"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione." Articolo 21 della Costituzione Italiana. "Nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario." George Orwell – Blog antifascista e contro ogni forma di discriminazione.
All’alba del primo giorno del duemiladiciassette, Firenze si sveglia con la notizia di un ordigno che ha ferito, e gravemente, un poliziotto. Un servitore dello Stato. Ha perso una mano e un occhio, una vita mutata nel giro di qualche ora. L’ospedale. La disperazione. Il ministro. Il capo della Polizia. Lo Stato presente al fianco dei suoi uomini. E poi i gesti di solidarietà dei colleghi, la rabbia della famiglia. Tutti al posto giusto in una storia fin troppo ingiusta. Dove in mezzo passa anche la sfortuna di un destino crudele.
“Spero di tornare a fare il mio mestiere” ha detto l’agente al chirurgo che gli stava per amputare la mano. Ma guarda te, se per poco più di mille euro al mese, la notte di Capodanno, un uomo deve perdere una mano e un occhio, per colpa di una bomba messa per ragioni di lotta politica? E siamo nel 2016. Assurdità. Follie. Eppure quest’uomo è senza la mano sinistra e non si sa se ci vedrà mai più dall’occhio esploso con la bomba.
Non c’è ragione che sia accaduto questo, ma la vita purtroppo riserva situazioni incredibili e imprevedibili. Ed il sovrintendente Mario Vece lo sa. Come quando, in un attimo, ti ritrovi vittima dopo che sei stato carnefice. Povero Mario Vece. Eh sì, povero Mario Vece. Poveri, però, anche quei quattro ragazzi che nel 2001 finirono pestati sotto le sue mani e di quelle di suoi due colleghi.
Una storiaccia, brutta, brutta. Di quelle destinate ad essere dimenticate in fretta. Un battibecco all’entrata di una discoteca a Pistoia, poliziotti che intervengono e portano quattro ragazzi in questura. Lì vengono scambiati per cittadini albanesi e per questo motivo insultati e picchiati. Lo dicono anche i referti dell’ospedale dove ad uno dei quattro giovani verrà riscontrato il timpano sfondato, il setto nasale incrinato e un testicolo tumefatto. Per gli altri contusioni, trauma cranici e lesioni varie su più parti del corpo.
E all’epoca, per questi fatti, finirono agli arresti domiciliari l’ispettore Paolo Pieri, il vice sovrintendente Stefano Rufino e anche l’allora assistente Mario Vece, tutti accusati di lesioni gravi, falso e calunnie, perchè falsificarono anche i verbali. Una storia brutta poi finita con un patteggiamento a 14 mesi per Vece (condannati anche i colleghi), la sospensione dal servizio, il successivo trasferimento a Montecatini, poi a Pisa e infine a Firenze, come artificiere.
E per citare le parole di 16 anni fa dell’allora presidente della Regione Toscana Claudio Martini, “se tra i giovani che hanno subito quel pestaggio non ci fosse stato il figlio di un sottosegretario l’episodio non sarebbe mai venuto a galla”. Eh sì, perchè Vece e i suoi colleghi pestarono di botte il figlio dell’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vannino Chiti. Vece oltre a picchiare quei ragazzi era accusato, e ha patteggiato la pena, di aver falsificato i verbali di quella storia.
Oggi, è giusto provare compassione e anche commozione per questo poliziotto ferito. Sono sentimenti ed emozioni a cui la natura umana cede e di cui sente il bisogno, quasi come per sapersi persone migliori. Viviamo una società portata a giudicare tutto, che si esprime con un like, in maniera netta. Viviamo in una società capace di farsi incantare. Ma attenzione a celebrare nuovi eroi. Mario Vece non lo era e non lo è diventato dopo quella bomba. Oggi, è giusto celebrare il caro prezzo di quello che significa portare una divisa, ma può anche essere l’occasione per ricordare di non abusarne mai.
Blitz di Casapound contro un manipolo di disperati che occupavano una baracca nella zona Sud di Reggio. Ecco il coraggio del nuovo che avanza.
“Con un intrepido e italico atto di eroismo, sprezzo del pericolo e indomita fede nell’ideale, gli arditi reggini del movimento CasaPound hanno fatto piazza pulita della feccia straniera che ammorba il pacifico vivere dell’operoso quartiere del Gebbione”.
Forse s’immaginavano la voce nasale dello speaker dell’istituto Luce i militanti di CasaPound mentre allontanavano un manipolo di disperati dal fatiscente accampamento che avevano creato tra le palazzine popolari del Viale Aldo Moro.
Con un comunicato dai toni trionfalistici, ieri pomeriggio i post-trans-fascisti del movimento hanno annunciato la loro ultima impresa: la cacciata degli indiani dal Gebbione. Mancavano soltanto John Wayne e Tex Willer.
Le stesse fotografie postate a corredo della “velina” sottolineavano ua situazione di estremo squallore. Gli uomini, allontanati dalle baracche in cui si rifugiavano – resta da capire con quale autorità se non quella della forza maggiore – erano chiaramente dei disperati. Vivevano, com’è ovvio, in una situazione di illegalità che le autorità avrebbero dovuto evitare.
“La baracca è stata abbattuta e l’ordine (?) ristabilito”, recita ancora il comunicato che i nostri eroi hanno fatto pervenire a tutte le testate.
Ma le regole base del vivere civile, nonché i valori “tradizionali” cui il movimento dice di ispirarsi, imporrebero di dare aiuto agli ultimi, ai disperati e ai miseri, non di tartassarli.
A questo punto bisognerebbe rientrare nella testa dei militanti di CasaPound e, superata la incessante prosa aggettivata di Giulio Notari, comprendere cosa credono di aver risolto. Hanno posto fine a una situazione di degrado? No, hanno spostato il degrado: gli uomini che hanno respinto, cacciandoli dalla baracca che abitavano, andranno a costruirne un’altra, magari non troppo lontano. Hanno aiutato gli abitanti delle case popolari? No, hanno evitato loro un fastidio, forse, ma non li hanno aiutati ad avere quell’attenzione istituzionale che pur meriterebbero. Hanno spostato seppur di poco la realtà? No, se non quella del proprio mostro interiore che chiede di dominare sul più debole, invece di risollevarlo dalla polvere in cui si trova.
Fin qui niente di nuovo nella mentalità post-trans-fascista. Il vero problema è che, nel comunicare un abuso, trovano anche testate acriticamente (si spera) disposte a pubblicarlo, a narrare le gesta degli “arditi, mossi da indomito amor di patria”.
Non sono le guerre, le dittature, la povertà che uccidono, gli assassini sono sempre gli uomini e spesso decidono di farlo con diabolica premeditazione. Avrebbe dovuto compiere 11 anni la bambina siriana che, insieme alla sua famiglia qualche giorno fa, era partita dall’Egitto per arrivare in Italia. Il viaggio era costato 3000 euro a persona, pensavano di partire su una nave da crociera e invece si sono ritrovati su una barca come sempre inadatta a percorrere lunghi tratti di mare e ad ospitare così tante persone. Le persone che si ritrovano a partire in queste condizioni non possono più tornare indietro, hanno pagato, sono diventate automaticamente merce degli scafisti, sono in loro potere, se si ribellano rischiano di essere ammazzate. La bambina aveva con sé uno zainetto con i suoi farmaci perché era diabetica, gli scafisti, nonostante le proteste dei familiari della piccola, le avevano gettato lo zainetto in mare. Qualche ora dopo la partenza la bambina era entrata in coma ed è morta fra le braccia della madre. Non so che nome avesse quella bambina, forse non lo saprò mai, il suo corpo è stato abbandonato in mare dopo la benedizione dell’Imam richiesta dalla sua famiglia. E’ stata uccisa dagli scafisti che non hanno mostrato nessuna pietà verso di lei, verso la sua famiglia e verso tutta la disperata umanità che cerca salvezza, è stata uccisa come migliaia di altri uomini, donne e bambini che sperano che un viaggio dall’altra parte del mediterraneo possa dare loro un futuro migliore. Il dolore della perdita di un bambino sembra non scalfire i cuori induriti, se non congelati, dalla macchina dell’odio che la propaganda fascio-leghista da tempo ha messo in moto nel nostro paese. Si leggono commenti terrificanti su questa vicenda, gli stessi che leggiamo ogni qualvolta si parla di migranti. Questa bambina viene ripetutamente uccisa dagli italiani che pensano che sia un bene che una persona in meno metta piede nel nostro paese. Questa bambina viene ripetutamente uccisa da chi non crede che la sua, e le altre storie della disperazione di chi fugge, siano vere. Questa bambina viene ripetutamente uccisa da chi dice che se potevano pagare 3000 euro per un viaggio allora potevano starsene a casa loro, fra le bombe, la mancanza di beni di prima necessità, perché i soldi li avevano. Questa bambina viene ripetutamente uccisa a Roma da chi manifesta contro i migranti a fianco di CasaPound. Questa bambina viene ripetutamente uccisa dai fascisti, e da chi li applaude, che ieri a Treviso hanno impedito al personale di una cooperativa di fornire del cibo ai migranti. Stiamo diventando un paese senza cuore, le difficoltà in cui versano alcuni nostri concittadini vengono sfruttate dalla propaganda dell’odio che cela il malcostume nostrano. Il cancelliere tedesco Angela Merkel qualche giorno fa aveva detto ad una bambina palestinese che non possiamo accogliere tutti, ma cosa ha fatto l’Europa per rimuovere le cause che portano milioni di persone in fuga dai loro paesi? Come fa fronte il nostro continente a questa ondata di disperazione? Ci si barcamena sulle cifre di migranti da accogliere nei vari paesi mentre alcune nazioni come l’Ungheria erigono muri per contrastare l’arrivo degl’immigrati. Restare umani è un impegno sempre più difficile quando ogni giorno nelle nostre televisioni personaggi come Matteo Salvini alimentano l’odio per lo straniero, quando ogni giorno vengono condivise notizie false sui migranti dai siti spazzatura. Fra qualche giorno, forse solo fra qualche ora, nessuno ricorderà più la notizia della bambina siriana uccisa dagli scafisti, arriveranno nuovi migranti con le loro tragedie, altri non riusciranno ad arrivare, la pietà sarà un sentimento sempre più raro.19 luglio 2015
Il Forum neofascista svoltosi a San Pietroburgo sotto l’ala protettrice di una forza politica legata al Cremlino non ha ottenuto il successo sperato, ma rimane un fatto di grande gravità. Intanto in Italia anche Casa Pound gravita verso il fronte filorusso con il varo del nuovo soggetto politico Sovranità, una cui promotrice spiega come e perché fascismo e “antifascismo” non sono poi così lontani nel mondo russo.
Il 22 marzo a San Pietroburgo si è tenuto il Forum Internazionale Conservatore Russo. Si tratta di un evento che era già stato programmato per il mese di ottobre dell’anno scorso, ma era stato rinviato senza darne motivazione. Al di là del nome teso a dare l’immagine di un evento “ragionevole”, si è trattato di un evento che ha raccolto nella ex capitale russa un’accozzaglia di neonazisti, razzisti, omofobi e antisemiti provenienti da tutta Europa, e non solo. Obiettivo dichiarato dell’iniziativa
era quello di trovare in Europa degli alleati del regime di Mosca che “difendano i valori tradizionali, promuovano gli interessi della Russia e ottengano una revoca delle sanzioni”. Il Forum non è un evento isolato, e va messo in collegamento sia con precedenti analoghe iniziative, come per esempio le due “conferenze di Yalta” dell’estate scorsa tese a raccogliere intorno al Cremlino il neofascismo europeo insieme a militanti di sinistra disposti a un’alleanza “rosso-bruna”, sia con i sempre intensi rapporti tra le autorità di Mosca e l’estrema destra del continente. Un particolare poi da non trascurare è che l’evento è stato organizzato mentre in Russia fervono i preparativi per celebrare in grande stile il 70° anniversario della vittoria nella guerra contro i nazisti. Ma come vedremo più sotto, nel mondo politico russo la vittoria militare di Stalin contro la Germania e le simpatie per il neofascismo non sono assolutamente in contraddizione. Contro le iniziative hanno protestato alcune decine di attivisti di sinistra e del partito liberale Yabloko. Quando hanno cercato di entrare nella sala in cui si svolgeva il forum sono stati caricati dalla polizia, che ha fermato alcuni di loro.
Volantino dei neofascisti contro il Forum
Il Forum è stato organizzato dal partito di estrema destra russo Rodina, una forza che non è ancora entrata in parlamento, ma è comunque direttamente legata al Cremlino. Il suo fondatore, Aleksey Zhuravlev, è infatti allo stesso tempo un noto deputato del partito “presidenziale” Russia Unita, ed è tra l’altro “autore di un progetto di legge per togliere le facoltà genitoriali alle persone con un orientamento sessuale non tradizionale e sottrarre i figli ai migranti che non dimostrano di avere pagato le tasse”. Ma soprattutto attuale leader di Rodina è Dmitriy Rogozin, vicepremier russo responsabile del potente complesso militare-industriale. Al forum ha preso parte tutta una serie di forze ed esponenti del neofascismo europeo. C’erano il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore e, come conferma “Il Foglio”, anche Luca Bertoni dell’associazione Lombardia-Russa curata da Gianluca Savoini, braccio destro di Salvini. Bertoni era insieme alla sua fidanzata Irina Osipova, dell’associazione italo-russa Rim, che sta collaborando al lancio di Sovranità, la forza politica di cui è promotrice Casa Pound nell’ambito della sua alleanza con la Lega Nord (si vedano più sotto maggiori particolari). Tra l’altro, due giorni prima del congresso Salvini partecipava a Milano al convegno “Russia e Crimea, due grandi opportunità per le nostre imprese” organizzato da Lombardia-Russa. Secondo alcune fonti per l’Italia era presente anche Orazio Maria Gnerre, dell’organizzazione “rosso-bruna” Millenium. Tra gli altri ha preso parte al convegno anche Udo Voigt, eurodeputato del neofascista Partito Nazional-Democratico tedesco, nonché noto antisemita. C’erano poi due europarlamentari del partito neonazista greco Alba Dorata, Elefterios Sinadinos e Georgios Epitidios, entrambi ex militari. Per la Svezia c’era Stefan Jacobsen, del neonazista Partito degli Svedesi, per la Gran Bretagna Nick Griffin del National Party e per la Bulgaria il leader del partito razzista di estrema destra Ataka. Tra i presenti, il più corteggiato dai partecipanti al forum era Aleksej Milchakov, membro del gruppo neonazista Rusich e comandante delle forze speciali della Repubblica Popolare di Lugansk. Era stata annunciata la partecipazione al forum anche di Aleksandr Kofman, ministro degli esteri della Repubblica Popolare di Donetsk, che però non ha preso parte all’evento e avrebbe dichiarato in privato al giornalista Ilya Azar di non volere prendere parte a un forum zeppo di fascisti. Ci sembra una scusa che non regge, visto che per due settimane il suo nome è comparso insieme a quello degli altri neofascisti nell’elenco ufficiale degli invitati largamente ripreso dai media russi e il separatista non ha mai avuto da ridire. Inoltre, come ministro della RPD Kofman lavora quotidianamente a fianco di neofascisti ed estremisti di destra di ogni sorta. Alla fine del Forum è stato firmato un memorandum per la formazione di un consiglio di coordinazione delle “forze conservatrici”.
Roberto Fiore di Forza Nuova al Forum
Sono state comunque numerose le assenze, sia quelle dell’ultimo minuto che quelle già note prima dello svolgimento del Forum. Il fatto che non vi abbia preso parte alcun rappresentante del Front National francese non meraviglia più di tanto, viste le recenti polemiche sui finanziamenti russi al partito e la coincidenza con le importanti elezioni amministrative in Francia. Marine Le Pen continua a coltivare i rapporti amichevoli con il Cremlino, ma al di fuori di eventi poco presentabili come quello di San Pietroburgo. Meraviglia di più invece l’assenza di rappresentanti del partito neofascista ungherese Jobbik, che finora non aveva mancato nessun appuntamento dell’estrema destra promosso da soggetti russi. La Lega Nord, tra le più accese sostenitrici del regime di Putin e dei separatisti del Donbass a livello europeo, è stata presente in maniera solo non ufficiale e indiretta, come abbiamo visto sopra. Il Partito della Libertà Austriaco, anch’esso regolare partecipante alle iniziative dell’estrema destra europea sotto l’egida russa, ha prima confermato ufficialmente la propria partecipazione, poi all’ultimo ha cambiato idea. In compenso, è la prima volta che un partito rilevante e apertamente neonazista come Alba Dorata viene accolto ufficialmente in Russia, un salto di qualità non da poco. I due neonazisti greci però si sono limitati a parlare di economia in toni moderati, a quanto pare su preghiera degli organizzatori. Assenti invece per ovvi motivi i neofascisti ucraini, che dopo Maidan sono rimasti completamente isolati nell’ambito dell’estrema destra europea, fatta eccezione per i legami con alcuni gruppi marginali russi e finlandesi. Il Forum avrebbe dovuto essere inaugurato dal già menzionato leader di Rodina e deputato di Russia Unita Aleksej Zhuravlev, che però all’ultimo momento ha rinunciato “per impegni urgenti nel Donbass”. Come ha commentato Aleksandr Verchovskij, direttore del centro Sova, sulle pagine del quotidiano “Vedomosti”, “è dagli anni novanta che la Russia accoglie estremisti di destra, ma è la prima volta che si svolge una riunione alla quale prendono parte contemporaneamente tante organizzazioni neofasciste, e per di più organizzata da un partito come Rodina. […] Con Marine Le Pen tengono i rapporti persone che occupano posizioni più alte. I neofascisti sono di competenza di Aleksandr Dugin, ma ora a lui si è unito il partito Rodina che cerca di crearsi maggiori spazi”. Infine, il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, alla domanda di quale sia la posizione del presidente russo di fronte al fatto che nella sua città natale si è svolto un forum di neonazisti ha risposto con un secco “non commentiamo questi fatti”.
Vignetta degli antifascisti: “E non preoccupatevi se non riuscite a prendere Leningrado. Tra 70 anni saranno loro stessi a invitarci”
Alla fine si può senz’altro concludere che il Forum non è riuscito come era nelle speranze dei suoi organizzatori, e non si può che felicitarsene. Ma nonostante questo la sua gravità non va affatto sottovalutata. Il suo svolgimento senza alcun ostacolo da parte delle autorità (anzi, sotto l’egida di un partito cremliniano come Rodina), e oltretutto nella ex Leningrado alla vigilia dell’anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale, dice chiaramente che in Russia i neofascisti sono sempre di casa. Il parziale insuccesso non è da addebitarsi a una marcia indietro dei vertici politici russi nei rapporti finora molto intensi con l’estrema destra europea, né a un minore entusiasmo di quest’ultima per il regime di Putin, che rimane sempre la sua stella polare. Mosca continua infatti come prima a mantenere rapporti in altre sedi con il Front National e Jobbik, ora in più è uscita allo scoperto anche con una forza apertamente neonazista e di rilevante portata come Alba Dorata. Il Donbass da parte sua continua a pullulare di neofascisti e ultrareazionari al soldo di Mosca. Il Forum è stato solo il primo passo di Rodina, un partito per il quale molti prevedono un fortunato futuro politico, nella gestione russa dell’estrema destra europea: è normale che il successo non sia stato pieno. Inoltre, la destra radicale europea è comunque attraversata da tensioni interne che non sempre è facile appianare. Il motivo principale del parziale insuccesso è tuttavia a parere di chi scrive l’attuale situazione confusa a Mosca, dove dietro le quinte sono evidentemente in corso forti lotte intestine, di cui sono un sintomo il pantano nella politica relativa all’Ucraina orientale, l’omicidio di Nemtsov e la strana scomparsa di Putin per dieci giorni. E’ possibile che una delle fazioni in lotta abbia convinto svariati soggetti dell’estrema destra europea a non prendere parte al Forum allo scopo di fare uno sgambetto a Rodina, il cui leader Rogozin gestisce il complesso militare-industriale ed è quindi espressione diretta dei siloviki, cioè gli apparati militari e di sicurezza. Che questi ultimi, in una potenza nucleare come la Russia, prendano sotto la loro ala protettrice i neofascisti europei rimane comunque un fatto estremamente inquietante.
Alcune perle dal Forum
Riportiamo qui di seguito le dichiarazioni più folcloristiche pronunciate durante l’evento, tratte dalle fonti russe già citate sopra e da un articolo del sito “Snob”:
Yuriy Lyubomirskiy del partito Rodina apre il forum con parole tragiche: “Disgregazione culturale. Immigrazione incontrollata. Declino economico. Ecco cosa sta accadendo in Europa!”.
Interviene Roberto Fiore, di Forza Nuova: “Cosa è la libertà? Se per esempio in Italia pronunci una parola contro i gay, ti sbattono in prigione. Ti mettono in prigione anche se dici che la famiglia tradizionale è l’unica possibile! Io sono di Roma. Ma fin da bambino ho imparato che ci sono tre Rome. Una è quella in cui sono nato. L’altra è Costantinopoli, che ha lottato contro il mondo musulmano. E la terza è Mosca, la Russia. Il ruolo dei russi è particolare. La rinascita dell’Europa, un’Europa cristiana. Non sono io a dirlo, è Dio che lo dice. I liberali distruggono le nostre tradizioni. L’Islam distrugge la civiltà europea. Ci salvano i rapporti politici e spirituali tra la Russia e l’Europa. Oggi qui comincia una nuova rivoluzione”.
Chris Roman del centro “Euro-Russia”, afferma che nel suo paese, il Belgio, “chi si dichiara contrario all’omosessualità finisce in prigione” e, dopo avere ricoperto di lodi il regime di Putin condannando l’opposizione liberale, spiega che “Politkovskaja, Nemtsov e Berezovskij ora sono tutti all’inferno. La Russia non potrà mai essere più piccola, ma solo più grande. La Crimea è russa, l’Alaska è russa, solo il Kosovo è della Serbia”. Infine, dopo essersi pronunciato contro i matrimoni gay, annuncia che “in Occidente presto sarà possibile sposarsi con un cane o con un pinguino”.
Jared Taylor, razzista Usa, autore del libro “L’identità bianca”: “se nessuno si deciderà a bombardare il nostro paese, gli Stati Uniti insegneranno a tutto il mondo quanto è sano essere omosessuali”. Poi cita (del tutto opportunamente, bisogna ammetterlo) una frase di Churchill: “I fascisti del futuro si chiameranno antifascisti”.
Nick Griffin, del National Party britannico, evidentemente si è dimenticato di portare con sé gli occhiali: “se volete vedere dei nazisti andate a Washington e a Kiev!”
Olivier Wyssa, deputato regionale ed ex membro del Fronte Nazionale francese, fa ‘rivelazioni compromettenti’ sulla sua ex collega di partito: “La maggior parte degli amici di Le Pen sono omosessuali, molti sono anche giudeomassoni”
Aleksej Zhivov, del movimento di estrema destra “Lotta per il Donbass”, rivolgendosi ai colleghi neofascisti in platea esclama: “Siamo noi i veri antifascisti!”
Kontantin Krylov, direttore della rivista “Questioni del nazionalismo” afferma da parte sua impassibile: “Al Forum non prende parte nessun fascista. Non mi interessa dove si riuniscono. Di sicuro in qualche sporca cantina, cioè nel posto che si meritano”.
Jim Dowson, della “Lega per la vita” britannica, infiamma il pubblico mostrando sullo schermo una foto di Putin a petto nudo e spiegando che “Putin è un vero uomo, mentre Obama è una femminuccia”. Poi aggiunge: “Lenin è morto, Thatcher è morta, Buddha è morto, Maometto è morto, ma Cristo è vivo! Dio salverà la Russia! Dio salverà il popolo russo! Dio salverà Vladimir Putin!”.
Infine Udo Voigt, europarlamentare del Partito Nazional-Democratico tedesco, dice anche lui la sua sul tema più gettonato al Forum: “Al centro della nostra politica non ci sono certo i problemi dei froci e delle lesbiche. Al centro della nostra politica ci sono le nostre famiglie, i nostri figli”.
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Casa Pound si schiera con la Russia / Fascismo e “antifascismo” in salsa italo-russa
Un po’ in ritardo rispetto agli altri gruppi neofascisti italiani, ma anche Casa Pound alla fine si è schierata con la Russia e i separatisti del Donbass. L’organizzazione, che in passato aveva rapporti con l’estrema destra ucraina, dopo Maidan aveva assunto progressivamente un profilo sempre più defilato sulla questione, evitando di assumere una posizione. Nella primavera del 2014 un suo militante, Francesco Saverio Fontana, è entrato a fare parte come volontario del battaglione Azov, formato principalmente da neofascisti, ma la sua è stata evidentemente più che altro un’iniziativa individuale. Casa Pound si preparava infatti all’alleanza con la nuova Lega di Matteo Salvini e alla fine il 18 ottobre scorso ha partecipato alla manifestazione di Milano insieme al resto del popolo della “nuova destra radicale” sotto le bandiere della Repubblica Popolare di Donetsk, quelle russe e i ritratti di Putin. Oggi questa linea viene palesemente confermata. Casa Pound sta lanciando Sovranità, una forza politica organizzata e non più solo un soggetto “a rete”, destinata a rientrare sotto l’ombrello di Salvini. Nell’ambito delle iniziative il sostegno alla Russia di Putin (e indirettamente ai separatisti del Donbass) si sta profilando con chiarezza. Il promotore di Sovranità, Alberto Arrighi, si è premurato di sottolineare fin dall’inizio in un’intervista al Secolo d’Italia che “io non ho nulla a che spartire con chi vuole stare all’interno della Nato, dell’Ue, chi vuole privilegiare i rapporti con gli Usa rispetto a quelli con la Russia di Putin”.
Ma il segno più chiaro delle spostamento verso la Russia di Casa Pound è il coinvolgimento di Irina Osipova nel lancio di Sovranità, come è avvenuto per esempio il 15 marzo all’Aquila in una presentazione del nuovo progetto “a sostegno di Matteo Salvini” a fianco del vicepresidente di Casa Pound, Simone Di Stefano. Osipova è presidente dell’associazione dei giovani russi e italiani RIM e, come ha scritto Giovanni Savino su MicroMega, “si è attivata molto nel corso dell’ultimo anno, a partire dagli eventi del Maidan, e ha stretto contatti con gli ambienti della destra italiana, organizzando un convegno al Campidoglio l’11 luglio con esponenti di Fratelli d’Italia, Forza Italia e altre associazioni, il viaggio di Lombardia-Russia a Mosca a fine settembre e la spedizione di Salvini nella capitale russa e in Crimea. Osipova è stata presente come traduttrice alla trasmissione del popolare conduttore Pyotr Tolstoy e alla conferenza di Salvini all’agenzia di stampa Itar-Tass. La presidentessa di RIM è stata presente anche a una conferenza promossa dal Fronte Europeo per la Siria (cartello che raggruppa diverse organizzazioni di estrema destra) e ospitata da l’atelier ‘L’Universale’ a Roma il 3 luglio”. Osipova è molto attiva anche nel sostegno ai separatisti delle “repubbliche popolari” del Donbass, come testimonia tra le altre cose il fatto che si sia fatta promotrice della manifestazione del 28 febbraio scorso a Roma a loro supporto e contro le sanzioni che colpiscono la Russia, insieme alla leghista Lombardia Russa e sotto lo slogan “Noi con Salvini”. Irina Osipova inoltre aveva ospitato nel sito della sua associazione una sua intervista ad Andrea Palmeri, il militante di Forza Nuova che milita come volontario nelle fila dei separatisti del Donbass. E così, tra Lega Nord, Fratelli d’Italia, Casa Pound e Forza Nuova il cerchio si chiude. (Segnalo a chi è interessato un buon articolo aggiornato sul “fascioleghismo”).
Osipova in un suo post su Facebook ci aiuta a suo modo a comprendere meglio le apparenti contraddizioni a cui assistiamo da tempo nel “mondo russo” riguardo al tema fascismo/antifascismo. Dalla primavera scorsa infatti nel Donbass si può assistere allo spettacolo di una banda di incalliti neofascisti che si presenta al pubblico affermando di lottare contro il fascismo (che naturalmente è sempre e solo quello di Kiev) e dicendosi portatrice della tradizione della vittoria contro il nazismo (ma solo nei termini della vittoria militare dell’amato Stalin contro i tedeschi “bravi fino al 1939, ma che poi hanno sbagliato attaccando la Russia”). E come abbiamo visto sopra, una banda di noti neonazisti si riunisce a San Pietroburgo affermando di non avere nulla a che fare con il fascismo, anzi, definendosi addirittura “i veri antifascisti”, ricordando però sardonicamente come a suo tempo Churchill avesse detto che i fascisti del futuro si sarebbero presentati come antifascisti. A completare il quadro, nel Donbass un comandante ultrareazionario e promotore di idee fasciste come Mozgovoy riesce nel giro di poco tempo a farsi ritrarre abbracciato con una nota neonazista di San Pietroburgo e ad annunciare la formazione sotto il suo comando di un reparto “comunista” http://colonelcassad.livejournal.com/2098864.html (in realtà un reparto che di comunista non ha nulla se non la bandiera sovietica, che rientra nell’armamentario di molti rosso-bruni russi, per i quali significa solo oppressione nazionale contro gli ucraini). Osipova scrive a proposito della Russia durante la seconda mondiale che “l’antifascismo era di fatto diventato simbolicamente un raggruppamento del popolo che ha impugnato le armi per proteggersi dallo straniero. Paradossalmente, un concetto analogo a ciò che il Fascismo ha tentato di realizzare in Italia”. Poi spiega che in Russia “esser antifascista significa difendere la Patria dallo straniero che vuole corromperla (anche attraverso l’influenza culturale, come l’imposizione al resto del mondo dell’ideologia LGBT), e preservarla dalla distruzione della società, tutelando la sovranità nazionale”, cioè un antifascismo che non ha nulla a che vedere con una lotta contro il fascismo e la sua ideologia, di cui accoglie invece i postulati principali. Osipova critica anche l’incoerenza degli “antifascisti” italiani che sostengono i separatisti, quando parla della “strumentalizzazione antifascista italiana, che si intende sostenere l’antifascismo nel Donbass, ma chiudendo gli occhi sulle evidentissime differenze ideologiche, non condividendo i concetti di base delle repubbliche di Donetsk e Lugansk assecondando davanti al proprio antifascismo l’attaccamento dei filo-russi alla figura di Putin e ai concetti come ‘Patria, famiglia naturale, tradizione, ordine, sovranità nazionale, legislazione sociale’” – frase scritta in maniera sgrammaticata, ma chiara nei suoi contenuti: la sinistra italiana che sostiene i separatisti chiude sistematicamente gli occhi sulla natura ultrareazionaria (e secondo noi neofascista) delle “repubbliche popolari”. E su questo non si può che dare ragione a Osipova.
Trentamila in piazza dietro lo striscione #MaiConSalvini contro il flop della Lega e dei naofascisti: Roma si dimostra ancora una volta città aperta, antifascista e antirazzista.
Nella giornata di oggi oltre trentamila persone sono scese in piazza dietro lo striscione #maiconsalvini, in risposta all’appello lanciato dalla nostra campagna. Un percorso, quello che abbiamo costruito, che ha saputo valorizzare forme molteplici di partecipazione: dalla campagna sui social network alla conferenza stampa di mercoledì scorso, alla contestazione del segretario della Lega in Campidoglio, passando per i sanzionamenti alle sedi leghiste fino alla giornata di ieri.
Una campagna che ha dimostrato che la città di Roma rifiuta le retoriche razziste e xenofobe di chi, negli ultimi anni, ha fatto leva sulle paure di una popolazione vessata dalle politiche di austerity, di cui anche il governo Renzi è fedele interprete. Effettivamente Roma è scesa in piazza, ma non in piazza del Popolo, attraversando invece le vie del centro e scegliendo chiaramente da che parte stare.
Mentre si consumava il flop della manifestazione nazionale “Noi Con Salvini” – con oltre duecento pullman dichiarati, giunti prevalentemente dal nord e con delegazioni della destra neofascista europea – Roma si è dimostrata un’altra volta Città Aperta, antirazzista e solidale. Alle celtiche di Salvini abbiamo opposto la forza dei numeri, frutto di una campagna virale e determinata, costruita nei quartieri e nelle periferie per oltre un mese.
Sappiamo bene che l’ascesa di Salvini a leader della destra italiana non si fermerà alla giornata di oggi, ma oggi ha incontrato il suo primo grande ostacolo. Grazie al patrimonio accumulato in questa campagna possiamo dire sin da subito che la provocazione del leader del Carroccio, di invitare Marine Le Pen nella prossima primavera, troverà decine di migliaia di persone pronte a respingerla.
Ringraziamo tutti quelli che hanno contribuito a questa campagna e tutti quelli che oggi sono scesi nella piazza giusta.
Tremila persone hanno attraversato le strade del III municipio a Roma a 35 anni dalla morte di Valerio Verbano, una manifestazione riempita dalle lotte della città, una tappa importante verso la mobilitazione del prossimo 28 febbraio #MaiConSalvini.
Un grande corteo ha attraversato oggi le vie dei quartieri di Tufello e Monte Sacro dimostando come ‘Valerio vive, la rivolta continua’, non sia solo uno slogan ma una realtà vissuta da migliaia di persone. La rivolta continua tutti i giorni, contro chi vuole impoverirci e renderci sempre più vulnerabili e ricattabili, contro chi specula sui nostri territori, contro chi semina e soffia sul fuoco della guerra tra poveri nelle periferie, tra poveri e migranti; contro chi ci bombarda attraverso i mass media di messaggi razzisti e xenofobi, contro chi ci vuole far credere che nella diversità si deve necessariamente celare la pericolosità.
Sono passati 35 anni, e oggi come ieri, rispondiamo a tutto questo portando avanti e creando dal basso una risposta forte contro tutto questo. Costruiamo e spargiamo nella città laboratori di welfare, laboratori di formazione, risposte concrete alla crisi e alla precarietà. Protagonisti della manifestazione prima di tutte le strutture sociali e i laboratori di cittadinanza e diritti del territorio come la scuola popolare dedicata a Carla Verbano, la scuola d’italiano per migranti, il Lab! Puzzle e il Csa Astra, la Palestra popolare Valerio Verbano, il Comitato case popolari del III municipio, il Casale Alba 2 e i collettivi studenteschi, comitati e spazi sociali di tutta la città.
Il corteo di oggi si è inserito nella campagna di mobilitazione contro la presenza il 28 febbraio a Roma della Lega di Matteo Salvini i nuovi fascisti vestiti di verde, che verranno a Roma con treni e pullman speciali, per fare campagna elettorale sulla pelle dei soggetti più vulnerabili e ricattabili di questa società. Quei soggetti quotiniamente strumentlizzati, un giorno pericolosi invasori, un giorno terroristi fino a diventare coloro che rubano il lavoro agli italiani. Ma non viene mai detto che sono prorpio loro che pagano il prezzo più alto, perchè costretti ad accettari lavori a salari bassissimo, e per questo concorenziali, per poter stare in Italia.Condivideremo una piazza plurale e radicale per dire che la Roma meticcia rifiuta la propagana della Lega e dei suoi amici di Casa Pound, che accorreranno da tutta Italia per battere le mani sotto il palco del Carroccio mendicando poltrone e coperture.
Pubblichiamo l’appello per la manifestazione antifascista a carattere nazionale che si terrà a Cremona sabato 24 gennaio dopo i gravissimi fatti di ieri pomeriggio. Inoltre è stata convocata per la giornata di oggi una mobilitazione diffusa nei territori per esprimere vicinanza e solidarietà ad Emilio.
Qui l’intervista di RadioInfoaut a Michele del CSA Dordoni sui fatti di ieri e di presentazione delle giornate di mobilitazione antifa:
Emilio, un compagno di tante lotte e tante battaglie, è in ospedale in coma farmacologico con una emorragia cerebrale estesa a causa di un assalto squadrista al centro sociale Dordoni di Cremona.
L’attacco premeditato e scientificamente organizzato dai fascisti di CasaPound cremonesi, in combutta con altri militanti di estrema destra provenienti da fuori città, ha trovato una risposta determinata da parte dei compagni presenti nel centro sociale, ma purtroppo Emilio è stato colpito alla testa da diverse sprangate.
I fascisti si sono accaniti sopra ad Emilio fino a quando è stato portato in sicurezza all’interno del centro sociale; è stata, tuttavia, immediatamente chiara la gravità del suo stato di salute.
Infame è stato il comportamento della polizia che ha semplicemente identificato gli assaltatori e successivamente, per permettere loro di andarsene indisturbati, ha violentemente caricato il presidio di antifascist* radunatesi sul posto.
Per esprime totale vicinanza e solidarietà con Emilio è stata indetta:
Lunedì 19 gennaio una giornata nazionale di mobilitazione diffusa nei territori
Contro squadristi, polizia e istituzioni conniventi:
Sabato 24 gennaio un corteo nazionale antifascista, determinato, autodifeso e militante con la parola d’ordine: chiudere subito tutte le sedi fasciste!
aggiornamento ore 24: i compagni e le compagne del Csa Dordoni riferiscono di un vero e proprio agguato premeditato da parte di 50 fascisti armati di spranghe, che hanno approfittato del derby allo stadio per raccogliere a chiamata alcuni volti noti di fascisti di altre città, in particolare Parma e Brescia. Intorno alle 18 l’assalto prima da parte di un gruppo di 10 fascisti, raggiunti poco dopo da altri 40 vigliacchi sbucati dalla via vicina al Dordoni.
Durante l’aggressione Emilio, compagno storico cremonese, è stato colpito al volto con una spranga e ora si trova all’ospedale, in coma, con una grave emorragia cerebrale e in pericolo di vita. Prima che i compagni (che erano presenti nel centro sociale nel numero di 7-8 persone) riuscissero a soccorrerlo, i fascisti si sono accaniti su di lui, già a terra, colpendolo con calci.
Da rimarcare anche il solito atteggiamento infame della polizia, che arrivata sul posto si è limitata a identificare i fascisti per poi rilasciarli poco dopo e, per garantirgli la fuga in tutta tranquillità, ha caricato violentemente i compagni del Dordoni che nonostante l’inferiorità numerica difendevano lo spazio.
Al momento diverse decine di compagni e compagne sono giunti a Cremona anche da altre città ed è in corso un’assemblea per decidere come rispondere a questa vigliacca aggressione squadrista.
La corrispondenza ai microfoni di Radio Onda d’Urto con Michele del Csa Dordoni che ricostruisce l’accaduto e riporta alcuni aggiornamenti:
Pubblichiamo un primo breve aggiornamento dei compagni e delle compagne del Csa Dordoni in merito alla vigliacca aggressione squadrista messa in atto poche ore fa da una sessantina di fascisti di Casapound nei confronti del centro sociale.
Esprimiamo massima solidarietà ai compagni e alle compagne cremonesi, con l’augurio che il compagno gravemente ferito si riprenda al più presto, e ci uniamo all’appello a raggiungere il presidio antifascista all’esterno del Csa Dordoni.
Seguiranno aggiornamenti.
Poche ore fa sessanta fascisti di CasaPound cremonesi con il supporto di squadristi provenienti da fuori hanno assaltato il Centro Sociale Dordoni e durante gli scontri per difendere lo spazio un compagno è stato colpito a sprangate in testa e attualmente è in coma in gravissime condizioni.
Successivamente si è verificata anche una carica di alleggerimento della celere sui compagni in presidio fuori dal centro sociale per permettere ai fascisti di andaresene indisturbati.
Si invitano tutti gli antifascisti e le antifasciste a raggiungere il presidio fuori dal Centro Sociale Dordoni.
Il centro sociale è in via Mantova 7/A (ex foro boario), parcheggio dello stadio – Cremona
Intervista . Anton Shekhovtsov esperto di estrema destra dell’Europa orientale
Anton Shekhovtsov, visiting fellow all’università di Vienna, è un esperto di formazioni di estrema destra dell’Europa orientale. Ha studiato in modo particolare il «sogno dell’impero euroasiatico» di Alexander Dugin, filosofo russo, vero e proprio intellettuale di riferimento di molte formazioni di estrema destra, soprattutto russe.
Nel conflitto ucraino le forze neonazi hanno avuto un’importanza non da poco, tanto durante i giorni di Majdan, quanto dopo l’inizio della guerra. L’Ucraina è diventata un campo di battaglia dove attivisti di destra di tutta Europa, compresi alcuni italiani, sono giunti per combattere.Neonazi ucraini
Qualcuno ha scelto di stare con gli ucraini, altri con i filorussi, in una ricomposizione della destra europea che ha stordito alleanze ed equilibri che duravano da anni. Di questo e della forza, attuale e potenzialmente futura, della destra in Ucraina ne abbiamo parlato con Shekhovtsov, cercando anche di capire l’origine di alcuni fenomeni a cui abbiamo assistito in Ucraina.
Partiamo dalle formazioni di estrema destra ucraine: che forza hanno e quali sono i loro obiettivi
La forza attuale della destra in Ucraina dipende da alcuni fattori, per altro storici. In primo luogo dalla forza del movimento propriamente di destra e in questo senso parliamo di gruppi simili a Pravy Sektor, composto da conservatori da un punto di vista sociale, di natura proletaria ma anche con un obiettivo che costituisce una sorta di idea circa la liberazione nazionale.
Questo era soprattutto vero negli anni 20 e durante la seconda guerra mondiale. Dopo la seconda guerra mondiale, i nazionalisti ucraini erano in esilio. Ma dopo l’indipendenza anche la destra ucraina è cambiata, cambiando anche la propria narrazione. Oggi potremmo dire che è per certi versi in crisi perché rispetto ai risultati politici del 2012, quando avevano 47 seggi in parlamento, hanno subito una sconfitta elettorale. Hanno fallito perché non sono riusciti ad entrare in parlamento come partito, ma solo con alcuni dei loro rappresentanti, attraverso anche altri partiti.
E oggi sono cambiati anche gli obiettivi: per Svoboda ad esempio il nemico principale è il Cremlino. Non tanto la Russia o i russi, ma proprio Mosca, il centro del potere russo. Putin, in pratica. Per altri gruppi di estrema destra, i nemici sono altri, oltre a Mosca. Ad esempio gli americani, gli ebrei. Questo soprattutto tra i gruppi più estremi, quelli dichiaratamente neonazisti.
Che tipo di business, la guerra in Ucraina ha finito per favorire per questi gruppi di estrema destra, apparsi decisamente organizzati, basti pensare ai «battaglioni»?
I membri dei gruppi di estrema destra e alcune piccole organizzazioni hanno sempre agito in certi contesti. Negli anni 90 ad esempio agivano come una sorta di mafia, controllando traffici e dando in cambio servizi di sicurezza.
Non è cambiato molto da allora, oggi gestiscono certi business, dando in cambio ad esempio la sicurezza e il servizio d’ordine nelle manifestazioni e non solo, a vari partiti politici. E lo fanno in cambio di soldi. E poi sono impiegati in attività che non sono facili da spiegare specie ad un europeo, ovvero i «sequestri di attività economiche» (ad esempio nei confronti di immigrati).
È una pratica che spesso è complessa, per quanto naturalmente illegale, cui partecipano spesso i gruppi di estrema destra. Non ho la conferma ma pare che un battaglione sia impiegato per questo genere di attività anche nelle regioni orientali, ovviamente nelle zone controllate ancora da Kiev.
Membri del Russia National Unity
In che modo in Ucraina sono coinvolti gruppi di estrema destra russi e non solo.
Come altre guerre, anche quella ucraina ha finito per attirare tanti attivisti di estrema destra, attirati dalla possibilità di combattere, avere armi, fare training e guadagnarci qualcosa in termini economici. Sappiamo bene come queste situazioni esercitino fascino nei confronti dei militanti di estrema destra, di tutta l’Europa, non solo quella orientale.
Lo saprete meglio di me, per molti esponenti dei gruppi di estrema destra ogni guerra è una sorta di sogno che si realizza, una sorta di realizzazione della loro volontà di violenza. In ogni caso il più importante gruppo coinvolto tra i filorussi, tra i gruppi di estrema destra europeo, è russo e sono quelli del «Russia National Unity».
Si tratta di un’organizzazione non nuova, che esiste dall’inizio degli anni 90 in Russia. In parte, a livello organizzativo ha una sua struttura di business e un struttura militante, dichiaratamente neo nazista. Hanno partecipato a vari conflitti, come in Transnistria, in Cecenia, dove hanno fatto bottino e incetta di armi e soldi e secondo le mie fonti hanno partecipato al tentato colpo di Stato del 1993 a Mosca, ma in difesa del Parlamento, contro Eltsin.
E in seguito hanno partecipato ad ogni conflitto in cui sono riusciti a infilarsi, per fare soldi, armi e training. Oggi sono il gruppo più forte presente nell’Ucraina dell’est. Poi ci sono anche attivisti provenienti dall’«Euroasian union», una sorta di gruppo giovanile dell’organizzazione internazionale guidata da Alexander Dugin. Uno dei loro membri Alexander Proselkov è stato misteriosamente ucciso in Ucraina. (Alexander Proselkov era stato nominato ministro degli esteri della Repubblica di Donetsk da Pavel Gubarev, quando Gubarev era il governatore. Secondo i suoi commilitoni sarebbe stato ucciso da un killer nelle regioni orientali dell’Ucraina, ndr). E poi ci sono molti singoli attivisti, cani sciolti, magari neanche affiliati ad un gruppo preciso.
Come giustificano il fatto di combattere contro altri neonazisti, come ad esempio i battaglioni composti dall’estrema destra ucraina e qual è la loro posizione rispetto a Putin.
Loro sono nazionalisti russi, combattono contro gli ucraini. Sia i membri del «Russia National Unity» sia quelli legati a Dugin sono in opposizione completa a Putin. Si sentono molto più radicali di Putin. Loro sono lì per combattere per qualcosa che sognano per il dopo Putin, una rinascita ancora più vistosa della Russia.
Loro pensano di poter prendere il potere in Russia, davvero. Questa è una cosa in cui crede molto soprattutto Dugin. E stanno usando la loro partecipazione a questo conflitto soprattutto per aumentare il proprio potere in Russia, dove fanno apertamente reclutamento per andare a combattere contro l’Ucraina.
Ma che potere effettivo hanno in Russia questi gruppi?
Sono un gruppo minoritario e negli ultimi tempi anche tra gli studiosi, hanno perso molto della rilevanza che avevano avuto negli anni passati.
E invece nel Donbass, in generale, questi gruppi che tipo di potere e che influenza hanno? Perché sembra molto complicato capire, lato «filorussi», chi comanda davvero, oltre ai tanti rumors che provengono da quelle zone e non semplificano le cose. Che informazioni ha al riguardo?
È davvero complicato capire cosa succeda in quella parte del paese, perché il territorio occupato dalle forze separatisti, coadiuvato da forze russe, potremmo definirlo diviso in tante aree comandate da veri e propri clan.
Talvolta si tratta di indipendentisti, talvolta di criminali, ma in generale è un territorio molto diviso e caotico, completamente. Il che rende molto complicato capire se c’è qualcosa di centralizzato o meno o comprendere chi sta comandando in un dato territorio.
Ci sono troppi gruppi coinvolti ed è molto difficile capire chi comanda, anche perché oltre a combattere contro l’esercito, talvolta combattono anche tra di loro. La regione di Donetsk è quella che appare più organizzata e centralizzata.
Chi ha di fatto proclamato la Repubblica di Donetsk, appartiene ad un’organizzazione separatista che vive da tempo e che ha sempre avuto contatti con Mosca già dal 2005. Sono separatisti, filorussi e organizzati. Si dice che già nel 2006 abbiano preso parte a training camp in Russia organizzati dai servizi di sicurezza.
Cosa è cambiato nella destra europea, dopo la crisi ucraina?
Con la guerra in Ucraina molti partiti e gruppi di destra hanno dovuto rivedere la propria «politica estera» e hanno dovuto prendere posizione. In realtà la destra ucraina ha perso molto consenso europeo.
Ad esempio Svoboda prima era appoggiata da alcuni gruppi che poi ne hanno preso le distanze, come il Front National francese, la destra austriaca, la stessa Jobbik o anche l’italiano Roberto Fiore e Forza Nuova (non a caso dal sito di Forza Nuova sono scomparse le cronache dei precedenti incontri con Svoboda, al contrario di Casa Pound che invece supporta Kiev e in particolar modo Pravy Sektor ndr).
Devo aggiungere una cosa infine, personale: Svoboda è molto più radicale a mio modo di vedere, nell’essere di estrema destra, rispetto a Pravy Sektor. Questi sono più inclusivi di Svoboda. Pravy Sektor è soprattutto omofobo, mentre Svoboda è molto più chiaramente neonazista e razzista.
Sono passati tre anni dalla strage razzista di Piazza Dalmazia compiuta dal seguace di Casapound, Gianluca Casseri, che poi si è suicidato. Qui un articolo per un profilo di Casseri:
La strage di piazza Dalmazia,
il ricordo tre anni dopo
Il 13 dicembre del 2011 l’estremista di destra Gianluca Casseri aprì il fuoco al mercato della piazza e poi in San Lorenzo ferendo tre senegalesi e uccidendone due: Samb Modou e Diop Mor. La cerimonia commemorativa e la catena della solidarietà
Sono trascorsi tre anni dalla strage razzista di Firenze, avvenuta il 13 dicembre 2011 e in cui morirono i due cittadini senegalesi Samb Modou e Diop Mor e rimasero feriti tre loro connazionali. Un estremista di destra, il cinquantenne pistoiese Gianluca Casseri, aprì il fuoco contro gli ambulanti al mercato di piazza Dalmazia e, poco dopo, al mercato di San Lorenzo, prima di togliersi la vita nel parcheggio interrato del mercato centrale. A tre anni da quella tragica giornata alle 12, in piazza Dalmazia una cerimonia commemorativa in loro ricordo, presente il sindaco Dario Nardella. Alle 10 un presidio del Movimento Lotta per la casa ha ricordato le vittime e poi ha organizzato un corteo formato da circa 50 persone dirette all’edificio di Novoli da cui, alcuni mesi fa, precipitò Raphael, giovane nigeriano, durante un controllo della polizia.
La cerimonia
«L’odio e il razzismo producono violenza, e la violenza produce morte».Così Dario Nardella, sindaco di Firenze, commemorando in piazza Dalmazia la strage. Nardella ha indicato «egoismo, odio sociale, indifferenza» come i nemici da combattere, e ha invitato ad «agire affinché la nostra azione di istituzioni e cittadini sia volta a superare queste fragilità». Alla cerimonia anche l’assessore regionale Luigi Marroni, il console onorario del Senegal a Firenze Eraldo Stefani, la presidente dell’Associazione senegalesi di Firenze e del Circondario Diye Ndiaye, e la vedova di Samb, Mbengue Ndeye Rockaya. Presenti inoltre il sindaco di Scandicci Sandro Fallani, rappresentanti del mondo dell’associazionismo, e una nutrita rappresentanza di assessori e consiglieri comunali fiorentini. «Firenze continuerà a essere città dell’accoglienza, dell’apertura, del pluralismo culturale», ha concluso Nardella, sottolineando la necessità di «tenere insieme il valore dell’accoglienza con quello della legalità».
La vedova
«Il perdono l’ho dato da tempo, perché una musulmana deve sempre saper perdonare, ma non dimentico mai». Lo ha detto Mbengue Ndeye Rockaya, la vedova di Modou Samb, uno dei due senegalesi uccisi tre anni fa a Firenze da Gianluca Casseri. Mbengue ha partecipato oggi alle celebrazioni ufficiali in piazza Dalmazia: «Per me questa è una giornata di dolore, e un po’ di rabbia», ha affermato, sottolineando la vicinanza delle istituzioni e dei singoli cittadini. La signora vive a Firenze da un anno, dopo essere arrivata per le scorse celebrazioni ottenendo un visto per motivi umanitari; ma mentre i tre uomini feriti nella strage del 13 dicembre 2011 hanno avuto la cittadinanza onoraria, lei è ancora in attesa, e la figlia al momento si trova ancora in Senegal. «Siamo in attesa di avere la cittadinanza per facilitare tutta la procedura», ha spiegato la presidente dell’Associazione senegalesi di Firenze e del Circondario Diye Ndiaye
La solidarietà
Intanto si rafforza il patto di solidarietà stretto tra Arci Toscana, Fondazione Il Cuore si scioglie-Unicoop Firenze, Cgil Toscana e Regione con le comunità di Darou e Morolan, i due villaggi in Senegal da cui provenivano le due vittime. A Darou, nella regione vicino a Djourbel, si spiega in una nota, dopo la ristrutturazione di un’aula è in fase di avvio la riqualificazione di un’intera ala della scuola media presente nel villaggio. A Morolan, nell’area di Thie’s, in seguito alla decisione della comunità locale, si sono conclusi i lavori al punto nascite. Il progetto presso i due villaggi sarà completato con l’invio nei prossimi mesi delle forniture per l’arredamento delle aule scolastiche e della strumentazione medica, nonché materiale didattico. Secondo le organizzazioni promotrici e la Regione Toscana, che insieme ribadiscono la necessità di impegnarsi per la sconfitta di razzismo e xenofobia, «i progressi del progetto testimoniano come l’azione di solidarietà lanciata alcuni mesi fa non sia stata dettata da un mera spinta emotiva ma dal desiderio di dare continuità ad una duratura relazione di amicizia tra popoli. Infine, in questo progetto di solidarietà rimane fondamentale il lavoro di dialogo e di collaborazione con gli esponenti delle comunità e delle associazioni dei senegalesi presenti in Toscana».
Ultima modifica il Mercoledì, 26 Novembre 2014 16:35
Riguardano anche l’Italia gli scoop della giornalista francese Marine Turchi, che ha scoperto che una banca russa vicina a Vladimir Putin presterà al Front National 9 milioni di euro da investire nella prossima campagna elettorale.
Come spesso capita quando si parla di estrema destra e neofascisti, spuntano fiumi di quattrini, affaristi e alleanze spregiudicate. Meno di un mese fa, ricorda Daniele Ranieri sul Foglio, Turchi si era occupata del “congresso europeo” del Fn cui hanno partecipato le delegazioni dei neonazisti di Alba dorata. “Les Italiens de CasaPound” figurano addirittura come “co-organizzatori” del consesso. Il gruppo italiano dei “fascisti del terzo millennio”, secondo Turchi sarebbe “al servizio di Frederic Chatillon”, consigliere ufficioso di Marine Le Pen che si è trasferito a Roma e gestisce una società di comunicazione, la Riwal France, che ha sede anche a Roma. Riwal si occupa di “realizzare campagne pubblicitarie”. Il congresso di Parigi, dove è intervenuto parlato anche il presidente Gianluca Iannone, leader di CasaPound – è stato “il punto culminante di un tour promozionale per fare conoscere CasaPound in Francia.
Nel luglio 2012, Chatillon, oggi trait d’union tra CasaPound e il Front national, incassava finanziamenti da parte del governo siriano del presidente Bashar el Assad, cui CasaPound non mancò di manifestare solidarietà nel bel mezzo della guerra civile e dello scontro sull’uso delle armi chimiche da parte del regime. La Riwal di Chatillon, ha scritto Turchi, prendeva “tra i centomila e i centocinquantamila euro l’anno dall’ambasciata siriana a Parigi”, “per la promozione del paese”.
Marine Turchi è ormai la bestia nera del Fn, come sottolinea opportunamente Ranieri, al punto che le viene negato l’accesso agli eventi di partito con le scuse più improbabili. Per solidarietà, molti giornalisti delle maggiori testate francesi hanno disertato gli stessi eventi. Intanto il tesoriere del Front, Wallerand de Saint-Just (ritratto da Mediapart mentre fa il saluto fascista) ha ammesso di aver chiesto il soccorso economico di una banca vicina a putin Putin perché “qui in Europa nessuno ci avrebbe prestato un centesimo”. Inutile aggiungere che il Front national ha posizioni filorusse e sostiene il presidente Putin con sintonia perfetta: dall’elogio dei “valori tradizionali” alla guerra civile in Ucraina. All’inizio del mese scorso, il Front aveva partecipato con la Lega (il cui segretario da tempo si produce in elogi sperticati a Putin) e CasaPound al Forum nazionale russo organizzato dagli ultranazionalisti di Rodina. «Vogliamo costruire un movimento che unisca tutte le forze nazionaliste d’Europa e sostenga la battaglia in difesa dei valori tradizionali, sia sul piano ideale che su quello dell’azione», hanno detto i camerati russi in quell’occasione.