Informazioni su Per un'informazione libera

Sono Donatella Quattrone. Sono una blogger da alcuni anni . Mi sono occupata prima di cultura generale e poi di controinformazione ( se preferite, vera informazione o informazione alternativa). Avevo un blog su splinder prima che la piattaforma chiudesse. Poi sono passata a iobloggo con http://parolenude.iobloggo.com/ e in seguito a blogspot con il blog http://donatellaquattrone.blogspot.it/ Per problemi tecnici ho abbandonato prima una poi l'altra piattaforma. A febbraio del 2014 sono approdata a altervista.

Intervista alla redazione di Uniporn TV

Da web ( immagine libera da diritti)

1) Il vostro sito web si apre con la dicitura “la prima piattaforma italiana dedicata al porno etico e indipendente” Cosa s’intende, dal vostro punto di vista, con l’espressione “porno etico”?

Il porno è “etico” quando risponde a una serie di requisiti. Innanzitutto, le persone che vi hanno lavorato devono averlo fatto liberamente e previo consenso, senza coinvolgimento di minori. In secondo luogo, come per ogni lavoro, deve esserci stato un giusto riconoscimento economico o la scelta consapevole di farlo in forma di attivismo. In ogni caso che il film sia realizzato in un contesto libero da sfruttamento e forme coercitive o gerarchiche. Infine, ma non meno importante, tutte le sessualità, i desideri e i corpi possono essere rappresentati.


2) Come scegliete i film che proponete?

I film vengono scelti attraverso vari canali. Dai festival allo scouting vero e proprio. Sempre più spesso però veniamo contattati noi da regist* e performers che vorrebbero condividere i loro lavori sulla nostra piattaforma.


3) Secondo voi, come è cambiata la pornografia nei suoi passaggi dal cinema alle videocassette e infine al web?

Al passaggio dal cinema “a luci rosse” alle VHS e, infine, alle piattaforme di pornografia online abbiamo dedicato uno dei nostri primi articoli sul blog di Uniporn. Volendo tracciare una breve (e un po’ parziale) storiografia, possiamo dire che il cinema in quanto luogo pubblico, implicava un certo grado di esposizione, quindi il pubblico ovviamente era prevalentemente maschile. Allo stesso tempo costituiva anche un luogo di ritualità collettiva. Con le VHS la cosa cambia radicalmente, la pornografia entra nelle case, diventa più accessibile e si è meno esposti quando la si guarda. Infine, grazie a internet, questa accessibilità diventa ancora più ampia. Da un lato sicuramente il rischio è quello dell’assenza di un filtro, soprattutto nel caso di contenuti violenti, dall’altro lato però la rete ha implicato maggiore scambio e accessibilità a contenuti non mainstream, come ad esempio il porno etico.


4) Piattaforme come la vostra nascono con l’intento di essere alternative al porno mainstream o per allargare gli orizzonti della pornografia?

Preferiamo immaginarci più come possibilità che come alternativa. Anche nel porno mainstream c’è molta professionalità e ha avuto un ruolo importantissimo creando breccia in varie battaglie attraverso alcuni suoi personaggi di spicco. Solo crediamo che non basti e che non ci rappresenti tutt*.


5) Quanto conta l’intersezionalità dei temi all’interno di una pornografia che si definisce etica?

L’intersezionalità è un po’ la chiave di lettura principale. Sia in termini di rappresentazione dei corpi, dei desideri e delle identità sessuali, sia in termini di capacità di creare una vera e propria cultura del sesso. La pornografia ha a che fare con i rapporti di potere e con l’intimità, il corpo e il desiderio sono da sempre terreno di battaglia e allo stesso tempo strumenti di resistenza e di liberazione.

6) C’è qualcosa che vorreste aggiungere?

Una cosa che non ci stancheremo mai di ripetere è che la pornografia è uno strumento di produzione culturale con una grossissima responsabilità, perché contribuisce a creare gli immaginari legati alla sessualità delle persone. Non è quindi possibile pensare di combattere la violenza di genere senza ripensare la pornografia in senso etico, a partire dal riconoscimento dei diritti delle e dei sex workers.

Yoga della Risata e sordità: intervista a Lalla Laura Ribaldone, Teacher e Ambassador di YdR

Lalla Laura Ribaldone

LAURA LALLA RIBALDONE

TEACHER & AMBASSADOR

YOGA DELLA RISATA

1 – COME È AVVENUTA LA SCOPERTA DELLA TUA IPOACUSIA?

Sono nata sorda, essendo uscita dal grembo materno 1 mese prima della “data prevista” del parto. Ovviamente 52 anni fa non c’erano apparecchiature ospedaliere che prevedevano le disabilità dei nascituri.

La mia sordità è venuta fuori per un caso, circa, credo verso i due anni (da come mi è stato raccontato da nonna e mamma). Dormivo in un lettino-culla vicino a dove mia nonna stava cucinando e lei ha fatto cadere un qualcosa di pesante, tipo una padella o una pentola. Nonna ha pensato che mi fossi svegliata o spaventata dal forte rumore, invece dormivo beatamente. E da lì tramite vari esami audiometrici si è venuta a scoprire la mia sordità dell’80%, per cui porto le protesi acustiche che sono un aiuto a sentire le voci, i rumori.

2 – QUALI SONO LE DIFFICOLTÁ PRINCIPALI CHE VIVE QUOTIDIANAMENTE UNA PERSONA SORDA?

Le difficoltà sono davvero tante. In questi tempi sfidanti del Covid sono aumentati ancora di più i problemi. Ma andiamo per ordine.

In base alla mia esperienza di vita, ho provato emozioni negative, come da foto, in primis il bullismo a scuola quindi isolamento da parte degli altri bambini, inquanto non capivo i loro giochi, le loro parole e mi vedevano come una bambina strana, quindi non normale come loro e nello stesso tempo provavo molta rabbia e frustrazione, piangevo in continuazione, ero sempre triste e non provavo sentimenti né autostima. Quindi i bambini sordi, se non sono accettati dai loro compagni possono avere queste problematiche anche nella crescita adolescenziale se non si ha il supporto dei genitori, soprattutto se udenti in quanto spesso non accettano la disabilità del proprio figlio, (io grazie al cielo sono stata fortunata, anche se mio padre all’inizio ha fatto fatica ad accettare tutto questo ma grazie all’infinita pazienza di mia mamma che mi ha seguita passo per passo piano piano ha iniziato ad amarmi di un amore incondizionato nonostante i nostri caratteri molto simili). Infatti questi bambini sordi nati da genitori udenti vengono, se si può dire così, definiti “Sordi infelici” (mentre i sordi felici sono quelli nati da famiglie sorde).

Dopo le scuole, la maggior difficoltà è il lavoro, nonostante le “categorie protette” (non so se oggi si chiamano ancora così o se esiste una definizione diversa), in quanto spesso i lavoratori disabili vengono chiamati per lavori tipo centralinisti o portieri o simili. Quindi c’è una mancanza di comunicazione tra udente e sordo. Anche quando si è, ad esempio, in una comitiva di amici o colleghi a pranzo o a cena, o comunque in compagnia con persone udenti, spesso queste ultime non hanno la consapevolezza che c’è una o più persone che hanno problemi uditivi quindi parlano inconsapevolmente senza pensare di mettersi davanti alla persona sorda in modo tale che possa leggere il labiale.

Nell’ultimo anno e mezzo le difficoltà sono aumentate a causa del Covid con l’obbligo della mascherina. Purtroppo (e a volte è anche comprensibile) a causa della paura del contagio, chi fornisce servizi (negozi, uffici, ospedali, ecc.) si rifiuta di abbassare la mascherina, nonostante il distanziamento. In questo modo i sordi non possono leggere il labiale, e quindi si aumenta la rabbia, la frustrazione di non capire ciò che la persona udente dice.

Nonostante il decreto ministeriale, ancora oggi a distanza di un anno e mezzo, le difficoltà sono tante, ma veramente tantissime. E noi sordi abbiamo il diritto di vivere nella società come tutti gli esseri umani.

3 – DA QUALCHE ANNO SEI ENTRATA NEL MONDO DELLO YOGA DELLA RISATA. COME È AVVENTUTO IL TUO INCONTRO CON QUESTA AFFASCINANTE DISCIPLINA?

Ho scoperto lo Yoga della Risata nel 2016, ad una manifestazione sportiva del mio paese, Solero (in provincia di Alessandria). Stavo vivendo un periodo molto buio della mia vita, oltre che ciò che ho subito da bambina, nel mondo del lavoro con varie discriminazioni, la morte dei miei genitori ed infine il divorzio (ti allego poi la mia storia personale).

Ero in un tunnel senza speranza di vedere un lumicino, e mi son detta che dovevo comunque fare qualcosa. Avevo due chances: o andare dallo psicologo o provare questa esperienza di Yoga della Risata. E ho scelto la seconda opzione, mi son detta… Provo! Ho frequentato il club del mio paese, nonostante il mio forte scetticismo, ma ho cominciato, inizialmente a provare sollievo, un momento di liberazione, un momento di, come dire, di distrazione dai problemi. E puntualmente una volta la settimana andavo al club e ho notato un miglioramento in me, ma non mi bastava. Dopo qualche mese è capitato un leader training, ma non mi interessava portarlo in ambiti sociali o aprire un club, ma mi serviva una full immersion. Ed ecco che mi si sono spurgati via i sentimenti ed emozioni negativi, anche se le paure e le ansie erano ancora molto forti in me. Ma era un primo passo verso il benessere personale. Finchè l’anno dopo ho conosciuto Lara Lucaccioni (che poi diventerà la mia master e soprattutto il mio punto di riferimento della mia vita), e da lì è arrivata la mia vera rinascita come persona la quale sono ora.

4 – LA TUA ESPERIENZA DI VITA CI INSEGNA CHE YDR E SORDITÁ SONO UN CONNUBIO POSSIBILE. IN CHE MODO PORTI AVANTI LE TUE ATTIVITÁ IN QUESTO CAMPO?

Allora, dal il Teacher Training del 2017 a Reggio Calabria, ho sempre sentito come una mia missione di portare lo Yoga della Risata tra i sordi semplicemente per il motivo che se ce l’ho fatta io, anche le atre persone sorde possono farcela ad essere gioiosi nella vita, ad accettare la propria disabilità (e questo è molto importante per la propria autostima), e soprattutto a far capire alle persone udenti che siamo persone come loro, con una disabilità invisibile e visibile solo al momento della comunicazione. E non solo di portarla ai sordi ma insieme alle persone udenti per rendere migliore l’integrazione.

All’inizio non conoscendo la LIS (Lingua dei Segni Italiana), ho aperto una pagina facebook ,che esiste tuttora:

https://www.facebook.com/sentiamociridere

con video e slides per spiegare cosa è lo yoga della risata, i suoi benefici e vari esercizi. Ma dovevo assolutamente imparare questa meravigliosa lingua che è la LIS, che ho studiato in tre livelli. Ho portato, per ora, solo un progetto presso la ENS (Ente Nazionale Sordi) a Torino nel 2018.

E nel frattempo la domenica mattina conduco Skyperisata Video per Sordi alle 8.30.

Ai tempi del Covid ho condotto fino a qualche settimana fa le dirette Facebook in LIS scaricati anche su Youtube con buone visualizzazioni. Il mio sogno è quello di diventare interprete LIS per poter portare più progetti e perché no magari anche formare dei leader di Yoga della Risata sordi.

Nel frattempo ho conosciuto Silvia Martorelli, anche lei teacher e ambassador di Yoga della risata, autrice del progetto “Jonkey the Monkey, la maieutica della gioia”. E su questo progetto ha scritto un libro per bambini della scuola primaria.

E ho deciso di tradurlo in LIS per portarlo ai bambini come progetto:

#JONKEY4SPECIALKIDS

Dall’inizio 2019 ho letto più volte il libro di Silvia per immedesimarmi nel personaggio della simpatica scimmietta e degli altri animali del bosco, in quanto nella LIS esiste anche l’impersonamento. Poi son partita con le traduzioni scritte in LIS, in quanto come detto in precedenza, la lingua dei segni ha una sua grammatica, e come potete ben vedere dal mio pietoso libro (HO HO HA HA). In tarda primavera ho fatto prove su prove (e non vi so dire quante…) con i video puramente didattici, in quanto i bambini sordi hanno ancora poca dimestichezza con la lingua, così come per i bambini udenti delle scuole primarie con le parole e i numeri. Difficoltà…beh….tante… anche perché tante parole non esistono in LIS, quindi ricorrere ad un classificatore che sono segni che spiegano quella parola (ad esempio: aforisma non esiste in lis e viene tradotto come frase ad effetto). Per il corso tenuto da Silvia a Bussolengo a giugno ho girato due tipi di video: uno solo con la storia senza sessione, e l’altro con la sessione ma solo il primo capitolo. In quanto leggendo il libro sono sorti alcune difficoltà se si vuole dire così. È un po’ come fare le sessioni con i diversamente abili o pazienti di ospedali o anziani, cioè le sessioni fatte a misura per loro, e così lo è anche per i sordi. Quindi alcuni esercizi, giochi, meditazione e rilassamenti da modificare. Prima cosa NO ad esercizi con comandi vocali, con occhi bendati e rilassamenti guidati in quanto i sordi non possono sentire le voci. Vi cito alcuni esempi: il drago e la principessa verrà modificata facendolo al contrario, cioè cerchio verso l’esterno in modo che i sordi possano vedere il gioco. Il rilassamento a pag. 54 (energia della terra) invece di tenere gli occhi chiusi, prendere consapevolezza del proprio respiro e con gli occhi fissare un punto verso l’alto come se si osservasse intensamente una stella nel cielo.

Altro problema rilevante è la musica che è da provare in maniera diversa, e non ho ancora messo in atto la modalità, ma vorrei provare coi palloncini in mano e contro il petto mettendo la musica a palla in modo tale da poter sentire le vibrazioni della musica. Oppure provare con il drum circle di Stefano Ciceri che poi ne parleremo, ne verificheremo se esiste la possibilità di farlo.

Ad agosto ho fatto un lunghissimo viaggio di 1100 km in due giorni per andare da Silvia per la promo e dopo millle prove e con la collaborazione della sua splendida famiglia finalmente siamo riuscite a produrlo, per poi aggiungere delle pillole di quello che sarà poi il lavoro definitivo e che vedrete tra poco.

Detto questo credo molto in questo progetto in quanto mi son vista nel mio passato di bambina sorda protetizzata con episodi di bullismo, di ricerca di attenzioni da parte di altri bambini che, purtroppo, mi lasciavano in disparte per via della mia disabilità, le paure, le ansie, la paura di non farcela, tante cose non volevo farle perché ero certa di non raggiungere l’obiettivo. Ma grazie a Lara Lucaccioni con i suoi workshop e il teacher training di yoga della risata, oggi si sono sbloccate. E ancora oggi a 50 anni con i colleghi e qualche gruppo di amici… ma HO HO HA HA. E quindi con questo progetto far coinvolgere i bambini sordi e udenti per far sì che l’integrazione tra loro sia più serena e ridente possibile.

Intanto allego una slide che mi sta a cuore….

5 – ALTRO

Il mio cambiamento personale con lo Yoga della risata

Quali sono stati i cambiamenti della mia vita grazie allo Yoga della Risata?

Sono cambiate tantissime cose nella mia vita, proprio a causa della mia disabilità, la sordità congenita. In primis ho accettato la mia disabilità. In passato mi rifiutavo, mi sentivo estranea a me stessa ed agli altri, ero sempre arrabbiata col mondo intero. Quando mi son trovata sola, senza più una famiglia, senza un punto di riferimento nella mia vita, son crollata in basso in un pozzo senza fondo, e non vedevo la luce in fondo al tunnel, era sempre più buio, non avevo più voglia di vivere, se non solamente per il mio lavoro.

Lo yoga della Risata mi ha salvato la vita, ho imparato ad amarmi sempre di più, a trovare il mio sorriso. Con la certificazione da leader piano piano le mie emozioni negative si sono svaporate e con RidiAmaVivi e il Teacher Training tutte le mie paure e le mie ansie si sono definitivamente sbloccate dal mio corpo, dandomi il coraggio di buttarmi della vita, di avere più consapevolezza che nella vita, nonostante tutto, nonostante i propri limiti, tutto si può.

Ho notato meno fiati corti causati dallo stress e dalle paure, più coerenze cardiache hanno fatto sì che il mio corpo potesse prendere il suo ritmo naturale a livello di respirazione, di stabilità mentale e di pace interiore che non avevo mai conosciuto. E dopo tanto tempo anche di lasciarmi andare in campo sentimentale. Ho conosciuto, e sto conoscendo ancora oggi, emozioni straordinarie anche per le cose più piccole e che pensavo insignificanti. Provo maggior apprezzamento, maggior gratitudine e maggiore amorevolezza, emozioni vitali che fanno parte di me. Ogni mattina mi sveglio molto carica (anche se qualche volta svogliata, ma ci può stare, siamo umani), molto gioiosa e con la voglia di ridere e di vivere ogni giorno sempre di più.

Non mi fermo più al sorgere del problema, non mi arrovello più su di esso, ma cerco sempre di trovare vie traverse finchè l’universo me lo permette, altrimenti lo lascio lì un attimino, ben si sa “Solo l’Universo sa quando sarà il momento”, e per me questo è molto molto importante.

Oggi la risata è la mia vita, è cambiata anche la postura e il linguaggio del mio corpo, è cambiata la mia mentalità che da chiusa si è aperta al mondo. Ho una famiglia che amo tantissimo, la Laughter Family, in cui condividiamo, ci sentiamo in piena connessione e non avrei mai immaginato di provare un amore e un legame così grande e forte, ho imparato a vivere e a ragionare di più col cuore che non con la testa. E ho scoperto l’amore vero e proprio grazie al mio compagno Massimo che da un paio di anni sta al mio fianco, che mi supporta (e mi sopporta pure! Ho ho ha ha), e questo amore lo devo anche allo Yoga della Risata ed al mio club.

E oggi vivo con gioia!

Recensire sex toys attraverso video porno: il progetto di GaiaOnTop

Le seguenti foto sono state a me fornite per gentile concessione della persona interessata.

 

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  • Da alcuni anni ti occupi della vendita e sponsorizzazione di sex toys. Come è nata la passione per gli oggetti del piacere tanto dal volerne fare una professione?

 

E’ da circa dieci anni che sono in questo settore ma prima lavoravo per un’altra azienda. Da lì ho visto la possibilità di creare un mio marchio che è La Chiave di Gaia. Vendiamo prodotti con materiali certificati, di qualità. La passione verso questi oggetti c’è sempre stata, poi ne ho fatto un lavoro.

 

  • Ad un certo punto hai iniziato a produrre video su diverse piattaforme in cui mostri l’uso dei sex toys, provandoli su te stessa, quindi dei veri e propri contenuti pornografici. Come ti è venuta quest’idea?

 

Io ho sempre proposto i toys come strumenti di benessere. Sono stata tra le prime a proporre questi prodotti. Ad un certo punto, vedendo che il mercato era cambiato, ho deciso di provare un’altra modalità di promozione. Ho visto su Pornhub un’attrice francese che faceva video per un’azienda. Io avevo già un’azienda e ho deciso di provare pensando che le persone potessero sentirsi più vicine a me che ad un’attrice. Così è nata GaiaOnTop. La piattaforma che uso più spesso è Pornhub, poi uso anche altre piattaforme.

 

  • C’è qualcuno che ti aiuta nella tua attività?

 

Sì, ho mio marito che si occupa della parte di regia, della parte informatica che è la parte più difficile di questo lavoro, cioè gestire i social e occuparsi della qualità dei video. A volte bisogna lavorare di notte ed è necessario conoscere bene l’inglese perché Pornhub è americano. Se non avessi avuto mio marito avrei dovuto trovare un’altra persona che mi aiutasse nella parte pratica, perché io sono più portata per la parte creativa. Mio marito mi aiuta anche per la piattaforma di OnlyFans e per i social. C’è anche una mia amica che mi aiuta in questa parte del lavoro. Abbiamo anche un canale su YouTube. Questo perché non tutti sono abituati a cercare contenuti pornografici. Quindi ho voluto creare contenuti anche per un pubblico più femminile perché il pubblico di Pornhub è ancora molto maschile. Ho deciso anche di creare dei contenuti di coppia. Io sono la parte più dominante della coppia. Noi vogliamo comunicare che si può giocare, che non c’è nulla di male nell’usare i toys, anzi può essere divertente. In questi video io sono sempre la parte più protagonista.

 

  • Ti consideri una venditrice di sex toys che fa porno o una pornostar che vende sex toys? Ovvero il tuo è un lavoro più divulgativo o più sessuale?

 

Che bella domanda! Secondo me non c’è molta differenza. Sono sempre una sex worker. Lo ero anche prima perché parlavo di sesso anche se in quel momento lì non facevo porno. Non è mai stata solo una vera e propria vendita diretta perché parlavo con la gente. Quindi non c’è molta differenza con il lavoro che faccio adesso, solo che prima lo facevo soltanto con le parole e adesso anche con i video. Il lavoro di vendita è qualcosa che avviene di conseguenza. C’è anche gente che mi scrive dicendo di non aver mai usato toys ma che si è incuriosita con i miei video. C’è ancora tanto da lavorare sull’informazione in questo campo in Italia.

 

  • Come pensi di proseguire nel tuo progetto?

 

L’idea è quella di trovare sempre dei prodotti interessanti riguardo i toys. Nel frattempo sto creando nuovi contenuti e sto facendo anche delle collaborazioni. Per quanto riguarda il futuro, è difficile darsi una scadenza in questo lavoro. Parallelamente mi sto laureando in psicologia e conto di poter lavorare anche come psicologa oltre che come pornostar. Nell’immediato futuro spero di aumentare i numeri degli iscritti su Pornhub anche perché su questa piattaforma non sono molte le pornostar italiane.

 

  • C’è qualcosa che vorresti aggiungere?

 

Per quanto riguarda la sessualità, credo che bisogna sempre lottare per la propria libertà d’espressione. Il fatto di essere moglie e madre è ancora molto limitante quando si fa porno.

   Una cosa che a me non piace è il darsi troppe etichette. Se oggi può esistere una sessualità di tipo fluido, secondo me, non dovrebbe essere necessariamente etichettata. Non mi piace il fatto di dovermi per forza definire bisessuale qualora abbia rapporti con una donna perché, secondo me, non viviamo la sessualità secondo le definizioni che ci diamo. Io cerco di portare quest’idea anche nei miei video.

   Trovo assurdo, parlando di inclusività, che un lavoro come quello dei vari tipi di sex workers non sia legittimato. Io mi sono trasferita nelle Canarie perché qui quando porto mia figlia a scuola non mi giudicano se faccio la pornostar. Invece in Italia spesso mi dicono di non condividere la mia professione. Io trovo assurdo il non condividere le professioni altrui. Cerco d’insegnare a mia figlia che non dobbiamo avere troppi stereotipi e che non dobbiamo giudicare. Nei miei video mi piace far vedere che anch’io posso prendere l’iniziativa e non solo mio marito. Le coppie posso funzionare in molti modi.

Links: gaiaontop.com 

onlyfans.com/gaiaontop_free 

Instagram : gaiaontop_official 

 

Intervista a Gonzalo Mirabella, performer di boylesque

1)Tu sei un performer di boylesque, show di neoburlesque nato in Inghilterra come affiancamento agli spettacoli femminili. Quale idea del maschile traspare da questo tipo di show?

Il boylesque, termine coniato negli anni 90, per differenziare il burlesque “femminile” da quello al maschile, ricalca le finalità caratteristiche di questa arte antichissima.
L’idea di una mascolinità autentica e scevra da ogni connotazione tossica.
La celebrazione della fisicità maschile in tutte le sue sfaccettature mantenendo un profilo entertaining che la rende fruibile in maniera leggera e diretta.

2) Da chi è costituito di solito il pubblico di uno spettacolo di boylesque?

Il pubblico del boylesque è identico a quello del burlesque. Ovviamente non è inusuale trovare spettacoli di boylesque in contesti queer e lgbtq friendly, ma di base il burlesque rimane un’arte per tutti, indifferentemente dal genere e dall’orientamento sessuale

3) Pensi che in futuro questo tipo di show sarà maggiormente conosciuto e apprezzato nel nostro paese?

Bella domanda. Onestamente credo di no: in Italia siamo ancora radicati ad una concezione dell’uomo in chiave patriarcale, nella quale sono insiti concetti e pregiudizi difficili da scardinare.
La sensualità maschile, giocosa o erotica che sia, rimane relegata ad un’idea fallocentrica tipica della mascolinità tossica italiana

4) C’è qualcosa che vorresti aggiungere?

Se siete incuriositi dal burlesque o dal boylesque andate a vedere spettacoli proposti da professionisti del settore.  Purtroppo oggi assistiamo ad un proliferare di shows e performers fai da te che danneggiano questa meravigliosa arte.

 

Sessualità alternative, BDSM e parafilie: ne parlo con Ayzad

 

 

 

 

 

 

(https://ayzad.com/bio/)

1) Come è nato il tuo interesse per le sessualità alternative?

Credo si tratti semplicemente di una delle tante espressioni della curiosità che ho sempre avuto nei confronti di tutto – che poi è lo stato naturale di ogni persona fin dall’infanzia. In tutta sincerità, trovo incredibile che non sia un interesse che hanno tutti!
Il primo incontro con l’argomento è stato – prima ancora di sapere cosa diavolo fosse il sesso in generale – attraverso i fumetti controculturali degli anni ’70 e i disegni animati di Penelope Pitstop, che erano un’apologia non so quanto inconsapevole del bondage. Poi sono arrivate letture più o meno intellettuali, video, incontri con persone esperte e praticanti, viaggi, conferenze, eventi… e sto ancora scoprendo un sacco di cose interessanti.

2) Perché hai deciso di diventare un divulgatore in questo campo?

Inizialmente ero semplicemente “quello che ne sa”, a cui sempre più persone venivano a chiedere informazioni. Poi mi sono reso conto di quanto ciò che avevo imparato avesse migliorato la mia qualità di vita, e ho pensato che sarebbe stato utile semplificare quella degli altri risparmiando loro tutti gli errori, gli equivoci e l’ignoranza che avevano danneggiato me. Infine, appena pubblicato il mio primo libro ho cominciato a ricevere talmente tanti messaggi di ringraziamento da parte di chi grazie al mio lavoro aveva finalmente trovato la serenità… che non ho più avuto il cuore di cambiare mestiere.

3) Hai scritto due manuali sul BDSM. Perché hai scelto di soffermarti in particolare su questo argomento?

Un po’ perché è il tipo di arte erotica che apprezzo di più anche nella vita privata, e un po’ perché raccoglie quasi tutti i principi e la cultura delle sessualità alternative.

4) Ne Il dizionario del sesso insolito hai stilato un glossario sulle parafilie. Com’è nato questo libro?

Dallo shock che ho provato partecipando al mio primo convegno di sessuologia, in cui mi sono reso conto dell’esistenza di due mondi che non si sapevano parlare: i professionisti da una parte, e i praticanti dall’altra. Gran peccato, fra l’altro, perché entrambi i gruppi avrebbero moltissimo da insegnarsi l’un l’altro. Quel libro ha quindi la funzione di “stele di Rosetta” – ma con la riedizione in formato digitale, che contiene più di 10.000 link interni, è diventato anche quasi un videogame in cui si può saltare da una voce all’altra alla scoperta di un universo praticamente infinito.

5) Ti consideri una persona sex-positive?

Assolutamente sì. Tanto che ho scritto perfino il Manifesto degli esploratori sessuali, che in sostanza raccoglie in un unico documento tutti i principi della sex positivity.

6) C’è qualcosa che vorresti aggiungere?

Non ti conviene, perché quando comincio a parlare di questi argomenti tendo a non smetterla più! La cosa migliore è invitare chi ci legge a visitare il mio sito, dove potranno trovare moltissimi articoli, podcast, video e risorse per approfondire il tema dell’eros insolito.

 

Intervista a Giuditta Sin su arte e corporeità

Axel Void, NessunoAxel Void, Nessuno (foto mia)

Io: Tu sei una artista la cui arte spazia tra danza, burlesque, body art, ecc. Nelle tue performance c’è più un aspetto estetico, erotico, o un misto di entrambi?

G. S.: Un misto di entrambi. La parte estetica è molto importante essendo io un’artista visuale che ha a che fare col corpo il quale uso come una tavoletta. L’altra parte è quella erotica perché è una tematica che mi interessa molto. D’altronde la liberazione del corpo delle donne è una tematica presente anche nel femminismo.

Io: C’ è anche una componente politica nella tua arte?

G. S.: Tendenzialmente sì perché ciò che ha a che fare col corpo è di per sé politico. Lo spogliarsi va a sdoganare tanti paletti, tanti tabù, tante idee che si vengono così a scardinare. L’aspetto politico è, quindi, insito in sé.

Io: In tempi di pandemia, in cui i luoghi d’arte sono spesso chiusi e la distanza fisica, oltre alla paura, permea le nostre vite, cosa possiamo fare per non perdere la nostra corporeità e insieme il desiderio di bellezza?

G. S.: Sinceramente cercare di spegnere la televisione e gli altri mezzi di comunicazione di massa; cercare di crearsi una propria dimensione; leggere; alimentare le proprie passioni, cercando modi alternativi per farlo, senza pensare alle cose che non si possono fare come le facevamo prima; passeggiare, stare a contatto con la natura, cosa per me molto importante; cercare di alimentare la speranza che tutto presto andrà meglio, non arrendersi al disagio, alla depressione, alla negatività.

PALESTINA: ANCORA BOMBE SU GAZA E VITTIME CIVILI. IN CISGIORDANIA 10 PALESTINESI UCCISI IN CISGIORDANIA

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E’ sempre più dura l’aggressione militare israeliana contro la Palestina. A Gaza le vittime palestinesi sono salite ad oltre 120. Oltre 800 i feriti.

Decine di aerei da guerra di Tel Aviv bombardano costantemente, in particolare le zone nord ed est di Gaza City. Segnalati molti colpi di artiglieria e bombardamenti via terra nella città di al-Fakhari, a est di Khan Yunis, tanto che a metà della notte tra ieri e oggi si era diffusa la notizia di un’invasione via terra, prima confermata e poi, per ora, smentita dallo stesso esercito israeliano.

Il premier sionista israeliano Netanyahu parla di “target militari e postazioni di Hamas”, ma sono centinaia le case e gli edifici civili distrutti nella Striscia di Gaza.

Le diverse forze della resistenza palestinese continuano a rispondere con il lancio di razzi da Gaza verso Tel Aviv, ma la maggior parte di questi vengono intercettati dal sistema antimissilistico Iron Dome. 8 in totale i decessi sul fronte israeliano da martedì a oggi.

E’ stata intanto una giornata di proteste in tutta la Cisgiordania, da Betlemme a Beit El, da Salfit a Gerico. In poche ore sette manifestanti palestinesi sono stati uccisi dai soldati israeliani. Dopo Mohammed Ruhi Hammad, di Silwad, è stato ucciso il 26enne Youssef Nawasra nel villaggio di Yabad, vicino Jenin, durante una protesta.

Nei villaggi di Iskaka e Marada vicino Salfit sono stati uccisi il 23enne Awad Ahmed Harb e Sharif Khaled Suleiman, 38 anni. Il villaggio di Iskaka era stato attaccato da coloni israeliani e la comunità lo ha difeso, mentre l’esercito restava a guardare. Altre vittime si sono registrate a Gerico, Mohammed Shger, e a Nablus, Nidal Sael Safadi e Issa Burhom.

Sul fronte diplomatico, Israele avrebbe rifiutato la proposta egiziana di un cessate il fuoco, anche temporaneo, per provare poi ad arrivare a una tregua più duratura. Si terrà poi domenica l’ennesima riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul Medio Oriente. Doveva tenersi oggi, ma gli Stati Uniti hanno rifiutato l’incontro d’urgenza, spostando tutto addirittura a martedì prossimo. Alla fine è stata raggiunta una mediazione e la riunione si terrà domenica pomeriggio. In Italia, invece, mercoledì alla Camera si terrà l’informativa del ministro degli Esteri Di Maio. L’aggiornamento pomeridiano da Gaza con Sami, del centro scambio culturale Vittorio Arrigoni. Ascolta o scarica


Stamattina attivisti solidali hanno occupato, a Roma la sede dell’Ordine dei giornalisti “contro – spiega il collettivo Cambiare Rotta – le continue mistificazioni e la falsificazione da parte dei principali giornali e media del nostro Paese sul massacro del popolo palestinese”. Su questo tema sentiamo Davide Grasso, ricercatore, scrittore e nostro collaboratore, autore di un articolo dal titolo “Israele-Palestina, alla base della narrazione delle violenze resta un pregiudizio perverso”Ascolta o scarica

 

 

Fonte:

https://www.radiondadurto.org/2021/05/14/palestina-ancora-bombe-su-gaza-e-vittime-civili/

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Dalla pagina Facebook di

Cambiare Rotta Roma – Noi Restiamo

+++ Blitz all’Ordine dei giornalisti +++
VERITÀ E SOLIDARIETÀ PER LA PALESTINA CHE RESISTE!
Ci siamo presentati nelle sede centrale dell’Ordine dei Giornalisti dopo le continue mistificazioni e la falsificazione dei fatti da parte dei principali giornali e media del nostro Paese sul massacro del popolo palestinese in atto.
È stata ignorata per settimane la pulizia etnica in corso a Gerusalemme e ora si prova a nascondere l’impossibile simmetria che esiste tra l’oppressione israeliana, perpetuata da 73 anni con il consenso della comunità internazionale, e la più che legittima resistenza palestinese.
Siamo al fianco della dignità di un popolo che lotta per affermare politicamente la sua esistenza e denunciamo fortemente il tentativo di tutto l’arco parlamentare e dei mass media di narrare il massacro in atto come una guerra.
La resistenza è vita, Palestina libera!
Ci vediamo domani alle ore 16 a Piazza dell’Esquilino!

“Tanto è sempre colpa di Gaza”



DAL profilo Facebook di Meri Calvelli:

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FB_IMG_1620768519040Gaza 11 Maggio 2021

Hanno chiamato questa ultima operazione militare “I guardiani del Muro”… non poteva avere un nome migliore, azzeccato nella sua lucidita’ della follia dell’occupazione.

Da ieri, 10 maggio 2021 anniversario della “Vittoria” occupazione del ’67 dei territori palestinesi, niente da festeggiare, una disgrazia che continua fino ad oggi. Partono i missili da Gaza dopo un lungo ultimatum di Hamas……poi iniziano i bombardamenti su Gaza. Un attacco aereo ogni 20 minuti, forse meno, che si estende su tutta la striscia… “come al solito”…, sono i commenti, ma era da tanto che non accadeva un botta e risposta cosi pesante. Purtroppo era nell’aria, cosi’ come era nell’aria e proseguivano da oltre un mese attacchi alla Moschea, invasioni barbariche di coloni, sgomberi di case palestinesi su Jerusalemme e distruzioni di abitazioni con relativo esproprio di terreni, alberi e aree agricole. Tutto dentro la logica di continuare ad occupare, a colonizzare e sbattere fuori la Palestina e quel che ne rimane. Certo la povera Striscia di Gaza deve pagare il prezzo piu’ alto, perche’ li dentro ci sono solo terroristi… cosi come vengono definiti dai nostri media… ormai nemmeno piu’ Israele li definisce tali, sa che sono solo forti e si difendono come possono… ma i nostri media no, non ne vogliono sapere e quindi si lascia intendere che debbano pagare il prezzo piu’ alto. Non fa niente se muoiono bambini o civili, Gaza e’ una questione politica che fa comodo tenerla pronta al momento del bisogno, quando, le proteste internazionali si fanno troppo pericolose, quando qualcosa comincia a girare e potrebbe essere messo in discussione un sistema…beh allora si muove Gaza e tutto l’apparato.

Tanto e’ sempre colpa di Gaza, dei suoi missili e delle bombe che ricevera’. E’ cosi che continueranno a giustificare e a mantenere l’occupazione….la Pace ??? …non ne abbiamo bisogno, nessuno la vuole in questa regione 🙁

Fonte:

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10160785114722564&id=530882563

 

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Dalla pagina Facebook Gaza FREEstyle

⚠ Urgente: Continuano gli attacchi sui civili!

Aerei israeliani da guerra hanno distrutto la torre di Hanadi a Gaza. La torre è il più alto complesso residenziale di civili, dove vivono più di 80 famiglie palestinesi.

#Gaza_Under_Attack

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 Fonte: 

https://www.facebook.com/226628807808318/posts/1178890292582160/

+++ Post in aggiornamento +++
[ dal 10/05/2021, ORE 20 | in alto: ultimo aggiornamento]

RICORDIAMO A TUTT CHE GIOVEDI’ ALLE 17:30 CI TROVIAMO IN DUOMO (milano) PER UN PRESIDIO IN SOLIDARIETA’ AL POPOLO PALESTINESE.

22:38 – La centrale elettrica di Ashkelon, città di coloni a pochi km dalla Striscia di Gaza assediata, è andata a fuoco a seguito del lancio di razzi.

20:00 – Da Gaza lanciati 160 razzi verso Tel Aviv, alcuni razzi superano lo scudo antimissilistico israeliano Iron Dome. Colpito un bus vuoto, non si conoscono ancora i danni.

19:00 – I militari stanno spostando forze corazzate verso la Striscia di Gaza, tra cui carri armati, veicoli da trasporto e bulldozer D9. Poco fa l’esercito ha anche dispiegato cannoni di artiglieria lungo il confine, per la prima volta dalla guerra di Gaza del 2014.

18:00 – Sospesa in Cisgiordania e a Gaza la Festa di fine Ramadan (Eid). Continuano i lanci di razzi da Gaza verso le colonie vicine, e i massicci bombardamenti da nord a sud della Striscia. Morte due donne ad Ashkelon.

17:18 – Il ministero della Salute di #Gaza afferma che il numero dei morti dell’aggressione israeliana in corso è arrivato a 28, inclusi nove bambini, e il numero dei feriti è arrivato a 152

16:40 – At least 26 Palestinians and two Israelis have been killed as tensions in Jerusalem escalated into exchanges of rocket fire between Israel and the Gaza Strip that lasted overnight into Tuesday.

16:34 – Nethanyahu: “Israele intensificherà ulteriormente la potenza ed il ritmo degli attacchi contro Gaza. Siamo nel mezzo di una campagna militare. Abbiamo colpito comandanti e obiettivi di alta qualità”

-IOF recruits 5,000 Israeli soldiers for the military operation in Gaza

– Le forze armate israeliane inviano rinforzi verso #Gaza e si preparano a chiamare i riservisti.

– Gaza: al momento tutta la striscia di Gaza è sotto azione di ”dronaggio” da parte di Israele che continua a colpire senza sosta.

– Gaza: si contano ingenti danno nell’area industriale a Nord, intanto ci sono i primi funerali, strazianti le immagini di un bambino che ha perso suo fratello e suo padre questa notte nei bombardamenti israeliani.

– Gaza: 386 new COVID-19 cases today.

– Due morti e 8 feriti, a causa del bombardamento israeliano di un appartamento a Burj Al-Jundi nel quartiere Al-Rimal a Gaza City.

– 6 feriti per i razzi lanciati da Gaza verso Israele

– sale a 24 il numero dei morti, tra cui 9 bambini, e 103 feriti,

– 22 Morti nei bombardamenti Israeliani sulla striscia di Gaza, Hamas e Jihad da parte loro concentrano i lanci di razzi sulla città israeliana di Ashkelon dove hanno provocato alcuni feriti. Un cessate il fuoco appare ancora lontano. (Da Michele Giorgio)

-Nottata di scontri in tutta la West Bank, e bombardamenti su Gaza, a lod city un colono ha ammazzato un ragazzo pestinese e i bombardamenti su Gaza hanno centrato anche al shatea un campo profughi a est di Gaza.

AGGIORNAMENTO: 23:39. Dall’inzio dell’aggressione israeliana nella Striscia di Gaza sono morte 29 persone, inclusi 9 bambini. L’aggressione è ancora in corso. E’ in corso anche una risposta massiccia della resistenza a Gaza.

– Decine di soldati assaltano i cancelli di Al-Aqsa e lanciano bombe e proiettili contro palestinesi disarmati. Ci sono scontri molto violenti.

– Continuano in maniera massiccia i bombardamenti in tutta la zona nord di Gaza, intere vie vanno a fuoco, Beith hanun, Betlaya, Yabaliah le zone più colpite

– 21 il numero dei morti nei bombardamenti

– Sono in corso potenti bombardamenti sulla striscia di Gaza, ci arriva la notizia che sono anche in corso violenti scontri sulla spianata delle moschee a Gerusalemme.

– Il ministero della Salute della Striscia di Gaza ha dichiarato che il numero totale delle vittime è di 20, di cui 9 bambini, più 65 feriti diversi.

– Ci scrivono da Gaza da Masqusy land northwest of Gaza, stanno bombardando a ripetizione. Le foto che vedete sono di Gaza

– 2 giovani arrestati a Betlemme vicino alla tomba di Rachele dove ci sono violenti scontri.

“Prevediamo che i prossimi giorni saranno caratterizzati da combattimenti. Hamas avvertirà in pieno la potenza delle nostre forze armate. La nostra reazione sarà forte, durerà giorni”, ha avvertito il portavoce dell’Esercito israeliano. (ANSA).

Sale a 20 il numero di morti a seguito dei bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza. I bombardamenti sono ancora in corso.

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Intervista ad Alithia Maltese, insegnante di shibari ed educatrice di sessualità alternativa

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Credits Vazkor

1)      Com’è nato il tuo interesse per la sessualità alternativa e il bondage in particolare?

Da piccola amavo legare le cose. Usavo quella che doveva essere una corda per saltare: sedie, tavoli, bottiglie, niente poteva stare al suo posto. Costruivo fortini, tende, castelli. Raggiunta la maturità sessuale ho iniziato a fantasticare di legare le persone. Nel giro di poco tempo la fantasia è diventata realtà. Sentivo, però, che mancava qualcosa. Usare sciarpe e cinture non era così soddisfacente. Giocare con la cera e fare sesso estremo con le persone che frequentavo non raccontava tutto di me. Inoltre avevo bisogno di parlare con qualcuno che avesse i miei stessi istinti, avevo bisogno di confronto. Così ho chiesto consiglio a un’amica che sapevo avere i miei stessi interessi e lei mi ha suggerito di iscrivermi a FetLife, un social network dedicato al BDSM che conta quasi nove milioni di iscritti in tutto il mondo. Qui ho scoperto dell’esistenza della comunità torinese, dei party e dei corsi di bondage. Mancava ancora un evento dedicato ai più giovani e così ho deciso di impegnarmi in prima persona fondando il TNG Torino, l’aperitivo informale dedicato al BDSM per persone tra i 18 e i 35 anni. A un certo punto mi è capitato di essere invitata a eventi pubblici, come il Fish&Chips Film Festival del cinema erotico, a parlare di temi quali il consenso, la violenza, il BDSM. Sono stata chiamata in quanto organizzatrice di eventi a tema sia come persona con un bel po’ di esperienza alle spalle. Non mi andava di arrivare a questi incontri impreparata, così ho cominciato a studiare educazione sessuale e a sviluppare un metodo personale per trattare argomenti connessi alla sessualità alternativa. Così ho avviato la mia attività di insegnante di shibari. Collegata all’attività di educazione e divulgazione è venuta fuori l’esigenza di accostare alla teoria la pratica e non avrei potuto scegliere altro strumento che le corde.

2)    Essendo un’educatrice di sessualità alternativa quali sono le tematiche che tratti nei tuoi corsi?

Il tema principale è sempre la comunicazione. Che stia tenendo una conferenza sul consenso o un workshop sul bondage per l’intimità, la comunicazione col partner è alla base di tutto. La comunicazione è uno strumento potentissimo attraverso cui possiamo esercitare in modo efficace il nostro consenso e che quindi permette di condurre una sessione BDSM in modo genuinamente soddisfacente. E il dialogo con l’altro passa soprattutto attraverso il corpo, anche se non siamo abituati a farci caso. E la comunicazione passa soprattutto attraverso il corpo. Per me legare vuol dire avere un dialogo. Trasmetto il mio stato d’animo, comunico i miei desideri alla persona che sto legando e contemporaneamente mi metto in ascolto. Il corpo parla, basta saperlo osservare.

3)      Quanto è ancora forte il tabù verso le pratiche BDSM?

Dal mio punto di vista il tabù è ancora molto forte e temo che per questo si debba ringraziare per questo l’immagine mainstream del BDSM, che è fuorviante e per nulla rappresentativa del mondo che vorrebbe mostrare. Troppo spesso il cinema e la letteratura d’intrattenimento hanno dipinto chi pratica BDSM come persone violente, con traumi irrisolti. Finché questo mondo verrà guardato dal buco della serratura, parlandone con pregiudizio e senza reale interesse nel comprendere di che cosa si tratti, questa visione persisterà. A me non interessa che il BDSM venga accettato o considerato normale. Quello che mi piacerebbe è che chi vuole avvicinarsi a questo mondo possa avere la possibilità di farlo in maniera consapevole. Sarebbe preferibile che il BDSM non venisse rappresentato per nulla invece che mostrato come una patologia psichiatrica.

4)      Perché in tanti credono che il BDSM sia violenza?

Alla base di tutte le pratiche del BDSM c’è il consenso. La violenza è, per definizione, un’azione volontaria esercitata da un soggetto su un altro, in modo da determinarlo ad agire contro la sua volontà. Questo rende BDSM e violenza mutualmente esclusivi.

5)      Il bondage è meramente connesso alle pratiche sessuali kinky o può essere considerato anche un’arte a sé stante?

Intanto dovremmo chiederci se tutte le pratiche kinky sono necessariamente sessuali e in che senso. Questa domanda ha molte risposte. Molti ti direbbero che non giocano con persone con cui non andrebbero a letto. Qualcuno pratica solo col proprio partner. In effetti alcune pratiche sono esplicitamente sessuali. Personalmente per me il BDSM non è per forza collegato al sesso o al mio desiderio sessuale ma senza ombra di dubbio ha a che fare con l’intimità e con la ricerca del piacere, di qualunque tipo esso sia. Il bondage è una pratica BDSM, è proprio lì, nella prima lettera dell’acronimo. Gioco spesso con alcune delle persone per me più care, mi piace condividere con loro momenti di intimità unici e irripetibili, ci piace prenderci cura gli uni degli altri anche attraverso queste pratiche, soprattutto nelle corde. Per me chi dice che il bondage è un’arte a sé mente sapendo di mentire. Probabilmente lo fa per renderlo più accettabile agli occhi della società. Il bondage, dicevo, è una pratica BDSM. Se si lega qualcosa o qualcuno per altri motivi, con altri obiettivi, artistici o promozionali per esempio, allora non rientra più nel BDSM e non è più bondage: è performance, è altro.

6)    Il termine shibari è un sinonimo o una tipologia di bondage?

Il bondage è la pratica in cui si limita o si impedisce temporaneamente la possibilità di movimento di una persona e/o la sua capacità sensoriale. Il rope bondage è il bondage fatto con le corde. Lo shibari, chiamato anche kinbaku, è il bondage giapponese: lo strumento principale sono le corde, le legature realizzate seguono la tradizione, l’estetica e la filosofia giapponese. Se mettessimo a confronto due foto, una di western bondage (rope bondage all’occidentale) e una di shibari anche chi non ha mai preso una corda in mano sarebbe in grado di capire che, pur trattandosi comunque di rope bondage, ci sono delle nette differenze tra le due pratiche, già a partire dall’estetica.

7)    Da persona facente parte di ambedue i contesti, come consideri il rapporto tra la comunità LGBTQ+ e il mondo BDSM?

Sono bisessuale, vengo dall’associazionismo LGBTQ+, non posso fare a meno di continuare a guardare a quel mondo, di cui faccio parte e con il quale collaboro. Negli anni ho riscontrato una certa resistenza da parte della comunità LGBTQ+ a interagire con la scena BDSM. Una resistenza sempre minore, per fortuna; negli ultimi anni molte persone giovani, soprattutto bisessuali, si stanno avvicinando a questa realtà. La mia percezione è che le persone LGBTQ+ talvolta pensino di trovare un ambiente non accogliente, anzi, magari anche discriminante, soprattutto per via degli stereotipi che il BDSM si porta addosso. La letteratura e la cinematografia alla quale siamo esposti sono ancora infarcite di cliché e storture: il masterone maschione seduce e sottomette la giovane e bella ragazza inesperta, la mistress in latex frusta violentemente un uomo, possibilmente di mezza età. La pornografia non ci viene in aiuto. Tutte le scene sono estremizzate, le interazioni sessualizzate in modo eteronormato o secondo il gusto eteronormato. Chiunque ci penserebbe due volte prima di rischiare di trovarsi in un ambiente composto da macchiette. La verità è che non siamo così. Certo, questi stereotipi da qualche parte sono saltati fuori, e forse dovremmo guardare più a romanzi come Histoire d’O (romanzo pubblicato nel 1954 e film realizzato nel 1975) che alle opere del Marchese de Sade o di Leopold Von Sacher-Masoch per cercare una spiegazione. La letteratura rosa, con quelle storie di procaci maschioni rapitori di svenevoli fanciulle, gli Harmony, così vicini alle casalinghe degli anni Ottanta, il successo delle 50 sfumature e il caso dei 365 giorni hanno contribuito a fare in modo che il vecchio immaginario BDSM, tanto basato sul genere e sui ruoli, si perpetrasse anche nell’epoca contemporanea. In un’intervista che mi ha rilasciato Rita Pierantozzi su scena BDSM e comunità LGBTQ+ https://www.alithiamaltese.com/scena-bdsm-e-comunita-lgbtq/, lei mi diceva che “molta della comunità GLBTQ+ è chiusa in un tentativo di normalizzazione che percorre vie eteronormate e fa fatica ad accettare realtà alternative. Si fa fatica ad accogliere bisessuali, persone trangender e non binary, figuriamoci persone kinkster. Il doppio stigma è difficile da portare”. Molto spesso persone LGBTQ+ mi chiedono: “Come posso fare ad avvicinarmi al BDSM in un ambiente queer?” In realtà il nostro aperitivo è queer. Io e Médou, che organizza con me il TNG Torino, siamo bisessuali, un altro degli organizzatori è non binary, ci sono molte persone LGBTQ+ e speriamo che, un po’ col passaparola, un po’ grazie ai miei interventi nelle associazioni LGBTQ+, ce ne siano sempre di più. È giusto che tutte e tutti abbiano uno spazio sicuro di confronto in cui poter sperimentare e conoscere persone.

8)    Secondo te quanto c’è ancora da fare per diffondere un’autentica cultura del consenso?

C’è un unico modo perché si diffonda la cultura del consenso: fare della propria vita il proprio attivismo. Non basta parlare di consenso se poi non ci impegniamo a mettere in pratica tutto quello che ci diciamo durante le dirette instagram o su twitch. La divulgazione, la diffusione della cultura del consenso è molto importante ma abbiamo bisogno di gesti concreti, quotidiani, per fare in modo che l’idea di consenso attecchisca. E poi c’è un altro aspetto che per me è strettamente legato al consenso, ovvero l’autodeterminazione. Sono convinta che nel momento in cui ci autodeterminiamo riconosciamo il nostro valore e questo riconoscimento ci rende più forti, rende più forte il nostro messaggio, rende più forti i nostri sì e i nostri no. Senza dubbio è importante continuare a lavorare sulla società ma non dobbiamo dimenticarci di lavorare prima di tutto su noi stessi.

9)    C’è qualcosa che vorresti aggiungere al termine di quest’intervista?

Sì, consigli per chi vuole avvicinarsi al BDSM.

A chi volesse saperne di più o volesse iniziare la propria esplorazione in questo mondo consiglio di informarsi sugli eventi presenti nella propria zona ed entrare in contatto con la comunità locale. Conoscere dal vivo persone già esperte o che si stanno affacciando a questo mondo permette di confrontarsi, farsi un’idea non solo sul tipo di pratiche che ci possono interessare ma anche sul tipo di rapporto che vogliamo avere con quelli che saranno i nostri compagni di viaggio. Inoltre far parte di una comunità ti dà la possibilità di avere informazioni di prima mano sulle persone con le quali ti rapporti, cosa che non sarebbe possibile con l’online dating. Questo è il motivo per cui ho fondato il TNG Torino.

Premesso che non mi interessa cercare di convincere le persone a entrare a far parte di questo mondo, ritengo che anche chi non ne ha mai sentito parlare potrebbe prendere come esempio per la propria vita personale e di coppia alcuni aspetti del BDSM, per esempio l’educazione al consenso o come esplorare più liberamente le proprie fantasie. Chi lo pratica ha come obiettivo la ricerca del piacere e durante la sessione di gioco è possibile portare avanti questa ricerca con i mezzi più disparati. All’interno della pratica possiamo esplorare i nostri desideri e condividerli con la persona con cui giochiamo. Possiamo provare vergogna, piangere, rilassarci, godere, avere paura, lasciare il controllo in totale libertà, senza preoccuparci del giudizio di chi è lì con noi in quel momento. Questo ci permette di avvicinarci, di entrare maggiormente in intimità con il/la partner. Non condivido con te solo il mio corpo ma apro una finestra sui miei segreti e ti permetto di vedere cose di me che in altre occasioni non mostro. In più, come singole e singoli, praticare il BDSM ci porta a domandarci che cosa cerchiamo in una relazione (che duri nel tempo di una sessione di gioco o che sia il rapporto con il/la partner), chi siamo, che cosa vogliamo. Insomma, dal mio punto di vista è uno strumento di autodeterminazione in piena regola.

Intervista a Luca Borromeo, escort di alto livello bisessuale

  • Luca Borromeo                   Tu ti definisci un escort di alto livello. Cosa intendi con ciò?
  •       Il discorso sull’alto livello potrebbe essere una locuzione che mi serve per specificare che svolgo quest’attività in modo professionale. Anche il mio nome d’arte è stato scelto guardando alle strategie di marketing. Cerco sempre di usare delle parole che facciano capire che mi pongo in maniera professionale e anche elegante. Poi quello che si fa privatamente non è detto che sia pure elegante.
  •        Cosa ti ha spinto ad intraprendere questa professione?

            Come ho dichiarato in altre interviste, a differenza di altre cose che nascono dalla necessità, ho cominciato a fare questo lavoro per gioco. Un mio amico mi ha fatto visitare un sito dove c’erano non solo donne ma anche uomini. Fino ad allora non sapevo che anche gli uomini potessero fare questo lavoro in modo professionale, pensavo fosse qualcosa di relegato solo a casi cinematografici come al film American gigolò con Richard Gere o a Ragazzi di vita di Pasolini. Avevo un’amicizia cameratesca con questo mio amico. Ci iscrivemmo a quel sito e cominciai come una sfida col mio amico a chi ricevesse più telefonate. Ma a differenza del mio amico che ricevette telefonate ma aveva paura di presentarsi agli appuntamenti, io decisi di andarci e trovai la cosa divertente. Le persone con cui mi incontravo pensavano che lo facessi da tanto tempo. Penso che non basti essere belli e discreti ma che bisogna avere anche un certo livello di disinibizione, per sentirsi a perfetto agio in intimità con sconosciuti. A proposito io penso di avere un dono, come una sorta di talento. All’inizio l’aspetto economico non era fondamentale ma poi è diventato un vero e proprio lavoro, anche ben remunerato, e continua ad esserlo, covid permettendo.

          Mi capita spesso che certuni mi chiamino per chiedermi consigli per fare questo lavoro solo perché rimasti disoccupati. In questi casi io cerco di far capire che questo non è un lavoro che si può improvvisare, per farlo bisogna essere convinti per non sentirsi a disagio e non far sentire a disagio le altre persone.

  • Che ruolo occupa il tuo orientamento sessuale nel tuo lavoro?

       Io faccio tesoro della mia bisessualità nel mio lavoro. Sono credente e penso di poter ringraziare Dio di essere bisessuale perché questo mi permette di fare il mio lavoro sia con uomini che con donne, sia passivamente che attivamente. Penso che se non fossi stato bisessuale e non avessi avuto la possibilità di mettere in atto diverse fantasie, sarei stato io stesso un cliente di lavoratori sessuali.

         Mi è capitato che mi abbia contattato un mio collega eterosessuale che fa questo lavoro non con piacere ma in attesa di essere selezionato per qualche casting di reality show. Io non considero un bene fare questo lavoro solo per soldi o in attesa di altro. A me piace il confronto, sono molto combattivo e non me ne faccio un problema se qualcuno mi insulta se scopre quello che faccio. Ma chi non è combattivo come me può sentirsi male se non fa questo lavoro andando fino in fondo. Poi a me non interessa che mi si giudichi perché vado sia con gli uomini che con le donne, non considero un problema avere una clientela variegata.

  • Da chi è costituita, nello specifico, la tua clientela?

      Uomini, donne. L’età varia da persone giovani a persone anziane. C’è chi mi chiama per avere una prima esperienza sessuale o chi, persone di 30, 40, 50 anni, mi chiamano perché vogliono avere la loro prima esperienza gay ma non vogliono viverla in altro modo perché sono sposati e non vogliono correre rischi di essere scoperti o ricattati se si fanno l’amante.

  • Quando accompagni persone legate sentimentalmente ad altri ciò avviene in segretezza o con il consenso dellu altrui partner?
  •       Può avvenire sia in segretezza sia con il consenso dei partner. Mi capita anche di essere contattato da coppie sposate, da coppie di amanti e anche da coppie separate che vogliono vivere in questo modo la trasgressione. C’è una coppia separata, per esempio, che mi viene spesso a trovare, in cui lui si eccita a guardarmi mentre ho rapporti sessuali con lei e partecipa solo passivamente. Ci sono coppie etero in cui la donna ha la fantasia di andare con due uomini e quindi si rivolge a me. Poi ci sono le persone gay latenti che hanno piacere di vedere me mentre scopo le loro donne perché in quel momento si sostituiscono mentalmente alla loro compagna e vivono l’appagamento gay in questa forma sublimata.  Io nel mio lavoro mi limito a fare quello che mi viene richiesto senza chiedermi il perché o se sia strano. Mi chiedo solo se sono in grado di soddisfare quella specifica fantasia che in quel momento mi viene richiesta, ovviamente nei limiti del codice penale.
  • Come escort maschio percepisci minore il rischio di slut-shaming rispetto alle colleghe donne?

       È interessante questa domanda. Di solito dagli uomini eterosessuali vengo visto come una specie di mito perché ho rapporti sessuali e ci guadagno. C’è una certa ammirazione da parte degli uomini. Da parte delle donne mi è capitato di essere visto come un uomo possente, non necessariamente dotato, interessante ma sentono di non poter accettare del tutto un uomo che fa questa professione, perché loro vedono sempre in prospettiva di una relazione. Lo slut-shaming l’ho subito da parte di alcuni gay. Paradossalmente i gay possono vedere l’uomo che fa l’escort solo come un marchettaro e provano un certo astio o competizione. Mi fa specie che a volte, non sempre ovviamente, proprio i gay abbiano questo tipo di atteggiamento con cui o ti considerano una feccia o ti mettono su un piedistallo. Poi ci sono alcuni gay che sono contro i bisessuali perché li considerano come dei gay latenti o persone in una situazione transitoria. Ma mi fa specie che questo tipo di considerazioni provengano più spesso da gay che dagli etero. Mi piacerebbe che, così come c’è stata l’emancipazione delle donne e il riconoscimento dei diritti civili, nel 21° secolo si instauri un certo livello di tolleranza da parte dei gay verso chi si dichiara bisessuale.

  • Pensi che ci sia bisogno di una legge per regolamentare e soprattutto tutelare i e le sex workers dimodoché il vostro sia riconosciuto a tutti gli effetti un lavoro come un altro?

       Sì, certo. Questa è una cosa che mi è stata chiesta tante volte e penso che sarebbe giusto che ci sia. C’è, per fare un esempio semplice, il problema fiscale. Io non posso con la mia partita iva dichiarare tutto quello che guadagno. Poi io spesso per lavoro devo viaggiare ma non posso dichiarare i miei viaggi per lavoro. Inoltre, essendo con il mio lavoro più esposto alle malattie veneree, se ci fosse una legge potrei avere delle tutele sanitarie anche in quel senso. Io non sono per la riapertura delle case chiuse. Si potrebbero creare delle agenzie. La mia vita sarebbe tutelata e la mia professione sarebbe riconosciuta a livello sociale, senza essere presa per un passatempo e senza passare come uno che si è montato la testa emulando modelli cinematografici. Credo che il mio sia un lavoro socialmente utile. Non sono io che vado a cercare i miei potenziali clienti, sono loro che mi cercano. Se c’è una domanda, una richiesta evidentemente c’è bisogno anche di una figura del genere. Una volta mi è capitata una persona che, avendo dei blocchi psicologici, dopo essere stata da un analista, questi le avrebbe suggerito di farsi aiutare anche da un professionista sessuale. Credo, pertanto, che il riconoscimento del mio lavoro debba essere un atto dovuto perché non è una cosa che mi sono inventato io.