Intervista a callme_effe_, drag performer “demoniaco”

(Immagine mia)

1)     Tu sei, da qualche tempo, un drag performer. Come sei arrivato a cimentarti in questa forma d’arte?

Un po’ per caso, un po’ per passione. Fin da quando ero bambino ho sempre fatto teatro, il primo ruolo a 6 anni, poi le esperienze nella scuola secondaria ed infine tanti anni di spettacolo trascorsi con una compagnia teatrale amatoriale fondata con alcune persone amiche (ahimè, ormai sciolta). Insomma, sono stato più su un palco che sul divano di casa. Per me fare teatro è da sempre stato un modo per esprimere il proprio sé tramite quell’armatura che è il personaggio. Nel 2020, subito dopo le prime riaperture post-pandemiche, mi sono avvicinato al mondo del clubbing queer: prima come fotografo, poi come presentatore/vocalist ed infine come performer. Il richiamo del palco cominciava ad essere molto forte. Quell’anno eravamo già alla dodicesima stagione di Drag Race, l’arte drag era diventata un fenomeno mainstream (con tutti i vantaggi e svantaggi che questo comporta) e allora mi sono detto: perchè non cimentarsi con questa particolare forma d’arte? Perché non creare un personaggio mio? Anziché continuare ad interpretare i personaggi creati da qualcun altro. Perché no? E da quel momento è cominciata la gestazione di Effe, il mio personaggio drag.

2)     Il tuo è un personaggio particolare. Ci racconti com’è nato e perché?

Effe non è il tipico personaggio drag con sembianze femminili, outfit coloratissimi, parrucche esagerate e accessori stravaganti. Effe è un demone agender uscito direttamente dall’inferno, il mio inferno personale. Insomma, non credo ci sia bisogno di dirlo, ma io ho visto tutti i film di Tim Burton e le serie di Ryan Murphy! E durante l’adolescenza ero anche un po’ emo! Come molte persone queer durante l’adolescenza ho capito di essere diverso. Vivevo nel mio paesino d’origine che non potrei definire diversamente se non democristiano, e non solo perché ha dato i natali a Giulio Andreotti, ma perchè lì vige la regola perentoria del “si fa, ma non si dice”. Il mio problema, però, era che io non ci facevo, io c’ero. Anche se all’epoca non avevo ancora fatto coming out, e non conoscevo neanche i termini adatti per descrivermi, sprizzavo ambiguità da tutti i pori dilatati per l’acne giovanile. Rispetto a molte persone queer che affermano di sentirsi “sbagliate”, io non ho mai faticato ad accettare la mia identità sessuale, però, mi sentivo “malvagio”. Si, malvagio, un misto tra il senso di colpa per essere diverso e la consapevolezza che la mia diversità avrebbe fatto soffrire le persone a me care. Con il coming out di fatto è andato così. Mi sentivo così intimamente malvagio che ogni tanto mi facevo il segno della croce giusto per essere sicuro di non essere posseduto dal diavolo. Questa percezione di me come creatura malvagia me la porto avanti da tutta la vita. Effe non è altro che una sintetizzazione di questi sentimenti. In pratica ho preso il demone che mi sentivo interiormente e l’ho portato all’esterno tramite il trucco e gli outfit di scena. Mi sono ribaltato come un piumino double face. Portare Effe al di fuori è stato un processo di catarsi, ho partorito e liberato l’idea che avevo di me. Stare a contatto e mostrare la mia interiorità (non interiora) mi aiuta ad esorcizzare la paura che ho di me stesso. Effe è il ritratto nascosto in soffitta dell’anima di Fabrizio. Tant’è che quando guardo le mie foto in drag mi riconosco tanto, se non di più, di quando guardo le foto di Fabrizio.

3)     Il tuo è un drag estetico, politico o entrambe le cose? Ti reputi un attivista?

Il drag è sempre politico, anche se non lo si fa intenzionalmente. Il drag è una performance di genere, si gioca con la propria identità e con i costrutti sociali relativi al genere (il sistema binario uomo/donna), quindi, che lo si voglia o no, il drag è intrinsecamente politico. Non credo sia un caso che i conservatori reazionari di tutto il mondo temono i performer drag come Superman teme la kryptonite rossa (vedi quello che sta accadendo in USA con le restrizioni contro gli spettacoli drag). Il drag rappresenta un elemento di rottura in quell’ordine artificioso che è il binarismo di genere. Per questo terrorizza tutte quelle persone reazionarie che, in nome di un fantomatico ordine, vorrebbero mantenere in vita artificiosamente quel costrutto sociale che è il binario uomo/donna, che per inciso ormai fa acqua da tutte le parti. Nel 2023 chi glielo va a spiegare ad una bambina che dovrebbe ambire a fare l’infermiera e non l’ingegnera? Questo è accanimento terapeutico. Io sono a favore dell’eutanasia, accompagniamo il binarismo di genere verso una morte dignitosa!

L’estetica infine è solo un mezzo con cui cerco di dare forma ai sentimenti e alle idee che mi frullano in testa, che per lo più riguardano i temi civili e sociali che mi stanno a cuore.

Io al massimo mi posso definire un divulgatore. Attivista è un termine che da qualche anno a questa parte mi imbarazza. Quando penso alle persone attiviste di una volta (oddio che frase da vecchio!) la mente va subito a persone come Marsha P. Johnson, Sylvia Rivera, Harvey Milk, Mario Mieli, Angelo Pezzana, Massimo Consoli, Mariasilvia Spolato, Porpora Marcasciano, Marco Bisceglia, Fernando Aiuti. Persone fortemente connesse con la loro comunità, che si prendevano cura di quest’ultima. Quando penso alle persone che fanno attivismo oggi mi viene da definirle piuttosto influencers. Persone totalmente concentrate su se stesse e i loro traumi, sulla polemica del giorno, i likes, e che tra un callout e l’altro cercano sempre di rifilarti il loro libro. La comunità non viene più vista come costituita da sorelle, fratelli e siblings, l’altrə è solo un nuovo potenziale follower. Intendiamoci, ciò non è colpa di chi fa l’influencer parlando di certe tematiche, dai movimenti del 60 in poi ci sono stati più di 60 anni di liberismo e l’avvento dei social che hanno esacerbato una certa tendenza occidentale all’individualismo. Per me le vere persone che fanno attivismo sono quelle che si ritrovano a fare volontariato nelle associazioni. Quelle che quando vengono invitate sul palco del Festival di Sanremo salgono con la tshirt della taglia sbagliata a fare da sfondo all’influencer milionaria Chiara Ferragni vestita haute couture.

4)     Nei tuoi spettacoli e negli eventi a cui partecipi sfoggi solitamente un look kink con abbigliamento in latex. E’ soprattutto un’esigenza di scena o anche un tuo fetish?

Come detto, il mio drag è molto intimo e personale. Io sono una persona kinky e questo non poteva che manifestarsi anche nel mio drag. Ciò mi ha creato anche qualche problemino con le serate queer, perché questo gigante oscuro (sono alto 187 centimetri senza scarpe) stonava in mezzo a quell’arcobaleno che sono gli spettacoli drag classici. In Italia sono uno dei pochi performer drag a lavorare nel clubbing fetish e BDSM e ad aver costruito e incentrato la propria estetica intorno al latex (rubber o lattice). Chi frequenta gli ambienti fetish sa che occorre seguire un codice, una giacca non è mai una semplice giacca, ma deve essere realizzata in un certo modo, con certi dettagli, certi colori, avere un certo taglio, etc. Io prendo questi elementi codificati e li abbino, rimescolo e decostruisco in funzione dello spettacolo o del messaggio che voglio portare sul palco. Includendo accessori e oggetti di scena tipici delle pratiche BDSM. Nel mio piccolo cerco di queerizzare i codici estetici del fetish.

Per il latex provo una sincera attrazione sensoriale. Non è moltissimo che ho scoperto questo materiale, ma me ne sono subito innamorato. Il mio primo approccio è stato durante un fashion show del brand Black Crystal Latex durante la premiere del Torture Garden 2022, in cui mi sono esibito. La prima volta che l’ho indossato sono stato colpito subito dal suo odore e dalla sensazione della pelle a contatto con questa membrana estremamente liscia. Quando indossi un abito in latex sei vestito e contemporaneamente nudo. Nonché, dalla sua lucidità. I capi che indossavo erano di un nero profondissimo e pur così luminoso. Lo trovo misterioso, oscuro, suadente e ovviamente sensuale, che poi è anche lo stile del mio personaggio.

5)     C’è qualcosa che vorresti aggiungere?

Comprate accessori fetish, è un regalo che vi fate e che donate agli altri. Divertitevi, esploratevi, decostruite le vostre convinzioni sul genere, cercate di essere persone libere per quanto possibile e per rimanere aggiornati sui prossimi eventi fetish e queer seguitemi sul mio canale Instagram: @callme_effe_

Intervista a Marco Bastian Stizioli su Infezioni Sessualmente Trasmissibili, Salute Sessuale e Prep

Foto mia scattata al Mattatoio di Roma durante la Mostra per i 40 anni del Circolo Mario Mieli

1)          Da qualche anno ti occupi di divulgazione sui social network dove parli specialmente circa i diritti sessuali, le IST e la PREP. Com’è nata quest’attività?

Ho sempre avuto difficoltà a trovare informazioni sulla salute sessuale, ma soprattutto non sapevo mai a chi rivolgermi. Pensando di non essere l’unicə ad

avere questa difficoltà, ho deciso di mettere a frutto le mie competenze digitali per condividere informazioni, scrivere la newsletter e fare le grafichette su

Instagram a tema prevenzione.

Immagino che dall’esterno la mia comunicazione online si possa definire

divulgazione. Preferisco però definirmi come operatore alla pari (o community- based come si dice in inglese). Non sono infatti un operatore sanitario che cala le informazioni dall’alto, ma un membro della comunità LGBTQIA+ che prova a

  • utilizzare i social per raggiungere e supportare la sua comunità dando informazioni su dove fare i test IST e su come proteggersi;

prima del test HIV o con Plus Roma e PrEP in Italia dove tra le tante cose ci occupiamo anche di fare ricerche sui centri PrEP, per mostrare alle

istituzioni quanto sono carenti i servizi sul territorio;

  • fare formazione per trovare insieme la risposta alla domanda “come prenderci cura della salute sessuale”.

2)          Cosa s’intende quando si parla di PREP? Quando e perché si usa? Va bene sia per le persone con il pene sia per quelle con la vagina? Ci sono differenze tra i sessi?

PrEP sta per Profilassi Pre Esposizione, un farmaco che protegge dall’HIV. Si

può usare sempre: sia se si hanno rapporti sessuali senza preservativo, sia se si vuole una protezione in più. L’unica differenza tra persona con pene e con

persone con vulva è nella modalità di assunzione.

Si assume infatti una compressa al giorno e dopo sette giorni sarai protettə dall’HIV.

Se hai un pene, puoi iniziarla anche con 2 compresse due ore prima di un rapporto sessuale e interromperla due giorni dopo l’ultimo rapporto sessuale.

Se hai una vulva, devi invece interromperla sette giorni dopo l’ultimo rapporto sessuale. Il farmaco ha infatti bisogno di tempo per essere efficace nei tessuti vaginali.

Il confronto con l’infettivologo può aiutare a capire quale è la modalità migliore per noi. Da poco la PrEP è diventata gratuita. Sul nostro sito puoi trovare i centri che la prescrivono.

All’interno del protocollo PrEP sono previsto inoltre controlli periodici per

infezioni come gonorrea, clamidia e sifilide così da prenderci cura della propria salute a 360 gradi.

Ricordo che la PrEP serve se facciamo sesso con persone delle quali non conosciamo lo stato sierologico (se vivono con HIV o meno).

Non abbiamo bisogno della PrEP se facciamo sesso con una persona che vive con HIV e segue la terapia. Grazie alla terapia infatti la carica virale del virus diventa non rilevabile e dunque non trasmissibile. In gergo si dice U=U, Undetectable = Untrasmittable (Non rilevabile = Non trasmissibile).

Non avrebbe senso usare la PrEP se già la terapia fa in modo che non ci trasmettano il virus.

3)          L’uso del preservativo è il solo modo efficace per contrastare la diffusione della maggior parte delle infezioni sessualmente trasmissibili (IST), quindi non solo dell’HIV? Vale solo per i rapporti penetrativi? Cosa fare se si rompe durante un rapporto? E come possiamo porci nei confronti del fenomeno del bareback (rapporti sessuali senza preservativo) in un modo non paternalista e moralista?

Il preservativo è sicuramente uno strumento super importante, ma ne esistono anche altre due:

  • testarsi periodicamente perché infezioni come clamidia, gonorrea e sifilide sono spesso asintomatiche e si trasmettono anche con il sesso          orale. Pochissime persone usano protezioni per il sesso orale, dai!
    • avvisare lə partner se si ha un’infezione in modo tale che si testino, inizino la terapia in caso di test positivo e fermino così la catena dei contagi.

Se il preservativo si rompe, entro 48 ore dobbiamo andare in un pronto soccorso di un ospedale che abbia un reparto di malattie infettive e chiedere

della PEP, la profilassi post esposizione: un farmaco d’emergenza che evita che HIV si replichi nell’organismo.

Per il bareback potremmo provare a porci queste domande:

  • c’è consenso quando le persone fanno bareback?
    • si sentono tranquillə e in pace con se stessə dopo averlo fatto?
    • si testano periodicamente e nel loro territorio ci sono centri dove possono accedere alla PrEP e/o a dei test IST?

Se a tutte le domande rispondiamo sì, direi che chi fa bareback è una persona responsabile che vive la sua sessualità come vuole.

Se invece ad alcune rispondiamo no, dobbiamo lavorare per far sì che ogni

persona faccia sesso quando e come vuole e creare una società non giudicante che offre servizi per la salute sessuale che siano accessibili a tuttə.

4)          Quali sono i posti dove testarsi e richiedere consulenza gratuita sulle IST e come funzionano?

Ho preparato una lista che trovi a questo link. In generale il test HIV è sempre gratuito e anonimo. Nei centri gestiti da associazioni viene offerta anche una consulenza per capire come proteggersi al meglio.

5)          Quali sono i vaccini finora esistenti contro le IST e per chi sono consigliati?

Mi autocito ché ho da poco dedicato una newsletter alle epatiti.

Il vaccino Epatite A è raccomandato a gruppi a rischio come: chi viaggia in zone dove è endemica; chi potrebbe esporsi al virus per motivi professionali;

persone che hanno determinate patologie; maschi che fanno sesso con maschi (MSM). Questo perché la trasmissione dell’epatite A avviene quando le feci

vengono a contatto con la bocca e nel rimming (sesso orale all’ano) e nel sesso anale posso rimanere invisibili tracce di feci. È chiaro che non solo gli MSM fanno queste pratiche, ma in alcuni casi la gestione della salute pubblica deve fare valutazioni di costi-efficacia e sensatezza degli interventi. Tuttə possono

leccare e fare sesso con l’ano, ma è innegabile che

  • il culo è più usato da noi MSM;
  • tra il 2016 e il 2017 in Europa c’è stata un’epidemia di Epatite A tra

MSM: questo anche perché è una comunità semi chiusa ed è difficile che il virus circoli al di fuori. In Italia nel 2022 il 42,9% degli uomini sessualmente attivi che ha contratto l’Epatite A ha riportato rapporti

MSM, come da dati SEIVA (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta).

Offrire gratuitamente questo vaccino a tutta la popolazione sessualmente

attiva credo sarebbe davvero una spesa inutile, anche a fronte del fatto che l’Epatite A ha un tasso di mortalità intorno allo 0,2%. A volte la cura è capire che certe persone e certe comunità sono più colpite di altre.

Il vaccino dell’epatite B è invece offerto gratuitamente a tutte le persone natə dal 1980.

Il vaccino per l’HPV è gratis per chiunque fino ai 18 anni, in alcune regioni per

le persone con utero fino ai 25, in altre anche per i MSM. Questo perché gli MSM    non facendo sesso con persone con utero non godono della protezione

indiretta che può avere un maschio etero. Su haiprenotatovero.it puoi scoprire se nella tua regione il vaccino HPV è gratuito.

Intervista a Luca Borromeo, escort di alto livello bisessuale

  • Luca Borromeo                   Tu ti definisci un escort di alto livello. Cosa intendi con ciò?
  •       Il discorso sull’alto livello potrebbe essere una locuzione che mi serve per specificare che svolgo quest’attività in modo professionale. Anche il mio nome d’arte è stato scelto guardando alle strategie di marketing. Cerco sempre di usare delle parole che facciano capire che mi pongo in maniera professionale e anche elegante. Poi quello che si fa privatamente non è detto che sia pure elegante.
  •        Cosa ti ha spinto ad intraprendere questa professione?

            Come ho dichiarato in altre interviste, a differenza di altre cose che nascono dalla necessità, ho cominciato a fare questo lavoro per gioco. Un mio amico mi ha fatto visitare un sito dove c’erano non solo donne ma anche uomini. Fino ad allora non sapevo che anche gli uomini potessero fare questo lavoro in modo professionale, pensavo fosse qualcosa di relegato solo a casi cinematografici come al film American gigolò con Richard Gere o a Ragazzi di vita di Pasolini. Avevo un’amicizia cameratesca con questo mio amico. Ci iscrivemmo a quel sito e cominciai come una sfida col mio amico a chi ricevesse più telefonate. Ma a differenza del mio amico che ricevette telefonate ma aveva paura di presentarsi agli appuntamenti, io decisi di andarci e trovai la cosa divertente. Le persone con cui mi incontravo pensavano che lo facessi da tanto tempo. Penso che non basti essere belli e discreti ma che bisogna avere anche un certo livello di disinibizione, per sentirsi a perfetto agio in intimità con sconosciuti. A proposito io penso di avere un dono, come una sorta di talento. All’inizio l’aspetto economico non era fondamentale ma poi è diventato un vero e proprio lavoro, anche ben remunerato, e continua ad esserlo, covid permettendo.

          Mi capita spesso che certuni mi chiamino per chiedermi consigli per fare questo lavoro solo perché rimasti disoccupati. In questi casi io cerco di far capire che questo non è un lavoro che si può improvvisare, per farlo bisogna essere convinti per non sentirsi a disagio e non far sentire a disagio le altre persone.

  • Che ruolo occupa il tuo orientamento sessuale nel tuo lavoro?

       Io faccio tesoro della mia bisessualità nel mio lavoro. Sono credente e penso di poter ringraziare Dio di essere bisessuale perché questo mi permette di fare il mio lavoro sia con uomini che con donne, sia passivamente che attivamente. Penso che se non fossi stato bisessuale e non avessi avuto la possibilità di mettere in atto diverse fantasie, sarei stato io stesso un cliente di lavoratori sessuali.

         Mi è capitato che mi abbia contattato un mio collega eterosessuale che fa questo lavoro non con piacere ma in attesa di essere selezionato per qualche casting di reality show. Io non considero un bene fare questo lavoro solo per soldi o in attesa di altro. A me piace il confronto, sono molto combattivo e non me ne faccio un problema se qualcuno mi insulta se scopre quello che faccio. Ma chi non è combattivo come me può sentirsi male se non fa questo lavoro andando fino in fondo. Poi a me non interessa che mi si giudichi perché vado sia con gli uomini che con le donne, non considero un problema avere una clientela variegata.

  • Da chi è costituita, nello specifico, la tua clientela?

      Uomini, donne. L’età varia da persone giovani a persone anziane. C’è chi mi chiama per avere una prima esperienza sessuale o chi, persone di 30, 40, 50 anni, mi chiamano perché vogliono avere la loro prima esperienza gay ma non vogliono viverla in altro modo perché sono sposati e non vogliono correre rischi di essere scoperti o ricattati se si fanno l’amante.

  • Quando accompagni persone legate sentimentalmente ad altri ciò avviene in segretezza o con il consenso dellu altrui partner?
  •       Può avvenire sia in segretezza sia con il consenso dei partner. Mi capita anche di essere contattato da coppie sposate, da coppie di amanti e anche da coppie separate che vogliono vivere in questo modo la trasgressione. C’è una coppia separata, per esempio, che mi viene spesso a trovare, in cui lui si eccita a guardarmi mentre ho rapporti sessuali con lei e partecipa solo passivamente. Ci sono coppie etero in cui la donna ha la fantasia di andare con due uomini e quindi si rivolge a me. Poi ci sono le persone gay latenti che hanno piacere di vedere me mentre scopo le loro donne perché in quel momento si sostituiscono mentalmente alla loro compagna e vivono l’appagamento gay in questa forma sublimata.  Io nel mio lavoro mi limito a fare quello che mi viene richiesto senza chiedermi il perché o se sia strano. Mi chiedo solo se sono in grado di soddisfare quella specifica fantasia che in quel momento mi viene richiesta, ovviamente nei limiti del codice penale.
  • Come escort maschio percepisci minore il rischio di slut-shaming rispetto alle colleghe donne?

       È interessante questa domanda. Di solito dagli uomini eterosessuali vengo visto come una specie di mito perché ho rapporti sessuali e ci guadagno. C’è una certa ammirazione da parte degli uomini. Da parte delle donne mi è capitato di essere visto come un uomo possente, non necessariamente dotato, interessante ma sentono di non poter accettare del tutto un uomo che fa questa professione, perché loro vedono sempre in prospettiva di una relazione. Lo slut-shaming l’ho subito da parte di alcuni gay. Paradossalmente i gay possono vedere l’uomo che fa l’escort solo come un marchettaro e provano un certo astio o competizione. Mi fa specie che a volte, non sempre ovviamente, proprio i gay abbiano questo tipo di atteggiamento con cui o ti considerano una feccia o ti mettono su un piedistallo. Poi ci sono alcuni gay che sono contro i bisessuali perché li considerano come dei gay latenti o persone in una situazione transitoria. Ma mi fa specie che questo tipo di considerazioni provengano più spesso da gay che dagli etero. Mi piacerebbe che, così come c’è stata l’emancipazione delle donne e il riconoscimento dei diritti civili, nel 21° secolo si instauri un certo livello di tolleranza da parte dei gay verso chi si dichiara bisessuale.

  • Pensi che ci sia bisogno di una legge per regolamentare e soprattutto tutelare i e le sex workers dimodoché il vostro sia riconosciuto a tutti gli effetti un lavoro come un altro?

       Sì, certo. Questa è una cosa che mi è stata chiesta tante volte e penso che sarebbe giusto che ci sia. C’è, per fare un esempio semplice, il problema fiscale. Io non posso con la mia partita iva dichiarare tutto quello che guadagno. Poi io spesso per lavoro devo viaggiare ma non posso dichiarare i miei viaggi per lavoro. Inoltre, essendo con il mio lavoro più esposto alle malattie veneree, se ci fosse una legge potrei avere delle tutele sanitarie anche in quel senso. Io non sono per la riapertura delle case chiuse. Si potrebbero creare delle agenzie. La mia vita sarebbe tutelata e la mia professione sarebbe riconosciuta a livello sociale, senza essere presa per un passatempo e senza passare come uno che si è montato la testa emulando modelli cinematografici. Credo che il mio sia un lavoro socialmente utile. Non sono io che vado a cercare i miei potenziali clienti, sono loro che mi cercano. Se c’è una domanda, una richiesta evidentemente c’è bisogno anche di una figura del genere. Una volta mi è capitata una persona che, avendo dei blocchi psicologici, dopo essere stata da un analista, questi le avrebbe suggerito di farsi aiutare anche da un professionista sessuale. Credo, pertanto, che il riconoscimento del mio lavoro debba essere un atto dovuto perché non è una cosa che mi sono inventato io.

 

 

Riflessioni sull’uso dei termini “eterofobia” e “cishet”.

(Immagine presa dal web)

Il 27 luglio prossimo approderà alla Camera il ddl Zan,  disegno di legge in materia di prevenzione e contrasto alle discriminazioni per orientamento sessuale, identità di genere e genere. Per saperne di più potete leggere il seguente articolo, in cui è anche contenuto il testo unificato del ddl:

http://www.gaynews.it/2020/06/30/ddl-omofobia-sblocca-stallo-zan-deposita-testo-unificato-commissione-giustizia/

Questa legge è sostenuta da una campagna nazionale dal titolo  Da’ voce al rispetto! alla quale tante associazioni e singoli (tra cui la sottoscritta) hanno aderito e continuano ad aderire. Trovate la campagna a questo link

https://www.davocealrispetto.it/

e potete seguirla anche sui social.

All’immediata depositazione del ddl, il leader della Lega, Matteo Salvini, ha commentato chiedendo che fosse presentata anche una legge contro l’eterofobia. Qui potete leggere le sue dichiarazioni:

https://www.lapresse.it/politica/salvini_ddl_omofobia_allora_presentiamo_anche_legge_contro_eterofobia-2749188/news/2020-07-01/
A quest’evidente provocazione, in tanti hanno risposto sul web in modo più o meno indignato e/o ironico. Fra tutti segnalo il video ironico contro l’eterofobia dell’attore Paolo Camilli che – a proposito di libertà d’espressione – è stato prontamente censurato da Facebook. Potete vederlo a questo link:

https://www.gaypost.it/video-eterofobia-paolo-camilli-facebook-oscurato

Ora, – al di là delle ovvie considerazioni sul perché non si possa pensare che una persona eterosessuale e/o cisgender sia picchiata o uccisa per strada; cacciata di casa; dal lavoro;  le venga negato l’affitto o una vacanza; sia condannata al carcere o alla pena di morte dal governo del proprio paese; le venga negato di sposarsi e avere figli;  subisca stupri correttivi o altri tipi di torture fisiche e/o psicologiche, ecc., a causa della propria eteronormatività  – ci sarebbe chi spingerebbe la questione su di un altro piano. C’è chi avanza l’ipotesi di possibili forme di razzismo al contrario e a tal proposito si avvale di un altro termine, stavolta usato all’interno della comunità Lgbtqia+: il termine cishet. Si tratta di un aggettivo che dovrebbe essere solo un’abbreviazione di cisgender ed eterosessuale ma assume una connotazione negativa qualora sia usato come sinonimo di persona di genere maschile, bianca, eterosessuale, cisgender e borghese. Chi sottolinea quest’accezione lo fa perché considera ciò una forma di razzismo.

Ora, pur provando a comprendere il ragionamento che sarebbe alla base di tale pensiero, non condivido il concetto di razzismo nel significato che si vorrebbe dare in questi casi.  Il termine “cishet”, nonostante possa, talvolta, assumere una connotazione negativa, non credo implichi una qualche forma di razzismo. Considerare qualcuno come privilegiato, anche se lo si fa sulla base di categorie che la persona privilegiata non può aver scelto, comporta un pregiudizio nei confronti di tale persona ma che non chiamerei razzismo. Il concetto di razzismo si basa su una presunta superiorità di un modo di essere su di un altro. Chi è razzista si considera superiore a chi è diverso e questa sua idea può assumere tante sfaccettature fino ad arrivare alla violenza estrema nei confronti del diverso causata da sentimenti di odio. Chi considera un altro come privilegiato rischia di attribuire all’altro delle colpe che potrebbe non avere, sulla base del pensiero pregiudizievole che chi nasce privilegiato possa approffittarsi sempre e in ogni modo del suo privilegio, lasciando indietro chi questo privilegio non c’e’ l’ha. Questo è un pregiudizio ma non credo possa essere considerato come una forma di razzismo al contrario. Chi sente questo pregiudizio non si considera superiore all’altro né prova odio nei suoi confronti, o almeno non una forma d’odio particolarmente violenta. Questo perché alla base di questo tipo di pregiudizio sta il fatto di vivere sulla propria pelle una serie sistematica di discriminazioni dovute ad una condizione di diversità rispetto ad una presunta normativita’. Tale pregiudizio non esisterebbe se, appunto, non ci fossero categorie sociali privilegiate e ogni tipo di condizione fosse considerata da tutti ugualmente dignitosa. Concludo, dunque, affermando che l’omolesbobitransfobia è una forma di razzismo e l’eterofobia, se e nella misura in cui esista, non lo è.

 

D. Q. 

What do you want to do ?

New mail

What do you want to do ?

New mail

What do you want to do ?

New mail

What do you want to do ?

New mail

17 maggio, giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia: la campagna di Arcigay Rete Donne Transfemminista

Dalla pagina Facebook di Arcigay Rete Donne Transfemminista:

Per celebrare il #17maggio abbiamo scelto storie d’odio per raccontare #omofobia#lesbofobia#transfobia#bifobia e #afobia esattamente nelle forme in cui le incontriamo, tutti i giorni, nella realtà. Le cinque storie sono tratte dalla cronaca degli ultimi 12 mesi, mostrano l’attitudine dell’odio a cambiare forma, sembianze, linguaggio, attori, occasioni. Ma sempre odio resta, anche quando chi lo pratica lo rivendica in nome di una fraintesa libertà, quasi fosse un diritto.

Nessuna descrizione della foto disponibile.

L'immagine può contenere: testo

L'immagine può contenere: testo

L'immagine può contenere: testo

Nessuna descrizione della foto disponibile.

 

https://www.facebook.com/retedonnetransfemminista/

What do you want to do ?

New mail

ASPETTANDO IL REGGIO CALABRIA PRIDE 2019

In attesa del Reggio Calabria Pride 2019 (https://www.facebook.com/events/364214037845974/), organizzato da Arcigay I Due Mari Reggio Calabria e Agedo Reggio Calabria (Associazione genitori di persone lgbt), potete trovare eventi, patrocini e informazioni sulla pagina Facebook ufficiale https://www.facebook.com/reggiocalabriapride/

L'immagine può contenere: 1 persona, con sorriso, testo

 

*

 

Riporto qui il manifesto politico del Reggio Calabria Pride presentato in conferenza stampa lo scorso 18 maggio. #WAITINGFORPRIDE 🏳️‍🌈 #27luglio

L'immagine può contenere: testo

L'immagine può contenere: 1 persona, testo

L'immagine può contenere: testo

L'immagine può contenere: testo

L'immagine può contenere: testo

L'immagine può contenere: testo

 

Fonte:

https://www.facebook.com/pg/reggiocalabriapride/photos/?tab=album&album_id=1735655643236014&__xts__%5B0%5D=68.ARBmYwMWUsMSpVrQlJOiJsqyffnVmRqtTioKbtkkqIWrN-9IrpfVnbLx17jaHENyIF_KJjh7UW0tzriecHQZB035uQQBmrrANF5o7dCe7EhOWrb_nzXN5JMEaDGCt-gTQBztBZpC7dMguq81TVi4ZsIFA_hf_uz4DIXkaIzYRiybkdj4zLhiz2CKe7bjiUW3s2TQmAEqGMbpao89RgM_kv5k4lW5ZjHq9TARnpZDauVp8IK8pkSrAVC0Atb6UEs_nWjhBMoPW3Mk4TZTwG8UED79A5eqFZkumrFA9aCP4mkqZVWSW1wJtPlWgyyxwu12CuvlQQ1hV9KR9LG91N-PZhKWosVb&__tn__=-UC-R

WORLD PRIDE 2019: I RAGAZZI DI 50 ANNI FA ALLO STONEWALL INN

 In RainbowStorie

La metro, a New York, è un delirio. Per capirsi: la stazione del Rockfeller Center sta proprio dentro il Rockfeller Center. Se hai culo, la trovi perché ci scendi. Poi devi pregare per riveder la luce del giorno, tra un exit messo lì, in mezzo a uno dei tanti corridoi tra le vetrine dei negozi ultra-chic. Ma riprenderla, al contrario, può essere davvero un’impresa, se non impossibile. Per questa ragione, l’altro giorno, abbiamo deciso di uscire sulla 5th Avenue e farci una bella passeggiata, fino allo Stonewall Inn, nel cuore del Greenwich Village.

ALLO STONEWALL INN, SULLE NOTE DI I WILL SURVIVE

Arrivati a destinazione, l’effetto è quello sperato. Tutte le persone che conosco e che sono già state qui mi hanno detto: «Non ti credere. È un bar piccolissimo». Un “nulla di che”, a vederlo così, decontestualizzando il tutto. Ma non è questa la “grandezza” che ci si aspetta da un posto simile. Lo Stonewall Inn sta di fronte una piazzetta. In questa, c’è una ringhiera, sormontata da centinaia di bandierine arcobaleno. Al suo interno, un parco molto piccolo, con delle panchine. Lì c’è il memoriale di Stonewall, diventato monumento nazionale. Dentro ci trovi delle statue: una coppia di maschi, in piedi, e una coppia di donne, sedute. C’è pure un pianoforte. A un certo punto, un ragazzo si siede e suona I will survive. E tutti e tutte, lì intorno, ci mettiamo a cantare. Ed è questo che rende grande quel luogo.

E A UN CERTO PUNTO, I RAGAZZI E LE RAGAZZE DI CINQUANT’ANNI FA

È un viavai di persone, lo Stonewall Inn. Un santuario arcobaleno vero e proprio, con la gente che fa la fila per fare una fotografia di fronte alla vetrina, in cui campeggia l’insegna del locale, a neon. Coppie di donne che si abbracciano, ragazzi che in gruppo si fotografano. A un certo punto, in mezzo a quella calca, un gruppo di persone anziane esce fuori. La gente si raduna in cerchio. Sono i “veterani”. Sono quei/lle giovani di cinquant’anni fa che si ribellarono alle disposizioni legali di allora, quando indossare più di due abiti non conformi al proprio genere comportava l’arresto e la galera. Dopo un iniziale moto di sorpresa, la folla realizza. E tutti e tutte battiamo le mani, nello stesso momento. Un lungo applauso, che è il suono stesso della gratitudine.

LE PAROLE DEL SINDACO DE BLASIO

Il numero 53 di Christopher Street a New York in questi giorni è stato un viavai di varia umanità. Ieri, nel giorno della commemorazione della rivolta, sul palco allestito in fondo alla piazzetta prospiciente al locale si sono alternati attivisti e attiviste, i veterani stessi, drag queen e anche personaggi della politica, nazionale e locale. Come Bill de Blasio, il sindaco della Grande Mela, che ha ricordato il dovere di proseguire quella lotta di liberazione, omaggiando Sylvia Rivera e Marsha P. Johnson. Con una ferma condanna al suprematismo bianco, che vuole riportarci indietro nella lotta per i diritti civili. Ci guardiamo, noi della delegazione italiana. Gli sguardi un po’ smarriti, un po’ divertiti allo stesso tempo: «Uguale a Virginia, proprio» si sente dire, da un punto imprecisato, in mezzo alla folla.

LA CHIAMATA ALL’ARCOBALENO E IL VALORE DEGLI ALLEATI

E sempre da quel palco gli attivisti e le attiviste che si sono avvicendati ci hanno ricordato, ancora e a chiare lettere, che chi vive la condizione di non aver avuto problemi col colore della sua pelle e con il suo orientamento sessuale, deve usare tale privilegio per rendere migliore la vita agli altri. Un richiamo a fare delle scelte precise, di fronte alle ingiustizie. Una chiamata all’arcobaleno, se preferiamo. Ad un certo punto, in quella piccola marea di orgoglio, ci fermiamo a parlare con una donna. Ha i capelli bianchi, è un’attivista. Lesbica e nera. Il suo nome è Mandy Carter: «Senza gli alleati» ci rivela «non saremmo andati da nessuna parte». Ed è lì, ci dice, perché si sente a casa. Perché sa che non può essere altrove.

LA GRANDEZZA DELLO STONEWALL INN

«Niente di che» mi hanno detto in molti e molte, quando hanno visto questo luogo. Senza alcun intento denigratorio, sia chiaro. Un modo per farmi capire che quel bar è piccolino, niente di ciclopico, in una città in cui i grattacieli incombono e il consumismo più sfrenato corrode le coscienze. Non posso fare a meno di ricordare i versi di Kavafis, in Itaca:

Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in cammino: che cos’altro ti aspetti?

La grandezza dello Stonewall Inn la puoi comprendere in questa prospettiva. Recandoti in quel luogo, pullulante di vita. E realizzando che, pur essendo un punto infinitamente piccolo in una città gigantesca, quel posto ti somiglia più di quanto saresti disposto ad ammettere. È piccolo, apparentemente insignificante. Eppure da lì tutto è partito. Un punto infinitamente piccolo, si diceva, che ha generato tutto ciò che è stato. Il nostro big bang. La vita che esplode, tutta insieme, e che crea il tempo a venire, mettendo in moto il circuito degli eventi.

Fonte:

LA MEGLIO GIOVENTU’ DELL’ANNO APPENA TRASCORSO

Antonio Megalizzi, Silvia Romano, Emma Gonzàles. E poi Paola Egonu, Linda Raimondo, Ana Isabel Montes Mier, Emma Gatti e Jaiteh Suruwa. Sono loro la meglio gioventù, sono loro le persone dell’anno.

  • ANTONIO MEGALIZZI Aveva 28 anni ed era a Strasburgo per seguire la seduta del Parlamento europeo per Europhonica, uno dei format di RadUni, che raggruppa le radio universitarie italiane. Amava il giornalismo e sognava un'Europa con «meno confini e più giustizia», come aveva scritto sulla sua pagina Facebook. È stato ucciso dall’attentato islamista dell’11 dicembre scorso.ANTONIO MEGALIZZI Aveva 28 anni ed era a Strasburgo per seguire la seduta del Parlamento europeo per Europhonica, uno dei format di RadUni, che raggruppa le radio universitarie italiane. Amava il giornalismo e sognava un’Europa con «meno confini e più giustizia», come aveva scritto sulla sua pagina Facebook. È stato ucciso nell’attentato islamista dell’11 dicembre scorso.
  • EMMA GONZÁLEZ Diciannove anni appena compiuti, sopravvissuta alla strage della sua scuola in Florida (17 morti) è diventata la capofila del movimento per il controllo delle armi e ha organizzato la “March for Our Lives” a WashingtonEMMA GONZÁLEZ Diciannove anni appena compiuti, sopravvissuta alla strage della sua scuola in Florida (17 morti) è diventata la capofila del movimento per il controllo delle armi e ha organizzato la “March for Our Lives” a Washington.

 

  • ANA ISABEL MONTES MIER Ha 31 anni, è spagnola ed è la capo missione della ong ProActiva sulla nave Open Arms. È indagata in Italia per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” per aver salvato naufraghi nel Mediterraneo.ANA ISABEL MONTES MIER Ha 31 anni, è spagnola ed è la capo missione della ong ProActiva sulla nave Open Arms. È indagata in Italia per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” per aver salvato naufraghi nel Mediterraneo.

  • EMMA GATTI Trentatré anni, di Opera (Milano), laurea alla Bicocca, master a Cambridge, è arrivata fino alla Nasa e al Caltech di Pasadena. Geochimica e vulcanologa, all’avanguardia nelle ricerche sul suolo di Marte.EMMA GATTI Trentatré anni, di Opera (Milano), laurea alla Bicocca, master a Cambridge, è arrivata fino alla Nasa e al Caltech di Pasadena. Geochimica e vulcanologa, all’avanguardia nelle ricerche sul suolo di Marte.

  • JAITEH SURUWA «Voglio fare cose buone». Così rispondeva agli operatori dello Sprar di Gioiosa Ionica quando gli chiedevano cosa volesse fare nella vita. È morto a 18 anni nel rogo della baraccopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria)JAITEH SURUWA «Voglio fare cose buone». Così rispondeva agli operatori dello Sprar di Gioiosa Ionica quando gli chiedevano cosa volesse fare nella vita. È morto a 18 anni nel rogo della baraccopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria)

  • LINDA RAIMONDO Ha 19 anni, vive in Val Susa e ha vinto il premio Space Exploration Master dell’Esa, l’agenzia spaziale europea. È stata chiamata in Alabama per contribuire alla ricerca sulle navicelle spaziali e si addestra da astronautaLINDA RAIMONDO Ha 19 anni, vive in Val Susa e ha vinto il premio Space Exploration Master dell’Esa, l’agenzia spaziale europea. È stata chiamata in Alabama per contribuire alla ricerca sulle navicelle spaziali e si addestra da astronauta.

 

PAOLA EGONU Veneta di Cittadella, 21 anni, stella della nazionale di volley, ha gestito con serena normalità ciò che serena normalità dovrebbe sempre essere: il colore della sua pelle 
e il suo orientamento sessuale.

PAOLA EGONU Veneta di Cittadella, 21 anni, stella della nazionale di volley, ha gestito con serena normalità ciò che serena normalità dovrebbe sempre essere: il colore della sua pelle e il suo orientamento sessuale.

{}

Fonte:

http://espresso.repubblica.it/foto/2018/12/26/galleria/i-ragazzi-e-le-ragazze-a-cui-dedicare-il-2018-1.329916#1

Leggi anche qui:

http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/12/26/news/antonio-e-i-suoi-fratelli-la-meglio-gioventu-1.329907?ref=HEF_RULLO

Pinterest
0
Email
Stampa

Argentina, libertà e assoluzione per Higui

ARGENTINA #LibertadYAbsolucionParaHigui
Oggi, 17 maggio, Giornata Nazionale di mobilitazione per la libertà immediata e per l’assoluzione di Eva Analia de Jesus, detta Higui,ingiustamente detenuta da sette mesi per essersi difesa dall’ attacco di una banda di dieci uomini che volevano infliggerle uno stupro correttivo perchè lesbica.

Aveva con sè un coltello, perchè minacciata più volte in altre occasioni e, mentre era a terra con dieci uomini che la picchiavano e la minacciavano di stupro, non ha esitato ad autodifendersi, ferendo a morte uno degli assalitori. Quando è arrivata la polizia Higui era ancora lì, sanguinante, ferita e con gli abiti strappati. Si è ritrovata in una cella, dove è agli arresti dall’ottobre 2016, accusata di omicidio. I suoi assalitori sono tutti a piede libero. Questa in breve la vicenda drammatica che sta mobilitando nel Paese numerose organizzazioni e associazioni femministe perchè Higui venga rilasciata e assolta per legittima difesa. A tutt’ oggi non è ancora stata definita la data del processo, sono stati negati gli arresti domiciliari e tutto il fascicolo che riguarda Higui è pieno di gravi irregolarità. Per tutte queste ragioni è stata indetta per oggi, giornata globale di lotta contro l’omolesbotransfobia, una mobilitazione nazionale per la libertà immediata di Higui.

In questi mesi la mobilitazione militante ha prodotto diversi video che raccontano la vicenda e la vita di Higui. La sua famiglia è molto attiva nell’ organizzare la mobilitazione per liberarla. Qui di seguito i link di video, articoli e la traduzione del comunicato del Coordinamento per la Libertà e l’Assoluzione di Higui postato dal collettivo Cagne Sciolte di Roma.
http://agenciapresentes.org/…/negaron-excarcelacion-a-higu…/
https://vimeo.com/216850987
https://www.facebook.com/notes/cagne-sciolte/siamo-tutt-per-limmediata-liberazione-e-assoluzione-per-higui/1552050808152903/

Nessun testo alternativo automatico disponibile.
L'immagine può contenere: 6 persone, persone che sorridono, folla e spazio all'aperto

23 gennaio #SVEGLIATITALIA: è ora di essere civili

svegliati

Non una ma tante piazze in tutta Italia per dare forza al traguardo dell’uguaglianza: in vista della discussione al Senato del ddl sulle unioni civili, le associazioni lgbt (Arcigay, ArciLesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno, Mit) mettono in campo per il prossimo 23 gennaio una mobilitazione capillare nelle principali piazze del Paese. #SVEGLIATITALIA è l’hashtag con cui si diffonde il tam tam per le manifestazioni che in tante città si stanno organizzando.

IMG PROFILOEcco l’elenco provvisorio delle piazze finora confermate.

PRESIDIO PERMANENTE AL SENATO:

Roma: Dal 28 gennaio alle 16:00 al 30 gennaio alle 14:00 piazza delle cinque lune

Schermata 2016-01-13 alle 00.40.27

Attraverso le manifestazioni viene rivolto il seguente  appello a Governo e Parlamento:

“L’Italia è uno dei pochi paesi europei che non prevede nessun riconoscimento giuridico per le coppie dello stesso sesso. Le persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali non godono delle stesse opportunità degli altri cittadini italiani pur pagando le tasse come tutti. Una discriminazione insopportabile, priva di giustificazioni.

Il desiderio di ogni genitore è che i propri figli possano crescere in un Paese in cui tutti abbiano gli stessi diritti e i medesimi doveri.

Chiediamo al Governo e al Parlamento di guardare in faccia la realtà, di legiferare al più presto per fare in modo che non ci siano più discriminazioni e di approvare leggi che riconoscano la piena dignità e i pieni diritti alle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, cittadini e cittadine di questo Paese.

La reciproca assistenza in caso di malattia, la possibilità di decidere per il partner in caso di ricovero o di intervento sanitario urgente, il diritto di ereditare i beni del partner, la possibilità di subentrare nei contratti, la reversibilità della pensione, la condivisione degli obblighi e dei diritti del nucleo familiare, il pieno riconoscimento dei diritti per i bambini figli di due mamme o di due papà, sono solo alcuni dei diritti attualmente negati.

Questioni semplici e pratiche che incidono sulla vita di milioni di persone.

Noi siamo sicuri di una cosa: gli italiani e le italiane vogliono l’uguaglianza di tutte e di tutti.”

Associazioni promotrici dell’appello: Arcigay, ArciLesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno, Mit.

Hanno aderito: Associazione radicale “Certi diritti”, CondividiLove, Circolo di Cultura omosessuale “Mario Mieli”, Gaynet, Anddos, Equality Italia, Edge, Polis Aperta, Uaar, Arci, Cild, Arciragazzi, ReteDem, Associazione Prometeo Onlus, Coordinamento nazionale Uil Diritti,  Udu, Rete Studenti Medi, Rete della Conoscenza, Link – Coordinamento universitari, LuccAut – Associazione di Promozione Sociale, Arciragazzi Campania,

Per comunicare adesioni all’appello o eventi in rete con la mobilitazione scrivere a [email protected]

Schermata 2016-01-13 alle 00.32.06

 

 

 

*

Qui l’evento di Reggio Calabria:
Fonte: