Grecia: due attivisti baschi disobbediscono ai controlli di frontiera. Arrestati

Mikel e Bego sono due attivisti baschi del collettivo “acogida solidaria/harrero solidario”. Nella notte tra il 27 e il 28 dicembre sono stati arrestati nel porto di Igoumenitsa, in Grecia. Erano diretti a Brindisi e all’interno del loro camper trasportavano otto rifugiati intrappolati nel paese ellenico da troppo tempo e stanchi di attendere una “ricollocazione” in un altro paese europeo che potrebbe non arrivare mai.

Prima di partire avevano annunciato in un video che il loro gesto non aveva alcun interesse economico e che si sarebbero assunti tutti i rischi e le responsabilità del caso. L’azione si inserisce in una più vasta campagna di disobbedienza contro le frontiere e per la libertà di movimento, organizzata nei Paesi Baschi e sostenuta da diversi collettivi. «Dichiariamo pubblicamente di aver trasportato illegalmente persone rifugiate e annunciamo di assumere le conseguenza di questa iniziativa a partire dalla non collaborazione con questa barbarie comparabile ad altri grandi stermini della storia», dichiarano i due attivisti in un video diffuso su twitter. E continuano: «Obbediamo ai diritti umani e disobbediamo apertamente ai governi europei che hanno convertito le frontiere in luoghi di morte, tensione e disumanizzazione per migliaia di persone». «Mentre i governi continuano a legalizzare i saccheggi e a violare i diritti umani […] abbiamo il diritto di disobbedire trasportando persone rifugiate e facendo dei Paesi Baschi una terra d’accoglienza».

La abogada de Bego y Mikelon aun no ha sido citada para la declaración. Eso significa que quedan varias horas. Iré informando de lo que sepa

El colectivo ACOGIDA SOLIDARIA/HARRERA SOLIDARIOA me ha enviado un vídeo en el que Mikel y Bego reivindican la acción de desobediencia civil pic.twitter.com/aUK7ckuMnq

Il giornalista Hibai Abide Aza, che seguiva da vicino l’azione, ha raccontato su pikaramagazine che tra i rifugiati nascosti nel camper c’era una ragazza afghana in cinta di sei mesi, una donna transessuale, vittima di ogni tipo di vessazioni durante il viaggio iniziato un anno fa in Pakistan, e alcuni giovani siriani, iracheni, afghani e iraniani. Sono solo alcuni degli oltre 60.000 rifugiati che, secondo le cifre ufficiali fornite dal governo, sono rimasti intrappolati in Grecia dopo la chiusura della rotta balcanica e vivono in condizioni terribili negli indegni campi profughi creati al di fuori delle città greche. In attesa di un trasferimento in un altro paese europeo che potrebbe non arrivare mai, data la lentezza e l’inefficacia del sistema di ricollocamento tra I paesi europei.

Secondo quanto riferiscono alcune fonti che si trovano sul posto, sei tra i rifugiati fermati sono stati rilasciati questa mattina. Altri due sono ancora nei locali della polizia greca perché non avevano documenti e sono stati costretti a presentare domanda d’asilo. I due attivisti, invece, sarebbero stati trasferiti in carcere. Nelle prossime ore saranno interrogati dal giudice, che probabilmente disporrà la custodia in carcere, visto che i due non sono greci ed esiste il rischio di fuga. Probabilmente, saranno accusati di traffico di esseri umani, un reato che comporta pene molto severe. Dopo l’arresto, Mikel e Bego hanno dichiarato: «Non abbiamo paura e siamo disposti ad assumerci le conseguenze di un atto che ci sembra assolutamente legittimo. Lo diremo anche al giudice».
Firma la petizione per chiedere la libertà dei due attivisti.

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/grecia-due-attivisti-baschi-disobbediscono-ai-controlli-di-frontiera-arrestati

 

 

 

20 Dicembre 1973: ETA giustizia Carrero Blanco

Martedì 20 Dicembre 2016 10:03


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Da diversi anni ormai, la dittatura fascista del generale Francisco Franco è scossa da un crescente malcontento sociale, che trova nelle mobilitazioni operaie la valvola di sfogo nei confronti di quello che è diventato il più longevo stato europeo guidato da un’esecutivo dichiaratamente reazionario e conservatore. La lettura di quegli anni, propagandata dal regime, parlava infatti di una crescente tolleranza nei confronti dei conflitti sociali, in un’ottica che aveva come obiettivo quello di smarcare il Governo spagnolo dal ricordo, ancora troppo vivo, degli orrori che i regimi nazionalsocialisti avevano perpetrato nella seconda Guerra Mondiale.

 

Al contrario però, mai come in quegli anni, Franco decide di attuare una feroce repressione contro tutti i suoi oppositori politici, concentrandosi con particolare accanimento nei confronti della popolazione basca in Euskal Herria. Dal 1961 fino alla morte del Caudillo, nel novembre del 1975, il Paese Basco viene sottoposto ben 9 volte allo stato di emergenza nel giro di neanche 13 anni, vivendo un totale di 4 anni e due mesi in condizioni di completa sospensione di ogni diritto civile fondamentale, con un potere di vita e di morte affidato alle Forze di Sicurezza dello Stato.

 

E’ in questo clima che Euskadi Ta Askatasuna, reduce dal grande processo di Burgos e dalle prime importanti vittorie ottenute sul campo politico e militare, decide di giustiziare il successore designato di Franco, l’ammiraglio Luis Carrero Blanco.

L’operazione, chiamata “Ogro” (“orco” in italiano”) come il soprannome del nuovo presidente spagnolo, dura quasi nove mesi e porta la firma del «Commando Txikia» di ETA.

 

I quattro giovani baschi ai quali è affidata l’azione cominciano a seguire le mosse dell’ammiraglio nell’aprile del ’73, dopo aver affittato un seminterrato al n. 104 di calle Coello a Madrid, dove fingono di svolgere il mestiere di scultori. In realtà, l’idea iniziale era quella di sequestrare Carrero Blanco per chiedere in cambio la liberazione di alcuni detenuti politici, ma quando a luglio l’ammiraglio era divenuto capo del governo la scorta era stata rafforzata ed il piano di sequestro abbandonato.

Poichè dalla sua abitazione di via Hermanos Becquer, l’almirante (come era anche chiamato Blanco) era solito seguire in automobile il medesimo tragitto fino alla chiesa di S. Francisco de Borja di calle de Serrano di fronte all’ambasciata americana, per poi ritornare seguendo sempre lo stesso transito, ETA decide che il modo migliore per uccidero è tramite un attentato dinamitardo.

 

Il lavoro si rivela però lento e dispendioso, dal momento che impegna contemporaneamente tutti i componenti della squadra nello scavo di una galleria di otto metri, dalla casa fino al centro della strada, con un prolungamento a T di tre metri. Mentre uno scava, l’altro passa la terra all’indietro al terzo che ne riempie i sacchi di plastica e il quarto accatasta i sacchi nel locale. Bisogna poi puntellare la galleria e preparare le cariche di dinamite, che sono tre, da quindici chili l’una, predisposte per l’esplosione simultanea con un filo elettrico. Un altro problema è quelllo di allontanare il più possibile l’interruttore che deve comandare l’esplosione stessa, per rendere possibile la fuga. Per questo venne previsto un filo che uscendo dalla finestra prosegua all’altezza del primo piano, fino all’incrocio con la calle Diego de Leon, a 50 metri circa.

 

L’operazione, prevista per il 19 dicembre, viene posticipata al giorno successivo. Poco prima dell’ora stabilita, uno degli “scultori” parcheggia, in seconda fila all’altezza della galleria, una “Morris” carica di dinamite, con il triplo scopo di rafforzare l’esplosione, obbligare l’automobile di Carrero Blanco a passare in mezzo alla strada e dare un punto di riferimento per un osservatore situato all’angolo Coello-Leon (il dispositivo detonatore, alimentato da tre batterie in serie, è sistemato dietro l’angolo e gli addetti, travestiti da operai dell’azienda elettrica, non possono vedere la via Coello). Quando la macchina dell’ammiraglio raggiunge la zona “ideale”, al segnale stabilito il contatto elettrico fa saltare in aria l’auto dell’ammiraglio.

L’automobile di Carrero Blanco vola per sei piani, oltrepassa il tetto di un palazzo e finisce su un balcone interno al terzo piano. Le guardie del corpo, scese malconce dall’automobile di scorta finita contro un muro, non si rendono conto dell’accaduto per molto tempo, mentre i quattro “etarras” hanno tutto il tempo per fuggire in tranquillità dalla capitale.

 

Nei giorni successivi, il Partito Comunista e vari esponenti dell’opposizione antifranchista e democratica, parlarono di provocazione, di possibile azione di “ultrà” fascisti, poi, di fronte alla circostanziata rivendicazione dell’attentato da parte di ETA, di atto irresponsabile che avrebbe fatto il gioco del regime. La realtà fu che tutto il popolo spagnolo, e non solo gli abitanti di Euskal Herria, furono ben felici della morte di colui che, a tutti gli effetti, si era dimostrato degno continuatore delle politiche del regime franchista.

Al governo subentrò Carlos Arias Navarro, estendendo a tutti i settori la sensazione che ci si trovasse di fronte all’imminenza di un passaggio di regime. In realtà apparve chiaro che il regime, per sopravvivere, doveva cambiare forma, mentre la sinistra patriottica basca intuì immediatamente che esso andava incontro ad una sorta di autoriforma verso una democrazia costituzionale “limitata”, evitando così la possibilità di una insurrezione armata popolare.

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/3549-20-dicembre-1973-eta-giustizia-carrero-blanco

Campagna contro la dispersione dei prigionieri e prigioniere politiche basche #dispersiOFF

baschi

La politica di dispersione é una politica di vendetta, umiliazione e logoramento dei prigionieri politici baschi e dei suoi familiari. La politica di dispersione é una politica speciale e discriminatoria applicata per i governi spagnoli e francesi da quasi tre decadi ai prigionieri e alle prigioniere politiche basche contro i principi del codice penale spagnolo “compimento della condanna dove il recluso tenga le sue radici sociali.
Le carceri spagnole sono distribuite per tutto il territorio nazionale e questo permette che i detenuti possano scontare la propria condanna nella istituzione più vicina al suo posto di origine e evitare così lo sradicamento familiare e sociale”. La politica di dispersione fu disegnata con l’obbiettivo di sradicare i e le prigioniere dal loro intorno sociale, affettivo e familiare, un altro obbiettivo é negare il suo diritto a partecipare alla vita politica del suo paese. 354 prigioniere e prigionieri baschi sono dispersi in 76 carceri degli stati spagnolo e francese, in più un prigioniero é detenuto in un carcere del Portogallo e una prigioniera in Svizzera.
La dispersione ha conseguenze chiare per i familiari e amici dei prigionieri e prigioniere politiche basche:
1. Il prezzo medio di una visita a Algeciras é di 185 euro per persona, alla prigione francese di Bapaume ( 1100 km) e di 325 euro. A tutto questo bisogna sommare i 200 euro mensili che abbisogna come minimo ogni prigionier@ detenuti in carceri spagnole per le spese basiche ( telefono, igiene personale…).
2. La dispersione e separazione dei prigionieri nei differenti moduli dello stesso carcere, porta ad avere differenti giorni e ore per le visite. Tutto questo rende difficile organizzare i viaggi ( condividendo macchina per esempio) per ridurre costi, fisici e economici.
3. L’affaticamento fisico che viene dal dover guidare senza riposo dopo una settimana di lavoro, fare il viaggio al carcere, fare il viaggio di ritorno e incominciare una nuova settimana di lavoro.
4. Il peso fisico e psichico che esigono questi viaggi con neonati e bambini e quello che significano questi viaggi per i piú piccoli come per le persone in avanzata età o con problemi di salute come ridotta mobilità.
5. Parliamo di situazioni che si prolungano durante anni e durante decadi e che difficilmente possono essere sostenute dalle condizioni di vita e economiche di un normale lavoratore.
6. Durante gli ultimi 3 anni sono successi 22 incidenti duranti i viaggi alle carceri che hanno coinvolto 86 familiari.
7. La politica di dispersione ha causato negli anni 17 vittime mortali. I valori di solidarietà della società basca e della solidarietà internazionale sempre sono serviti per alleggerire questo peso. La disponibilità a visitare prigionieri, i contributi economiche, autisti volontari per i nostri viaggi e altri gesti di appoggio e solidarietà hanno evitato che la nostra situazione possa arrivare a essere ancora più drammatica.
No alla dispersione! ¡Prigionier@ basch@ a Euskal Herria!
Fonte:

Manifestazione nazionale per la liberazione di Nekane Txapartegi

Giovedì 08 Settembre 2016 16:37

nekane

Sabato 24 SETTEMBRE a BERNA si terrà una grande manifestazione nazionale per la liberazione di Nekane Txapartegi, giornalista basca e militante della sinistra indipendentista, la quale è stata arrestata dalle autorità svizzere e incarcerata a Zurigo l’8 aprile 2016, a seguito di una domanda di estradizione depositata dallo Stato spagnolo.

Nel 1999, Nekane è stata arrestata e incarcerata una prima volta dalla Guardia Civil, corpo paramilitare della polizia spagnola, incaricato delle “operazioni antiterroriste”. Durante i primi giorni di detenzione, lei e un altro prigioniero sono state rinchiusi in isolamento (incomunicacion), pratica nella quale le detenute e i detenuti accusati di “terrorismo” scompaiono in un buco nero per giorni, senza poter aver contatti con l’esterno, neppure un avvocato, subendo un utilizzo quasi sistematico della tortura durante gli interrogatori. In quell’occasione Nekane è stata violentemente torturata dai militari spagnoli è ha subito uno stupro da parte dei suoi torturatori. Ciò che ha dovuto patire in carcere è stato denunciato poche settimane più tardi.
Dopo una rapida archiviazione della denuncia da parte delle autorità spagnole, gli avvocati di Nekane sono riusciti a fare riaprire la procedura qualche anno più tardi, prima che il caso fosse definitivamente insabbiato. Nonostante numerosi certificati medici che dimostrano che Nekane sia uscita dall’incomunicacion con numerosi ematomi su tutto il corpo e nonostante testimonianze di compagni di cella indicando che una volta giunta in carcere Nekane fosse in stato di shock e non riusciva né a camminare, né a muovere le mani, i magistrati spagnoli hanno rifiutato di identificare i suoi aguzzini. Solo uno di loro è stato finalmente sentito, per video conferenza e in forma anonima, senza però rispondere alle domande della difesa. Così come in decine di altri casi, che hanno portato alla condanna della Spagna da parte di organi internazionali, la denuncia è stata archiviata dalle autorità spagnole e i torturatori di Nekane sono rimasti impuniti.

Dopo nove mesi di detenzione preventiva, Nekane è stata rilasciata su cauzione e nel 2007 è fuggita dallo Stato spagnolo per evitare una nuova incarcerazione basata unicamente sulle testimonianze ottenuta sotto tortura. Infatti, durante il maxiprocesso contro numerose organizzazioni della sinistra indipendentista basca, denominato “Sumario 18/98”, è stata condannata a una pena di sei anni e nove mesi con l’accusa di appartenenza in prima istanza, e di collaborazione in appello, con un’ ”organizzazione terrorista” (ETA). Nel corso di questo processo Nekane ha nuovamente denunciato quanto ha dovuto subire in carcere nel 1999 (video) e, come massima ignominia, ha dovuto pure confrontarsi con uno dei suoi torturatori, intervenuto in tribunale in qualità di “esperto”. Le colpe principali che le sono state imputate sono quelle di aver partecipato a una riunione con degli attivisti indipendentisti baschi a Parigi e di aver consegnato due passaporti a dei membri di ETA.

Il Collettivo Scintilla organizzerà un trasporto collettivo dal Ticino per essere presenti in massa a questa manifestazione.
Chi volesse partecipare può scrivere un messaggio privato a questa pagina oppure a [email protected]Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

EVENTO FB: https://www.facebook.com/events/1845934795625795/

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/17565-manifestazione-nazionale-per-la-liberazione-di-nekane-txapartegi

Solidarietà con Nekane

Solidarietà con Nekane, gli aggiornamenti dalla Svizzera

02:18

Continua la pressione per impedire l’estradizione di Nekane Txapartegi, rifugiata basca in Svizzera su cui pende una richiesta da parte della magistratura spagnola.

Un membro del collegio difensivo di Nekane ci racconta gli ultimi aggiornamenti sulla sua vicenda, anche alla luce dell’annullamento, la settimana scorsa, da parte del tribunale supremo spagnolo, di una condanna inflitta ad un militante basco a causa di una denuncia di tortura non presa in considerazione da parte delle autorità.

Una decisione obbligata a causa dei numerosi pronunciamenti da parte di diversi organismi internazionali, a loro volta sollecitati dalle pressioni decennali di associazioni e collettivi che si battono contro l’uso della tortura nello Stato spagnolo.

Nel frattempo, proseguono le iniziative di solidarietà, che vedranno il loro apice in una manifestazione internazionale che si terrà a settembre a Berna.

Per notizie, aggiornamenti e per scrivere a Nekane:

 

https://twitter.com/freenekane https://www.facebook.com/freenekane/

 

Fonte:

http://www.ondarossa.info/newsredazione/solidariet-nekane-aggiornamenti-dalla-svizzera

 

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SOLIDARIETA’ A NEKANE!

  • maggio 10, 2016 23:33

Rueda de prensa ofrecida en Bilbo por representantes de Askatasuna, Gurasoak, Torturaren Aurkako Taldea (TAT) y ciudadanos vascos torturados por Ertzaintza, PolicÌa espaÒola y Guardia Civil en la que han denunciado los malos tratos recibidos por Ibon MeÒika tras su detenciÛn la pasada semana. En la imagen, Nekane Txapartegi (torturada y violada por la Guardia Civil).

Rueda de prensa ofrecida en Bilbo por representantes de Askatasuna, Gurasoak, Torturaren Aurkako Taldea (TAT) y ciudadanos vascos torturados por Ertzaintza, PolicÌa espaÒola y Guardia Civil en la que han denunciado los malos tratos recibidos por Ibon MeÒika tras su detenciÛn la pasada semana. En la imagen, Nekane Txapartegi (torturada y violada por la Guardia Civil).

L’infame repressione contro la dissidenza basca sta colpendo anche in Svizzera.
Solidarietà a Nekane e alle compagne e ai compagni che stanno seguendo il suo caso.
No all’estradizione!
Nekane libera!
Tutti libere!

ELKARTASUNA ETA ASKATASUNA
SOLIDARIETA’ E LIBERTA’

 

 

Fonte:

https://uncasobascoaroma.noblogs.org/post/2016/05/10/solidarieta-a-nekane/

 

Egurre Aingeru! Bentornato in libertà

  • febbraio 4, 2016 12:26

ongi etorri aingeruOggi dopo 5 mesi di detenzione Aingeru esce finalmente dal carcere,è di nuovo libero con i suoi compagni e la sua famiglia.
In questo blog e nelle iniziative abbiamo raccontato spesso la sua storia e quella di Piol, ancora detenuto, che poi è la stessa di centinaia di dissidenti baschi.

https://uncasobascoaroma.noblogs.org/post/2015/06/05/liberta-per-aingeru-e-piol/
http://uncasobascoaroma.noblogs.org/post/2014/11/03/3-novembre-con-aingeru-e-piol/
http://uncasobascoaroma.noblogs.org/post/2014/12/01/da-roma-a-euskal-herria-solidarieta-con-aingeru-e-piol/

Da Roma salutiamo il suo ritorno in libertà, augurandoci di incontrarlo presto nelle strade e nella lotta!

ONGI ETORRI AINGERU!

PIOL ASKATU!

TUTTI LIBERE!

AMNISTIA ETA ASKATASUNA!

 

 

Fonte:

https://uncasobascoaroma.noblogs.org/post/2016/02/04/egurre-aingeru-bentornato-in-liberta/

Askatasun haizea, vento di libertà: Karlos è libero

  • gennaio 25, 2016 14:44

kk

 

 

 

 

 

 

 

 

Karlos è stato assolto!
Karlos Garcia Preciado, il nostro compagno, condannato in spagna nel 2000 a 16 anni di carcere per il presunto danneggiamento di una banca, e costretto a lasciare il paese basco e a vivere in clandestinità in Italia, con un altro nome, fino a febbraio dello scorso anno quando l’interpol e la digos italiana l’ hanno arrestato.
Il tribunale supremo di madrid, nell’udienza del 21 gennaio ha finalmente deciso per l’assoluzione;
Non conosciamo ancora le motivazioni ma poco ci importano, l’abbiamo detto per mesi e Karlos l’ha gridato ancora più forte, era una sentenza assurda come le tante che nel sistema giuridico spagnolo perseguitano la popolazione di Euskal Herria. Giustamente, per questo e per la sua libertà Karlos si era sottratto all’arresto in Spagna dove avrebbe dovuto scontare anni di carcere senza nessuna ragione e fondamento.
Nelle prossime ore Karlos potrà finalmente uscire dal carcere di Rossano Calabro dove è recluso da più di due mesi, dopo 10 mesi in isolamento nel carcere di Rebibbia.
Siamo stupiti e increduli per l’esito di questa sentenza, che si conclude con un’inaspettata assoluzione, perchè nessuna fiducia abbiamo nei tribunali, né in quelli italiani, né in quelli spagnoli.
Ricordiamo che l’Italia a dicembre ha servilmente avallato le richieste del regno spagnolo, concedendo l’estradizione, e solo per la determinazione degli avvocati e dei compagni di Andoain, il paese di Karlos, questa storia è riuscita ad arrivare dopo tanti anni nell’aula del tribunale supremo di madrid, dove finalmente ha trovato la conclusione.
Nonostante questo non possiamo non pensare ai 14 anni di latitanza cui Karlos è stato costretto a vivere.
Non possiamo non pensare all’arresto nel febbraio del 2015, in presenza di suo figlio piccolo e a un anno intero di reclusione in italia, in isolamento a Roma e poi nel carcere di Rossano Calabro, lontano dalla sua famiglia e dai suoi amici.
Non possiamo non pensare alle centinaia di dissidenti baschi che ad oltre 4 anni dalla fine del conflitto armato continuano a scontare pene assurde nelle carceri spagnole e francesi con sentenze che li condannano per reati dimostrabili solo con prove costruite ad arte dai servizi spagnoli o con testimonianze estorte sotto tortura.

Vento in poppa per i fuggiaschi!
Tutti e tutte libere!
Presoak eta hieslariak kalera!
Amnistia eta Askatasuna!
Daje karlos ti aspettiamo a Roma..è tempo di festeggiare!

Fonte:

http://uncasobascoaroma.noblogs.org/post/2016/01/25/askatasun-haizea-vento-di-liberta-karlos-e-libero/

Per la cassazione Karlos deve essere estradato

  • novembre 25, 2015 23:10

Italia e Spagna due facce della stessa medaglia

E’ arrivata la sentenza di Cassazione del tribunale di Roma,
Karlos verrà estradato.
Non conosciamo ancora le motivazioni ma poco importa, ancora una volta lo stato italiano avallando le richieste dello stato spagnolo, diventa complice della repressione cieca con la quale il governo di Madrid continua a perseguitare la dissidenza Basca.

Karlos verrà portato in spagna dove, dopo aver scontato 8 mesi in isolamento a Rebibbia e quest’ultimo mese nel carcere di massima sicurezza di Rossano Calabro, lo attende una condanna a 16 anni di carcere.
Con la sua estradizione sara’ piu’ difficile per la moglie e il figlio raggiungerlo per le visite, ma siamo certi che si faranno forza e non saranno soli, perchè già molti compagni e compagne di Euskal Herria sono pronti ad accoglierli e ad accompagnarli in questo nuovo pezzo di viaggio…con Karlos, fino alla libertà!
Noi da qui continueremo a seguire la vicenda e fargli sentire forte la nostra solidarietà.

DAJE KARLOS, ANIMO!
ELKARTASUNA ETA ASKATASUNA!
AMNISTIA ORAIN!

 

Fonte:

http://uncasobascoaroma.noblogs.org/post/2015/11/25/per-la-cassazione-karlos-deve-essere-estradato/

Per saperne di più sulla storia di Carlos Garcia Preciado leggi qui:

http://uncasobascoaroma.noblogs.org/post/tag/carlos-garcia-preciado/

 

http://uncasobascoaroma.noblogs.org/files/2015/05/k.jpg

 

In ricordo di Saverio Saltarelli. 12 dicembre 1970.

Di Paola Staccioli:

 

Originario di Pescasseroli, Saverio Saltarelli era iscritto al terzo anno di giurisprudenza a Milano quando la sua vita fu fermata, a ventitré anni, da un candelotto lacrimogeno che lo colpì in pieno petto. Il 12 dicembre 1970 ricorreva il primo anniversario della strage di piazza Fontana, drammatico esordio di quel sanguinoso disegno, poi definito “strategia della tensione”, volto a bloccare la trasformazione sociale e politica del paese. Era inoltre in corso a Burgos un processo nel quale il regime franchista si apprestava a condannare a morte alcuni militanti di Eta, organizzazione armata basca di liberazione nazionale. Le forti mobilitazioni popolari interne e internazionali fermarono le esecuzioni.

 

Delle quattro manifestazioni in programma per quel pomeriggio a Milano, il questore Ferruccio Allitto Bonanno autorizzò solo quella promossa dall’Anpi e da altre forze della sinistra istituzionale contro il processo di Burgos, vietando il corteo dei circoli anarchici per ricordare l’uccisione di Pinelli e denunciare l’estraneità di Valpreda e compagni nella “strage di Stato”, così come il presidio del Movimento studentesco in piazza Fontana, indetto per impedire un’adunata, anch’essa vietata, annunciata da gruppi neofascisti. Al termine del comizio gli anarchici danno vita a un corteo che viene caricato alle spalle dalla polizia agli ordini del vicequestore Vittoria e sospinto verso l’Università Statale presidiata dal Movimento studentesco. Nel frattempo alcuni squadristi lanciano molotov contro la sede dell’associazione Italia-Cina e da piazza San Babila numerosi fascisti si muovono in direzione dell’Ateneo. Proseguono le cariche. Gli studenti difendono la loro postazione mentre la polizia cerca di rompere i cordoni di protezione. Durante gli scontri, un lacrimogeno sparato ad altezza d’uomo uccide Saverio Saltarelli, militante di Rivoluzione comunista, mentre il pubblicista Giuseppe Carpi riporta ferite da armi da fuoco.

 

Le prime versioni ufficiali parlarono di “malore” e poi di “collasso cardiocircolatorio”. Dopo l’autopsia, di fronte all’evidenza dei fatti, si ammise che il cuore di Saltarelli fu spaccato da un “artificio lacrimogeno”. Nonostante l’«ostruzionismo continuo e il sottile bizantinismo fondato su manipolazioni procedurali» da parte di organi giudiziari e di polizia, come si legge nell’ordinanza istruttoria, grazie all’impegno del movimento, insieme ad avvocati e giornalisti democratici, l’inchiesta si chiuse con l’emissione di sei avvisi di reato. Nel 1976 il capitano di ps Alberto Antonetto, comandante del reparto da cui partì il candelotto mortale, fu condannato per omicidio colposo a 9 mesi con la concessione delle attenuanti generiche, la sospensione condizionale e la non menzione. Il capitano dei carabinieri Antonio Chirivì (divenuto poi comandante dei Vigili Urbani di Milano dal 1997 al 2006) e un sottufficiale furono indiziati di reato per il ferimento del pubblicista.

 

 

 

 

Fonte:

https://www.facebook.com/notes/paola-staccioli/promemoria-in-ricordo-di-saverio-saltarelli-12-dicembre-1970/10151902189628264

 

 

La storia di Gonzales Sola Xabier in carcere in Italia in regime duro di isolamento totale

13 set 2014

solidarietà ai prigionieriIn Italia c’è un detenuto basco in regime duro di isolamento totale. Ristretto in una cella con un blindato rigorosamente chiuso nonostante le alte temperature del periodo estivo, con una finestra a bocca di lupo, ovvero con una lastra di metallo all’esterno da cui passa pochissima aria. Nessuna ora di socialità con gli altri detenuti. Gli viene concesso non più di mezz’ora al giorno per sgranchirsi le gambe, rigorosamente da solo, in un cortile angusto. Un trattamento disumano e degradante peggiore del carcere duro: il diritto alla socialità con gli altri detenuti viene concesso perfino ai detenuti del 41 Bis.

Parliamo di Gonzales Sola Xabier, nato a Bilbao nel 1974, attualmente detenuto nel carcere di Rebibbia in regime di alta sorveglianza. Gonzales viene tratto in arresto il 31 Luglio scorso a Roma, grazie al mandato internazionale emesso dall’autorità giudiziaria spagnola per aver violato la libertà vigilata. Viene dapprima rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, in condizioni di isolamento totale e senza il rispetto minimo dei suoi diritti. Alla richiesta di spiegazioni da parte dell’ avvocato difensore Caterina Calia, circa il protrarsi del regime di isolamento, il personale di polizia ha risposto che ciò è determinato dall’assenza della sezione di alta sicurezza (AS2).

La spiegazione è stata insoddisfacente perché ciò non giustifica il trattamento riservato. A seguito delle legittime rimostranze della difesa, il dipartimento amministrativo penitenziario ha disposto il trasferimento di Gonzales presso il carcere di Rebibbia dove è presente un circuito di alta sorveglianza. Il 3 settembre, appena giunto al nuovo istituto, gli viene assicurato che sarebbe stato ammesso alla socialità. Per questo gli viene chiesto di porre fine allo sciopero della fame che aveva intrapreso perchè erano venute meno le ragioni della protesta. Ma contrariamente a quanto gli hanno promesso verbalmente, la detenzione dura prosegue. Ma con più ferocia. Dal giorno del trasferimento, Gonzales è rimasto chiuso per ventiquattro ore al giorno: nemmeno più la mezz’ora d’aria al giorno che nel carcere precedente gli veniva concessa. Dopo quattro giorni di detenzione totale, a causa di fortissimi mal di testa presumibilmente dovuti dalla scarsa ossigenazione, ha chiesto di essere visitato dal medico. Ma le sue richieste sono state totalmente inascoltate.

Gonzales è accusato dalle autorità giudiziarie iberiche di appartenere ad un gruppo anarchico, con finalità sovversive, denominato “Collettivo Bandiera Nera”. Il “delitto” contestato è quello di appartenere ad un gruppo sovversivo e di fare apologia di reato perchè dedito all’incitamento per il “sovvertimento dell’ordine costituzionale”. Un po’ come accade con gli anarchici nostrani e i militanti no tav. Ma c’è una differenza sostanziale. In Spagna i magistrati hanno scarcerato d’ufficio Gonzales, insieme agli altri coimputati, dopo quattro mesi di detenzione e sottoposto gli stessi alla libertà vigilata. Da noi invece viene applicato il carcere duro preventivo per molto tempo.

L’avvocato Calia ritiene quindi paradossale che per le stesse ipotesi di reato la Spagna ha ritenuto sufficiente la misura non detentiva, mentre l’amministrazione penitenziaria disponga invece che la detenzione venga eseguita con la sospensione di tutte le regole di trattamento ordinario. Lo stato rinchiude facilmente in regime duro le persone che avrebbero incitato al sovvertimento dell’ordine costituzionale, ma nello stesso tempo, nelle patrie galere, lo stato stesso non rispetta con altrettanta facilità la costituzione. Ovvero la sovverte.

Damiano Aliprandi da Il garantista

 

Citato in http://www.osservatoriorepressione.info/?p=6700