L’AMAZZONIA STA BRUCIANDO

L’Amazzonia sta andando a fuoco e il fumo si vede dallo spazio

Sono settimane che l’Amazzonia sta bruciando, mentre le politiche locali hanno intensificato la deforestazione. Lunedì, il fumo ha oscurato San Paolo.

Di Madeleine Gregory
21 agosto 2019, 11:34am

IMMAGINE A SINISTRA: NATIONAL OCEANIC AND ATMOSPHERIC ADMINISTRATION, IMMAGINE A DESTRA: ALBERTO SHIGUEMATSU

A metà della giornata di lunedì il cielo sopra San Paolo, in Brasile, è diventato buio.

La città, come altre parti degli stati federati del Brasile Mato Grosso e Paraná, è stata oscurata da una coltre di fumo causata dagli incendi che stanno divorando l’Amazzonia, stando alle testate locali.

All’inizio di questo mese, l’Amazonas (il più grande degli stati del Brasile) ha dichiarato lo stato di emergenza per via del numero sempre maggiore di incendi forestali, ha riportato Euro News. La stagione degli incendi nell’Amazzonia è solo all’inizio—va da agosto a ottobre, e raggiunge il suo picco a metà settembre—, ma il fumo è già così tanto che si può vedere dallo spazio.

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La settimana scorsa, la NASA ha pubblicato alcune immagini satellitari, che mostrano la distribuzione degli incendi e del fumo in Brasile. Citando il Global Fire Emissions Database, la NASA ha sottolineato che, per quanto i livelli degli incendi attuali siano leggermente sotto la media rispetto agli ultimi 15 anni, sono decisamente più alti della norma in alcuni stati, tipo Amazonas e Rondônia.

“Lo stato di Amazonas, in particolare, ha visto un’attività d’incendi ben sopra la media durante agosto,” ha detto Mark Parrington, uno scienziato che si occupa di emissioni legate agli incendi al Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine.

Stando a Parrington, le fiamme in Amazzonia rilasciano una media di 500-600 tonnellate di diossido di carbonio nel corso di un anno intero. Nel 2019, per ora, hanno già prodotto 200 tonnellate di gas serra. Stando al Global Fire Emissions Database, sono stati individuati 8.668 incendi nell’Amazonas fino a questo lunedì. Questo numero supera i dati degli anni passati ed è solo di poco inferiore al record del 2016 di 8.836.

Tramite le immagini satellitari si è potuto tracciare il moto di spostamento del fumo, che ha completamente saturato l’aria a San Paolo. Gustavo Faleiros, che lavora per il notiziario ambientalista InfoAmazonia, ha detto via mail che la qualità dell’aria è persino peggiore in campagna che in città.

“Chi abita in campagna ha iniziato a lamentarsi del fumo dovuto agli incendi, perché l’aria lì prima era pulita e nel frattempo la città è piena di fumo e cenere,” ha detto Alberto Shiguematsu, un abitante di San Paolo che sta pubblicando aggiornamenti su Twitter.

Stando a Shiguematsu, il cielo è diventato “molto scuro” intorno alle 15:15 di lunedì pomeriggio. Ha detto che nei 10 anni vissuti a San Paolo non aveva mai visto una cosa del genere. Magari leggeva sui giornali che c’era un incendio nell’Amazzonia, ma non avrebbe mai pensato che lo avrebbe colpito personalmente.

“Il fumo che arriva fin qui, a San Paolo, a migliaia di chilometri di distanza? Sono senza parole,” ha detto.

La notizia di questi incendi arriva nel mezzo di un’operazione di deforestazione estesa voluta dal presidente di estrema destra Jair Bolsonaro, che ha scatenato non poche proteste localmente e molta preoccupazione a livello internazionale. Se il fumo dovuto agli incendi è una minaccia concreta per la salute degli abitanti della zona, un numero di incendi maggiore è anche un fattore di stress in più sulla foresta pluviale dell’Amazzonia come intero ecosistema.

In passato, l’umidità dell’Amazzonia l’ha protetta da incendi massicci, ma la siccità, la deforestazione e l’agricoltura potrebbero rendere gli incendi così frequenti da alterare completamente il paesaggio, ha avvertito uno studio nel 2014. Stando a un post di InfoAmazonia, l’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile prevede che le precipitazioni piovose nell’Amazzonia centrale e settentrionale saranno il 40 o 50 percento sotto la norma nei prossimi tre mesi.

“C’è una relazione diretta tra l’aumento degli incendi e la deforestazione,” ha scritto Faleiros in un post. “Dei 10 comuni che hanno registrato gli incendi più consistenti nel 2019, sette sono anche nella lista di comuni con il numero più alto di avvisi di deforestazione.”

Questo articolo è apparso originariamente su VICE US.

Fonte:

https://www.vice.com/it/article/d3avvm/incendi-in-amazzonia-foresta-brasile-fumo-san-paolo?utm_campaign=sharebutton&fbclid=IwAR14prUMCLF0f02c8V9S24YsVegiqKzLlqPYI89xpe1rH48GKTvuP3art-Q

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BRASILE: 12 MORTI IN UNA SETTIMANA NELLA FAVELA DI ROCINHA A RIO. UN ANNO FA LA MORTE DI MARIA EDUARDA, 13ENNE DI UNA FAVELA DI RIO

Dal profilo Facebook di Gizele Alves:

Nella favela della Rocinha, a Rio, in una settimana ci sono stati 12 morti.
L’ultimo questo papà, che era nella veranda di casa con suo bebè in braccio, quando viene raggiunto dai proiettili…facendo con che il bambino cadesse per terra, sbatendo la testa.
Tutto questo perche sia polizia militare che governo insistono in questa maledetta politica di “combatte alle droghe”.
Ancora altri neri poveri e favelati sono stati uccisi….senza contare i morti delle altre favelas.(solo nel complexo do alemao 5 raggazzi innocenti uccisi)
E della morte di Mariella non se ne parla più.

QUESTA NON É UNA GUERRA…É UN GENOCIDIO!!!!!

“São pessoas que a gente conhece, que a gente gosta, morrendo a troco de nada. Já chega, né?”, desabafou moradora. https://glo.bo/2GkbsEI #JotnaçExtra

*
Gizele Alves ha condiviso il post di Coletivo Fala Akari.
5 h ·

Un’anno fa Maria Eduarda, 13 anni, fu colpita da 4 proiettili di kalashnikov mentre faceva educazione fisica dentro alla scuola che si trova in una favela di Rio de Janeiro.
I poliziotti che hanno sparato sono ancora in libertà.
La cosa peggiore é che dopo di lei ci sono stati tanti altri……….. E sempre per colpa di questa maledetta politica di “combatte alle droghe”…..che riesci solo a fare vittime innocenti.
I veri trafficanti si trovono nei quartieri benestanti della città…..ma li la polizia militare non fa intervento.
Si sa che sono tutti bianchi.

Maria Eduarda anche presente!!!!

L'immagine può contenere: 1 persona, sMS
Coletivo Fala Akari
Organizzazione

Coletivo Fala Akari

21 h ·

1 ANO DA EXECUÇÃO DE MARIA EDUARDA PELAS MÃOS DO 41º BPM

Hoje (30/03) completa exatamente 1 ano que Maria Eduarda foi morta por policiais do 41º BPM, mais conhe

Altro…

Qui un articolo (con video)  di Ivan Compasso sull’uccisione un anno fa di Maria Eduarda Alves de Conceiçao:

Brasile, immagini choc da Rio de Janeiro. Gli agenti del Bope freddano due giovanissimi in una favela

Impegnati in una delle numerose azioni di questi giorni agenti del Bope hanno provocato la morte di una giovane studentessa, la tredicenne Maria Eduarda Alves de Conceiçao. Nel Complexo do Alemão, nel Morro dá Fé Penha. Come testimoniato dal video, si avvicinano a un muro dove sono stesi, presumibilmente feriti, due giovani e li freddano con due colpi a bruciapelo. Il tutto è avvenuto verso le sette del mattino e si è svolto nelle vicinanze di una scuola dove si trovava Maria Eduarda Alves che è stata colpita dai colpi sparati dai soldati. La gente è immediatamente scesa in strada e ha circondato quelli del Bope, anche per proteggere i tanti ragazzini che si trovavano già nella struttura oltre che a protestare per l’ennesima violenza. Dall’inzio di quest’anno, solo nelle favelas di Rio, sono 180 i casi di morti causati da proiettili del Bope. (di Ivan Compasso)

Fonte:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/01/brasile-immagini-choc-da-rio-de-janeiro-gli-agenti-del-bope-freddano-due-giovanissimi-in-una-favela/3491095/

L’OMICIDIO DI MARIELLE FRANCO RISVEGLIA LA SOCIETA’ BRASILIANA

Marielle Franco durante un’intervista a Rio de Janeiro, il 9 gennaio 2018. (Ellis Rua, Ap/Ansa)

Perché nelle carceri brasiliane c’è così tanta violenza

Il carcere Pedrinhas a São Luís, in Brasile, il 27 gennaio 2015. - Mario Tama, Getty Images
Il carcere Pedrinhas a São Luís, in Brasile, il 27 gennaio 2015. (Mario Tama, Getty Images)
  • 10 Gen 2017 17.04

L’ondata di violenza che c’è stata all’inizio dell’anno nelle carceri del Brasile ha puntato i riflettori su un sistema ormai al collasso. Quasi cento detenuti sono morti solo nella prima settimana di gennaio, uccisi mentre le guardie erano apparentemente incapaci di fermare lo spargimento di sangue. Come si è arrivati a questo?

  • Il primo problema è il sovraffollamento, spiega la Bbc. Un giro di vite nei confronti dei reati violenti e legati alla droga ha visto negli ultimi quindici anni la popolazione carceraria del Brasile aumentare. La prigione nello stato di Roraima, dove il 6 gennaio sono stati uccisi 33 detenuti, ospita 1.400 persone, il doppio della sua capacità. Il sovraffollamento rende difficile per le autorità carcerarie mantenere separate le fazioni rivali. E causa l’aumento della tensione all’interno delle celle, con i detenuti che si disputano le limitate risorse, come materassi e cibo.
  • Il secondo problema è la guerra tra bande rivali. Le uccisioni sono comuni tra le mura delle prigioni brasiliane – 372 detenuti sono morti in questo modo nel 2016, secondo la Folha de São Paulo – ma questo aumento è da collegarsi alla rottura di una tregua che vigeva da quasi vent’anni tra due delle più potenti bande del paese. Fino a poco tempo, il Primeiro comando da capital, di São Paulo, e Comando vermelho, di Rio de Janeiro, avevano un rapporto di collaborazione, presumibilmente per garantire il commercio di marijuana, cocaina e armi nelle città e oltre i confini del Brasile. Recentemente la pace è finita, anche se le ragioni sono poco chiare. E vista la repressione del governo nei confronti delle bande criminali, ci sono migliaia di persone appartenenti a entrambe le bande rinchiusi nelle carceri brasiliane.
  • Terzo problema è la mancanza di risorse. Molte carceri brasiliane sono sottofinanziate. In seguito alle ultime rivolte il governatore dello stato ha chiesto al governo federale attrezzature come metal detector, braccialetti elettronici e dispositivi per bloccare il segnale telefonico dentro le carceri. La sua richiesta mostra la mancanza di attrezzature di base anche in carceri molto affollate. Il governatore ha anche chiesto l’invio di forze federali. Male addestrate e mal pagate, le guardie carcerarie devono affrontare spesso detenuti che non solo sono più numerosi, ma inoltre sentono di avere poco da perdere visto che già devono affrontare condanne lunghe. Il governo brasiliano ha annunciato un piano per modernizzare il sistema, ma visto che il paese si trova nella peggiore recessione degli ultimi decenni e la spesa pubblica è bloccata per vent’anni, è difficile vedere come possa finanziarlo.

 

 

Fonte:

http://www.internazionale.it/notizie/2017/01/10/brasile-carceri-violenza

BRASILE: ALMENO OTTO UCCISIONI DI POLIZIA DURANTE LE OLIMPIADI

Forze di sicurezza in Brasile
Forze di sicurezza in Brasile

Il Brasile ha perso la più importante medaglia di Rio 2016: diventare campione dei diritti umani“, ha dichiarato Atila Roque, direttore generale di Amnesty International Brasile.

Secondo l’organizzazione per i diritti umani, a Rio de Janeiro durante lo svolgimento delle Olimpiadi sono state uccise almeno otto persone nel corso di operazioni di polizia e manifestazioni pacifiche sono state duramente represse.

Le autorità brasiliane hanno perso un’occasione d’oro per dare seguito alla promessa di adottare politiche in materia di sicurezza che avrebbero reso Rio una città sicura per tutti. L’unico modo per rimediare ai molti errori commessi durante le Olimpiadi è quello di assicurare indagini efficaci sulle uccisioni e sulle altre violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia e assicurare i responsabili alla giustizia” – ha aggiunto Roque.

Nel 2016 le uccisioni ad opera della polizia sono aumentate di mese in mese mentre Rio si preparava a dare il benvenuto al mondo.

Secondo l’Istituto per la pubblica sicurezza dello stato di Rio de Janeiro, in città la polizia ha ucciso 35 persone ad aprile, 40 a maggio e 49 a giugno, con una media sempre superiore a un omicidio al giorno.

Operazioni di polizia segnate dalla violenza si sono svolte per tutta la durata delle Olimpiadi in diverse parti di Rio, tra cui Acari, Cidade de Deus, Borel, Manguinhos, Alemão, Maré, Del Castilho e Cantagalo. Tre persone sono state uccise a Del Castilho, quattro a Maré e una a Cantagalo. Il bilancio potrebbe aumentare se arriverà la conferma di ulteriori morti in due altre favelas, Acari e Manguinhos.

Gli abitanti di queste zone hanno denunciato altre violazioni dei diritti umani da parte della polizia, come irruzioni nelle abitazioni, minacce di morte e aggressioni fisiche e verbali.

La “guerra alla droga” e l’uso di armi pesanti nel corso delle operazioni di sicurezza hanno posto a rischio la vita degli stessi agenti di polizia, almeno due dei quali sono stati uccisi nei primi 10 giorni delle Olimpiadi.

Nella prima settimana di svolgimento dei Giochi (5-12 agosto), nella regione metropolitana di Rio hanno avuto luogo 59 scontri a fuoco (in media, quasi otto e mezzo al giorno), rispetto ai 32 della settimana precedente.

Nello stesso periodo, la violenza armata ha causato almeno 12 morti e 32 feriti, secondo Cross-Fire, una app lanciata a luglio da Amnesty International per segnalare episodi di violenza nelle favelas.

Le manifestazioni di protesta sono state durante represse dalle forze di polizia, sia all’interno che all’esterno degli impianti sportivi. Dal 5 al 12 agosto, proteste pacifiche sono state sciolte con violenza, anche mediante l’uso di gas lacrimogeni e granate stordenti. Diverse persone sono state arrestate mentre altre sono state allontanate dagli impianti sportivi per il mero fatto d’indossare magliette su cui erano scritti messaggi di protesta, in violazione del diritto alla libertà d’espressione.

A San Paolo, il 5 agosto, la polizia ha represso una manifestazione con estrema violenza arrestando 100 persone, tra cui almeno 15 minorenni.

Al termine dei Giochi olimpici ci ritroviamo con politiche di pubblica sicurezza ancora più militarizzate, basate su una repressione molto selettiva, sull’uso eccessivo della forza e sull’impiego di agenti di polizia nelle favelas come se fossero in azione da combattimento. Il risultato già si è visto: l’aumento del numero delle uccisioni e di altre violazioni dei diritti umani, soprattutto ai danni di giovani neri” – ha commentato Roque.

Ancora una volta, l’eredità di un grande evento sportivo svolto in Brasile è stata macchiata dalle uccisioni di polizia e dalle violazioni dei diritti umani ai danni di manifestanti pacifici. Il Comitato olimpico internazionale e altri organismi che si occupano di organizzazione di eventi sportivi non devono permettere che questi si svolgano a scapito dei diritti umani delle persone” – ha concluso Roque.

 

 

Fonte:

http://www.amnesty.it/Brasile-almeno-otto-uccisioni-polizia-durante-olimpiadi

Olimpiades para quem? Maschere e paradossi della città olimpica

Un reportage dalle strade di Rio de Janeiro, per raccontare la guerra ai poveri dietro la vetrina delle Olimpiadi.

Praça Mauá, piazza principale del centro di Rio de Janeiro, di fronte alla baia di Guanabara. Un cartello verde e azzurro indica che lí inizia il Boulevard olimpico, un enorme stradone costellato di maxischermi che permettono a chi non puó assistere di persona alle competizioni di seguire quelle che preferisce, dentro di uno scenario appositamente costruito. Come recita il cartello, il boulevard è parte del complesso del “Porto maravilha”, nome con cui si indica l’insieme di opere che hanno portato a una ristrutturazione completa della zona portuaria di Rio. Il retro del cartello, negli stessi colori allegri, esibisce una scritta in lettere capitali: POLICIA MILITAR. Sembra uno scherzo, un atto di protesta per rimarcare la pesante ambiguità che caratterizza queste olimpiadi, salutate dalla stampa nazionale e straniera come la messa in scena del meglio che il Brasile ha dato al mondo (in termini di apertura e rispetto delle differenze), ma realizzate al prezzo della rimozione dalle proprie case di più di 77 mila persone a partire dal 2009, anno in cui la città fu scelta come sede dei giochi (1).

Sembra, ma non è. È la stessa prefettura che ha voluto il cartello, che scopro essere uno dei tanti che marcano posti di polizia, nel centro cittadino. L’accostamento boulevard olimpico/polizia militare sembra completamento naturalizzato, non ha bisogno di nascondersi, è palese. Per qualcuno che, come me, viene qui per la prima volta proprio in questa epoca, è uno spettacolo inquietante. Strade intere bloccate da file di camionette dell’esercito, militari appartenentei a cosí tanti gruppi diversi che ho perso molto presto la velleitá di contarli, tutti armati come per resistere a un assedio…o per compierlo. Un particolare “simpatico” è che una delle molte leggi speciali entrate in vigore in occasione di questi giochi permette a corpi ausiliari cittadini, a cui costituzionalmente non sarebbe permesso portare armi, di avere anche loro le proprie pistole. Sulle t-shirt recano la scritta “Prefeitura presente”. Eppure la militarizzazione senza paragoni a cui Rio sta essendo sottoposta in questi giorni sembra non stridere con il clima di festa che si vuole creare. Cartelli esibiscono le scritte Porto maravilha e Policia militar una accanto all’altro e colorate con gli stessi colori; dal trenino per salire al Cristo, i turisti salutano amabilmente i militari nascosti nella foresta e i militari rispondono sorridendo a propria volta. Sono armati di mitra che uccidono a distanza di chilometri, ma sono amici. Ci proteggono. Da chi? E soprattutto, chi ci protegge dai protettori? Camminando per l’imponente boulevard olimpico si possono ammirare splendidi murales che ritraggono volti di indigeni e afrodiscendenti, fotografati da onde di turisti che ammirano lí dipinto il “miracolo brasiliano”, quello di aver costruito uno dei popoli piú meticci e eterogenei della terra, un modello di convivenza tra razze e culture. Queste olimpiadi sono sature di simboli di questa convivenza: dalle molte esibizioni di scuole di samba nel centro, al coro di bambini negri che canta l’inno nazionale nella cerimonia di apertura al Maracanã. Fino alla scelta di fare accendere la torcia olimpica, chiamata “Tocha do Povo”, a un quattordicenne della favela della Mangueira, dichiaratamente scelto perché giovane, “negro” e favelado, ossia il prototipo perfetto di una categoria sociale fortemente stigmatizzata, e sottoposta a un massacro quotidiano e impunito nella cidade maravilhosa. Le favelas stesse sono dappertutto, disegnate sugli scenari degli spettacoli di apertura, sui cartelloni turistici. Una di queste è esibita in modellino dietro la vetrate del Museu di Arte Moderno, davanti al palco concerti, dove si tengono spettacoli che parlano di coscienza negra di fronte a un pubblico di quasi soli bianchi: turisti e classi agiate, il popolo della zona Sud. In quelle vere si organizzano tour, ma solo in quelle “pacificate”; tradotto: quelle in cui la UPP (Unidade de Polícia Pacificadora) è intervenuta rompendo gli equilibri interni, quel tanto da permettere a gruppi organizzati di visitatori amanti dell’avventura di fare un’esperienza “diversa” della città. Ed è così che questi entrano nelle comunidades (2), dove possono fotografare ragazzini negri che giocano a calcio accanto a fognature a cielo aperto, o spiare nelle case delle persone per vedere “come vive un povero”. Q

ueste olimpiadi sono per il Brasile un banco di prova importantissimo per mostrarsi al mondo intero come paese sviluppato e moderno. Rio de Janeiro, con i suoi paesaggi mozzafiato e le sue spiagge famose, è l’ambientazione perfetta in cui mettere in scena lo spettacolo di un capitalismo solare, meticcio e cordiale, che sa godersi la vita e conciliare la natura più spettacolare e non a misura d’uomo con l’efficienza e il confort dei paesi del nord del mondo.

In questa grande pittura carnevalesca ogni cosa ha il suo posto, ogni aspetto potenzialmente conflittuale della società può essere risignificato .

Fino a un certo punto però. O meglio, a un prezzo. All’esultanza per il primo oro del Brasile dato a una donna negra e favelada e ai modellini di favelas sotto teca che recano scritte colorate e inneggianti alla pace si accompagna una guerra quotidiana nelle comunidades, soprattutto quelle localizzate nella zona nord, situata fuori dai circuiti turistici e dove, per questo, si può sparare senza bisogno di mettere il silenziatore. Due di queste, Metrô Mangueira e Vila Autôdromo sono state drasticamente “ridotte” perchè troppo vicine rispettivamente al Maracanã e al Parque olimpíco. In modo simile, ai bellissimi ritratti di indigeni che costeggiano il boulevard olimpico si accompagna la quasi totale rimozione dell’ aldeia indígena accanto al Maracanã, un’occupazione abitativa. Lo stato brasiliano permette a queste persone di partecipare alla narrativa nazionale ma non gli permette di vivere tranquillamente nella città.

A questo si aggiunga che in occasione di queste olimpiadi la mobilità cittadina è stata piegata totalmente ai giochi, con strade intere e linee della metro funzionanti solo per chi è provvisto di un ticket che lo identifica come turista olimpico; che il lavoro svolto in questa gigantesca fabbrica di soldi è – tipicamente – precarizzato e spesso volontario; infine che una repressione feroce si premura di bloccare ogni manifestazione molto prima che possa avvicinarsi agli obiettivi olimpici. Viene da chiedersi qual’è la connessione tra le olipiadi e la cittá: queste sono le olimpiadi di Rio de Janiero o è la cittá di Rio de Janeiro a essere stata sottratta a chi la vive ogni giorno per essere consegnata ai turisti olimpici in tanti pacchetti ricoperti di cellophane?

Mentre cammino per il lungomare di Cobacabana, bellissimo e tirato a lucido, vengo immediatamente identificata come turista e una ragazza mi si avvicina per chiedermi se può farmi alcune domande da parte della prefettura.

– In che parte della città stai alloggiando? Copacabana, Ipanema?

– In realtà São Cristovão, inizio zona Nord.

– Ah, interessante. Dev’essere molto diverso dall’Italia.

– Beh, per alcune cose…

– Cosa pensi della “pulizia sociale” a Rio de Janeiro?

– Che significa “pulizia sociale”?

– No, niente. Pulizia delle strade, comportamento delle persone. Cose così.

– Non saprei. Questa città è profondamente diseguale e, per esempio, l’atteggiamento della prefettura è molto diverso verso chi abita in zona sud e chi in zona nord…

– Sí sí hai ragione. Ma da 1 a 10 quanto daresti?

– Mi sembra un po’ complicato rispondere. Ci sarebbero varie questioni. E poi sinceramente, penso che la prefettura queste cose le dovrebbe chiedere a chi vive questa città per davvero e non ai turisti…

– Sì sì `vero ma quanto daresti da 1 a 10?

– Va be’ dai, metti 5…

– Benvenuti nella città olimpica.

 

(1) Dati sui costi socili delle olimpiadi si possono trovare in un articolo del collettivo Jogos da exclusão, al link http://www.cartacapital.com.br/sociedade/o-mapa-dos-jogos-da-exclusao.

(2) Altro nome per favelas.

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/olimpiades-para-quem-maschere-e-paradossi-della-citta-olimpica

ActionAid e CONI per le favelas di Rio de Janeiro

ActionAid e CONI per le favelas di Rio de Janeiro

Lavoriamo insieme per dare delle reali opportunità ai bambini che vivono a Cidade de Deus e Rocinha, a due passi da Casa Italia e dal quartiere olimpico.

Per le Olimpiadi di Rio de Janeiro, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano ha scelto ActionAid, in Brasile da oltre 20 anni, per finanziare due progetti destinati ai bambini di Cidade de Deus e Rocinha, dove vivono rispettivamente 60.000 e 180.000 persone in condizioni di estrema povertà e senza adeguati servizi e infrastrutture.

Cosa sono le favelas? Immensi slums, presenti in tutto il Sud America, che dagli anni Novanta in poi sono cresciuti a dismisura nei pressi delle città, spesso a pochi passi dai quartieri benestanti. Le case sono costruite con materiali di scarto, spesso dannosi per la salute come nel caso delle lamiere di Eternit e le infrastrutture (fognature, acquedotto per la fornitura di acqua potabile, elettricità) estremamente carenti, così come i servizi essenziali (scuola e sanità).

In queste baraccopoli vivono decine di migliaia di bambini, che spesso costituiscono la maggioranza della popolazione e che vengono, purtroppo, coinvolti nelle attività delle bande di narcotrafficanti come vedette o fattorini.

E’ in queste zone che siamo intervenuti per far sì che le Olimpiadi siano un’opportunità anche per gli abitanti delle favelas. Vogliamo creare spazi sicuri dove i bambini possano imparare, giocare, crescere, e che l’intera comunità riconosca come punti di aggregazione.

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Per questo, collaborando con partner locali e partendo dalle richieste della popolazione locale, abbiamo costruito e ristrutturato asili, biblioteche, sale giochi, campi da calcio, mense e orti biologici. Luoghi dove vengono portate avanti attività educative, ricreative e sportive, con l’obbiettivo finale di crescere e formare i cittadini del futuro.

Scopri di più nella sezione dedicata e aiutaci anche tu a portare avanti questi importanti progetti.

Le Olimpiadi devono essere una grande occasione per tutti.

Fonte:

https://www.actionaid.it/informati/notizie/actionaid-e-coni-per-le-favelas-di-rio-de-janeiro

Road to Rio Ep 18 e 19

 

Dal profilo Facebook di Ivan Grozny Compasso:

A Rocinha vivono ducentomila persone, anche se “i dati della questura recitano sessantamila”. In tanti anni non si è mai pensato a fornire a questa comunità, “pacificata”, un sistema fognario decente e altri servizi di cui ci sarebbe bisogno. Dentro questo mare di casette che si arrampicano su un morro che offre panorami da capogiro, c’è vita. Tanta vita. Guardate questi bambini, ripresi nella loro spontaneità, nel nuovo episodio di ‪#‎RoadToRio‬. Occhio a quello che scende dal camion.

https://www.youtube.com/watch…

Fonte:
https://www.facebook.com/sport.allarovescia.9/posts/1093235777423682?pnref=story
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Pubblicato il 11 ago 2016

Road to Rio Ep 17

Road to Rio Ep 17

Pubblicato il 09 ago 2016

Si deve arrivare a Rio Comprido per raggiungere la comunità di Turano, una favela che si arrampica su di un ripido morro. Siamo qui, in questa che è una comunità sotto continua pressione della polizia (UPP) che troviamo all’ingresso e poi vediamo spuntare di qua e di la. Ma non tutte le strade sono uguali, ecc ecc
Ma noi questa volta ci arrampichiamo fino quassù per un altro motivo. Il samba. Come nasce una canzone.

Fonte: