ANCHE L’AFRICA BRUCIA

Anche l’Africa è in fiamme (e brucia da metà luglio), ma nessuno ne parla

I focolai attivi nell’Africa Sub-sahariana al 25 agosto 2019. Foto Nasa

Brucia l’Amazzonia e lo sappiamo ormai tutti. Ma ciò che abbiamo ignorato fino a oggi è che anche l’Africa è in fiamme. E da più tempo. Congo e Angola, infatti, sono interessati da vasti incendi almeno da metà luglio. I peggiori incendi degli ultimi 15 anni, dicono gli esperti. Una catastrofe rimasta a lungo sotto traccia, a differenza di quella brasiliana, e che forse ora, spinta dai fuochi amazzonici, arriva al centro del dibattito politico. Questa animazione creata dalle foto satellitari della NASA evidenzia come il fumo sul continente africano sia visibile da molti giorni prima rispetto a quello prodotto dagli incendi in Amazzonia.  Una tragedia dimenticata, fino a oggi: “Seguiamo con molta attenzione quello che sta succedendo in Africa – ha detto al G7 il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, – e abbiamo avuto uno scambio con l’Unione africana e altri Paesi. La foresta brucia anche in Africa, in Congo. Stiamo esaminando la possibilità di lanciare un’iniziativa similare (a quella proposta per il Brasile, ndr) in Africa”.

Il fumo sul continente africano fotografato il 25 agosto 2019, Foto https://worldview.earthdata.nasa.gov/

Guarda l’animazione: gli incendi in America-latina e Africa a confronto

 

Tra Giovedì e venerdì scorsi, per esempio, l’Angola ha registrato 6902 incendi, la Repubblica Democratica del Congo 3395, mentre il Brasile “solo” 2127. Anche stando alle rilevazioni di Copernicus (il programma europeo di osservazione della Terra) attualmente è la regione centrafricana a registrare la maggior parte di incendi di biomasse nel mondo.

Gli incendi nell’Africa sub-sahariana rappresentano circa il 70% dell’area bruciata di tutto il mondo e la causa di questi incendi, come per l’Amazzonia, è riconducibile alle attività agricole e zootecniche, in particolare all’utilizzo della tecnica ‘taglia e brucia’ con gli agricoltori centrafricani che utilizzano il fuoco per ripulire vaste distese di foreste o savane, rigenerare pascoli e bruciare gli scarti delle terre coltivate per prepararsi alla prossima stagione.

 

Fonte:

https://it.businessinsider.com/anche-lafrica-e-in-fiamme-e-brucia-da-meta-luglio-ma-nessuno-ne-parla/?fbclid=IwAR1FxnFyLR5fw8JxKJkW4yt27qYFB5WMPPwu9GkkFfoE-WFNOUX__68zGNg

LA MEGLIO GIOVENTU’ DELL’ANNO APPENA TRASCORSO

Antonio Megalizzi, Silvia Romano, Emma Gonzàles. E poi Paola Egonu, Linda Raimondo, Ana Isabel Montes Mier, Emma Gatti e Jaiteh Suruwa. Sono loro la meglio gioventù, sono loro le persone dell’anno.

  • ANTONIO MEGALIZZI Aveva 28 anni ed era a Strasburgo per seguire la seduta del Parlamento europeo per Europhonica, uno dei format di RadUni, che raggruppa le radio universitarie italiane. Amava il giornalismo e sognava un'Europa con «meno confini e più giustizia», come aveva scritto sulla sua pagina Facebook. È stato ucciso dall’attentato islamista dell’11 dicembre scorso.ANTONIO MEGALIZZI Aveva 28 anni ed era a Strasburgo per seguire la seduta del Parlamento europeo per Europhonica, uno dei format di RadUni, che raggruppa le radio universitarie italiane. Amava il giornalismo e sognava un’Europa con «meno confini e più giustizia», come aveva scritto sulla sua pagina Facebook. È stato ucciso nell’attentato islamista dell’11 dicembre scorso.
  • EMMA GONZÁLEZ Diciannove anni appena compiuti, sopravvissuta alla strage della sua scuola in Florida (17 morti) è diventata la capofila del movimento per il controllo delle armi e ha organizzato la “March for Our Lives” a WashingtonEMMA GONZÁLEZ Diciannove anni appena compiuti, sopravvissuta alla strage della sua scuola in Florida (17 morti) è diventata la capofila del movimento per il controllo delle armi e ha organizzato la “March for Our Lives” a Washington.

 

  • ANA ISABEL MONTES MIER Ha 31 anni, è spagnola ed è la capo missione della ong ProActiva sulla nave Open Arms. È indagata in Italia per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” per aver salvato naufraghi nel Mediterraneo.ANA ISABEL MONTES MIER Ha 31 anni, è spagnola ed è la capo missione della ong ProActiva sulla nave Open Arms. È indagata in Italia per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” per aver salvato naufraghi nel Mediterraneo.

  • EMMA GATTI Trentatré anni, di Opera (Milano), laurea alla Bicocca, master a Cambridge, è arrivata fino alla Nasa e al Caltech di Pasadena. Geochimica e vulcanologa, all’avanguardia nelle ricerche sul suolo di Marte.EMMA GATTI Trentatré anni, di Opera (Milano), laurea alla Bicocca, master a Cambridge, è arrivata fino alla Nasa e al Caltech di Pasadena. Geochimica e vulcanologa, all’avanguardia nelle ricerche sul suolo di Marte.

  • JAITEH SURUWA «Voglio fare cose buone». Così rispondeva agli operatori dello Sprar di Gioiosa Ionica quando gli chiedevano cosa volesse fare nella vita. È morto a 18 anni nel rogo della baraccopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria)JAITEH SURUWA «Voglio fare cose buone». Così rispondeva agli operatori dello Sprar di Gioiosa Ionica quando gli chiedevano cosa volesse fare nella vita. È morto a 18 anni nel rogo della baraccopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria)

  • LINDA RAIMONDO Ha 19 anni, vive in Val Susa e ha vinto il premio Space Exploration Master dell’Esa, l’agenzia spaziale europea. È stata chiamata in Alabama per contribuire alla ricerca sulle navicelle spaziali e si addestra da astronautaLINDA RAIMONDO Ha 19 anni, vive in Val Susa e ha vinto il premio Space Exploration Master dell’Esa, l’agenzia spaziale europea. È stata chiamata in Alabama per contribuire alla ricerca sulle navicelle spaziali e si addestra da astronauta.

 

PAOLA EGONU Veneta di Cittadella, 21 anni, stella della nazionale di volley, ha gestito con serena normalità ciò che serena normalità dovrebbe sempre essere: il colore della sua pelle 
e il suo orientamento sessuale.

PAOLA EGONU Veneta di Cittadella, 21 anni, stella della nazionale di volley, ha gestito con serena normalità ciò che serena normalità dovrebbe sempre essere: il colore della sua pelle e il suo orientamento sessuale.

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Fonte:

http://espresso.repubblica.it/foto/2018/12/26/galleria/i-ragazzi-e-le-ragazze-a-cui-dedicare-il-2018-1.329916#1

Leggi anche qui:

http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/12/26/news/antonio-e-i-suoi-fratelli-la-meglio-gioventu-1.329907?ref=HEF_RULLO

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Altro aggiornamento sulla strage a Barcellona: il killer è stato ucciso. 15 i morti nell’attentato

Barcellona, il killer è stato ucciso. 15 i morti nell’attentato, tutti identificati

Alle indagini collabora uno dei terroristi fermati ad Alcanar

Il killer di Barcellona Younes Abouyaaqoub è stato abbattuto dalla polizia catalana a Subirats: dopo le indiscrezioni della tv pubblica Rtve, la conferma arriva dall’agenzia spagnola Efe che cita fonti dell’antiterrorismo. Younes Abouyaaqoub indossava una finta cintura esplosiva. Lo riferisce la Efe che cita fonti della polizia catalana.

Il ministero degli Interni catalano ha confermato che l’uomo abbattuto a Subirats è il ricercato Younes Abouyaaqoub, il killer che ha guidato il furgone della morte sulla Rambla, riferisce El Periodico online.

Il bilancio ufficiale delle vittime degli attentati jihadisti di Barcellona e Cambrils la settimana scorsa è di 15 morti. Lo ha detto il ministro degli Interni catalano, Joaquim Font. La polizia ha infatti stabilito che Pau Perez, il giovane trovato morto all’interno di un’auto che aveva forzato un posto di blocco sulla Meridiana poco dopo la strage della Rambla, è stato ucciso dal terrorista Younes Abouyaaqoub, in fuga dopo l’attentato. Tutte le 15 vittime degli attentati di Barcellona e Cambrils sono state identificate ufficialmente. Sono sette donne e otto uomini. Sei morti sono cittadini spagnoli, tre italiani, due portoghesi, uno belga, uno statunitense, uno canadese e uno con doppia nazionalità australiana e britannica, il piccolo Julian Cadman.

Sono state pubblicate stamane dai media spagnoli le prime immagini del terrorista marocchino Younes Abouyaaqoub in fuga dopo la strage sulla Rambla. El Pais online (LEGGI L’ARTICOLO)  pubblica tre foto del jihadista mentre si allontana dal luogo dell’attentato a piedi, con indosso gli occhiali da sole, attraverso il mercato de La Boqueria, vicino al punto dove il furgone della strage si è schiantato contro un’edicola dopo avere travolto la folla.

L’Audi A3 utilizzata per l’attacco terroristico a Cambrils era stata fotografata da un autovelox, nella regione parigina dell’Ile-de-France, circa una settimana prima degli attentati. Lo rende noto Le Parisien, sottolineando che “secondo fonti concordanti, al momento le indagini non hanno stabilito nessun legame operativo con la Francia”. “Potrebbe trattarsi di un semplice transito su un tragitto più lungo” scrive il quotidiano. L’informazione proviene dalla cooperazione tra forze dell’ordine organizzata “a livello europeo per identificare eventuali complici” afferma il giornale parigino. Bfmtv ha affermato che la macchina è immatricolata in Spagna e non risulta essere stata affittata o rubata.

Uno degli arrestati della cellula jihadista che ha colpito Barcellona sta collaborando con gli inquirenti fornendo nomi e movimenti del commando e sul ruolo chiave dell’imam Abdel Baki Essati. E’ quanto rivela stamane Repubblica. “L’uomo – scrive il quotidiano – si chiama Mohamed Houli Chemlal, ha 21 anni, è originario di Melilla ed è l’unico sopravvissuto all’esplosione del covo della cellula ad Alcanar”. Secondo quanto riferisce Repubblica, “solo Mohamed sapeva chi e quanti uomini fossero all’interno di quella casa al momento dell’esplosione. Solo lui era in grado di ricordare che fossero tre, oltre a lui. Al punto da indirizzare il lavoro della Scientifica tra cumuli di macerie e lamiere di bombole divelte (ne erano state ammassate 120) alla ricerca di ciò che restava di brandelli carbonizzati appartenenti, appunto, a tre corpi diversi. Di cui Mohamed ricorda bene l’identità, tanto da far dire ufficialmente alla Polizia catalana che già ora, nonostante non siano stati ancora completati gli esami del Dna, almeno due dei tre uomini attualmente ricercati, sono sicuramente ciò che resta dei resti umani trovati ad Alcanar”. “Per tre giorni – prosegue ancora il quotidiano che cita una qualificata fonte di Intelligence – la collaborazione di Chemlal è stato uno dei segreti meglio custoditi dall’indagine. Al punto che, per oltre 36 ore, nonostante figurasse tra gli arrestati, non era stata rivelata neppure la sua identità. Ora, quel segreto cade e, domani, martedì, comparirà a Madrid di fronte ai giudici istruttori antiterrorismo dell’Audienca Nacional assieme agli altri arrestati perché i suoi verbali di polizia entrino formalmente nel fascicolo dell’indagine sulla strage della Rambla”.

Sta per partire da Roma, dall’aeroporto di Pratica di Mare, l’aereo militare predisposto dall’Unità di Crisi della Farnesina che porterà in Italia le salme di due delle tre vittime italiane dell’attentato a Barcellona: Luca Russo e Bruno Gulotta. Lo si apprende da fonti della Farnesina. Le procedure di rientro, sottolineano le stesse fonti, hanno avuto un’accelerazione anche grazie alla missione del ministro degli Esteri Angelino Alfano ieri a Barcellona. Durante la missione, il ministro ha incontrato, oltre al suo omologo – il ministro spagnolo Dastis – le famiglie delle vittime e ha fatto visita alla connazionale ferita, Marta Scomazzon. Il Boeing dell’Aeronautica militare, secondo quanto si è appreso, dovrebbe decollare da Pratica di Mare poco dopo le 18.30 per rientrare a Roma, a Ciampino (e non a Pratica, come si era appreso in un primo momento) intorno alle 23.30. Poi le salme verranno trasferite al policlinico Gemelli per l’esame disposto dalla procura. Quindi nuovo trasferimento a Ciampino e partenza per Verona

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

 

Fonte:

http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2017/08/21/barcellona-e-braccato-in-tutta-europa-il-killer-autista-del-van_9d3d911f-83f6-4326-88e4-3ef00ad1abcc.html

L’eredità siriana di Alois Brunner, il nazista protetto da Damasco

  • 11 Gen 2017 17.08

Alois Brunner, senza data. - Afp
Alois Brunner, senza data. (Afp)

Alois Brunner, il criminale di guerra nazista più ricercato dal 1945, due volte condannato a morte in Francia negli anni cinquanta e giudicato responsabile dello sterminio di più di 135mila ebrei, è rimasto nazista fino alla fine ed è morto a Damasco nel dicembre 2001 a 89 anni. Lo racconta la rivista francese XXI in un’inchiesta esclusiva che esce l’11 gennaio 2017, e che sarà pubblicata anche da Internazionale il 13 gennaio e dalla rivista svizzera Reportagen.

L’inchiesta si basa sulle testimonianze esclusive di tre guardie del corpo addestrate nella scuola dei servizi segreti siriani e distaccate al settore 300 – quello incaricato del controspionaggio e della protezione di Brunner – e rivela il ruolo centrale svolto dall’ex nazista nel regime di Assad.

Il braccio destro di Adolf Eichmann, che alla fine degli anni cinquanta aveva messo la sua “esperienza” al servizio del clan Assad, è stato sepolto dal regime di Damasco di notte e in gran segreto al cimitero di Al Afif, nella capitale siriana, a meno di due chilometri dalla sede dove il nazista aveva vissuto le sue ultime ore. Il suo corpo è stato lavato secondo il rito musulmano. “Le strade erano state bloccate in modo che nessuno vedesse, solo otto persone avevano il diritto di assistere alla cerimonia”, racconta un ex agente dei servizi di sicurezza siriani. “È stato lui a formare tutti i responsabili del regime siriano”, confida una delle ex guardie del corpo di Brunner, citando i nomi dei direttori dei servizi di sicurezza siriani addestrati proprio da Brunner.

“Al suo arrivo in Siria è andato direttamente a incontrare Hafez al Assad presentandosi come intimo collaboratore di Hitler e da allora è stato scelto come uno dei suoi consiglieri”, afferma un’altra delle sue ex guardie del corpo. “Era stato mandato a Wadi Barada, che era una base dei servizi segreti, e lì ha addestrato tutti i responsabili”.

Queste testimonianze si trovano in un documento dei servizi segreti francesi pubblicati dalla rivista XXI. Il documento, che porta la data del 21 gennaio 1992 ed è stato trasmesso alla sezione ricerche della gendarmerie, afferma che “secondo un’informazione del febbraio 1988 Alois Brunner era all’epoca consigliere del governo siriano in materia di sicurezza”. Altri documenti dell’ufficio del procuratore di Francoforte, della Cia e del Bnd, i servizi segreti tedeschi, confermano che all’epoca queste informazioni erano conosciute da diversi stati.

Il patto formale dell’ex nazista con lo stato siriano risale al 1966, quando Hafez al Assad era arrivato al ministero della difesa in seguito a un colpo di stato militare. Con Brunner l’uomo forte della Siria aveva costruito un apparato repressivo di rara efficacia. E questo è il sistema che alla sua morte nel 2000 ha ereditato il figlio, l’attuale presidente siriano Bashar al Assad.

Il regime di Damasco ha sempre negato la presenza di Brunner in territorio siriano.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

 

 

Fonte:

http://www.internazionale.it/notizie/2017/01/11/siria-nazista-internazionale

Caso Adama: la periferia prende il centro della scena

Francia. Le realtà di quartiere della periferia parigina si connettono, la morte del ragazzo diventa un caso nazionale e poi internazionale arrivando a mobilitare le realtà del Black Lives Matter americano. Il tam tam sui social network aumenta e risponde colpo su colpo alle intimidazioni istituzionali verso la famiglia Traoré ed in particolare verso Youssuf e Bagui, fratelli di Adama, e verso Assa, la sorella che più di tutti è il volto mediatico di questa lotta.

Il caso Adama poteva restare una delle numerosissime morti impunite delle banlieue francesi.

Negli ultimi decenni, dicono alcune stime non ufficiali, circa una dozzina di persone all’anno sono morte nei commissariati della république, in stragrande maggioranza immigrati di terza o quarta generazione originari dell’ex impero coloniale francese.

Si tratta di tragedie «normali», conseguenza del regime d’eccezione permanente che vige nelle periferie.

Poteva restare un nome tra tanti, e invece giorno dopo giorno sempre più persone sanno chi è Adama Traoré.

Le realtà di quartiere della periferia parigina si connettono, la morte del ragazzo diventa un caso nazionale e poi internazionale arrivando a mobilitare le realtà del Black Lives Matter americano.
Il tam tam sui social network aumenta e risponde colpo su colpo alle intimidazioni istituzionali verso la famiglia Traoré ed in particolare verso Youssuf e Bagui, fratelli di Adama, e verso Assa, la sorella che più di tutti è il volto mediatico di questa lotta.

Con una voce ferma e decisa, Assa ripete costantemente la domanda di verità e giustizia. Non si rappresenta come una rivoluzionaria, ma esige che la storia della sua famiglia, del suo quartiere, di tutti i soggetti «razzializzati» delle periferie francesi, non sia la storia di cittadini di serie B.
Assa scoperchia su giornali e televisioni le contraddizioni della «patria dei diritti umani». Sfrutta lo stesso sistema mediatico da sempre complice del silenziamento e della marginalizzazione delle periferie, ma ne ribalta le logiche: replica punto su punto ai tentativi di criminalizzazione, racconta le difficoltà dei quartieri popolari e delle persone che ci vivono, chiede che sia fatta chiarezza.

Ed è forse attorno a questa domanda di verità e giustizia che si sta innescando nell’esagono una fondamentale alleanza: quella tra il centro delle metropoli e le periferie, tra la sinistra «storica» ed i soggetti periferici da sempre in lotta contro un sistema che li mette agli ultimi posti nella catena dello sfruttamento.

Dopo l’enorme movimento contro la riforma del lavoro che ha segnato la prima metà dell’anno, la Francia si avvia in una campagna elettorale all’insegna del conservatorismo, del razzismo e dell’islamofobia. La mobilitazione in campo potrebbe diventare anche una risposta a questa torsione, un punto di riconnessione per resistere alla progressiva deriva verso destra dell’asse politico.

 

Fonte:

http://ilmanifesto.info/caso-adama-la-periferia-prende-il-centro-della-scena/

 

Leggi anche qui:

adama

http://www.osservatoriorepressione.info/parigi-sosteniamo-la-famiglia-adama-traore-ucciso-dalla-polizia/

Campagna contro la dispersione dei prigionieri e prigioniere politiche basche #dispersiOFF

baschi

La politica di dispersione é una politica di vendetta, umiliazione e logoramento dei prigionieri politici baschi e dei suoi familiari. La politica di dispersione é una politica speciale e discriminatoria applicata per i governi spagnoli e francesi da quasi tre decadi ai prigionieri e alle prigioniere politiche basche contro i principi del codice penale spagnolo “compimento della condanna dove il recluso tenga le sue radici sociali.
Le carceri spagnole sono distribuite per tutto il territorio nazionale e questo permette che i detenuti possano scontare la propria condanna nella istituzione più vicina al suo posto di origine e evitare così lo sradicamento familiare e sociale”. La politica di dispersione fu disegnata con l’obbiettivo di sradicare i e le prigioniere dal loro intorno sociale, affettivo e familiare, un altro obbiettivo é negare il suo diritto a partecipare alla vita politica del suo paese. 354 prigioniere e prigionieri baschi sono dispersi in 76 carceri degli stati spagnolo e francese, in più un prigioniero é detenuto in un carcere del Portogallo e una prigioniera in Svizzera.
La dispersione ha conseguenze chiare per i familiari e amici dei prigionieri e prigioniere politiche basche:
1. Il prezzo medio di una visita a Algeciras é di 185 euro per persona, alla prigione francese di Bapaume ( 1100 km) e di 325 euro. A tutto questo bisogna sommare i 200 euro mensili che abbisogna come minimo ogni prigionier@ detenuti in carceri spagnole per le spese basiche ( telefono, igiene personale…).
2. La dispersione e separazione dei prigionieri nei differenti moduli dello stesso carcere, porta ad avere differenti giorni e ore per le visite. Tutto questo rende difficile organizzare i viaggi ( condividendo macchina per esempio) per ridurre costi, fisici e economici.
3. L’affaticamento fisico che viene dal dover guidare senza riposo dopo una settimana di lavoro, fare il viaggio al carcere, fare il viaggio di ritorno e incominciare una nuova settimana di lavoro.
4. Il peso fisico e psichico che esigono questi viaggi con neonati e bambini e quello che significano questi viaggi per i piú piccoli come per le persone in avanzata età o con problemi di salute come ridotta mobilità.
5. Parliamo di situazioni che si prolungano durante anni e durante decadi e che difficilmente possono essere sostenute dalle condizioni di vita e economiche di un normale lavoratore.
6. Durante gli ultimi 3 anni sono successi 22 incidenti duranti i viaggi alle carceri che hanno coinvolto 86 familiari.
7. La politica di dispersione ha causato negli anni 17 vittime mortali. I valori di solidarietà della società basca e della solidarietà internazionale sempre sono serviti per alleggerire questo peso. La disponibilità a visitare prigionieri, i contributi economiche, autisti volontari per i nostri viaggi e altri gesti di appoggio e solidarietà hanno evitato che la nostra situazione possa arrivare a essere ancora più drammatica.
No alla dispersione! ¡Prigionier@ basch@ a Euskal Herria!
Fonte:

Calais,migliaia di migranti iniziano ad essere deportati in una Europa avara di solidarietà

Lunedì 24 Ottobre 2016 14:50

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Si parla all’ attuale di 1051 migranti evacuati da Calais secondo la prefettura, a oltre 15 ore dall’ inizio delle operazioni di sgombero della Jungle, che procedono a rilento rispetto alle tempistiche dichiarate. Llo smantellamento e la demolizione delle strutture si affianca dunque lo spostamento forzato di migliaia di persone che lì ci hanno vissuto.

I media nostrani si stanno applicando a fare da sponda ai colleghi generalisti d’oltralpe, con l’ ANSA che ha definito “un inferno” la Jungle, luogo diventato patria quasi forzata per approssimativamente 10mila persone migranti.

Le resistenze all’ interno del campo sono state al momento neutralizzate dall’ ingente presenza di forze dell’ ordine armate, aggiuntesi a quelle già presenti nel circondario di Calais con l’ utilizzo di grossi bus a più piani.
Nel vortice della disputa francese e non solo, nell’ incalzare di una propaganda mediatica nazionalista senza esclusioni di colpi e con pochi riguardi di umanità per le migliaia di persone giunte dopo infiniti esodi rifuggendo povertà e situazioni a rischio per la propria esistenza, l’aria attorno alla Jungle si è fatta man mano pesante fino a diventare irrespirabile nelle ultime settimane.
Irrespirabile come i lacrimogeni lanciati ieri notte contro i migranti che si sono frapposti all’ inizio delle operazioni o come quelli destinati a chi si è ribellato al muro della vergogna voluto a Calais dal Governo Inglese.

Calais come simbolo della cristallizzazione dell’ innalzarsi di nuove barriere e della incapacità di forme di solidarietà efficaci a poterne contrastare il loro sorgere in un contesto globale che tra crisi in “occidente” da una parte, e focolai di guerre per le risorse strategiche dall’ altra, mette all’ ultimo posto la dignità degli uomini poveri e l’umanità nei loro confronti.

Ora ci si chiede di prestare attenzione acché i bambini sgomberati non finiscano nelle mani di trafficanti; pare che siano 1291 i minori non accompagnati che resteranno a Calais in attesa di una collocazione certa, il che la dice lunga sulla preparazione di questa operazione, portata a livello militare ma senza alcuna strategia pregressa effettivamente mirata di collocamento di persone, se non di un eventuale reinserimento in una società che in buona parte li sta ripudiando e in cui peraltro non vorrebbero stare. Citando una frase apparsa in queste ore sul web: “Radunati all’alba. Impacchettati e spediti altrove. Questa è l’idea di “accoglienza” della Fortezza Europa”.

 

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/migranti/item/17768-calaismigliaia-di-migranti-iniziano-ad-essere-deportati-in-una-europa-avara-di-solidariet%C3%A0

Migranti, quei muri costruiti dai paesi che hanno vissuto la tragedia del Muro

Migranti, quei muri costruiti dai paesi che hanno vissuto la tragedia del Muro
 
E’ paradossale che vengano eretti muri da quegli Stati che hanno vissuto la tragedia del muro, quello che ha separato il mondo in due. Il muro in Ungheria, quello in Macedonia fino all’ultimo, lungo un chilometro, che verrà eretto a Calais, in Francia, dal governo inglese per “frenare” tutti i rifugiati che “sognano” la Gran Bretagna.

Ma Calais richiama alla memoria immagini della seconda guerra mondiale: i tedeschi che entrano in Francia e le truppe fedeli al governo di Parigi che, proprio su quelle spiagge, battono in ritirata verso la Gran Bretagna che accoglie. Invece, oggi questa parola, “accoglienza”, pare aver poco significato nell’Europa che non ha memoria delle sue radici. Siamo un continente che si è rifondato sulle macerie del secondo conflitto mondiale le cui radici sono ben ferme sulle fosse comuni, i crateri dei bombardamenti e la promessa, fatta dai padri fondatori, che mai più una tragedia simile si sarebbe ripetuta.

Oggi il nazionalismo, quello che per legittimarsi usò la paura verso lo straniero, riaffiora e bussa alla porta dei nostri Paesi. I leader di questi movimenti sono forti dell’amnesia del passato che si fa largo fra la gente. Sarebbero perfino disposti a riscrivere la storia se servisse ai loro fini elettorali. Ci dicono di aver paura e solo questo sentimento ci può salvare dal futuro incerto. Il capro espiatorio di tutti i nostri problemi, come settantanni fa, è qualcuno che è considerato “altro”.

Cacciati loro, concludono, tutti i nostri problemi saranno risolti. E’ come se il nostro benessere fosse proporzionato alla nostra capacità di respingere gli altri: più rifugiati, disperati, riusciamo a respingere e più staremo bene.

 

 

Fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/08/migranti-quei-muri-costruiti-dai-paesi-che-hanno-vissuto-la-tragedia-del-muro/3019977/

Cosa sappiamo finora dell’attacco in una chiesa in Normandia

Un poliziotto davanti al comune di Saint-Etienne-du -Rouvray vicino Rouen in Normandia, il 26 luglio del 2016. - Pascal Rossignol, Reuters/Contrasto
Un poliziotto davanti al comune di Saint-Etienne-du -Rouvray vicino Rouen in Normandia, il 26 luglio del 2016. (Pascal Rossignol, Reuters/Contrasto)
  • 26 Lug 2016 14.05

Una chiesa a Saint Etienne du Rouvray, vicino a Rouen, in Normandia, è stata attaccata da due persone armate di coltelli che hanno preso in ostaggio il parroco e diversi fedeli. Quasi un’ora dopo, la polizia ha ucciso i due aggressori, che nel frattempo avevano ucciso uno degli ostaggi e ne avevano ferito gravemente un altro. Ecco cosa sappiamo finora.

  • I due aggressori hanno fatto irruzione nella chiesa con dei coltelli. Secondo France 3, “hanno preso in ostaggio il parroco, due suore e diversi fedeli”.
  • I due assalitori sono stati uccisi dalle forze speciali di Rouen, mentre stavano uscendo dalla chiesa.
  • L’ostaggio ucciso è Jacques Hamel, 84 anni, il prete ausiliario della parrocchia.
  • Un altro ostaggio è gravemente ferito.
  • La sezione antiterrorismo della procura di Parigi ha aperto un’inchiesta sull’accaduto, anche se non sono ancora chiare le motivazioni dell’attentato.
  • Il presidente François Hollande e il ministro dell’interno Bernard Cazeneuve si sono recati sul posto.
  • Il presidente Hollande ha detto che si tratta di un attacco terroristico e ha evocato “l’affiliazione al gruppo Stato islamico”.
  • Il gruppo Stato islamico ha rivendicato l’attacco attraverso il suo organo di propaganda, l’Amaq.

 

 

Fonte:

http://www.internazionale.it/notizie/2016/07/26/attacco-francia

Beaumont-sur-Oise: la polizia uccide, notte di rivolta

Mercoledì 20 Luglio 2016 11:02

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Un giovane di 24 anni, Adama, è morto nelle mani della polizia ieri nei pressi di Beaumont-sur-Oise, una cité dell’estrema periferia a Nord di Parigi. Secondo il racconto di chi ha assistito all’arresto, tra cui il fratello della vittima, il 24enne è stato inseguito e picchiato poi portato esanime dentro il commissariato. Qualche ora dopo la polizia ne ha annunciato la morte, ufficialmente per un problema cardiaco.
Una ricostruzione che non ha convinto nessuno e che suona come la solita presa in giro a chi sa benissimo cosa succede davvero nei commissariati di banlieu.
Da subito decine di giovani hanno iniziato a riunirsi davanti alla gendarmerie per protestare contro la brutalità della polizia. Nella notte si sono verificati incidenti nelle zone limitrofe con macchine date alle fiamme e barricate, l’arrivo della polizia, a piedi e in elicottero, è stato accolto con lanci di oggetti (e forse colpi di arma da fuoco). Le forze dell’ordine hanno reagito lanciando granate stordenti tra cui la tristemente nota LBD40 che ha causato la morte di Remi Fraisse nell’ottobre del 2014.
In Francia le violenze e il razzismo della polizia sono un’esperienza quotidiana per chiunque abiti nei quartieri, 103 persone sono state uccise dalle forze dell’ordine dal 2005 godendo, proprio come in Italia, di una totale impunità. Proprio nel 2005 la morte Syd e Bouna aveva scatenato una rivolta che si era propagata in tutte le banlieu della Francia in un’ esplosione di rabbia contro una giustizia schierata sempre dalla parte degli abusi in divisa.
Un’inchiesta è stata attivata dall’Ispezione della gendarmerie ma la tensione non sembra placarsi nei quartieri nord. Anche da questa sponda dell’atlantico la questione della violenza razzista della polizia torna di drammatica attualità grazie alla risposta di chi non lascia che tutto passi sotto silenzio. E stanotte è un’altra notte…

 

Fonte:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/prima-pagina/item/17400-beaumont-sur-oise-la-polizia-uccide-notte-di-rivolta