Calais,migliaia di migranti iniziano ad essere deportati in una Europa avara di solidarietà

Lunedì 24 Ottobre 2016 14:50

calais3

Si parla all’ attuale di 1051 migranti evacuati da Calais secondo la prefettura, a oltre 15 ore dall’ inizio delle operazioni di sgombero della Jungle, che procedono a rilento rispetto alle tempistiche dichiarate. Llo smantellamento e la demolizione delle strutture si affianca dunque lo spostamento forzato di migliaia di persone che lì ci hanno vissuto.

I media nostrani si stanno applicando a fare da sponda ai colleghi generalisti d’oltralpe, con l’ ANSA che ha definito “un inferno” la Jungle, luogo diventato patria quasi forzata per approssimativamente 10mila persone migranti.

Le resistenze all’ interno del campo sono state al momento neutralizzate dall’ ingente presenza di forze dell’ ordine armate, aggiuntesi a quelle già presenti nel circondario di Calais con l’ utilizzo di grossi bus a più piani.
Nel vortice della disputa francese e non solo, nell’ incalzare di una propaganda mediatica nazionalista senza esclusioni di colpi e con pochi riguardi di umanità per le migliaia di persone giunte dopo infiniti esodi rifuggendo povertà e situazioni a rischio per la propria esistenza, l’aria attorno alla Jungle si è fatta man mano pesante fino a diventare irrespirabile nelle ultime settimane.
Irrespirabile come i lacrimogeni lanciati ieri notte contro i migranti che si sono frapposti all’ inizio delle operazioni o come quelli destinati a chi si è ribellato al muro della vergogna voluto a Calais dal Governo Inglese.

Calais come simbolo della cristallizzazione dell’ innalzarsi di nuove barriere e della incapacità di forme di solidarietà efficaci a poterne contrastare il loro sorgere in un contesto globale che tra crisi in “occidente” da una parte, e focolai di guerre per le risorse strategiche dall’ altra, mette all’ ultimo posto la dignità degli uomini poveri e l’umanità nei loro confronti.

Ora ci si chiede di prestare attenzione acché i bambini sgomberati non finiscano nelle mani di trafficanti; pare che siano 1291 i minori non accompagnati che resteranno a Calais in attesa di una collocazione certa, il che la dice lunga sulla preparazione di questa operazione, portata a livello militare ma senza alcuna strategia pregressa effettivamente mirata di collocamento di persone, se non di un eventuale reinserimento in una società che in buona parte li sta ripudiando e in cui peraltro non vorrebbero stare. Citando una frase apparsa in queste ore sul web: “Radunati all’alba. Impacchettati e spediti altrove. Questa è l’idea di “accoglienza” della Fortezza Europa”.

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/migranti/item/17768-calaismigliaia-di-migranti-iniziano-ad-essere-deportati-in-una-europa-avara-di-solidariet%C3%A0

Casetta Rossa: lo storico spazio sociale di Garbatella rischia di chiudere

By Roberto Consiglio
On 21 ottobre 2016 At 9:39

Ci risiamo, ad una settimana di distanza dall’attacco istituzionale nei confronti del centro sociale Corto Circuito, ecco che un nuovo luogo di socialità romano viene messo sotto attacco. Questa volta a doversi difendere è lo spazio sociale Casetta Rossa alla Garbatella.

Un intimidazione vera e propria, fatta partire dalle stanze dell’VIII Municipio capitolino, secondo gli attivisti di via Giovanni Battista Magnaghi 14. Come per il CSOA Corto Circuito, il pretesto per attuare lo sgombero nel giro di dieci giorni, è quello di messa in regola di alcuni spazi del posto.

Ciò che gli attivisti contestano è che, con la chiusura di Casetta Rossa, cadrebbe nel degrado più totale anche il vicino parco dedicato alla figura di Cavallo Pazzo e che dà su via Ignazio Persico. Lo stesso parco, infatti, da molti anni viene gestito dagli stessi cittadini della zona che, col tempo, vi hanno costruito una vera e propria area giochi ed un area riservata ai cani.

Secondo gli stessi attivisti: ” Il Municipio chiede, di fatto, la revoca della convenzione con argomenti nuovamente pretestuosi e l’interruzione della programmazione culturale per sostituirla con i sigilli della burocrazia al potere. Questo nonostante i ripetuti, quanto inutili e a oggi ingannevoli incontri con la nuova giunta municipale che garantiva a chiacchiere la tutela e la valorizzazione dell’esperienza sociale di Casetta Rossa“.  Per fermare questo sgombero, domenica 23 ottobre 2016, è stata organizzata, dalla mattina alla sera, una giornata di festa nello stessa zona verde di Garbatella.

Di seguito riportiamo il comunicato stampa fatto uscire alcune ore fa dagli attivisti dello spazio sociale:

In una città dove gli spazi sociali e culturali vengono sgomberati o censurati attraverso strumenti amministrativi, dove la politica si arrende alla tecnica anche Casetta Rossa è di nuovo minacciata.
Allo spazio pubblico, che offre servizi al quartiere e alla città, luogo di eventi culturali di prossimità e di grande rilevanza internazionale, è intimata la chiusura entro i prossimi dieci giorni e rischia di essere sottratto alla fruizione dei cittadini del Municipio assieme al Parco Pubblico di via Ignazio Persico.
Da parte del Municipio dove sventola la bandiera a 5 stelle, arriva arrogante il linguaggio della carta bollata e della tecnica. In poche righe, il Municipio chiede, di fatto, la revoca della convenzione, con argomenti nuovamente pretestuosi e l’interruzione della programmazione culturale per sostituirla con i sigilli della burocrazia al potere. Questo nonostante i ripetuti, quanto inutili e a oggi ingannevoli incontri con la nuova giunta municipale che garantiva a chiacchiere la tutela e la valorizzazione dell’esperienza sociale di Casetta Rossa.
A casetta rossa promuoviamo la presa in cura comunitaria dello spazio, che, a differenza di altri parchi del quartiere e di Roma abbandonati alla discontinuità della gestione pubblica, è tenuto con cura e presidiato secondo un progetto di autogestione concepito in passato con l’ente municipale.
Casetta rossa è il riferimento per iniziative culturali di tanti artisti conosciuti e meno conosciuti, è un laboratorio aperto di buona politica, di mutualismo e di produzione culturale senza padroni. E’ anche il luogo in cui Vandana Shiva parla di conversione ecologica e difesa dei semi, in cui Erri De Luca ci parla di narrativa non omologabile, Paco Ignacio Taibo II giura che la rivoluzione sia ancora possibile e dimostra come, Valerio Evangelisti e Pino Cacucci ci parlano di nuovi e vecchi pirati, Nassrin Abdallah comandante curda delle YPJ, le unità di difesa delle donne, racconta del valore storico della lotta all’ Isis.
Qui, come loro, sono di casa le famiglie di Garbatella che partecipano ad esempio alle attività del gruppo di acquisto solidale, che conta più di trecento iscritti, o ancora le decine di abitanti del territorio che ogni domenica vengono a cuocere il pane nel Forno Popolare, e tutti i bambini e le bambine che ogni settimana affollano i laboratori gratuiti che si organizzano nel parco di via Ignazio Persico.
E ancora l’Associazione Proletari Escursionisti che da un anno organizza in città e in giro per il Lazio camminate collettive alla scoperta di memorie dimenticate e paesaggi incontaminati, i gruppi di conversazione linguistica, il gruppo di lettura Cavallo Pazzo Legge, gli incontri di allattamento della Leche League International e tanti altri.
Mille attività che sono accompagnate dal servizio dell’Osteria Popolare di Casetta Rossa, che si attiva anche per progetti sociali come ad esempio cucinare ogni mercoledi per i rifugiati del Baobab o sostenere da due mesi a questa parte la campagna di solidarietà con le comunità colpite dal sisma ad Amatrice e in centro Italia.
Per tutto questo e tanto altro ancora, non ci è possibile dare seguito alle richieste della lettera pervenuta, la Casetta Rossa non chiuderà mai e proteggeremo queste esperienze con ogni mezzo necessario.
C’eravamo prima e ci saremo dopo di voi.
I prossimi appuntamenti a cui chiamiamo tutte e tutti i cittadini e le cittadine solidali di Garbatella e di Roma per sventare la chiusura di Casetta Rossa e del Parco di via Ignazio Persico sono:
– Domenica 23 Ottobre dalla mattina alla sera Festa al Parco Cavallo Pazzo da zero ai 99 anni con giochi per bambini, musica, laboratorio di Tree Climbing e manutenzione collettiva del Parco.
– Da Lunedi a Venerdi invasione a sorpresa del Municipio“.

 

 

Fonte:

http://oltremedianews.it/casetta-rossa-lo-storico-spazio-sociale-di-garbatella-rischia-di-chiudere/

 

Diciamo No allo sgombero del Corto Circuito

Giovedì 13 Ottobre 2016 15:11

corto

18.29 Per le strade del Quadraro, il corteo grida forte e chiaro “Riprendiamoci il Corteo Circuito!

ore 18.15 Dopo lo sgombero di questa mattina, si è appena conclusa l’assemblea a Piazza dei Cavalieri del lavoro. Tanti gli interventi in soliderietà al Centro Sociale Corto Circuito. Adesso si parte in corteo nelle strade del Quadraro.

ore 15 Questa mattina è stato sgomberato il Centro Sociale Corto Circuito, uno degli spazi sociali storici di Roma da sempre punto di riferimento per il quartiere ma anche per il resto della città. Già dalle prime ore del mattino sono accorsi decine di solidali per sostenere il presidio che si è formato a Piazza Cavalieri del lavoro. Durante la mattinata è stata chiamata un’assemblea pubblica alle 17 di questo pomeriggio.

L’ordine di sgombero è arrivato dalla magistratura che ha disposto di mettere sotto sequestro gli “abusi edilizi” dell’area di via Filippo Serafini. E’ evidente la contraddizione in termini di queste disposizioni in una città dove la speculazione di palazzinari e banche le fa da sempre da padrona. E’ evidente a tutti che le ragioni di legalità avanzate da questura e magistratura non hanno nessun fondamento soprattutto per tutti coloro che frequentavano lo spazio attivo da 26 anni.

Non è possibile, infatti, lasciare spazio alle accuse e alle narrazioni tossiche di chi prova a delegittimare spazi ed esperienze di autogestione e riappropriazione. Nella città di Roma è necessario, al contrario, rispondere con una stagione di occupazioni e lotta che possa ribadire l’essenzialità degli spazi in cui i quartieri dal basso riescono a ristabilire le priorità di chi li vive. Contro la vera speculazione, contro la cementificazione dei territori, contro l’invasione della grande distribuzione, contro la chiusura di spazi culturali e sociali, contro la mancanza di strutture sportive accessibili a tutti, contro l’emergenza abitativa.

Diciamo NO!

La partita non si è conclusa con questa mattina l’assemblea di questo pomeriggio deciderà delle prossime iniziative da mettere in campo. “Riprendiamoci quello che è nostro, riprendiamoci il Corto Circuito”. Di seguito il comunicato del Centro Sociale Corto Circuito

 

Lo sgombero del Corto Circuito è un atto politico mascherato da motivazioni giudiziarie fasulle

ore 17.00 Piazza Cavalieri del Lavoro manifestazione cittadina

“26 anni di storia non si cancellano. Giù le mani dal Corto”

Alle sei del mattino hanno chiuso tutti gli accessi al quartiere Lamaro con centinaia di celerini, carabinieri e vigili del gruppo di pronto intervento di DiMaggio. L’ordine è quello di mettere sotto sequestro l’area di via Filippo Serafini dove da più di 26 anni è attivo il centro sociale Corto Circuito. Intervengono sulla spinta della magistratura che intima di rimuovere gli abusi edilizi e gli illeciti amministrativi. Le scuole della zone restano semideserte e il traffico è paralizzato per chilometri. Vediamo di cosa si tratta.

Concretamente il sequestro riguarda un tendone che il collettivo del Corto ha posizionato nell’area dopo che nel 2012 un incendio ha completamente distrutto uno dei padiglioni dove si svolgeva la gran parte delle attività. A nulla sono valse le richieste di ricostruzione debitamente depositate presso gli uffici competenti e la raccolta dei fondi completamente autogestita che doveva consentire di rimettere in piedi la struttura incendiata. Tutto fermo da anni a causa di una colpevole volontà di impedire che il centro sociale continuasse a vivere.

Che il tendone non possa configurarsi come abuso edilizio lo capisce anche un bambino, paradossale che a capirlo non sia un magistrato.

Peraltro le cubature che insistono sull’area di via Serafini sono state abbondantemente ridotte dai due incendi che hanno riguardato nel tempo due dei tre padiglioni che originariamente erano presenti. Questo significa che anche l’altra struttura in legno che pure oggi è stata sequestrata, un prefabbricato posizionato qualche anno fa come spazio per dibattiti e attività di doposcuola, fa rimanere gli stabili esistenti ben al di sotto dei volumi che un tempo occupavano l’area.

Il Corto però in questi anni non poteva accettare l’inerzia delle varie amministrazioni. Poiché non poteva sperare che Alemanno intervenisse o che lo facesse Marino (che invece con la delibera 140 ha complicato la vita per centinaia di associazioni e centri sociali), ci siamo predisposti ad una ricostruzione coraggiosa quando una nuova amministrazione si è presentata alla città. La ricostruzione è ancora in corso ma sta avvenendo con una tecnica ultramoderna che consente di realizzare uno stabile ignifugo con materiali di bioedilizia ed un avveniristico sistema di scarico delle acque. Un esempio da seguire e riprodurre, non certo una esperienza da cancellare o demolire.

Sono venuti questa estate ad imparare questa tecnica giovani neolaureati da tutta Italia ma perfino dalle università statunitensi. Abbiamo mostrato quello che stavamo facendo anche ad alcuni amministratori della nuova giunta ed abbiamo confidato nel fatto che la ragione e la conoscenza potessero avere la meglio sulla grigia prassi amministrativa, completamente svuotata di senso. Prendiamo atto che non è così, ma certamente non ci arrendiamo.

L’area di via Filippo Serafini è stata occupata 26 anni fa quando i tre padiglioni di allora erano stati completamente abbandonati al degrado dalle amministrazioni di allora. Questi anni sono stati ricchi di tantissime esperienze e conquiste. Sono passati di qua migliaia di giovani e il Corto Circuito oggi fa parte integrante del Lamaro e della città di Roma. Cancellarlo non è solo un’idiozia, non è possibile.

La nuova amministrazione dispone degli strumenti per fermare questa oscenità. Innanzitutto far sentire il suo ruolo di proprietario dell’area e degli stabili. Fermare il sequestro e consegnare definitivamente la struttura a chi l’ha gestita in tutti questi anni, consentendo che si ricostruisca (o finisca di ricostruire) quello che andò distrutto più di 4 anni fa. Poi superare definitivamente il contenzioso con la Corte dei Conti, questa storia kafkiana che riguarda centinaia di realtà di Roma e che solo atti politici dovuti da parte della nuova giunta può risolvere. I centri sociali sono autentici beni comuni che appartengono alla città, costituiscono un bene prezioso da difendere e sviluppare.

A tutti quelli che in questi anni hanno creduto nelle ragioni dell’autogestione e dell’organizzazione dal basso chiediamo un nuovo sforzo di amore e di lotta. Riprendiamoci quello che è nostro, riprendiamoci il Corto Circuito.

Centro Sociale Corto Circuito

 

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/prima-pagina/item/17720-in-aggiornamento-diciamo-no-allo-sgombero-del-corto-circuito

 

Per il PD di Renzi la “serenità” è una testa spaccata

Mercoledì 12 Ottobre 2016 09:26

testaspaccatademariaNel PD di Renzi ad essere consigliati di “stare sereni” c’è minimo da guardarsi le spalle con tre occhi, dato che un simile augurio prelude ad accoltellamenti alle spalle e colpi sporchi e bassamente sleali – che spesso si risolvono ai danni degli stessi colleghi di partito, in una primordiale faida di potere.

Così non deve sorprendere che nella giornata di ieri, nel corso delle violente operazioni di sgombero del Condominio Sociale Occupato di via Mario de Maria a Bologna, piccoli cloni renziani come la neo-assessora alla casa Virginia Gieri parlino, dopo aver dichiarato di “non conoscere la strategia di operazione della polizia”, di occupanti “usciti serenamente”.

Non solo la mattinata bolognese è stata costellata da minacce e intimidazioni da parte della celere ai cronisti, fisicamente impossibilitati a documentare gli eventi da vicino (anche se non è mancato chi ha sgomitato fino all’ultimo per accaparrarsi l’osso rancido mollato dal banchetto della questura: “sembra di vedere bambini usati come scudi umani…”); non solo l’estrema resistenza degli occupanti ed il corteo selvaggio dei solidali hanno comunicato un’atmosfera nel quartiere Bolognina non esattamente da Mulino Bianco; ma c’è chi effettivamente è rimasto intossicato dai gas al peperoncino, raggiunto dagli agenti dopo l’abbattimento da parte di questi di un muro interno (in un edificio il cui sgombero è stato caldeggiato da taluni media per presunti dissesti strutturali) e finito in ospedale, con la testa aperta. Non è mancato il tentativo da parte degli agenti di insabbiare i propri misfatti sequestrando i telefoni cellulari degli occupanti e cancellando foto e video che li inchiodavano.

murodemariaLa realtà viene così ad essere contraddetta in modo assolutamente plateale e grottesco: una costante istituzionale degli ultimi tempi laddove nella vicina Piacenza, davanti all’uccisione dello scioperante Abdesselem, la locale procura si era sprecata a dichiarare che al momento della tragedia “non fosse in corso nessun picchetto”. Oppure che a Roma, durante la sua custodia nelle mani dello Stato, il povero Stefano Cucchi sia morto di “epilessia”.

Non possiamo a questo punto che augurare a nostra volta tanta serenità al PD nei mesi a venire; ed un grande NO sociale, dal basso e da più parti, che dia finalmente la sveglia a questo disastrato paese.

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/varie/item/17712-per-il-pd-di-renzi-la-serenit%C3%A0-%C3%A8-una-testa-spaccata

Roma, finisce l’esperienza dell’ex Baobab, la polizia sgombera i migranti

Roma, lo sgombero del Baobab di via Cupa

Chiude l’ex centro Baobab di via Cupa. La strada vicina alla stazione Tiburtina, per più di un anno unico punto di accoglienza per migliaia di migranti eritrei in transito nella capitale, è stata sgomberata ieri mattina dalla polizia che ha messo così fine, almeno per ora, a un’esperienza resa possibile dal lavoro di numerosi volontari e associazioni, nonché dalla generosità dimostrata nel tempio dai romani.

Quella che sembrava una delle tante operazioni di identificazione dei migranti – in passato ce ne sono state almeno altre tre – si è trasformata in uno sgombero. Centodue migranti, la maggior parte eritrei, sono stati trasferiti all’ufficio immigrazione della questura di via Patini, dove hanno presentato richiesta di asilo e di “relocation”, ricollocazione in altri Paesi europei. Tutto si è svolto senza particolari tensioni. Una tranquillità in contrasto con un’emergenza drammatica, che per ora a Roma non trova soluzioni. Sono pochissimi nella capitale i centri di accoglienza per migranti, rispetto ai tanti profughi che ne avrebbero bisogno. A questa situazione, sottolineano le associazioni che offrono assistenza ai rifugiati – Cir, A Buon Diritto, Radicali Roma – «l’unica risposta delle istituzioni è lo sgombero. Il Baobab nasce per l’inadeguatezza delle risorse attivate dallo Stato, ed è stato un punto di riferimento per centinaia di persone prive di assistenza e protezione».

Spiega Roberto Viviani, attivista dell’ex Baobab: «In passato, migranti in attesa di ricollocazione sono tornati al centro perché non avevano posti dove dormire. Gli alloggi offerti dalle istituzioni – i centri della Croce Rossa di via Ramazzini e di via del Frantoio, l’alloggio Caritas di Ponte Casilino – non bastano». Dal Comune finora solo risposte negative. L’ultima il 12 settembre, quando l’assessore alle Politiche Sociali Laura Baldassarre ha dichiarato l’impossibilità di allestire una tendopoli a Tiburtina, come promesso, perché «la Protezione Civile era impegnata nelle zone del terremoto». Una motivazione labile, spiega Viviani: «L’anno scorso a Tiburtina la Croce Rossa ha messo su una tendopoli in 3 giorni». A complicare la situazione per gli immigrati, la decisione della Questura di non accettare domande d’asilo fino al 21 ottobre.

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/roma-finisce-lesperienza-dellex-baobab-la-polizia-sgombera-i-migranti/

Ventimiglia, caricati i migranti alla frontiera. Comunicato del presidio No Borders

 

Fonte:

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1009470369171143&id=782827925168723

Alta tensione al confine tra Ventimiglia e Mentone. La polizia ha sgomberato con violenza circa 200 migranti che – come l’anno scorso – avevano nuovamente occupato la pineta dei Balzi Rossi, a 50 metri dalla frontiera. Tutto ha avuto inizio nella notte del 4 agosto, quando un gruppo di oltre 300 persone è riuscito ad allontanarsi dal centro della Croce rossa a Ventimiglia, passando dalla ferrovia. Cercavano di raggiungere la Francia. Il giorno dopo, il gruppo si è accampato al confine, raggiunto da un imponente schieramento di polizia.

Gli attivisti che l’anno scorso avevano accompagnato i migranti nel campeggio No Border alla frontiera, hanno cercato di portare loro cibo e acqua, ma sono stati respinti dalla polizia e portati in caserma a Ventimiglia. Due persone hanno ricevuto il “foglio di via”, che impedisce loro di accedere a 16 comuni della provincia di Imperia, altre due sono state trattenute nella stazione francese della Police de Frontières (Paf) e gli è stato notificato il divieto di tornare in Italia per cinque anni.

Durante una giornata di trattative, i migranti hanno ribadito le loro richieste e l’indisponibilità a rientrare in quello che considerano un carcere in cui si verificano “quotidiani soprusi”: l’accampamento di container installato alla periferia di Ventimiglia e gestito dalla Croce rossa. Hanno chiesto la libertà di un loro compagno, arrestato giorni prima.
E poi, la carica. Un gruppo di migranti riesce a fuggire oltreconfine, ma parte la caccia della polizia francese.
In totale, 17 attivisti europei sono stati fermati dalla polizia italiana e francese, 7 solidali sono stati portati in questura a Imperia. Un immigrato, rimasto gravemente ferito, è stato ricoverato all’ospedale traumatologico. La polizia ha anche fatto irruzione nei locali del Freespot, uno spazio di solidarietà ai migranti aperto dai No Border a Camporosso.

Sono tornati nei container 118 migranti, altri 25 sono nelle mani della Paf, altri sono stati mandati nei centri di identificazione nel sud Italia, dove saranno identificati ed espulsi. Gli attivisti denunciano che diversi autobus delle Lignes d’Azur hanno “deportato” i migranti impedendogli di scendere, su indicazione della polizia e che solo 60 di loro sono stati riammessi in Italia. Per oggi è stato indetto un presidio a Ventimiglia.

Intanto, continuano le polemiche e le prese di posizione. La senatrice del Pd, Donatella Albano, dice che “non è tollerabile che si blocchino strade o si ripetano insediamenti abusivi”, ma chiede che “i diritti vengano rispettati”. Il sindaco di Ventimiglia, Enrico Ioculano avverte che: «il centro di accoglienza del Parco Merci dev’essere l’unico punto di riferimento. Chi crea disagi a Ventimiglia non ci può stare. La manifestazione è pretestuosa e non porta a alcun risultato. È ormai evidente che attività di questo genere vengono studiate ad hoc per creare disagio e disturbo».
Ed è salito a 400 il numero dei migranti che oramai da un mese sono accampati nei giardini della stazione ferroviaria di Como. Sono in maggior parte etiopi ed eritrei che hanno inutilmente tentato di raggiungere la Germania in treno e che sono stati respinti a Chiasso dalle autorità svizzere.

Geraldina Colotti da il manifesto

************

Comunicato del presidio No Borders Ventimiglia – 6 agosto 2016.

Dopo un volantinaggio in spiaggia abbiamo deciso di andare verso il centro della Croce Rossa, dove i migranti erano stati forzati a rientrare in seguito alla protesta dei balzi rossi di ieri.

Stavamo tranquillamente raggiungendo il luogo lungo i binari dismessi del Parco Roja quando d’improvviso una camionetta di polizia antisommossa si è schierata di fronte a noi per bloccarci.

Non c’è stato nessuno “scontro”, i celerini, scudi e manganelli alla mano, hanno sparato diversi gas lacrimogeni per allontanarci. Di fronte alla nostra ritirata, siamo stati inseguiti e attaccati dalle camionette in corsa a tutta velocità.

I poliziotti sono riusciti a fermare alcuni compagni a suon di manganellate.

Le persone fermate sono 11.

Abbiamo poi appreso dalla stampa che un agente è rimasto vittima di un infarto durante questa operazione.

Sappiamo che c’è già chi sarà pronto a strumentalizzare questo episodio, ma la responsabilità di quanto accaduto è tutta della questura e delle istituzioni, della loro assurda gestione dei migranti in transito a Ventimiglia.

Questa giornata ne è l’ennesima prova.

 

 

Fonte:

http://www.osservatoriorepressione.info/ventimiglia-caricati-migranti-alla-frontiera-comunicato-del-presidio-no-borders/

Brasile, mano dura contro le occupazioni

Rio de Janeiro. Allarme Isis e repressione dei movimenti

Manifestazione a Rio

Mano dura contro le occupazioni. In Brasile, il governo ad interim di Michel Temer usa l’«allarme terrorismo» per reprimere i movimenti sociali. Almeno 50 agenti in tenuta antisommossa hanno sgomberato con violenza i manifestanti, accampati in un edificio del Ministero della Cultura a Rio de Janeiro dal 16 maggio. Nelle cariche è stato colpito anche l’ex senatore del Partito dei lavoratori Eduardo Suplicy.

Il 12 maggio, il Senato ha votato l’impeachment contro Dilma Rousseff, con 55 voti favorevoli e 22 contrari. La presidente è stata sospesa dall’incarico per 180 giorni e, da allora, i movimenti sociali l’accompagnano al grido di «Fora Temer». Secondo il presidente del Senato, Renan Calheiros, il voto finale dopo il processo dovrebbe tenersi «nella settimana del 20», probabilmente dopo la chiusura dei Giochi olimpici (che si svolgono dal 5 al 21).

Temer – che ha nominato un gabinetto di soli uomini bianchi, anziani e ricchi – sta passando la scure sui diritti: ha abolito ministeri sociali, ha licenziato, ha tagliato i programmi rivolti ai settori popolari. Un’ondata di proteste, scoppiata in oltre 18 città del paese, lo ha però obbligato a ripristinare il Ministero della Cultura. Intanto, sono apparsi chiari i contorni e gli intenti del golpe istituzionale: proteggere i suoi principali artefici dall’inchiesta per tangenti Lava Jato, la «mani pulite» brasiliana che Rousseff voleva agevolare. Gran parte dei parlamentari e dei senatori che hanno votato l’impeachment sono coinvolti nel grande scandalo per corruzione dell’impresa petrolifera di Stato, Petrobras. Per questo, diversi ministri di Temer hanno dovuto dimettersi.

Per contro, il Pubblico ministero federale ha ritenuto infondata la denuncia penale sporta nei confronti della presidente, e ha archiviato il fascicolo relativo alla cosiddetta «pedalata fiscale», un’operazioni di credito mascherata. Cade quindi il «crimine di responsabilità» che ha mosso l’impeachment: la presidente non ha truccato i conti dello Stato. Il 20 luglio, anche la sentenza del Tribunale internazionale sulla democrazia in Brasile, composto da giuristi, intellettuali, premi Nobel e anche dal Tribunale dei popoli, ha stabilito che l’impeachment costituisce un colpo di stato e deve essere considerato nullo.

Il Tribunale è stato convocato a Rio de Janeiro dalle organizzazioni Via Campesina, Fronte Brasile Popolare e Fronte di giuristi per la Democrazia. La sentenza verrà inviata al Supremo Tribunal Federal per chiedergli di «impedire la rottura dell’ordine democratico» e annullare il procedimento contro la presidente. E, negli Stati uniti, anche un gruppo di 40 deputati del Partito democratico si è diretto a John Kerry per esprimere «profonda preoccupazione per la minaccia alle istituzioni democratiche» che rappresenta l’impeachment, e ha chiesto al segretario di Stato Usa di non appoggiare il governo Temer.

Il leader del movimento brasiliano dei Sem Terra, Joao Pedro Stedile, ha dal canto suo annunciato che intensificherà le occupazioni, qualora Temer voglia vendere le terre alle multinazionali, come ha scritto la stampa in questi giorni. Stedile ha denunciato il pacchetto di riforme neoliberiste deciso da Temer e ha dichiarato che il Fronte Brasile Popolare, di cui fanno parte diversi movimenti sociali come l’Mst sta valutando la possibilità di uno sciopero generale prima della votazione finale sull’impeachment.

E mentre si moltiplicano gli allarmi sulla possibilità di cellule dell’Isis provenienti dalla città di Corrientes, in Argentina, Dilma Rousseff ha detto in un’intervista alla Jornada che l’attuale crisi del Brasile è «la peggiore dalla fine della dittatura militare», e che sui Giochi olimpici «spira un’aria contaminata».

 

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/brasile-mano-dura-contro-le-occupazioni/

RIO 2016. CONTO ALLA ROVESCIA. RIMOZIONI

RIO 2016. CONTO ALLA ROVESCIA. EP.1 “RIMOZIONI”
[guarda il video in HD – assista em HD]
Nei tre mesi che precedono l’inizio dei Giochi Olimpici di Rio de Janeiro, la serie di documentari “Conto alla Rovescia” punta le cineprese sulle violazioni dei diritti umani che hanno segnato tutto il processo di preparazione della città. Le rimozioni forzate sono una delle eredità più perverse di queste Olimpiadi. Negli anni pre-olimpici, Rio de Janeiro ha conosciuto la più brutale politica di rimozioni della sua storia: più di 60.000 famiglie hanno perso le loro case dal 2009, anno in cui Rio de Janeiro è stata scelta come sede delle Olimpiadi del 2016. La storia della resistenza di queste famiglie è al centro del primo episodio di “Conto alla Rovescia”.[guarda il video su Vimeo: https://vimeo.com/172275477]
Realizzazione: Justiça Global e Couro de Rato
facebook.com/justicaglobal/
facebook.com/couroderato/
Direzione: Luis Carlos de Alencar
Poesia Originale: Elaine Freitas
Musica Originale: Mano Teko e Mc Lasca
versione originale del video su YouTube:
youtu.be/D2IdgKhkxh0

“Il Resto del Carlinho (Utopia)”
Il Brasile che NON vi raccontano.
Articoli, reportages, video e film raccolti in ordine sparso e tradotti in italiano
carlinhoutopia.wix.com/carlinhonews
seguici anche sulla pagina Facebook:
facebook.com/RestoDelCarlinhoUtopia

Fonte:

 

Operazione di polizia intorno all’ex centro Baobab

AGGIORNAMENTO: questa mattina la polizia è ritornata in via Cupa. Altre persone in transito sono state fermate e costrette al fotosegnalamento. È stato minacciato lo sgombero anche dell’altra parte dell’accampamento, interrotto dopo una trattativa.

Intorno alle 7 di ieri mattina, tra via Cupa e via Tiburtina, è scattata un’operazione di polizia contro i migranti in transito che da qualche giorno sono tornati ad accamparsi nei pressi dell’ex centro Baobab. Costrette all’identificazione diverse decine di persone, sgomberato l’accampamento di via Tiburtina.

Ieri mattina, Polizia di Stato e Carabinieri si sono presentati in forze – con autobus, blindati e un gran numero di agenti – su via Tiburtina, all’altezza dell’ex centro Baobab. Una parte dei migranti in transito arrivati a Roma si è infatti sistemata da giorni nella stradina di via Cupa, in tende ordinate in fila per uno lungo il perimetro dello stabile. Un’altra parte, dal lato opposto della Via Tiburtina, a ridosso delle mura del Cimitero del Verano, in uno spiazzo in cui hanno trovato “accoglienza” anche alcune famiglie rom sgomberate da Casalbertone.

I due accampamenti di fortuna sono stati circondati dagli agenti, in modo da impedire il fuggi fuggi, per procedere alle identificazioni. La Questura sostiene che circa 70 persone siano state identificate e 30 fotosegnalate dopo essere state trasferite nel vicino commissariato di San Lorenzo o negli uffici della Questura Immigrazione di via Teofilo Patini.

L’identificazione nel paese di primo approdo, richiesta a gran voce dall’Europa, ostacola ulteriormente il viaggio dei migranti verso l’Europa del Nord, ma generalmente non riesce a fermarlo. In tanti fuggono dagli hotspot situati al Sud Italia, soprattutto nei luoghi di sbarco, per evitare il foto-segnalamento ed avere la possibilità di chiedere asilo in paesi diversi dall’Italia, nei luoghi dove risiedono amici e parenti o dove è più facile costruirsi un futuro. Ma tantissimi continuano il viaggio a prescindere dalle operazioni di identificazione subite. E lo fanno consapevoli delle maggiori complicazioni all’arrivo e nonostante la perenne minaccia di essere respinti nel paese d’approdo.

A via Cupa era da un po’ che le istituzioni non si facevano vedere. Il 6 dicembre scorso si erano presentate, sempre con le forze dell’ordine, per chiudere i cancelli del centro che durante tutta l’estate e l’autunno era stato punto di riferimento dei migranti in transito a Roma. La struttura successivamente è stata resa completamente inagibile. Da allora, l’interlocuzione richiesta alle istituzioni dai volontari non ha, a quanto pare, prodotto granché. Il tentativo di occupazione da parte di “Baobab experience” del vicino Ittiogenico, struttura in disuso di proprietà della Regione Lazio, è durata solo poche ore, interrotta da uno sgombero ordinato da Tronca. Poco o niente si è saputo e si è fatto da allora fino ad arrivare a oggi, fino al puntuale riesplodere dell’ennesima prevedibile emergenza profughi. In questo vuoto e con l’intensificarsi degli sbarchi, intorno a via Cupa hanno ripreso a raccogliersi le persone in transito per Roma, sistemandosi in strada, senza acqua e elettricità, in accampamenti di fortuna, e sostenendosi grazie alle donazioni solidali di vestiti e di cibo di tantissimi cittadini e al volontariato di tanti.

E sono stati proprio i volontari a diffondere la notizia in mattinata, attraverso un post sulla loro pagina facebook. Lo hanno fatto concludendo con queste parole: “Cauti nel dare notizie, amareggiati ma anche fiduciosi in una conclusione dell’operazione rispettosa della dignità umana, vi terremo informati il prima possibile”. Parole che sono state riprese su tutti i giornali e che lasciano ampi margini di incertezza su quale sia il futuro di via Cupa o su quale soluzione alternativa e più dignitosa, che tuteli la libertà di movimento dei transitanti, possa essere praticabile. di fiducia, di certo, se ne può avere davvero poca se l’interlocuzione con le istituzioni porta a un esito simile a quello di oggi: lo scopo dell’operazione sembrava essere inizialmente quello dell’identificazione dei migranti in transito, ma le operazioni di bonifica dell’area si sono di fatto trasformate anche nello sgombero delle tende sistemate su via Tiburtina.

Non è ancora chiaro cosa succederà nei prossimi giorni e se i migranti sgomberati potranno fare ritorno nelle tende, oppure se e dove saranno trasferiti. Tanto più che questa mattina la polizia è intervenuta nuovamente, fermando altri transitanti e minacciando di denuncia alcuni volontari. Non è ancora chiaro, ma vorremmo saperlo. Vorremmo che la città solidale – fatta di migranti, attivisti, operatori sociali, volontari, progetti solidali, sportelli autogestiti, … – non fosse la stampella di un sistema di accoglienza al collasso e di un’Europa che alza muri. Vorremmo continuare a praticare dal basso la trasformazione di un sistema che viola la dignità e la libertà delle persone che sono e saranno in transito a Roma. Di sicuro, per il momento, dopo le operazioni che nei giorni scorsi hanno colpito transitanti e solidali a Ventimiglia (con deportazioni e fogli di via), la guerra contro le persone che praticano la libertà di movimento contro frontiere e leggi liberticide conosce oggi un nuovo capitolo.

Mentre migliaia di persone perdono la vita nel Mediterraneo, mentre gli hotspot producono centinaia di clandestini, intorno ai transitanti continua a giocarsi una partita importante per il governo italiano, che ha bisogno di dimostrarsi affidabile di fronte ai partner europei. In questa partita, non ci sono dubbi, bisogna schierarsi dalla parte di chi transita. Contro ogni frontiera e per la libertà di movimento.

Fonte:

VENTIMIGLIA, IL SINDACO ORDINA LO SGOMBERO DEI MIGRANTI

Sabato 28 Maggio 2016 13:25

Schermata 2016 05 28 alle 14.47.12

Sgombero imminente per i migranti in transito a Ventimiglia? Nella giornata di ieri è stato notificato un ultimatum alle persone bloccate nella cittadina ligure dalla polizia che impedisce loro di arrivare in Francia. L’ordinanza intima di lasciare l’accampamento di fortuna che si è creato qualche settimana fa sul fiume Roja.

Mentre centinaia di uomini, donne e bambini muoiono annegati alle porte dell’Europa, il sindaco Enrico Ioculano, giovane promessa del Partito democratico, continua la sua guerra ai migranti palesando una volta di più quali sono le priorità politiche delle amministrazioni di centro-sinistra. C’è poco da stupirsi, per rendersi conto del livello di questo piccolo uomo, Loculano era già saltato agli onori delle cronache qualche mesa fa per aver emanato un’ordinanza che vietava ai cittadini di Ventimiglia di offrire cibo ai migranti. Ordinanza ritirata pochi giorni fa grazie alla determinazione degli attivisti noborder che hanno continuato ad organizzare pubblicamente pasti di solidarietà con i tanti che chiedono semplicemente di poter lasciare l’Italia e proseguire il proprio viaggio.

Ieri le forze dell’ordine hanno quindi comunicato alle persone presenti all’accampamento di Via tenda di lasciare i propri ripari avanzando motivazioni di carattere igienico-sanitario descrivendo il campo come insalubre. Una scusa pretestuosa che fa ancora più rabbia visto che la situazione difficile del campo è stata scientemente voluta da un amministrazione che vuole creare “emergenza” per poi gridare al degrado e giustificare gli sgomberi. Già nei mesi scorsi a Ventimiglia è stato smantellato il campo della croce rossa rendendone di fatto impraticabile l’accesso senza dover lasciare le proprie impronte digitali, cosa che giustamente i migranti vogliono evitare perché ciò renderebbe loro ancora più difficile uscire dall’Italia. L’amministrazione comunale, dopo aver costretto i migranti in campi di fortuna, ha fatto inoltre di tutto per rendere la vita impossibile a solidali e volontari che provano ad organizzare con i migranti dei livelli minimi di servizi per garantire a chi è in transito una vita quotidiana decente. Una strategia infame, pensata per mettere contro residenti e migranti impedendo alle persone in transito di lavarsi, dormire e mangiare, creando “marginalità” e malessere per rendere Ventimiglia meno “attrattiva” per chi è in viaggio ignorando senza vergogna la geografia quanto la storia della città. Al di là della pagliacciata inscenata ieri da Ioculano, che si è dimesso dal PD per protesta contro l’operato del governo, lo spirito che anima il sindaco è lo stesso del piano Alfano. Annunciato il 7 maggio scorso dal ministro dell’interno, il piano prevede controlli capillari su treni e mezzi di trasporto con la ridicola pretesa d’impedire ai migranti di arrivare alla frontiera di Ventimiglia. Un’idea velleitaria che ha avuto come solo effetto quello di moltiplicare le torture della polizia italiana e francese sui migranti. Nei giorni scorsi le persone in transito hanno denunciato nell’indifferenza generale le minacce, le percosse, le pinze sui genitali per ottenere le impronte digitali e pochi giorni fa un ragazzo è rimasto quasi sordo per le botte ricevute dalle forze dell’ordine.
Aprire le frontiere e permettere a chi vuole di lasciare il nostro paese è la sola soluzione possibile, ma l’Italia continua ad essere schiva delle direttive UE accollandosi l’onere di fare il gendarme dell’Europa.

Ascolta l’aggiornamento registrato ieri con una compagna di No Border Ventimiglia

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/migranti/item/17146-ventimiglia-il-sindaco-ordina-lo-sgombero-dei-migranti