L’Osservatorio Disagio Abitativo sull’emergenza rifiuti nell’area della ex Polveriera di Ciccarello

Venerdì, 30 Agosto 2019 10:56

L'Osservatorio Disagio Abitativo sull'emergenza rifiuti nell'area della ex Polveriera di Ciccarello

La tutela dell’ambiente e il rispetto per le persone non hanno nessuna connotazione etnica ma rammarica dover leggere sulla stampa come la frustrazione di alcuni cittadini del quartiere Ciccarello venga riproposta, senza alcuna esitazione, con toni di tipo razziale. È ben comprensibile il malcontento delle persone che vivono a Reggio, in zone sommerse dai rifiuti e dall’assenza delle piú elementari regole del vivere civile, ma dare una spiegazione etnica, additando solo un gruppo di cittadini, come la causa di ogni male è fuorviante, quanto inutile.

L’abbandono dei rifiuti per strada è un fenomeno che non ha etnia né classe sociale ma soprattutto colpisce la salute di tutti, indistintamente. È un fatto molto grave che si verifica in tutti i quartieri della città ad opera di moltissimi cittadini, appartenenti a tutti i gruppi sociali e non ad uno solo.

Nell’area della baraccopoli dell’ex Polveriera di Ciccarello, poco meno di 20 famiglie convivono con rifiuti di ogni tipo, soprattutto prodotti dalla demolizione delle baracche operata dal Comune . Sono soprattutto queste famiglie, insieme alle associazioni dell’Osservatorio sul disagio abitativo, a denunciare e a pretendere una bonifica del territorio, insieme alla sistemazione abitativa delle stesse famiglie.

Non c’è alcun dubbio che il conflitto su basi etniche non sia utile a risolvere il problema comune del deturpamento ambientale e del disagio sociale, ma serve ad alimentarlo ulteriormente e a nascondere la gran parte delle responsabilità.

La collaborazione per la diffusione del senso del bene comune che non implichi l’odio per categorie sociali o etniche, insieme alle lotte per la trasparenza e la giustizia sociale, garantirebbero, di certo, un miglioramento socio-ambientale per tutti.

Reggio Calabria, 30 agosto 2019

Osservatorio sul disagio abitativo

Un Mondo Di Mondi –Cristina Delfino – Giacomo Marino

CSOA Angelina Cartella

Società dei Territorialisti/e Onlus

Centro Sociale Nuvola Rossa

Comitato Solidarietà Migranti

Reggio Non Tace

Collettiva AutonoMia

 

 

Fonte:

https://www.calabriapost.net/politica/l-osservatorio-disagio-abitativo-sull-emergenza-rifiuti-nell-area-della-ex-polveriera-di-ciccarello?fbclid=IwAR2tHUVKIK21DYBuoXE8Us0fiNUzgR5ppc2bH-5lRnd4Byo4SVwfVnOsvWY#.XWkFtfpyqIs.facebook

Reggio, riapre la discarica di Motta? Il comitato Comunia dice no

“Non siamo disponibili ad accettare nuovi rischi e disagi per la nostra comunità. Pretendiamo la decontaminazione delle aree inquinate”, dichiara il Comitato

Comunicato stampa

Una nota stampa sulla Gazzetta del sud del 2 agosto ci informa della volontà del Settore rifiuti della regione Calabria e dell’assessore all’ambiente Antonella Rizzo di riaprire e ampliare la discarica in località Comunia del comune di Motta S. G. entro 18 mesi e di riaprire la discarica in località la Zingara nei pressi di Melicucca e S. Eufemia entro 24 mesi.

Pare inoltre che a fine estate verranno consegnati i lavori di conversione dell’impianto di Sambatello da trattamento bio meccanico dei rifiuti (TMB) a impianto di separazione delle varie frazioni differenziate. Pare che il nuovo progetto per la discarica di Motta e quella di Melicuccà verranno presentati nelle prossime settimane.

Come Comitato Comunia teniamo a fare alcune precisazioni e a porre alcune domande: forse sono state fornite alla stampa notizie inesatte in quanto si legge che “sono arrivate dal territorio una serie di richieste, dalla riduzione della volumetria, ad una serie di controlli e monitoraggi” Il comitato Comunia, e così tutte le associazioni Mottesi e non solo hanno sempre e solo chiesto lo stralcio del progetto di riapertura e ampliamento.

Quel che è stato richiesto era ed è solo la messa in sicurezza della discarica esistente e della decontaminazione delle aree da questa inquinate. Già in passato in una nota da noi acquisita il settore Rifiuti dichiarava “… Facendo seguito alle intercorse comunicazioni e agli incontri intervenuti per la risoluzione delle problematiche relative all’intervento di cui all’oggetto ( Il progetto di riapertura e ampliamento della discarica ) si comunica che quest’Amministrazione è giunta alla determinazione di riformulare la proposta progettuale… si ritiene opportuno riprogettare l’intervento di recupero volumetrico della discarica esistente con una volumetria di 300 000 mc …

Certi di avere corrisposto alle istanze di codesta amministrazione si resta in attesa di cortese riscontro” Già allora chiedemmo che l’assessore Rizzo e il Sindaco Verduci chiarissero queste parole che danno l’idea che la richiesta di diminuire la volumetria della discarica sia stata proposta dal Comune di Motta come pegno minimo per poter dare il proprio assenso all’ampliamento della discarica.

Naturalmente non abbiamo ancora avuto risposta motivo per il quale chiediamo nuovamente e questa volta pubblicamente chi altri ritiene indispensabile queste discariche. Teniamo inoltre a chiarire che l’intento di abbancare ancora nella discarica di Comunia risale quantomeno al 2003 anche prima della chiusura della stessa.

Sono passati 17 anni da allora eppure gli unici avanzamenti di impiantistica pubblica e privata nel settore rifiuti sembrano essere l’ampliamento e la costruzione di nuove discariche.

Eppure se vi fossero adeguati impianti di trattamento le discariche non verrebbero saturate in pochi anni anzi, avremmo materie prime da riciclo che ridurrebbero le spese di produzione e il prezzo finale.

Invece l’unica cosa che ha saputo fare la politica calabrese è inviare l’organico in discarica ( mi raccomando ben differenziato però !) con il risultato di usurare gli impianti di separazione (TMB) esistenti e di saturare le discariche.

La frazione umida, la più veloce nel degradarsi al 100 % e che è in media il 60 % dei rifiuti prodotti è stata inviata a riempire le discariche dove, mescolato a plastiche e metalli, può invece creare percolato tossico e emissioni maleodoranti.

Quanto alla riduzione a 300 000 mc ribadiamo che il Piano regionale gestione rifiuti (PRGR) prevedeva 3 discariche per l’ATO di Reggio Calabria e quella di Motta era già prevista con capienza massima ammissibile di 300 000 mc.

Il progetto prima di essere riformulato era pensato per accogliere 500.000 mc con un conferimento per 20 anni e altri 50 anni di vigilanza post chiusura.

Questo perché l’allora concessionario degli impianti di Reggio Calabria ovvero la Veolia con dichiarazioni scritte affermava di essere disponibile a continuare la gestione solo con impianti di dimensioni superiori ai 500.000 mc.

Si potrebbe pensare che fossero state scaricate sulla comunità di Lazzaro il peso di tutti i rifiuti della provincia in quanto qualora venisse approvato il progetto di ampliamento di Comunia questa sarebbe l’unica discarica metropolitana utilizzabile in attesa della riapertura del sito in località la Zingara e dell’individuazione della terza discarica per l’ATO che ricordiamo non è mai stata individuata.

Nonostante le rassicurazioni di volumetrie ridotte e nuovi sistemi di monitoraggio ribadiamo che non siamo disponibili ad accettare nuovi rischi e disagi per la nostra comunità. 17 anni e una procedura di infrazione Europea non sono stati sufficienti per ottenere la messa in sicurezza e la tombatura della discarica ( per altro obbligatoria per legge).

Abbiamo già pagato e ora pretendiamo la decontaminazione delle aree inquinate di Comunia, di Paolia, di Giammassaro e un cambio di gestione del settore rifiuti che devono diventare una risorsa e non un problema.

 

Fonte:

https://www.citynow.it/reggio-riapre-la-discarica-di-motta-il-comitato-comunia-dice-no/?fbclid=IwAR233fz-JOnyt2CjglvD-RfyfHfYEH3rURb_aszN-w9FLp4hGq039DGHlqs

MANIFESTAZIONE A REGGIO CALABRIA PER SOUMAILA SACHO

foto di USB Federazione provinciale di Reggio Calabria.

23 giugno a Reggio Calabria per Soumaila Sacko!

  • sabato dalle ore 10:00 alle ore 13:00
  • Piazza Giuseppe De Nava, 89125 Reggio di Calabria RC, Italia

  • Organizzato da USB Federazione provinciale di Reggio Calabria

APPELLO

Verità e Giustizia per Soumaila Sacko

Tutti/tutte a Reggio Calabria Sabato 23 giugno per proseguire la marcia per i diritti sindacali e sociali dei braccianti e delle braccianti

Vogliamo Verità e Giustizia: chiediamo insieme ai familiari che sia fatta piena luce sull’assassinio di Soumaila Sacko, bracciante e militante sindacale USB, come abbiamo chiesto quando abbiamo rifiutato senza indugio la notizia della reazione a un furto.

Vogliamo proseguire la marcia per i diritti sindacali e sociali dei braccianti e delle braccianti, indipendentemente dal colore della pelle e dalla provenienza geografica: insieme ai lavoratori ed alle lavoratrici di qualsiasi provenienza geografica, alle associazioni e movimenti per la giustizia sociale e la solidarietà, ai disoccupati e precari, agli studenti, alle famiglie e alle persone che già in tutta Italia si sono mobilitate dopo questo tragico delitto, proseguiamo la lotta che stavamo conducendo assieme al nostro compagno e fratello Soumaila Sacko.

Vogliamo diritti e dignità per i lavoratori e le lavoratrici di tutta la filiera agricola: vogliamo e dobbiamo onorare la memoria di Soumaila, e come ci hanno chiesto di fare anche i suoi familiari,
rilanciamo la lotta dei dannati e delle dannate della terra, di chi si spezza la schiena per pochi euro al giorno e ha deciso di non chinare più la testa contro le prepotenze, i caporali e lo sfruttamento. Di chi lavora senza alcuna sicurezza, costretto ad accettarne qualsivoglia conseguenza.

Vogliamo diritti sociali per i lavoratori e le lavoratrici delle campagne: viviamo spesso una condizione assimilabile alla schiavitù ed in condizioni di segregazione sociale, in non luoghi dove si produce l’annullamento delle persone che lo abitano e la privazione dei fondamentali diritti umani. Spesso non abbiamo elettricità, acqua e riscaldamento. Non abbiamo una casa, ma solo rifugi di fortuna. Siamo esclusi dalle società, siamo non-umani che vivono in non-luoghi. Siamo invisibili, salvo ridiventare visibili quando torniamo a lavorare nei campi e veniamo sfruttati e sfruttate. Rivendichiamo l’urgenza di un inserimento abitativo dignitoso.

Vogliamo la bonifica dell’area dell’Ex-Fornace “TRANQUILLA” riportata agli onori della cronaca dopo i fatti del 2 giugno 2018, considerata la discarica dei veleni più pericolosa d’Europa a
causa dell’interramento di 130mila tonnellate di rifiuti industriali tossici. Il processo si sta per chiudere con un nulla di fatto, mentre la gente del circondario continua ad ammalarsi e a morire di cancro. Lo chiediamo insieme agli abitanti delle comunità locali che spesso vengono ingannate da campagne strumentali e razziste mentre vivono sulla propria pelle le conseguenza della crisi economica e sociale.

Vogliamo sicurezza per le lavoratrici delle campagne: esse vivono doppiamente lo sfruttamento e la vulnerabilità sulla propria pelle in quanto lavoratrici braccianti e in quanto donne. Esattamente come
accadeva nel bracciantato della seconda parte dell’Ottocento negli USA nei confronti delle donne nere schiavizzate.
Non vogliamo la guerra tra poveri: rifiutiamo la guerra tra poveri che ci vorrebbe contrapposti ai cittadini e alle cittadine del comprensorio, agli italiani e alle italiane, agli abitanti e alle abitanti della Piana di Gioia Tauro. Rifiutiamo la contrapposizione non solo nel mondo dell’agricoltura ma anche, ad esempio, dei 400 licenziati del porto di Gioia Tauro. Siamo consapevoli che i nostri problemi non sono generati dall’altro, dal diverso, ma dalle politiche attuate dai diversi Governi, che ci vogliono contrapposti per distogliere la nostra attenzione dal vero nemico, da ciò che ci ha impoverito, resi privi di diritti e diseguali. Siamo esseri umani non sudditi e (R)Esistiamo.

Mandiamo un abbraccio ai nostri fratelli che lavorano nella logistica che il 23 giugno marceranno a Piacenza. A fianco dei compagni di Abd Elsalam, ucciso perché difendeva i diritti dei
suoi compagni contro i soprusi delle multinazionali della logistica. La lotta di noi sfruttati non ha confini, insieme diventiamo imbattibili.

Vogliamo manifestare con gli abitanti della Piana di Gioia Tauro e della Calabria tutta, che non ci stanno a essere etichettati come razzisti e che quotidianamente sono impegnati nel promuovere la
cultura del rispetto delle diversità, ma che ancora una volta vengono cancellati nella rappresentazione mediatica di un territorio che non corrisponde alla realtà.

Invitiamo tutti e tutte alla manifestazione di Sabato 23 giugno 2018 dalle ore 10.00 con partenza da Piazza De Nava (Reggio Calabria): per Soumaila Sacko e per proseguire la marcia per i
diritti sindacali e sociali dei braccianti e delle braccianti e di tutti i lavoratori della terra.

#SoumailaSacko#Primaglisfruttati#Restiamoumani

Per adesione: [email protected]

USB (Unione Sindacale di Base) – Coordinamento Lavoratori agricoli USB – Associazione maliana di solidarietà – Potere al Popolo – Sinistra Anticapitalista – Partito della Rifondazione Comunista Sinistra Europea – Partito Comunista Calabria – Fronte della Gioventù Comunista Calabria – Coalizione Internazionale Sans-Papiers Migranti e Rifugiati (Italia) – Movimento Migranti e Rifugiati – Associazione Ivoriani e West Africa – FuoriMercato Autogestione in Movimento – Associazione Rurale Italiana (ARI), membro del Coordinamento Europeo Via Campesina (ECVC) – Mimmo Lucano, Sindaco di Riace – Campagna LasciateCIEntrare – ACAD (Associazione contro gli abusi in divisa) – Rete dei Comuni Solidali – Il Sud che sogna – Società dei territorialisti – Rete Restiamo Umani – Osservatorio sul disagio abitativo – SOS Rosarno – CoSMi (Comitato Solidarietà Migranti) – c.s.c. Nuvola Rossa – EquoSud – Ass. Yairaiha – Ass. Il Brigante Serra San Bruno – Ass. La Kasbah Cosenza – Ass. Magnolia – Ass. Ponti Pialesi – Ass. Un mondo di mondi – c.s.o.a Angelina Cartella – Spazio Autogestito Sparrow Cosenza – Sportello Sociale Autogestito Lamezia Terme – Comitato Piazza Piccola Cosenza – Comitato PrendoCasa Cosenza – CPOA Rialzo Cosenza – RASPA (Rete delle associazioni Sibaritide-Pollino per l’autotutela) – Comitato Verità Democrazia e Partecipazione Crotone – Rete Antirazzista Catanese – Arci provinciale Reggio Calabria – Arci provinciale Crotone – Circolo Arci “Il Barrio” – Circolo Arci “Gli spalatori di nuvole” – Circolo ARCI “Culture in… Movimento” – Legambiente Reggio Calabria – Collettiva AutonoMia – Non una di meno Reggio Calabria – Mani e Terra SCS Onlus – Cooperativa Agorà Kroton – Società Cooperativa Sankara – ReggioNonTace – Ciavula.it – Cobas telecomunicazioni Cosenza – Associazione dei Comuni della Locride – Francesca Danese, già Assessora alle Politiche Sociali, Salute, Casa ed Emergenza Abitativa del Comune di Roma – Circolo del Cinema “Cesare Zavattini” Reggio Calabria – Eleonora Forenza, Eurodeputata GUE/NGL – Progetto Diritti onlus – Transform Italia – Francesco Piobbichi, operatore sociale – Associazione “Il Viandante” – Collettivo studentesco Catanzaro – Gruppo Scuola Hospital(ity) School – Collettivo Mamadou Bolzano – Baobab Experience – A buon diritto

Fonte:

IL LIBANO SCENDE IN PIAZZA. CHE SUCCEDE NEL PAESE DEI CEDRI?

La fine del mese di agosto ha visto l’accendersi di un forte movimento di protesta in Libano. In migliaia sono scesi in piazza a Beirut per protestare contro il mancato intervento delle autorità nello smaltimento dei rifiuti, allo stesso tempo contestando anche la corruzione e l’immobilità della classe politica del paese. Di seguito l’intervista ad Elia El Khazen, 29 anni, attivista del “Socialist Forum” di Beirut.

 

Quali sono i motivi che hanno portato recentemente tante persone a manifestare a Beirut? Come è nata la protesta che scoppiata nella capitale del Libano? Quali gli slogan ed i claims di chi è sceso in strada a far sentire la sua voce?

Dalla fine del mese di luglio, si stanno verificando proteste in Libano contro il fallimento del governo, per concordare un nuovo contratto per lo smaltimento dei rifiuti e il conseguente accumulo di rifiuti per strada . Alcune di queste proteste hanno avuto luogo spontaneamente nei quartieri più poveri, dove a partire dal 1998, il governo ha designato che la spazzatura di Beirut e del Monte Libano fosse destinata in una discarica a sud di Beirut (Naameh), e alcune proteste sono state organizzate dagli attivisti dei social media utilizzando l’hashtag ‘YouStink’ – “Puzzate”. Le manifestazioni hanno raggiunto uno dei punti più alti della storia contemporanea nella giornata di sabato 29 agosto, con decine di migliaia di persone – alcune stime dicono fino a 100.000 – convergenti per protestare contro entrambi i poli della classe dirigente. Il 29 agosto si è anche contestata, tra le altre cose, la violenza di stato che si è verificata in un modo senza precedenti nella manifestazione del 22 agosto e nelle altre proteste seguenti. Le richieste dei manifestanti variano tra il comunicato ufficiale degli organizzatori del movimento “YouStink” che chiedono un programma riformista esigendo impegni di responsabilità sul tema della repressione di stato e reclamando le dimissioni sia del ministro dell’ambiente e della sicurezza interna; inoltre viene richiesto il decentramento del riciclaggio dei rifiuti da parte del comune di Beirut e la richiesta di elezioni parlamentari. Le richieste delle parti della società più radicali e rivoluzionarie fanno leva lotte di carattere sociale per abbattare il regime nel suo complesso, richiamandosi all’idea della costituzione di comitati popolari ovunque per rovesciare l’attuale regime settario. Questi movimenti più radicali chiedono anche la creazione di una società laica e statale, lo scioglimento del parlamento, elezioni immediate sulla base di una non settaria proporzionale rappresentanza.

 

Qual è stato il livello di repressione di questa protesta da parte delle forze dell’ordine?

Il 22 agosto, la polizia antisommossa ed i soldati hanno usato i manganelli, cannoni ad acqua, gas lacrimogeni e anche proiettili veri contro migliaia di manifestanti che si erano riuniti nel centro di Beirut. La retorica che ha preceduto questa oppressione da parte dello Stato era quella avviata dagli organizzatori di “YouStink”, i quali all’inizio delle proteste avevano etichettato una considerevole porzione di altri manifestanti come “infiltrati” e “provocatori”: questo ha dato carta bianca a qualsiasi repressione che sarebbe seguita. Fortunatamente la maggior parte dei manifestanti ha riggettato l’etichetta di “infiltrati” e contrapposto il tentativo di dividere il movimento tra quello di un “pacifico” corteo della società civile in piazza Martyr e quello degli “infiltrati violenti” nella piazza Riad el Solh, gridando slogan come “siamo TUTTI infiltrati, non abbiamo bisogno di attivisti benpensanti per etichettarci “- indossando queste parole sulle magliette e dipingendole sui muri. Per quanto riguarda i numeri della repressione, più di 24 persone sono ancora detenute, 7 dei quali sono minorenni…

 

Il Libano è situate nel cuore del medio – oriente, confinante con la Siria ed Israele. Qual è stata l’influenza della crisi Siriana? Quali i rapporti con Israele oggi?

Libano è stata enormemente influenzata dai suoi vicini ed è a sua volta restituito il favore. In primo luogo, Israele ha invaso il Libano innumerevoli volte da quando quest’ultimo ha proclamato l’indipendenza, creando pretesti per invasioni vuoti e senza senso, commettendo genocidi e bombardando molti villaggi e città, distruggendo le infrastrutture ed uccidendo i civili. L’aggressione di Israele del 2006 è stato uno degli ultimi esempi di continue violazioni di Israele che ha interessato gran parte delle infrastrutture e la capacità di stare in piedi sulle proprie gambe del Libano, questo senza togliere la presenza nel paese di una classe politica corrotta, nei suoi due poli, che ha governato Libano dalla fine della guerra civile. Due poli politici che hanno fallito miseramente nel fornire il più fondamentali dei servizi alle persone che risiedono in Libano, al contrario entrambi i poli hanno presieduto la continuazione delle politiche neoliberiste e la protezione perpetua del settore bancario che detiene oltre il 60 % del debito pubblico. Per quanto riguarda il regime siriano, è stato intrinsecamente legato alla classe dirigente libanese sin dalla sua occupazione del Libano nel 1976. Con l’inizio della rivoluzione siriana nel 2011, Hezbollah è stato coinvolto nel salvataggio del regime siriano al fine di evitare che collassasse completamente. Dal 2012 questo a sua volta ha polarizzato la scena politica in Libano e fatto si da mettere la difesa del regime come unica ragion d’essere di Hezbollah, politica perseguita dalla sconfitta contro Israele nel 2006. Con l’escalation delle politiche neoliberiste negli ultimi anni attraverso le privatizzazioni ed i tagli sulle prestazioni dei lavoratori, molte sezioni della popolazione libanese usate per supportare Hezbollah stanno mettendo in discussione la loro fedeltà e riconsiderano se vale ancora la pena e se è ancora una priorità che i loro figli della classe operaia sono inviati a morire in Siria inutilmente mentre la loro classe dirigente sta al caldo nelle loro case, mentre la popolazione ha una molto limitata accesso ad acqua, elettricità e altri servizi di base. Il 29 agosto la manifestazione ha visto il più grande afflusso di settori della classe operaia che soffrono di più dalla crisi gestione dei rifiuti e altre crisi da entrambi i sobborghi di Beirut e nelle aree rurali con organizzazioni locali alle loro prime fasi. Nella parte Siriana i profughi sono quelli che stanno scoprendo il più il peso della crisi della gestione dei rifiuti e altre crisi socio-economiche, ma sono purtroppo esclusi da qualsiasi protesta o manifestazione per i loro diritti più elementari, dato che lo stato libanese ha fatto si da negare loro sia fisicamente che ideologicamente ogni possibilità di organizzazione collettiva o di sindacalizzazione.

 

Cos’è il Forum Socialista? Quali le sue prospettive politiche?

Il Forum Socialista è un’organizzazione socialista rivoluzionaria in Libano. E’ emerso tra i due gruppi di sinistra radicale nel 2010. Ma ciascuno di questi gruppi ha una storia: uno di loro è iniziato nel 2000 e l’altra nel 1970. Fondamentalmente nel Forum Socialista abbiamo due pubblicazioni. Uno di loro è un quotidiano una piattaforma online quotidiana di nome “Al-Man –Hour”. L’altro è una rivista periodica araba che viene pubblicata due volte l’anno come un libro, prodotta da gruppi proveniente da Egitto, Siria, Tunisia, Marocco e Iraq. Il suo nome è “Thawra Daima” e si traduce in “Rivoluzione permanente”, un motto trozkista. I nostri gruppi hanno tenuto posizioni di sostegno alle rivolte arabe e le rivolte in tutto il mondo. Vediamo che la situazione attuale richiede una posizione che faccia da bussola nella realtà sulla questione della resistenza al capitalismo e la resistenza contro la dittatura, insieme con e per la democrazia progressista. Il forum Socialista è anche un ente fondatore del “Shaab Al youreed”, movimento formato in seguito alla protesta del 22 agosto scorso prima citata. Questo movimento raggruppa studenti, femministe radicali, attivisti di sinistra ed indipendenti sotto la bandiera di un movimento e si propone di elevare la discussione politica a una visione più strutturale della crisi in corso, facendo un collegamento di altre lotte tra loro. La nostra strategia è quella di andare verso la formazione di un partito politico, un partito rivoluzionario in Libano.

 

 

Fonte:

http://www.dinamopress.it/news/il-libano-scende-in-piazza-che-succede-nel-paese-dei-cedri

 

I RIFIUTI TOSSICI INTERRATI E AFFONDATI IN CALABRIA

Originariamente pubblicato sul n. 1 – anno 1 del periodico di informazione giuridica Diritto21, a diffusione interna al dipartimento DiGiEC dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria.

Di Giuseppe Chiodo:

 

I nuovi M(u)ostri che minacciano il Sud

Parte II: i rifiuti tossici interrati e affondati in Calabria

 

Le viscere della Calabria sono da tempo il cimitero di quantità sterminate di rifiuti tossici e radioattivi? Questo l’allarmante interrogativo che sembrerebbe emergere dal blocco di documenti recentemente declassificati dal Governo, su pressante richiesta dell’associazione ambientalista Greenpeace. Decine di dossier dei servizi segreti e verbali di audizioni di alcune commissioni parlamentari d’inchiesta, a fronte degli oltre 3000 ancora soccombenti alla “ragion di Stato”, sono dunque a disposizione dei cittadini. E descrivono un quadro inquietante.
Terra e mare sarebbero state infatti utilizzate come oscuri “pozzi” nei quali gettare, senza preoccuparsi delle conseguenze sanitarie, ambientali e penali, rifiuti di non meglio identificata natura, da parte di un’organizzazione senza scrupoli avente come terminale le cosche della ‘ndrangheta operanti sui singoli territori, sotto la “direzione”, forse, di apparati deviati dello Stato.
Il documento n. 488/03, facente parte del “patrimonio conoscitivo” della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti (della XVI legislatura), è probabilmente il più esaustivo e preoccupante. In questo stralcio di appunto originato dall’AISI (l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna) molte pagine sono dedicate alla vicenda delle cd. “navi a perdere” e alle dichiarazioni del controverso collaboratore di giustizia Francesco Fonti, il quale “[…] ha riferito del coinvolgimento della ‘ndrangheta nel traffico internazionale di scorie nucleari, realizzato attraverso […] l’affondamento pilotato di una serie di motonavi (circa una trentina) all’interno delle quali erano stivati rifiuti pericolosi”. Oltre al più noto caso del “Cunsky”, il cui relitto sarebbe stato identificato al largo di Cetraro (salvo poi rivelarsi invece quello di una nave passeggeri colata a picco nel 1917), l’ex malavitoso si sarebbe addossato la responsabilità dell’affondamento di almeno altri due natanti, di cui uno, il “Voriais Sporadais”, sarebbe stato inabissato al largo di Melito Porto Salvo. Con dentro 75 bidoni di sostanze tossiche.
Anche gli impervi territori della Calabria sarebbero stati oggetto di costanti sversamenti. Africo, Serrata, la zona aspromontana, le Serre e il vibonese sono alcune delle località ricorrenti nel dossier, zeppe di rifiuti tossici e radioattivi provenienti da depositi del Nord e Centro Italia, di scorie tossiche e radioattive arrivate dalla Germania, di non meglio identificate sostanze pericolose trasportate fin qui dall’Est Europeo. Dati che farebbero il paio, ad esempio, con alcune informative dei Carabinieri agli atti dell’inchiesta “Saggezza”, contenenti la trascrizione di intercettazioni in cui due presunti appartenenti all’organizzazione massonico – ‘ndranghetistica oggetto d’indagine confessano che “Ne hanno sotterrati di questi cosi tossici qui nella montagna, che glieli hanno portati i <<pianoti>>, che lì a Gioia Tauro dice che stanno scoppiando che Dio ce ne liberi”; nella cittadina da cui prende il nome la Piana, infatti, sempre secondo i soggetti inconsapevolmente ascoltati dalle forze dell’ordine, “dicono che a ogni albero di ulivo c’è un bidone”.
Ad occuparsi della verifica della fondatezza di queste copiose notizie di reato, tra gli altri, ci pensò all’epoca dei fatti (che le note dei servizi fanno risalire ai primissimi anni ’90) il dott. Francesco Neri, sostituto procuratore a Palmi; lo stesso magistrato che dispose il coraggioso sequestro dell’area che in quel medesimo periodo veniva deturpata per la costruzione del porto di Gioia Tauro, e l’iscrizione nel registro delle notizie di reato di ben tredici differenti ipotesi che coinvolgevano il Consiglio di Amministrazione dell’Enel, principale investitore: dalla violazione delle norme urbanistiche e dell’ambiente, alla turbativa d’asta e delle norme sugli appalti. Inchieste, entrambe, poi risoltesi in un nulla di fatto. Così l’epilogo è forse lo stesso del profetico libro sull’argomento dei giornalisti Giuseppe Baldessarro e Manuela Iatì, “Avvelenati”: “Un mare di <<ho sentito dire>>, <<ho saputo>>, <<ho notizia>>. Dal caso Alpi al traffico di armi, dalle scorie alle banche svizzere, dalla ‘ndrangheta ai servizi segreti. Mai una verità coincidente con un’altra, mai una prova vera. Solo tanti interrogativi sparsi su poche certezze. E tutti restiamo avvelenati”. Ma il procuratore Cafiero de Raho è già al lavoro per cambiarlo.

IL RINNOVO DELL’ORDINANZA REGIONALE SUI RIFIUTI SAREBBE UN ERRORE

12 Nov 2014
Scritto da C.S.O.A. ANGELINA CARTELLA

Alla città e alla Calabria serve altro


È sicuramente un’eredità pesante quella ricevuta dal neo Sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, tante sono le problematiche cui dovrà provare a dare soluzioni e in tempi drammaticamente rapidi. Una di queste è l’ennesima emergenza rifiuti ormai alle porte, un evento scontato per chi ha seguito in questi anni le dinamiche legate al sistema di raccolta e smaltimento regionale.

Certo non è cosa facile affrontare un sistema regionale dei rifiuti come quello calabrese, dominato dalle speculazioni e dal malaffare, come denunciato da quell’“anarcoambientalista” di Pecorella ai tempi in cui era Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti in Calabria. Non sono bastati a questo proposito né i quindici anni di commissariamento del settore, né tantomeno i due anni di gestione “ordinaria” fatti a suon di provvedimenti tampone e di scelte che tutto hanno avuto tranne che carattere programmatico.

Il ritornello oramai stantio atto a giustificare la situazione lo conosciamo bene: la Regione ha ricevuto dal Commissario un sistema disastroso (dimenticandosi però di dire che diversi degli attori protagonisti dell’ attuale gestione, sono stati protagonisti dell’ufficio commissariale), per rimettere a posto le cose ci vogliono ingenti investimenti che la regione non può al momento affrontare perché non ci sono somme in bilancio e inoltre vanta un enorme credito dai comuni calabresi quasi tutti insolventi, i comuni non hanno le risorse per pagare i loro debiti, e poi perché dovrebbero pagare per un servizio che non hanno ricevuto? Inoltre quegli incivili dei calabresi non fanno la differenziata e non pagano neanche le tasse… Ècosì che va avanti l’eterno rimpallo di responsabilità che vede come unici perdenti i cittadini calabresi e come allegri vincitori i gestori di discariche, impianti e di servizi connessi al ciclo dei rifiuti.

È all’interno di questo scenario che in questi giorni abbiamo letto degli incontri e delle proposte avanzate dal Sindaco Falcomatà, come la richiesta di rinnovo dell’ordinanza regionale che autorizza il conferimento in discarica dei rifiuti non trattati, un atto questo fortemente osteggiato da noi e da tutti i comitati calabresi che si sono occupati in questi anni della questione rifiuti. Così come denunciato in passato, noi crediamo che questa proposta sia decisamente sbagliata: l’ennesima soluzione tampone che non risolvendo il problema ne amplifica la portata.

Non è il livello comunale quello a cui stiamo facendo riferimento: non possiamo di certo addossare la colpa a Falcomatà della situazione, né pretendere da lui la bacchetta magica per risolvere un problema pluriennale. Ma ci domandiamo perché chiedere di reiterare un atto, un’ordinanza “straordinaria” ma in piedi ormai da 18 mesi, che avrebbe valenza regionale, che andrebbe a togliere le castagne dal fuoco al Dipartimento Politiche per l’Ambiente regionale che in questi anni ha continuato il “lavoro” dell’Ufficio del Commissario, senza soluzione di continuità, teso a incentivare discariche e megaimpianti a discapito della differenziata e della riduzione dei rifiuti, aumentando i costi collettivi e gonfiando le casse delle lobbies del settore.

Non si potrebbe chiedere una deroga per i soli Comuni che dovrebbero far riferimento all’impianto di trattamento di Sambatello, che non funziona da un tempo ormai imprecisabile, invece di richiedere l’estensione del provvedimento a tutto il territorio calabrese? Non si potrebbe, inoltre, per tamponare l’emergenza, emanare un’ordinanza comunale che imponga la separazione umido-secco dei rifiuti e il conferimento solo della frazione umida e lo stoccaggio della secca, nell’attesa che si possa organizzare una raccolta porta a porta?

Questi sono solo due piccoli spunti. Noi riteniamo improcrastinabile una netta inversione di tendenza nel settore rifiuti, un cambio di rotta che, aldilà dei facili slogan, possa riconsegnare nelle mani dei Comuni la responsabilità delle gestioni, e non allontanarla sempre più dai cittadini, come disegnato dalla legge di riordino e dalle politiche nazionali. Una svolta che punti fortemente alla differenziata, non solo per raggiungere – e magari superare – le percentuali previste dalla legge, ma anche per gestirne i proventi della vendita, che punti a piccoli impianti di prossimità, per il compostaggio e il recupero dei materiali, e non ai megaimpianti e alla filiera finalizzata alla pratica barbara e scellerata dell’incenerimento dei rifiuti.

Il Comune di Reggio, il più grande della Calabria, può fare da testa di ponte per una gestione virtuosa e trasparente del ciclo dei rifiuti, pubblica e partecipata, non ascoltando le sirene dei professionisti del settore ma guardando all’interesse e al benessere dei suoi abitanti e dei calabresi tutti.

 

Fonte:

 

http://www.csoacartella.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1046:il-rinnovo-dellordinanza-regionale-sui-rifiuti-sarebbe-un-errore&catid=7:comunicati&Itemid=2

 

 

Il triangolo chimico delle Bermuda

30 luglio 2014 – 16:13

bermuda

Alcuni anni fa la BBC, volendo dimostrare che le teorie sul Triangolo delle Bermuda sono una leggenda metropolitana, ha cominciato a raccogliere i dati sulle sparizioni di navi nelle zone marittime di diverse parti del mondo.

La conclusione è stata che ci sono decine di siti con livelli molto più elevati di incidenti nautici.

Un’indagine più attenta avrebbe mostrato che il triangolo più “misterioso” non è quello in Florida, ma nel tratto di mare tra l’Italia, la Grecia e le coste dell’Africa.

Questo è il “Triangolo Mediterraneo delle Bermuda”, dove la ‘ndrangheta calabrese per decenni avrebbe affondato navi che trasportavano rifiuti tossici e radioattivi.

Anche se meno noto al grande pubblico, rispetto a “Cosa Nostra” siciliana e alla “Camorra” napoletana, la ‘ndrangheta calabrese era il più forte sindacato del crimine nell’Italia degli anni ’90.

Con un fatturato superiore a quello della FIAT, la ‘ndrangheta è sospettata della “scomparsa” di almeno 30 navi con rifiuti tossici che altrimenti dovevano essere smaltiti con costosi processi, e che saranno un pericolo per l’ambiente.

Non è esagerato pensare che queste azioni illegali hanno avuto anche un ruolo geopolitico in un’area che si estende dalla costa Italiana del Mediterraneo al Corno d’Africa.

L’esempio più eclatante è stata la Somalia. Gli sforzi dei pescatori locali per evitare l’affondamento di sostanze tossiche nei pressi delle loro coste, con la creazione di gruppi di autodifesa armata, a poco a poco hanno portato al fenomeno della pirateria.

Il circolo vizioso è evidente: la Somalia, è rimasto nel caos dopo l’intervento americano nel 1993, è diventata facile preda delle mafie italiane, generando in risposta il fenomeno della pirateria e quindi nuovi interventi e bombardamenti americani con il pretesto di trattare … la pirateria.

Nelle ultime settimane, però, il “Triangolo Mediterraneo delle Bermuda” è tornato di attualità. Questa volta non per inghiottire vecchie e rugginose imbarcazioni della mafia italiana, ma per la presenza di navi più moderne della Marina degli Stati Uniti e di altri paesi che accompagnano la famosa «Cape Ray», che porta a bordo tonnellate di Armi Chimiche Siriane.

Essi sono “criminali in segreto”, ha detto il Prof. Pissias, leader dell’organizzazione “Free Mediterraneo”, partecipando alla manifestazione contro l’idrolisi.

Giovedi 24 Luglio in una conferenza stampa congiunta a organizzazioni e istituzioni coinvolte nella protesta in mare a Chania, il Prof. Pissias ha parlato di “governi tossici” e “regimi tossici”, e collega il caso con il dramma costante dei Palestinesi a Gaza.

Non è un caso che l’iniziativa “Free Mediterraneo” partecipa con la leggendaria imbarcazione “Agios Nikolaos” che forzò per la prima volta, nel 2008, l’assedio israeliano di Gaza.

E’ ironico constatare che la Cape Ray ha ricevuto il carico tossico nel porto di Gioia Tauro (l’antica Metauros), porto di cui si sono servite le organizzazioni criminali italiane per allestire le navi tossiche che oggi giacciono nel fondo del Mediterraneo

Questa volta, tuttavia, non saranno i rifiuti tossici che porteranno sviluppi geopolitici, come nel caso della Somalia, ma gli sviluppi geopolitici che ripristineranno lo stato di tossico al Mediterraneo.

E mentre i responsabili dell’Idrolisi continuano a ripetere che non vi è alcun rischio, le condizioni di assoluta segretezza imposte sin dall’inizio sembrano simili alla omertà delle mafie italiane, nonostante siano coordinate da organismi internazionali e supervisionate dalle Nazioni Unite.

Anche se non ci saranno incidenti, il processo sperimentale di Idrolisi è solo il primo passo alla riconversione del Mediterraneo in discarica.

fonte : www.efsyn.gr/?p=220521

[ndr] per approfondire il contenuto del post si consiglia la lettura delle informazioni redatte e gestite da Legambiente sul sito : www.navideiveleni.it

 

Tratto da http://www.sosmediterraneo.org/triangolo-chimico-bermuda/

RIFIUTI RADIOATTIVI A MOTTA SAN GIOVANNI?

 

Alla luce delle recenti e gravissime notizie di cronaca per cui, da atti desecretati a firma dei servizi segreti italiani SISME e SISDE, sembrerebbe certa la presenza di rifiuti tossici e/o radiottivi sul territorio del Comune di Motta San Giovanni, mi ritrovo costretto a ricordare che in data 10 dicembre 2010 inviavo una segnalazione al Sindaco del Comune Motta San Giovanni, ad altre istituzioni e agli Organi d’informazione manifestando le mie forti perplessità sulla possibile riapertura della discarica comunale di RSU di Comunia. In tale occasione, tra l’altro scrivevo” Un inquietante interrogativo da oltre un decennio assilla lo scrivente. Siamo sicuri che presso le discariche di Motta San Giovanni Don Candeloro e di Lazzaro Comunia non siano stati nel tempo e ancora oggi, scaricati rifiuti radioattivi e ospedalieri?” Visto che nessuna iniziativa, salvo diversa dimostrazione, sembra sia stata intrapresa per dissipare in maniera definitiva e certamente sicura tale dubbio, ed in considerazione che chi ci amministra continua a non riservare l’interesse che si dovrebbe alle criticità ambientali che insistono sul territorio di Motta SG, tenuto conto che l’ARPACAL ha programmato delle aree sensibili nel territorio calabrese da sottoporre a screening aereo, lo scorso 7 aprile chiedevo al Direttore Generale dell’ARPACAL di Catanzaro dott.ssa Sabrina Sant’Agati e ad altre istituzioni di voler inserire nelle aree selezionate, qualora non risultasse in programma, le aree sensibili del Territorio di Motta San Giovanni interessando anche le aree ove insistono la discarica comunale di RSU, dismessa nel 2003 l’attiguo impianto di compostaggio, la vicina cava ove sono stati interrati oltre 100 mila tonnellate di rifiuti pericolosi della centrale elettrica di Brindisi, e l’area di Motta San Giovanni località Cambarere ove insiste la discarica comunale di RSU di Don Candeloro, dismessa. In merito a quest’ultima evidenziavo l’opportunità di tali controlli poiché la Guardia di Finanza di Reggio Calabria avrebbe nel mese di febbraio 1998 svolto degli accertamenti scaturiti da una segnalazione concernente lo scarico di materiale radioattivo e rifiuti ospedalieri, sicuramente eseguiti senza l’ausilio di strumenti idonei a rilevare la presenza del materiale segnalato. Sarebbe opportuno estendere i controlli nelle aree a monte dell’abitato di Motta San Giovanni comprese le località Sarto e Sant’Antonio.
Insisto nel ripetere che la salute della popolazione non viene tutelata come si dovrebbe. Chiediamo che la popolazione venga informata sull’attività svolta dall’Amministrazione comunale e soprattutto che venga informata in dettaglio in merito ai sondaggi recentemente effettuate presso la discarica comunale di Comunia e le aree circostanti, in particolare quali e quanti punti siano stati sondati, quali analisi siano state effettuate, quali siano stati i risultati in dettaglio e se siano stati effettuati adeguati controlli per eventuale presenza di radioattività con adeguati strumenti. Una così grave situazione, certificata dai suddetti documenti precedentemente coperti dal segreto di Stato, richiederebbe interventi urgenti, efficaci e straordinari: mi spingo persino a richiedere, se necessario, l’intervento dell’esercito con i suoi reparti specializzati, al fine di monitorare ed eventualmente bonificare l’intero territorio comunale.
Purtroppo alla luce di tutto ciò appare ancora più grave la mancata attivazione del “registro regionale delle patologie tumorali”. L’amministrazione comunale dovrebbe pensare maggiormente a tutelare la salute dei cittadini per farli vivere in un ambiente certamente salubre, invece di cercare continuamente di dissuadere lo scrivente dall’azione svolta a tutela dell’ambiente. E’ sconcertante che di fronte alle mie documentate segnalazioni, certificate non solo dai funzionari dello Stato ma anche dalla stessa amministrazione comunale, la Giunta abbia dato mandato al Sindaco di tutelare l’immagine e la reputazione dell’amministrazione comunale (a loro dire i miei comportamenti procurerebbero artatamente pericolosi, oltre che assolutamente ingiustificati e ingiustificabili allarmismi e stati di preoccupazione nella popolazione). Se a seguito delle mie segnalazioni documentate e documentabili sono stati tra l’altro eseguiti dei sequestri e rimosse alcune situazioni di pericolo per la salute e l’incolumità pubblica, se la stessa amministrazione comunale certifica la veridicità di quanto da me segnalato non si comprende quali danni avrebbero arrecato le mie segnalazioni. L’Amministrazione comunale dovrebbe invece attivarsi ad utilizzare correttamente il denaro dei cittadini, bonificando, tra l’altro, le discariche disseminate sul territorio mottese ed evitare di affrontare inutili vertenze giudiziarie che già sicuramente hanno comportato un notevole esborso di risorse pubbliche.
Vincenzo CREA
Referente unico dell’ANCADIC Onlus
e Responsabile del Comitato spontaneo “Torrente Oliveto”

 

Fonte:

http://www.zoomsud.it/index.php/flash-news/69113-rc-la-denuncia-di-vincenzo-crea-rifiuti-radioattivi-a-motta-san-giovanni.html

 

#DECIDIAMO NOI! SABATO 10 MAGGIO MANIFESTAZIONE REGIONALE A COSENZA PER DIRE BASTA ALLA SPECULAZIONE SUI RIFIUTI

 

 

#Decidiamo_Noi_webMANIFESTAZIONE REGIONALE 10 MAGGIO 2014 COSENZA
E’ sempre un buon momento per far valere le ragioni collettive contro quelle di pochi speculatori. Dopo diciassette anni di emergenza e regimi commissariali, la problematica del ciclo dei rifiuti è così intimamente legata a questioni ambientali, economiche e sanitarie, che non c’è più bisogno di un momento significativo per rivendicare il diritto di poter vivere in un territorio salubre e gestito con criteri di trasparenza e partecipazione.
La gestione in emergenza dei rifiuti ha avuto, come conseguenze, un indebitamento progressivo degli enti pubblici, l’inquinamento sistematico del territorio, spesso divenuto insalubre e inadatto alle attività umane e animali. Il consolidarsi ed il reiterarsi all’infinito di una situazione problematica alla quale non si trovano, e non si vogliono trovare, altre soluzioni che non siano l’apertura di nuove discariche, l’ampliamento di quelle esistenti (o non meglio identificati centri di stoccaggio), il conferimento all’estero e l’incenerimento, determinando costi sempre crescenti. Costi che diventano addirittura insostenibili in periodo di crisi di sistema come quella che stiamo vivendo, nella quale lo stesso processo di
indebitamento delle pubbliche amministrazioni produce un costante inasprimento delle politiche di austerity. La gestione, palesemente clientelare del territorio, viene pagata cara anche in termini di agibilità democratica della popolazione che, sempre in ragione dell’emergenza, si vede volutamente privata della propria capacità di esercitare e far valere il diritto alla salute e all’abitare il proprio territorio. [continua]

 

AUTOBUS:
* da LAMEZIA TERME per info: 338.5037210; 328.3748354 (contributo € 5,00)


* da REGGIO CALABRIA info e prenotazioni [email protected]

 

DOCUMENTAZIONE: comunicato 23 aprileosservazioni alla IV commissione ambiente

 

SOCIAL NETWORK: facebook – twitter

 

MATERIALI: locandinatesto impaginatospot audio MP3

 

 

 

Fonte:

http://www.difendiamolacalabria.org/?page_id=10111

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Chernobyl

Tratto da “Gaia – Il Pianeta che vive” di Mario Tozzi, 2005.La notte del 25 Aprile 1986 esplose il reattore nucleare di Chernobyl, in Ucraina, al confine con la Bielorussia. L’esplosione avvenne in seguito a gravi errori di valutazione, in seguito ad una esercitazione di simulazione di un incidente.Il video mostra le fasi dell’incidente, la diffusione della nube tossica nell’intero pianeta, l’evacuazione di intere città e gli effetti terribili delle radiazioni sui primi soccorritori e sui soldati che costruirono il “sarcofago”. Le crude immagini di repertorio ci danno un’idea della tragedia che si è consumata, i cui effetti sono visibili ancora oggi. Un vasto territorio è ancora totalmente contaminato e c’è un incremento esponenziale di tumori e leucemie nelle popolazioni limitrofe. Attualmente i più colpiti sono i bambini.

Il filmato si conclude con gli ancora insoluti interrogativi circa l’uso dell’energia nucleare, primo fra tutti il problema delle scorie, che nessuno è mai riuscito a risolvere