora i morti furono due: Mamadou Konate e Nouhou Doumbia, 33 e 36 anni, entrambi del Mali. Uno ha vissuto gli ultimi istanti sulla sua branda, avvolto dalle fiamme, l’altro mentre cercava la salvezza sulla porta della baracca. Il vento ha propagato il fuoco. Poteva essere una strage. «Se la sono cercata», secondo alcuni: non avevano obbedito all’ordinanza di sgombero del ghetto e sono rimasti ostinatamente lì, dove le condizioni sono orribili ma anche dove i caporali vengono a portare lavoro.

Centinaia di desaparecidos
Asfissiati o carbonizzati, a bastonate e a coltellate, investiti da un Tir o colpiti da infarto. Persino annegati nei vasconi per la raccolta dell’acqua. Alessandro Leogrande – per una strana maledizione morto d’infarto a 40 anni lo scorso novembre – aveva raccolto in un libro le testimonianze dei parenti dei polacchi scomparsi: 119 dal 2000 al 2006. Inghiottiti dalle campagne pugliesi. Attirati da connazionali e schiavizzati a morte.

Anche a Rosarno, negli anni 90, in tanti hanno perso la vita senza un perché. Ma a differenza della Puglia, uccisi da italiani e non da connazionali. Il motivo? Difficile da decifrare. In quegli anni non c’erano né Ong sul territorio, né una particolare attenzione mediatica. Le campagne del profondo Sud erano letteralmente al buio. In pochissimi avevano a cuore la sorte di lavoratori senza volto, nome, documenti. I loro cadaveri sparivano nel fango dei campi, seppelliti in casolari, uccisi a fucilate.

Un bilancio è impossibile. Tra i pochi nomi sottratti all’oblio, due ragazzi di 20 anni. Abdelgani Abid e Sari Mabini, algerini. Attirati in auto con la promessa di un lavoro in campagna e uccisi a bruciapelo in una zona isolata. Era il 1992. Saranno solo i primi di una lunga serie di morti e feriti.

Uccisi dalla fatica
Per lo Stato, Paola si occupava di “direzione aziendale e consulenza gestionale”. Almeno è quello che dicono i registri Inail. Invece stava da mattina a sera con la testa verso l’alto e le mani protese a pulire i grappoli d’uva. E non era neanche assunta direttamente, ma “somministrata” da un’agenzia interinale. Il volto moderno del caporalato.

A 49 anni, si alzava ogni notte alle tre, prendeva un autobus da San Giorgio Jonico alle campagne di Andria e toglieva i chicchi più piccoli dai grappoli. Quelli che impediscono agli altri di crescere. Tecnicamente si chiama acinellatura. È uno dei lavori più pesanti e peggio pagati in agricoltura. In Puglia, tradizionalmente, è un lavoro da donne. Mani delicate e poche pretese. «Meno di trenta euro a giornata, nonostante i contratti provinciali stabiliscano un salario di 52 euro», dicono i sindacalisti.

Quel giorno, sotto il tendone, c’erano quaranta gradi. Il dolore alla cervicale era forte, ma con quel lavoro è normale. Poi lo svenimento, occhi sbarrati, le urla delle colleghe. Mezz’ora sul terreno. A prenderla non è venuta l’ambulanza, ma direttamente il carro funebre.

Il 13 luglio del 2015 gli italiani scoprono un mondo nuovo. Morire di sfruttamento non è solo questione da africani che vivono nella “clandestinità”. Riguarda anche una fetta di mondo “normale”: italiani assunti da agenzie interinali.

L’estate del 2015 sarà ricordata per le temperature sopra la media. E per i caduti. Morti di fatica da Carmagnola, provincia di Torino, a Vittoria, vicino Ragusa. Almeno, la fine di Mohamed Abdullah è servita a qualcosa: raccontare il percorso dei pomodori dal caporalato alle nostre tavole. Il sudanese è morto di infarto nei pressi di Nardò. Nel corso delle indagini, i carabinieri di Lecce hanno seguito a ritroso il percorso degli ortaggi. Una piccola ditta del leccese assoldava un caporale, che formava le squadre per la raccolta. I pomodori finivano a una cooperativa di Andria che riforniva marchi importanti: una vicino Parma, una nei pressi di Bologna, un altro nel napoletano e più in là fino al mercato inglese.

Invisibili alle statistiche
La “Spoon river” dei campi italiani è fatta di uomini e donne senza volto. Ma anche di numeri evanescenti. Prendiamo il 2015. Secondo l’Inail, sono morte soltanto tredici persone nei campi. Eppure quell’anno si è registrata una vera ecatombe. Dove sono finiti Stefan, Paola, Mohamed, Zakaria, Vasile, Arcangelo, Ioan? Non li troviamo sotto la voce agricoltura, ma tra i 336 deceduti non assegnati a una categoria, inseriti nel sommerso. Del resto, i rapporti dell’Ispettorato del lavoro dicono che – nel settore primario – il 50 per cento delle imprese ispezionate risulta irregolare.

Ma allora quanta gente è morta nei campi? Secondo l’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro nel 2015 sono stati 518. In agricoltura si registrerebbe il 37 per cento del totale degli incidenti mortali.
La differenza rispetto ai dati ufficiali la spiega Carlo Soricelli, anima dell’Osservatorio, un metalmeccanico bolognese in pensione che da dieci anni conta tutti gli infortuni mortali, spulciando ogni giorno la stampa: «L’Inail considera solo i propri assicurati, escludendo partite Iva, artigiani, liberi professionisti che hanno altre assicurazioni».

L’Osservatorio inserisce nelle sue statistiche anche tutti gli incidenti “in itinere”, cioè andando o tornando dal luogo di lavoro. Ma su una cosa sono tutti d’accordo. Muoiono soprattutto gli italiani. Nella fascia del sommerso – sempre relativa al 2015 – i dati Inail parlano di 272 italiani deceduti su 336 (l’81 per cento). Al secondo posto i rumeni (27 casi). Terzi, a grande distanza, gli indiani (9). Anche l’Osservatorio conferma che la stragrande maggioranza dei morti è italiana. Un dato rimane costante: una vittima su cinque – in tutte le categorie – è uccisa dal trattore.

«Il terreno può nascondere insidie pazzesche: spesso sembra asciutto ma sotto è impregnato d’acqua. Il peso del trattore in un terreno in pendenza è micidiale», dice Soricelli. Così un agricoltore di Sessame, provincia di Asti, è morto decapitato: prima il ribaltamento, poi un filare che gli trancia il capo. È il maggio del 2017. Si tratta soltanto di uno dei tantissimi casi di una strage invisibile che coinvolge in gran parte italiani. La maggior parte dei quali oltre i 50 anni.

I numeri – raccolti dall’osservatorio bolognese – sono spaventosi. Centotrentotto morti nel 2017, oltre 1.400 negli ultimi dieci anni. Per evitare almeno questa mattanza basterebbe poco. Per esempio la legge europea che prevede uno specifico patentino. Ma l’applicazione è stata ritardata più volte. L’ultima, giusto un anno fa.

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Fonte:

http://espresso.repubblica.it/inchieste/2018/06/11/news/la-strage-silenziosa-dei-campi-dove-italiani-e-migranti-sono-uniti-dalla-morte-1.323615?ref=HEF_RULLO&refresh_ce

La spinta sociale del No al referendum

No Renzi Day. A Roma in migliaia hanno partecipato al primo corteo del «No sociale» al voto del 4 dicembre. Il «No» può vincere con l’opposizione al Jobs Act, alla «Buona Scuola» e ai bonus di Renzi

Roma 22 ottobre 2016, corteo No Renzi Day

Nella campagna referendaria per il voto sulla riforma costituzionale del 4 dicembre la manifestazione del «No Renzi Day» che si è tenuta a Roma, all’indomani della sciopero generale dei sindacati di base, ha aperto un nuovo capitolo. I 40 mila che hanno sfilato, secondo gli organizzatori, da piazza San Giovanni a Campo de’ Fiori hanno voluto dimostrare che la consultazione referendaria non è solo uno scontro nel Pd, tra la minoranza della «ditta» di Bersani, il battitore libero D’Alema e la maggioranza del «rottamatore» Renzi.

L’obiettivo del corteo era rappresentare l’esistenza di un popolo del «No sociale», in carne ed ossa, che si muove in un campo politico più largo a sinistra e fuori dal «centro-sinistra» di vecchio o futuribile conio. Un «No sociale» che si aggiunge a quello basato sui contenuti costituzionali della contesa e si basa sull’opposizione al Jobs Act, alla «Buona Scuola» o alle politiche dei bonus con le quali il governo Renzi ha supplito all’incapacità di riformare il Welfare o rilanciare la domanda interna. A questa idea si ispirerà un’altra manifestazione convocata il 27 novembre dai movimenti sociali a Roma: «C’è chi dice No». Una prospettiva evocata anche dagli studenti che hanno manifestato il 7 ottobre scorso contro la «Buona Scuola».
Ogni corteo ha la sua scenografia che va interpretata. Quello di ieri era composta da spezzoni rappresentativi di vertenze lavorative, ad esempio la Natuzzi, o di posizioni politiche. In coda c’erano i partiti della sinistra, da Rifondazione al partito comunista dei lavoratori e altre sigle che si richiamano al comunismo. La maggioranza dei manifestanti era composta dagli iscritti all’Usb, con sfoggio di bandiere e striscioni dei settori pubblici e privati. C’erano i movimenti sociali e sindacati (la casa con Asia-Cub), i Sans Papiers e rifugiati (Cispm), ad esempio. Centinaia di migranti – lavoratori, rifugiati – hanno sfilato per ore con cartelli sulla libertà di movimento e i diritti fondamentali, dietro uno striscione con lo slogan «Schiavi Mai» e parole di condanna contro tutte le forme di precarietà, dai voucher al lavoro nero. Sullo striscione dei rifugiati somali, la richiesta del permesso di soggiorno era accompagnata da quella al welfare e al lavoro. Una rappresentazione efficace di quello che gli organizzatori del «No sociale» intendono per «socializzazione» della consultazione referendaria.

Alla testa del corteo, aperto dallo striscione «No alla controriforma, no al governo Renzi», è stato ripetuto instancabilmente il nome di Abd Elsalam, l’operaio e delegato sindacale Usb ucciso da un tir durante una manifestazione sindacale a Piacenza il 14 settembre scorso. Piazza San Giovanni è stata ribattezzata alla sua memoria, per le 36 ore dell’«acampada». Un’enorme striscione è rimasto appeso a un lampione, sopra i gazebo dove si sono svolti i dibattiti sul referendum costituzionale, sul lavoro autonomo e un’assemblea con i lavoratori della logistica. «Il suo nome significa “servitore della pace” – è stato detto dal camion in testa al corteo – Abd Elsalam è stato ucciso mentre lottava per i diritti del lavoro degli altri». Una storia, tragica ed esemplare del cambiamento in atto dei valori e della composizione sociale, e nazionale, della forza lavoro, anche nel settore della logistica.

L’impegno del coordinamento per il «No sociale» è portare la critica della riforma costituzionale nei luoghi di lavoro. Per loro il «No» può vincere se esiste una comprensione larga e popolare delle sue ragioni. La sfida è difficile. A disposizione di Renzi ci sono media e Tv per creare il consenso. La strategia del «No sociale» è al momento incoraggiata dai sondaggi, come quello dell’Ipsos, che ha registrato negli ultimi giorni un distacco di 8 punti percentuali dal «Sì». La strada è lunga e la si vuole percorrere «dal basso». Una strategia che venerdì scorso ha permesso ai sindacati di base (Usb, Adl e Si Cobas, Unicobas e Usi, Cub trasporti Lazio) di mobilitare 1,3 milioni di lavoratori che hanno aderito al loro sciopero generale.

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/la-spinta-sociale-del-no-al-referendum/

Piacenza, tir si lancia su picchetto davanti alla Gls: ucciso un operaio

Questa notte, durante un picchetto indetto dall’Usb davanti alla Gls di Piacenza, un operaio è stato travolto e ucciso da un tir che ha forzato appositamente il blocco indetto dai lavoratori. Secondo testimoni presenti sul posto, l’uomo alla guida del mezzo sarebbe stato incitato da un addetto molto vicino all’azienda. A Roma alle 15 è stata convocato un presidio sotto il Ministero del Lavoro.

Questa notte a Piacenza si stava svolgendo un picchetto di lavoratori dell’Usb davanti alla Gls di Piacenza. Il blocco a un certo punto è stato forzato da un tir, che si è lanciato sugli operai che stavano lì davanti: un uomo di 53 anni è stato così ucciso davanti ai suoi colleghi. Un fatto gravissimo, soprattutto perché sembra che l’uomo alla guida del mezzo fosse stato incitato da un addetto vicino all’azienda, che lo spronava a partire e a investire il picchetto di lavoratori. Per denunciare il gravissimo fatto accaduto, i lavoratori hanno convocato una conferenza stampa alle 11 davanti il magazzino: intanto il presidio continua a diventare sempre più grande, con numerose persone che stanno arrivando a portare la loro solidarietà agli operai. Anche a Roma è stato lanciato un presidio sotto il Ministero del Lavoro alle 15 e probabilmente altri appuntamenti si aggiungeranno nel corso della giornata. Pubblichiamo qui di seguito il comunicato dell’Usb in merito a quando accaduto questa notte.

UN LAVORATORE DELL’USB DURANTE UN PICCHETTO E’ STATO ASSASSINATO ALLA GLS DI PIACENZA.

PIACENZA 14 settembre ore 23.45 si muore per lottare si muore per i diritti.

“Ammazzateci tutti” è il grido dei lavoratori della logistica di Piacenza.

Un nostro compagno, un nostro fratello è stato assassinato durante il presidio e lo sciopero dei lavoratori della SEAM, ditta in appalto della GLS questa notte davanti ai magazzini dell’azienda.

Il gravissimo fatto è l’epilogo di una serata di gravi tensioni, la USB aveva indetto una assemblea dei lavoratori per discutere del mancato rispetto degli accordi sottoscritti sulle assunzioni dei precari a tempo determinato. Di fronte al comportamento dell’azienda i lavoratori, che erano rimasti in presidio davanti ai cancelli, hanno iniziato lo sciopero immediato. Proprio durante l’azione di sciopero, un lavoratore, padre di 5 figli e impiegato nell’azienda dal 2003, è stato assassinato, sotto lo sguardo degli agenti di polizia da un camion in corsa che ha forzato il blocco.

Questo assassinio è la tragica conferma della insostenibile condizione che i lavoratori della logistica stanno vivendo da troppo tempo. L’USB si impegna alla massima denuncia dell’accaduto: violenza, ricatti, minacce, assenza di diritti e di stabilità sono la norma inaccettabile in questo settore.

Oggi 15 settembre alle ore 11.00 conferenza stampa davanti al magazzino di Piacenza.

Prosegue comunque il presidio dei lavoratori che si è formato dopo la tragedia e si sta arricchendo sempre più con l’arrivo di altri lavoratori degli stabilimenti vicini.

 

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/piacenza-tir-si-lancia-su-picchetto-davanti-alla-gls-ucciso-un-operaio

Messina – Emergenza casa

Messina.Lavoro e diritto alla casa. Alle porte una serie di sfratti

L’emergenza casa corre. E non aspetta

SGB: storie di perdita di lavoro e casa che non possono diventare ordinarie

364 sfratti per morosità incolpevole nel 2014” Questi i dati, per altro incompleti, relativi solo alla provincia di Messina, diffusi dalla federazione provinciale di SGB Sindacato Generale di Base.

E francamente negli ultimi 2 anni non abbiamo riscontrato soluzioni politiche che facciano sperare in una diminuzione dei numeri .

Anzi, la situazione diventa sempre più allarmante per molte famiglie: si perde il lavoro, arriva la disoccupazione, niente reddito, non si riesce più a pagare l’affitto, arrivano lo sfratto e l’ufficiale giudiziario, il baratro per famiglie intere.

Numeri da vera e propria emergenza sociale anche nel nostro territorio, conseguenza di un attacco senza precedenti al Welfare nazionale, al diritto al lavoro, al diritto all’abitazione, dei tagli dei fondi per l’edilizia agevolata e per le case popolari.

Storie ormai sempre più ordinarie, che passano dal nostro sportello casa

Ve ne raccontiamo alcune…

C’è Stello, i nomi sono di fantasia, le situazioni purtroppo no, 50 anni, disoccupato, 5 figli di cui 2 minori, ogni tanto qualche lavoro saltuario in nero che gli permette di portare almeno il pane a tavola. Qualche anno fa la perdita del lavoro, non riescono più a pagare l’affitto ed ecco lo sfratto. Adesso esecutivo. Hanno fatto richiesta in deroga per una casa d’emergenza, hanno aderito al bando per la morosità incolpevole, nessuna risposta”.

Valeria, ex rappresentante commerciale. Arrivano la crisi e la fine del lavoro. Ed adesso lo sfratto. Esecutivo: per lei, il marito, il bimbo di 18 mesi e l’altro, maschietto o femminuccia, in arrivo. Ed ora? Anche qui tanta energia, ottimismo, speranza per il futuro e la solita trafila di domande senza risposta”.

Ed ancora, “la famiglia di Cettina, marito dializzato con pensione minima, moglie disoccupata, 3 figli a carico, di cui 2 minorenni, anche loro sfratto esecutivo forzato; la famiglia di Rosa, composta da madre disoccupata e figlio di 22 anni disabile con una pensione d’invalidità minima: da un anno vivono in un cantinato, costretti a far fronte anche alle minacce del padrone di casa”.

E la famiglia di Vittoria, entrambi i genitori invalidi, un figlio di 21 anni disoccupato e uno di 18 che studia. Tutti con un’unica piccola pensione d’invalidità e, ovviamente, lo sfratto esecutivo in corso”.

“Poi c’è Francesco che ha perso la casa in un incendio, disoccupato, e adesso ospite da un amico”.

C’è anche Giovanni, da anni malato di sclerosi multipla, anche lui ha perso il lavoro e adesso è anche sfrattato “.

“Ludovica, separata, tre figli a carico ed in più anche il fratello invalido che vive con lei, per adesso ospiti da un’amica.

Punte di un iceberg di un’emergenza che non può diventare ordinaria  

Questo il quadro, storie di grande dignità, forza ed ottimismo. Ma col baratro davanti. C’è bisogno di risposte immediate, purtroppo i tempi burocratici delle istituzioni non coincidono con i bisogni concreti .

L’emergenza corre e non aspetta !

Federazione Provinciale

Sindacato Generale di Base Messina

Fonte:

ANCHE REGGIO CALABRIA ADERISCE ALLA GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE A FIANCO DELLA RESISTENZA PALESTINESE

Scritto da C.S.O.A. ANGELINA CARTELLA
Durante la giornata saranno organizzate diverse ATTIVITA’ DI INFORMAZIONE riguardo il boicottaggio delle aziende che sostengono l’economia assassina di Israele: chi fosse interessato a dare una mano mandi una mail all’indirizzo [email protected]

FERMIAMO LO STERMINIO DEL POPOLO PALESTINESE
BOICOTTIAMO LO STATO ASSASSINO DI ISRAELE
AL FIANCO DELLA RESISTENZA PALESTINESE

Il potentissimo esercito israeliano sta consumando l’ennesima aggressione contro il popolo palestinese, verso quella “soluzione finale” tanto agognata dai sionisti: la cacciata di tutti gli arabi dalla terra di Palestina. Così assistiamo sgomenti all’ennesima catastrofe: centinaia i morti, migliaia i feriti, gli arrestati e i torturati, tra cui donne e bambini, con la sola “colpa” di essere palestinesi, di essere nati e, soprattutto, di vivere in Palestina. Raccolti agricoli, abitazioni, attività commerciali, luoghi di culto, scuole, ospedali e decine di altre strutture distrutte!

I sionisti, grazie al sostegno economico, politico, scientifico e militare dei governi occidentali, al silenzio complice di quelli arabi e alla propaganda massiccia dei mezzi d’informazione, possono portare avanti il loro piano di colonizzazione e pulizia etnica dei nativi di quella terra, ogni dannato giorno, senza alcuna tregua.

Anche lo Stato italiano gioca un ruolo determinante in questo saccheggio di vite e di giustizia, e le relazioni tra i due governi perseverano e sono sempre più salde: l’Italia è il quarto partner commerciale mondiale di Israele e il primo fornitore dell’UE di armi e sistemi bellici. La stessa Calabria è spesso oggetto, compiacente, degli appetiti israeliani, dal megaprogetto turistico di Europaradiso al ventilato interesse a subentrare nella gestione del Servizio Idrico. Tutte operazioni in cui lo Stato terrorista di Israele tenta di dare un’immagine di sé di paese “normale”, mentre resta uno Stato coloniale, fascista, sanguinario e criminale fondato sul razzismo.

NOI NON POSSIAMO ASSISTERE SILENTI A TUTTO QUESTO, E SOPRATTUTTO NON VOGLIAMO ESSERE COMPLICI DI CHI STA STERMINANDO UN INTERO POPOLO!

Nel nostro piccolo possiamo sostenere la Resistenza di chi non ha mai rinunciato alla propria dignità, boicottando i prodotti israeliani e tutte quelle aziende legate all’economia israeliana!

Invitiamo tutte e tutti a partecipare all’ASSEMBLEA PUBBLICA che si terrà SABATO 26 LUGLIO alle ore 19.00 al MUSEO DELLO STRUMENTO MUSICALE, Viale Genoese Zerbi, con le seguenti parole d’ordine:

• Fine dell’aggressione militare e dell’assedio contro la popolazione di Gaza

• L’immediata cessazione degli accordi militari ed economici che collaborano col colonialismo sionista in Palestina

• Sanzioni, Boicottaggio e Disinvestimento contro lo Stato israeliano per il rispetto degli inalienabili diritti dei palestinesi

• Pieno sostegno all’eroica Resistenza palestinese che si oppone da oltre 60 anni all’occupazione israeliana e fronteggia il progetto imperialista e sionista nella regione

• Morte al sionismo e all’imperialismo, libertà al popolo palestinese e a tutti i popoli oppressi!

L’assemblea si inserisce nella giornata di mobilitazione nazionale e vuole essere anche e soprattutto un’occasione per creare un progetto comune a lungo termine che veda varie realtà a fianco della Resistenza palestinese. Per una Palestina finalmente libera!

Comitato Solidarietà Migranti
c.s.c. Nuvola Rossa
c.s.o.a. Angelina Cartella
Collettivo UniRC AteneinRivolta
Pagliacci ClanDestini
Collettiva AutonoMIA Reggio Calabria
Museo dello Strumento Musicale
COBAS RC

Fonte:

ROMA # 17M PER I BENI COMUNI CONTRO LA DEMOCRAZIA E CONTRO LE GRANDI OPERE

 

17 / 5 / 2014

Decine di migliaia di persone hanno invaso, sabato 17 maggio, per la manifestazione nazionale promossa dal Forum dei movimenti  per l’acqua: c’era chi lotta contro le grandi opere, con in testa i NoTav e i NoGrandiNavi di Venezia, i movimenti per il diritto all’abitare, da una settimana in mobilitazione permanente contro l’approvazione del “piano casa” del ministro Lupi, chi si oppone alle devastazioni ambientali con in prima fila gli Stop Biocidio di Campania, Abruzzo e Lazio e poi ancora centri sociali, spazi e teatri occupati, sindacati di base.

Tante voci differenti, ma alla ricerca di un’orizzonte comune di lotta, che lungo tutto il percorso del corteo e dagli interventi dal palco in piazza Navona, hanno rinnovato la volontà dei movimenti di non subire come ineluttabili le politiche decise dalla Troika a livello europeo e attuate dal governo Renzi nel nostro Paese. Tutti insieme in una mobilitazione che si è inserita nella cornice della Giornate europee di azione e che ha voluto esprimere direttamente anche la propria complicità con gli zapatisti del Chiapas, comunità che nei loro territori non si fermano nella volontà di trasformare l’esistente.

Nei fatti la manifestazione del 17 maggio ha espresso un significato che è andato al di là della battaglia per la difesa dello storico risultato referendario del giugno 2011, per l’acqua come risorsa di tutti non mercificabile, ed ha investito l’insieme dei tentativi di privatizzazione dei beni comuni e di distruzione dei servizi pubblici e del welfare. Nel mirino le fallimentari politiche di austerity che, in tutta Europa, toccano le condizioni di vita di milioni di persone impoverite dalla crisi. Per questo grande spazio hanno trovato le rivendicazioni di diritti sociali, reddito, casa e servizi per tutti. Per questo le lotte contro la devastazione ambientale, per il diritto alla salute, contro quelle grandi opere, che sono parte di uno stesso disegno di distruzione e rapina nei confronti delle comunità e dei territori, hanno trovato una significativa collocazione nel corteo.

Una bella giornata di mobilitazione, dunque, che costituisce una tappa significativa nella costruzione del percorso che porterà i movimenti sociali in lotta contro precarietà e austerity a Torino il prossimo 11 luglio, contro il vertice dei capi di governo di tutta l’Unione Europa sulla “disoccupazione giovanile”.

La cronaca e video racconto del corteo:

Il commento finale alla manifestazione

17.05.14 Roma – Commento finale al corteo

 

18:17 Roma dopo il forum dell’acqua parlano i movimenti contro le grandi opere. Interviene Tommaso Cacciari per l’Ass.NoGrandiNavi

18:06 Roma in piazza navona musica e teatro in attesa dell’arrivo di tutto il corteo

17:56 Roma i primi spezzoni entrano in piazza navona

17:47 Roma arrivato camion d’apertura a piazza navona. Interviene attivista di #StopBiocidio del Lazio

17:09 Roma – dal camion intervento dei movimenti romani del diritto all’abitare: “contro l’art.5 contenuto nel decreto Lupi, per la piena legittimità delle occupazioni”

16:49 Roma – interventi dal camion mentre si arriva al campidoglio: contro il decreto salva Roma, le privatizzazioni e l’amministrazione comunale.

16:38 Roma – la testa del corteo arriva in piazza Venezia. Tutti insieme oggi per rimettere al centro i diritti, per rivendicare reddito contro precarietà, per un’altra Europa senza confini e senza disuguaglianze.

16:23 Roma – numeroso lo spezzone dei movimenti per il diritto all’abitare, che si oppongono al piano casa di Renzi e al Jobs Act. Verso il corteo dell’11 luglio a Torino

16:20 Roma – il corteo prosegue per le strade di Roma. Si susseguono gli interventi dal camion contro le privatizzazioni e le speculazioni sui beni comuni.

16:09 Roma – interventi dal camion che ricordano l’assissinio brutale da parte dei paramilitari messicani di Galeano, compagno zapatista. “Con le comunità in lotta, sempre dalla parte giusta”

16:05 Roma – srotolato striscione in via Cavour in solidarietà con gli zapatisti e gli ultimi gravi avvenimenti in Chiapas.

15:45 Roma – dal camion intervento no tav e invito ad essere tutti a torino 11 luglio. Parlano gli esponenti di #StopBiocidio Abruzzo

e di Salvatore di #StopBiocidio Lazio

15:32 Roma – dal camion vengono ricordate tutte le opere inutili e le speculazioni come l’expo

15:17 Roma – Tanti spezzoni, tante realtà provenienti da tutta Italia, insieme in strada per i beni comuni, contro le privatizzazioni, per manifestare contro le politiche di austerità e precarietà dell’UE e del governo Renzi. Un commento di Marco Bersani

15:17 Roma – parte il corteo numeroso da piazza della Repubblica.

14:20 Roma – sotto al ministero delle infrastrutture presenti anche i comitati no autostrada Orte-Mestre: contro la speculazione delle grandi opere inutili

14:15 Roma – sotto al ministero delle infrastrutture sventolano tante bandiere “no grandi navi”. A gran voce il comitato “no grandi navi” ribadisce: “le navi fuori dalla laguna e no scavo nuovi canali”

14:14 Roma – i comitati veneti sotto al min.infrastrutture per una conf.stampa. “nessuna decisione senza i cittadini:fuori le grandi navi dalla laguna”

14:13 Roma – inizia la conferenza stampa No Grandi Navi davanti al Ministero delle Infrastrutture a Porta Pia.

13:43 Roma – i no grandi navi verso la manifestazione nelle giornate europee di mobilitazione

13:37 Roma – arrivata la delegazione dal veneto. Tutti insieme per dire no grandi navi no grandi opere

12:46 Barriera roma ripartono i pulman dal nord est dopo essere stati perquisiti

12:05 Roma – appena usciti dal casello autostradale, fermato il pullman da Bologna dei comitati. Perquisito il pullman e i bagagli. Ennesima provocazione in una giornata di manifestazione per i beni comuni, ennesimi divieti di un governo che prova a criminalizzare ogni forma di dissenso

12:05 Roma – fermati e perquisiti dalla polizia gli autobus dei comitati di Bologna diretti alla manifestazione.

 

Fonte:

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/roma-17m-per-i-beni-comuni-la-democrazia-e-contro-le-grandi-opere-la-cronaca-multimediale/17171